Progetto preliminare confluito nell’opera definitiva di un diverso autore: persiste la tutela della paternità dell’opera?

Il progetto architettonico preliminare connotato da opera d’ingegno e frutto della creatività e originalità, nell’ambito del diritto d’autore conserva la possibilità di essere tutelato, «anche se trasfuso nel progetto definitivo», nel caso in cui venga usato autonomamente anche a fini espositivi.

Questo il principio affermato dalla Cassazione con ordinanza numero 15158/18, depositata l’11 giugno. La vicenda. L’attore conveniva in giudizio una società edilizia deducendo di aver realizzato il progetto preliminare per la realizzazione di un porto turistico, ma lamentando che dalla stampa e da alcune brochure informative emergeva come unico realizzatore dell’opera un altro architetto, il quale aveva elaborato solo successivamente il progetto definitivo. L’interessato per questi motivi chiedeva la proprietà del progetto preliminare che doveva essere tutelata ai sensi della normativa sul diritto d’autore. Nella sua difesa l’attore sosteneva il carattere innovativo e creativo dell’opera di ingegno realizzata e lamentava «la violazione del diritto di proprietà intellettuale, la lesione della professionalità e lo sviamento di potenziale clientela». Il Giudice di prime cure respingeva la domanda attorea, la Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado sostenendo che il progetto preliminare era stato completamente rielaborato ed inglobato nel progetto definitivo del secondo architetto e, di conseguenza, il progetto iniziale «conservava solo una valenza storica» e la paternità dell’intera opera doveva essere attribuita al nuovo architetto. La vicenda è portata all’attenzione dei Giudici di legittimità dall’interessato soccombente nei due gradi di giudizio. La tutela del progetto preliminare. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente ribadisce il carattere originale e creativo del progetto preliminare e censura la decisione della Corte d’Appello nella parte in cui ha negato la tutela, nonché il pregiudizio patrimoniale subito, considerando che il progetto definitivo aveva rielaborato completamente il progetto preliminare con la conseguente valenza esclusivamente storica della prima progettazione. La Cassazione ha ripercorso la disciplina relativa alla tutela del diritto dell’autore di rivendicare la paternità dell’opera, ritenendo che la statuizione della Corte d’Appello non può essere condivisa in quanto, anche se il progetto preliminare viene sostituito da quello definitivo, in ogni caso non può essere escluso il dritto di rivendicarne la paternità e di chiedere la relativa tutela. Sul punto la Suprema Corte ha affermato il principio di diritto secondo cui «in tema di diritto di autore il progetto architettonico preliminare che si connoti come opera dell’ingegno, in quanto frutto di creatività ed assistito da novità ed originalità, anche se trasfuso nel progetto definitivo, conserva il diritto ad essere tutelato quando venga utilizzato autonomamente, anche a fini espositivi». Dopo aver affermato il citato principio la Cassazione ha però dichiarato inammissibile il ricorso per altri motivi processuali, condannando la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 8 marzo – 11 giugno 2018, numero 15158 Presidente Genovese – Relatore Tricomi Ritenuto che La D.C. Associati, nella persona dell’ing. D.C.S. , di seguito D.C. aveva convenuto in giudizio la Arechi Costruzioni SPA - già Marina di Arechi SPA - di seguito Arechi deducendo di avere ricevuto nel 2003 dalla predetta società l’incarico di redigere il progetto preliminare per la realizzazione del porto turistico nella città di e di avere portato a compimento l’incarico. La D.C. , dopo avere evidenziato che il progetto definitivo era stato elaborato dall’architetto C.S. , di era doluta del fatto che sulla stampa, nei siti web ed in occasione di manifestazioni nautiche il progetto fosse stato attribuito in toto all’architetto catalano, pretermettendo la propria paternità del progetto preliminare, e chiedeva di essere tutelata ai sensi della normativa sul diritto d’autore in particolare, sosteneva il carattere creativo ed innovativo dell’opera dell’ingegno realizzata, lamentava la violazione del diritto di proprietà intellettuale, la lesione della professionalità e lo sviamento di potenziale clientela denunciava altresì il