Compenso del curatore da liquidarsi in base all’attività svolta ed in ragione della specificità dei provvedimenti assunti

Sull’interesse tutelato in via principale e diretto dall’articolo 48 c.c. con l’istituto della dichiarazione di scomparsa e quello dello scomparso deve, in concreto, modularsi l’intervento protettivo, come conferma l’ampiezza della formula di legge che conferisce al giudice un esteso potere decisionale, legittimandolo a «dare gli altri provvedimenti necessari alla conservazione del patrimonio».

Con la pronuncia numero 4081 del 20 febbraio 2014, la Corte di Cassazione ha l’occasione di delineare i caratteri dell’istituto della scomparsa di cui all’articolo 48 c.c., precisandone i contorni e chiarendo le modalità di definizione e liquidazione dei compensi per il curatore. Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione, con un rinvio al Tribunale in diversa composizione, prende le mosse dall’impugnazione del provvedimento di liquidazione del compenso del curatore di una persona scomparsa, in quanto ritenuto eccessivamente elevato rispetto all’attività svolta. In particolare, i ricorrenti contestavano il fatto che, avendo il curatore svolto attività anche quale amministratore delle società dello scomparso, era stato da queste remunerate, senza che tale circostanza fosse evidenziata nel provvedimento di liquidazione dei suoi compensi, poste a carico pro quota degli eredi. La Cassazione, richiamata la finalità dell’istituto in questione, ha accolto il ricorso rilevando che nel provvedimento di liquidazione non erano state distinte le varie attività svolte dal curatore, da ricondursi in parte alla gestione delle società dello scomparso ed in parte, in generale, all’attività di curatela complessivamente considerata. La scomparsa quando può essere dichiarata? La scomparsa di un soggetto è dichiarata dal tribunale qualora risulti un allontanamento della persona dal luogo del suo ultimo domicilio o residenza e la mancanza di sue notizie oltre il asso di tempo che può essere giustificato dagli ordinari allontanamenti della persone per ragioni inerenti alla sua vita svago, lavoro, ecc. ecc. . Finalità dell’istituto. Come meglio si preciserà in seguito, l’istituto della scomparsa ha una finalità essenzialmente conservativa del patrimonio dello scomparso, in ragione della quale il tribunale può, qualora concorrano i presupposti di cui sopra, disporre i provvedimento a ciò necessari, ad esempio nominando – come è la prassi – un curatore che rappresenti la persona scomparsa in giudizio o compia gli atti di gestione dei suoi beni. Se la persona scomparsa ritorna, gli effetti della dichiarazione di scomparsa cessando senza necessità di una nuova pronuncia giudiziale. È inammissibile la richiesta di nomina di un curatore dello scomparso effettuata non in funzione conservativa del suo diretto patrimonio ma solo allo scopo di definire i diritti successori degli istanti. In particolare, secondo il S.C. con la sentenza in commento, il contenuto dell’attività svolta dal curatore e le scelte dell’autorità giudiziaria che lo conformano devono essere coerenti con le finalità esclusivamente conservative dell’istituto, di modo che il patrimonio non subisca pregiudizio, per effetto della momentanea assenza del titolare. Dichiarazione di scomparsa e rendita vitalizia. L’obbligo dell’INAIL di pagamento della rendita vitalizia non rimane sospeso in caso di scomparsa del beneficiario atteso che la dichiarazione di scomparsa, ai sensi degli articolo 48 ss. c.c., determina solo la quiescenza dei rapporti giuridici facenti capo allo scomparso, e la necessità di conservazione del suo patrimonio, a cui provvede il curatore all’uopo nominato non vi è immissione, neppure temporanea, degli eredi nel possesso dei beni, come si prevede per il caso di assenza, né liberazione o sospensione delle obbligazioni, anche strettamente personali, assunte da terzi verso lo scomparso, né assume alcun rilievo la questione della trasmissibilità del diritto agli eredi. Il curatore dello scomparsa può alienare i beni. Il curatore dello scomparso, nominato ai sensi dell’articolo 48 c.c., può essere autorizzato ad alienare un immobile appartenente al patrimonio dello scomparso, al fine di provvedere al pagamento di debiti maturati e maturandi cui non sia possibile far fronte col normale attivo della gestione del detto patrimonio, giacché tale alienazione può considerarsi rientrante nella finalità di conservazione e gestione del patrimonio stesso. Scomparsa del creditore e pagamento dei debiti. La scomparsa del creditore, con la nomina di un curatore speciale articolo 48 c.c. , non implica di per sé che il debitore debba eseguire od offrire la prestazione a detto curatore, tenendo conto che tale evento non incide sulla