mancato rilascio da parte di Arechi delle certificazioni professionali del lavoro svolto dalla D.C. chiedeva il risarcimento dei danni per perdita di chance, del danno alla professionalità e del danno all’immagine. In primo grado la domanda veniva respinta con sentenza pubblicata il 25/02/2011. Il Tribunale, pur riconoscendo come astrattamente tutelabile il progetto frutto di una elaborazione personale dell’autore osservava, con riferimento allo specifico episodio ascrivibile alla Arechi, che la pubblicizzazione del porto, in occasione del Salone nautico di Genova del 2008, mediante una brochure promozionale che menzionava esclusivamente l’apporto dell’architetto C. , trovava una giustificazione nella logica promozionale e mediatica e nella limitata tiratura della stessa. La Corte di appello di Napoli ha confermato la prima decisione, anche se con diversa motivazione. Innanzi tutto ha affermato che il progetto preliminare era stato completamente rielaborato ed inglobato nel progetto definitivo dell’architetto catalano, di guisa che il progetto preliminare conservava solo una valenza storica e la paternità dell’intera progettazione poteva essere attribuita a C. . Ha quindi statuito che, ad ogni modo, l’unico comportamento della Arechi meritevole di censura - e cioè l’avere impresso il progetto preliminare della D.C. nella brochure e l’averlo esposto nello stand del Salone nautico di Genova nel 2008 senza indicarla come autrice - era condotta alla quale non si poteva ricondurre alcun effetto lesivo o fonte di danni, sia perché i predetti disegni erano stati già in precedenza esposti indicandone correttamente l’autrice, sia perché ciò era avvenuto anche con la successiva brochure, diffusa nel corso della omissis nel febbraio 2009. La D.C. propone ricorso per cassazione su due motivi, corredati da memoria ex articolo 378 cpc. La Arechi replica con controricorso. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli articolo 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ Considerato che 1.1. Primo motivo - Violazione o falsa applicazione degli articolo 2578, 2577 cod. civ., degli articolo 20, comma 1, e 22 della legge 22 aprile 1941, numero 633, dell’articolo 93, comma 3.1, della d.lgs.12 aprile 2006, numero 163. La ricorrente ribadisce il carattere creativo del progetto preliminare, in quanto dotato di originalità e di novità oggettiva, frutto di elaborazione personale dell’autrice, ed invoca la tutela del diritto al riconoscimento della paternità dell’opera. A tal fine censura la statuizione della Corte di appello che nega la tutela, ritenendo legittima l’indicazione nella brochure del solo C. come progettista dell’intera opera, sulla considerazione che questi, con il progetto definitivo, aveva rielaborato interamente il progetto preliminare combinandolo con nuovi elementi architettonici frutto del proprio apporto creativo, di guisa che al progetto preliminare, ferma restando la paternità della D.C. , andava riconosciuta una valenza meramente storica, essendo stata interamente sostituita ed inglobata nell’opera di C. . Lamenta, infine, che sulla scorta di tale premessa non sia stato riconosciuto il pregiudizio patrimoniale subito e sostiene anche che la pronuncia sarebbe motivata contraddittoriamente o in modo apparente. 1.2. Osserva la Corte che la decisione impugnata si fonda su due autonome rationes decidendi la prima - sulla quale la ricorrente si sofferma ampiamente - concerne la decisiva rilevanza attribuita alla rielaborazione del progetto definitivo ad opera di C. , tale da sostituire il progetto preliminare della D.C. , e rendere l’opera progettuale legittimamente attribuibile al solo architetto catalano, di guisa che alcuna falsa attribuzione di paternità avrebbe potuto ravvisarsi nella condotta della Arechi la seconda - sulla quale la ricorrente non svolge censure adeguate - prende, invece, in esame la specifica condotta tenuta dall’Arechi in occasione del Salone Nautico del 2008 e, pur senza dichiararne formalmente l’illiceità in quanto la definisce forse meritevole di censura fol. 10 della sent. , la valuta in fatto, pervenendo così alla conclusione che alla stessa non era possibile ricondurre alcun effetto lesivo o fonte di danni, sulla considerazione che i disegni erano stati pubblicati e pubblicizzati con il chiaro nome dell’autrice, sia prima dell’episodio contestato che successivamente, nel febbraio 2009, in occasione del omissis , e che in tal modo si era rimediato all’omissione. 