capacità o sullo status del soggetto a differenza di quanto si verifica nei casi di dichiarazione di assenza o di morte presunta , e che è onere del curatore medesimo di dare notizia della sua nomina, indicando luogo, tempo e modalità dell’adempimento. Riscossione dei ratei pensionistici. Il curatore dello scomparso, in quanto abilitato, ai sensi dell’articolo 48 c.c., alla conservazione del patrimonio della persona scomparsa, nel quale rientra anche il diritto, precedentemente acquisito dalla stessa, al trattamento di pensione di vecchiaia, è legittimato a riscuotere, non iure proprio ma in nome e per conto dello scomparso, i ratei pensionistici a questo spettanti, senza che a tale legittimazione - la quale, in mancanza di limiti temporali imposti dal provvedimento di nomina, permane per tutto il periodo della scomparsa, fino alla promozione del procedimento per la dichiarazione di assenza articolo 49 c.c. - sia di ostacolo la mancata prova dell’esistenza in vita del pensionato ai sensi dell’articolo 69 c.c. secondo cui nessuno è ammesso a reclamare un diritto in nome della persona di cui si ignora l’esistenza, se non prova che la persona esisteva quando il diritto è nato , essendo tale norma inapplicabile alla specie per l’indubitabile anteriorità dell’insorgenza del diritto alla pensione rispetto alla scomparsa del suo titolare. Compensi del curatore come e perché. Come visto in precedenza, l’istituto di cui all’articolo 48 c.c. assume una conformazione complessa, in particolare nelle ipotesi in cui il giudice competente abbia autorizzato il curatore a compiere particolari attività di gestione, ritenute necessarie alla conservazione del patrimonio della persona scomparsa. Nel caso di specie, gli organi delle società riconducibili allo scomparso hanno ritenuto di avvalersi in piena autonomia dell’opera del curatore. Avendo quindi il curatore svolto attività plurime, è necessario specificare le ragioni di quantificazione dei compensi richiesti, onde evitare una duplicazione degli stessi. Nel caso di specie, infatti, il curatore era già ricompensato dalle società dello scomparsa quale membro del consiglio di amministratore, ma nel decreto di liquidazione del suo compenso non era chiarito per quali attività della curatela era riconosciuto il compenso posto a carico pro quota degli eredi.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 dicembre 2013 – 20 febbraio 2014, numero 4081 Presidente Goldoni – Relatore Picaroni Ritenuto in fatto 1. - I sigg.ri B. hanno impugnato, ai sensi dell'articolo 111, settimo comma, Cost., il provvedimento del Tribunale di Piacenza, in data 26 aprile 2006, che ha deciso definitivamente sul compenso dovuto al Dott. D.M. per l'attività svolta in qualità di curatore dello scomparso B.P.L. . 1.1. - Con decreto del 4 marzo 2005, su richiesta degli odierni ricorrenti, il Tribunale di Piacenza aveva nominato il Dott. D. curatore speciale di B.P.L. , scomparso in occasione dello tsunami che aveva colpito il sud-est asiatico il 26 dicembre 2004. Con decreto del 30 ottobre 2005, dopo il ritrovamento della salma di B.P.L. , era dichiarata la cessazione della curatela e l'immissione degli eredi nel possesso dei beni. In data 5 maggio 2006, lo stesso Tribunale liquidava al Dott. D. , a titolo di compenso per l'attività svolta, l'importo di Euro 372.444,00 per competenze e di Euro 11.682,00 per rimborso spese, ponendoli a carico degli eredi pro quota. 1.2. - Contro il predetto provvedimento, i sigg.ri B. . Proponevano opposizione, ai sènsi dell'articolo 170 del d.P.R. numero 115 del 2002, censurando che fossero stati, loro addebitati i compensi delle attività svolte dal professionista in qualità di amministratore delle società del gruppo facente capo allo scomparso. Rilevavano gli opponenti che le predette attività erano state svolte in esecuzione di delibere assembleari, con le quali 3.1 dott. D. era stato nominato membro del consiglio di amministrazione, con attribuzione del relativo compenso. Si lamentava, in definitiva, la duplicazione dei compensi liquidati al curatore-amministratore a carico sia delle società amministrate sia degli eredi dello scomparso. I sigg.ri B. assumevano inoltre l'erroneità del calcolo degli onorari, in riferimento agli articolo 2233 e 2389 cod. civ., 52 disp. att. cod. proc. civ., 50, 52 e 275 d.P.R. numero 115 del 2002. Nel giudizio di opposizione si costituiva il Dott. D. ed insisteva per la conferma del provvedimento impugnato. 1.3. - Con decreto depositato il 10 ottobre 2007, il Tribunale di Piacenza respingeva l'opposizione proposta dagli eredi B. , osservando, in sintesi a che era legittimo, ai fini della liquidazione del compenso al curatore quale ausiliario del giudice, il ricorso alle tariffe professionali dei dottori commercialisti, in mancanza delle tabelle ministeriali b che era congruamente motivata l'entità del compenso liquidato, in considerazione della “peculiare natura e complessità delle attività svolte dal curatore, tali da richiedere un impegno continuativo e qualificato, in relazione alla pluralità e diversità di interessi patrimoniali e rapporti economici facenti capo allo scomparso B.P.L. ”. 1.3.1. - In riferimento a quest'ultimo profilo, il Tribunale sottolineava la rilevante attività imprenditoriale svolta da B.P.L. , noto industriale che ricopriva la carica di consigliere di amministrazione di un numerose e importanti società, con migliaia di dipendenti. Il Tribunale evidenziava, quindi, che “la gestione e la conservazione del patrimonio dello scomparso ad opera del curatore” aveva avuto ad oggetto “le partecipazioni azionarie e di quote di B.P.L. ” nelle società Douglas Italia s.p.a., Chero Piping s.p.a., L.C.M. Italia s.p.a., Douglas Chero s.p.a., Gruppo Insieme s.r.l., Chero Immobiliare s.r.l., Chero France s.a., Douglas KTC, Covenco s.r.l. e Brisbane s.a L'attività svolta dal curatore, proseguiva il Tribunale, aveva riguardato “anche le numerose proprietà immobiliari dello scomparso, i conti correnti, i titoli e i rapporti bancari facenti a lui capo, valutati dal curatore, come da documentazione allegata, in via approssimativa per difetto, non avendo il Tribunale autorizzato l'inventario dei beni, in circa 36.250.000,00 di Euro”. 1.3.2. - A proposito della contestata liquidazione del compenso riguardante l'attività di amministrazione della Douglas Chero s.p.a., il Tribunale affermava trattarsi di attività svolta dal Dott. D. nell'ambito della curatela, come ausiliario del giudice, e ciò giustificava l'attribuzione di uno specifico compenso dal quale, peraltro, era stato scomputato il compenso già versato al medesimo Dott. D. dalla società, in modo da non determinare duplicazioni. Doveva poi ritenersi corretta l'assunzione a parametro del compenso spettante ad un direttore generale di media impresa, secondo le indicazioni contenute nelle tariffe professionali dei dottori commercialisti il Dott. D. non si era limitato a ricoprire formalmente la carica di amministratore di società, ma aveva svolto attività decisionale equiparabile, appunto, a quella di direttore generale, come confermato dalla circostanza che la Douglas Chero s.p.a., nel periodo di riferimento, non aveva conferito tale incarico ad altri. Quanto alle ulteriori contestazioni degli opponenti circa l'imposizione a loro carico, pro quota, del pagamento del compenso, il Tribunale osservava che dovevano ritenersi corretti gli elementi posti alla base della liquidazione contenuta nel provvedimento impugnato, anche attraverso il richiamo ai prospetti redatti dal curatore. Dai documenti e dagli atti della curatela emergevano, infatti, i dati oggettivi relativi alle numerose partecipazioni societarie detenute dallo scomparso, ai proventi da queste ricavati ed ai conti correnti, mentre non sembrava decisiva la circostanza, prospettata dagli opponenti, che le predette disponibilità avrebbero potuto essere affidate a gestori professionali. Secondo il Tribunale tale rilievo, per un verso, confermava la complessità dell'attività svolta dal curatore, di gestione e conservazione del compendio societario, patrimoniale e finanziario dello scomparso, e, per altro verso, giustificava la maggiorazione del compenso riconosciuta nel decreto di liquidazione opposto, ai sensi dell'articolo 52 d.P.R. numero 115 del 2002. 2. - Avverso la predetta decisione gli eredi di B.P.L. propongono ricorso straordinario per cassazione, affidato a quattro motivi. Resiste, con controricorso, il Dott. D.M. . I sigg.ri B. hanno depositato memoria in prossimità dell'udienza. Considerato in diritto 1. - Il ricorso deve essere accolto con riferimento al primo, al terzo e al quarto motivo, nei termini di seguito precisati. 1.1. - Si deve premettere che l'attività svolta dal resistente Dott. D. , pur presentando profili di peculiarità, configura attività di gestione e conservazione dei beni della persona scomparsa, riconducibile al paradigma della curatela prevista e disciplinata dall'articolo 48 cod. civ La ratio dell'istituto, di applicazione relativamente scarsa, consiste nell'approntare gli strumenti necessari alla “conservazione del patrimonio”, determinandosi, con la scomparsa, una situazione di quiescenza dei rapporti giuridici facenti capo allo scomparso, senza immissione neppure temporanea degli eredi nel possesso dei beni, né liberazione o sospensione delle obbligazioni assunte nei confronti dello scomparso ex plurimis, Cass., sez. lav., sentenza numero 1253 del 2005 . La nozione di conservazione del patrimonio si declina innanzitutto, e centralmente, come assunzione di