1.3. Con riferimento alla seconda ratio, la ricorrente si limita ad assumere assertivamente la sussistenza di un danno patrimoniale, sovrapponendo il profilo della illiceità della condotta - che analizza con quello, distinto, della lesività della condotta stessa e della produttività del danno - che trascura -, mancando di illustrare quali siano state le prove addotte a sostegno, idonee a contrastare le conclusioni che la Corte di appello ha fondato sulla occasionalità della condotta denunciata, a fronte del riconoscimento della paternità del progetto preliminare da parte della Arechi, sia in epoca antecedente che successiva all’episodio in contestazione. Inoltre, in maniera del tutto assertiva e priva di specificità, introduce una inammissibile denuncia per vizio di motivazione e/o nullità della sentenza per violazione dell’articolo 132, primo comma, numero 4, cod. proc. civ 1.4. La censura, centrata sostanzialmente sulla prima ratio, risulta pertanto inidonea ad inficiare la sentenza impugnata sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, e l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre perché, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza Cass. numero 18641 del 27/07/2017, numero 22753 del 03/11/2011 . 1.5. Ciò impone la declaratoria di inammissibilità del motivo. 1.6. E tuttavia, osserva la Corte, che nel caso di specie sussistono tutte le condizioni chiarite dalla propria giurisprudenza per l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 363 del codice di rito. 1.7. Infatti, a norma dell’articolo 363, terzo comma, cod. proc. civ., come novellato dall’articolo 4 del d.lgs. 2 febbraio 2006, numero 40, se . il P.G. presso la stessa Corte non chieda l’enunciazione del principio di diritto nell’interesse della legge, le Sezioni , dichiarata l’inammissibilità del ricorso, possono esercitare d’ufficio il potere discrezionale di formulare il principio di diritto concretamente applicabile. Tale potere, espressione della funzione di nomofilachia, comporta che - in relazione a questioni la cui particolare importanza sia desumibile non solo dal punto di vista normativo, ma anche da elementi di fatto - la Corte di cassazione possa eccezionalmente pronunciare una regola di giudizio che, sebbene non influente nella concreta vicenda processuale, serva tuttavia come criterio di decisione di casi analoghi o simili. . Sez. U, Sentenza numero 27187 del 2007 . Infatti, anche le sezioni semplici della Corte di cassazione, anche in sede camerale, possono enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge ai sensi dell’articolo 363, terzo comma, cod. proc. civ., su una questione ritenuta di particolare importanza, non necessariamente circoscritta alle ragioni per le quali il ricorso è stato dichiarato inammissibile, potendo invece investire tutte le ragioni di merito o processuali, che sono state fatte oggetto del giudizio di legittimità. Sez. 2, Ordinanza numero 11185 del 2011 . 1.8. Pertanto questo Collegio ritiene che abbia particolare rilievo scrutinare la questione della tutela del diritto al riconoscimento della paternità dell’opera, ove si ravvisi il carattere creativo del progetto preliminare, in quanto dotato di originalità e di novità oggettiva, frutto di elaborazione personale dell’autore. 1.9. La legge numero 633/1941 diritto di autore tutela all’articolo 2, comma 1, numero 5, i disegni e le opere dell’architettura, così riconoscendo autonoma rilevanza sia alla fase progettuale i disegni che a quella esecutiva le opere e, all’articolo 6, stabilisce che Il titolo originario dell’acquisto del diritto di autore è costituito dalla creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale . In questo contesto normativo il diritto dell’autore di rivendicare la paternità e di opporsi modifiche dell’opera, indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell’opera, sancito dall’articolo 20, primo comma della legge cit., trova una particolare deroga in ragione della specificità delle opere architettoniche per le quali è previsto che l’autore non possa opporsi alle modificazioni che si rendano necessarie nel corso della realizzazione articolo 20, comma 2, legge cit. proprio tale espressa previsione implica che l’evoluzione progettuale funzionale alla realizzazione dell’opera architettonica peraltro fisiologica, attesa la notoria esigenza di molteplici passaggi progettuali ed esecutivi non possa pregiudicare il diritto di rivendicare la paternità dell’opera o di invocare la tutela del diritto di autore da parte del progettista, atteso il carattere creativo che connota il suo lavoro. 1.10. La specificità della attività progettuale è ben messa in luce dall’articolo 93 del d.lgs. numero 163/2006, riferito alla materia dei lavori pubblici, che precisa come la progettazione si articoli in tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, preliminare , definitiva ed esecutiva , ed illustra anche gli elementi distintivi tra i diversi progetti che, sia pure funzionalmente collegati, non costituiscono fasi o stadi di un unico progetto e conservano la loro autonomia. 1.11. Sulla scorta di questo quadro normativo, non può pertanto condividersi l’affermazione della Corte di appello secondo la quale, venendo sostituito il progetto preliminare da quello definitivo, non vi è ragione di indicare a corredo della riproduzione del progetto preliminare il nome dell’autore, mentre è legittimo indicare quale progettista dell’intera opera il solo autore del progetto definitivo invero, anche se il progetto preliminare viene - legittimamente, alla luce della normativa prima esaminata - rielaborato e inglobato nella progettazione definitiva, ciò non esclude il diritto di rivendicarne la paternità e di richiederne la connessa tutela, ove il progetto preliminare abbia continuato comunque ad essere autonomamente utilizzato, anche a fini espositivi, senza l’indicazione della originale paternità. 1.12. Va, pertanto, enunciato - ai sensi dell’articolo 363 cod. proc. civ., nell’interesse della legge - il seguente principio di diritto In tema di diritto di autore il progetto architettonico preliminare che si connoti come opera dell’ingegno, in quanto frutto di creatività ed assistito da novità ed originalità, anche se trasfuso nel progetto definitivo, conserva il diritto ad essere tutelato quando venga utilizzato autonomamente, anche a fini espositivi . 2.1. Secondo motivo - Omesso esame di un fatto decisivo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ. individuato nella condotta tenuta da Arechi in occasione del Salone Nautico di Genova del 2011. La ricorrente si duole che la Corte di appello non abbia considerato che anche nel 2011 la Arechi aveva distribuito una brochure nella quale il progetto del porto di Salerno era pubblicizzato come frutto dell’attività creativa dell’arch. C. , senza menzionare lo studio D.C. . Lamenta altresì che la Corte di appello abbia erroneamente ritenuto che le certificazioni dell’attività di progettazione richieste dalla D.C. fossero state consegnate nella fase cautelare del giudizio, avente diverso oggetto. 2.2. Il motivo è inammissibile su entrambi i profili. 2.3. Ed invero, in disparte dalla premessa che la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle - fra esse - ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva, va in via principale osservato che il ricorso, quanto al presente motivo, non risponde ai canoni di cui all’articolo 366, primo comma, nnumero 3 e 6, cod. proc. civ., in quanto le deduzioni formulate non sono assistite dalla esposizione chiara ed esauriente dei fatti di cui si lamenta l’omesso esame e da specificità in merito al momento ed agli atti processuali con i quali i fatti, invocati a sostegno della prospettazione, sarebbero stati sottoposti al giudice di secondo grado, elementi necessari a valutarne la tempestiva introduzione del giudizio, oltre che la rilevanza e la decisività Cass. numero 17049 del 2015 numero 1926 del 2015 . Non avendo la ricorrente assolto tale onere, in quanto - dalla lettura del ricorso - non è dato cogliere questi elementi, la censura va dichiarata inammissibile. 3.1. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo. Si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. del 30.05.2002 numero 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. - Dichiara inammissibile il ricorso ed enuncia il principio di diritto di cui in motivazione - Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro.10.200,00=, comprensivi di esborsi, oltre spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge - Dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. del 30.05.2002 numero 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.