tutte le misure necessarie ad evitare la distruzione della ricchezza, conseguente allo stato di incertezza che si determina nei rapporti giuridici che fanno capo allo scomparso, là dove gli strumenti per raggiungere lo scopo non possono che essere individuati in funzione sia della complessità dei rapporti patrimoniali facenti capo allo scomparso, sia del contesto economico di riferimento. Se, infatti, l'interesse tutelato in via principale e diretta dall'articolo 48 cod. civ. è quello dello scomparso, su tale interesse deve, in concreto, modularsi l'intervento protettivo, come conferma l'ampiezza della formula di legge che conferisce al giudice un esteso potere decisionale, legittimandolo a “dare gli altri provvedimenti necessari alla conservazione del patrimonio”. In definitiva, il contenuto dell'attività svolta dal curatore e le scelte dell'autorità giudiziaria che lo conformano devono essere coerenti con la finalità esclusivamente conservativa dell'istituto, di modo che il patrimonio non subisca pregiudizio, per effetto della momentanea assenza del titolare. Ciò significa che, pur non configurandosi come intrinsecamente dinamica, la conservazione del patrimonio dello scomparso può implicare la “gestione” di attività economiche anche molto complesse. 1.2. - Venendo all'esame del caso controverso, si deve ritenere che l'attività, complessa e impegnativa, svolta dal Dott. D. durante la scomparsa di B.P.L. marzo-ottobre 2005 sia riconducibile alla curatela, anche per la parte in cui è consistita nella partecipazione alle società che facevano capo all'imprenditore scomparso. Il curatore è stato infatti autorizzato dal giudice competente ad occuparsi direttamente delle società del gruppo, e, a seguito di tali autorizzazioni, l'assemblea dei soci della Douglas Chero s.p.a. lo ha nominato amministratore, e lo ha regolarmente retribuito per l'attività svolta. 2. - La circostanza è valorizzata dai ricorrenti al fine di contestare, con il primo motivo di ricorso, l'operato del Tribunale di Piacenza nella direzione della violazione e falsa applicazione degli articolo 48 e 2389 cod. civ Si assume, da un lato, che erroneamente il Tribunale avrebbe operato una interpretazione “iperestensiva” della funzione del curatore, fino a ritenerla compatibile con quella di amministratore di società, e, dall'altro lato, che la corresponsione del compenso da parte della società, per l'attività svolta dal curatore in seno ad essa, avrebbe esaurito ogni obbligo economico connesso al predetto incarico. I ricorrenti formulano il corrispondente quesito di diritto, ex articolo 366-bis cod. proc. civ., nei seguenti termini “[ .] se costituisca violazione del combinato disposto degli articolo 48 e 2389 cod. civ., ritenere che il curatore dello scomparso - nell'esercizio delle funzioni riferite al proprio ufficio - possa essere considerato ipso facto anche amministratore delle società delle quali lo scomparso era socio, e se per tale ritenuta automatica immedesimazione questi debba maturare compensi maggiori rispetto a quelli che gli sono stati attribuiti in forza di specifica deliberazione assembleare”. 2.1. - La doglianza è parzialmente fondata. 2.1.1.- Il primo profilo di censura è infondato, in ragione delle considerazioni già svolte circa la possibilità che l'istituto di cui all'articolo 48 cod. civ. assuma una conformazione complessa, in particolare nelle ipotesi in cui il giudice competente abbia autorizzato il curatore a compiere particolari attività di gestione, ritenute necessarie alla conservazione del patrimonio della persona scomparsa. In proposito si deve evidenziare la convergenza delle scelte effettuate dall'autorità giudiziaria, in merito all'ampiezza della curatela, con quelle degli organi societari, che hanno deciso in piena autonomia di avvalersi dell'attività del curatore. In ogni caso, poiché l'attività in oggetto è stata autorizzata dal Tribunale, risulta smentito in radice il rilievo dei ricorrenti secondo cui il curatore dello scomparso sarebbe stato considerato “ipso facto” anche amministratore delle società. 2.1.2. - Il secondo profilo di censura è, invece, fondato. Il dato pacifico, dello svolgimento da parte del Dott. D. , nello stesso periodo e contesto, di attività plurime riconducibili alla curatela, imponeva una specificazione delle ragioni di quantificazione dei compensi, onde evitare una inammissibile duplicazione degli stessi. Il tempo e le risorse professionali impiegate dal curatore nell'attività di amministrazione di società non possono essere retribuiti anche come attività di curatela “generica”, e quindi gravare sugli eredi pro-quota, come invece disposto dal Tribunale. Si tratta, infatti, di attività che è stata retribuita direttamente dalla società, cioè dal soggetto che l'ha ricevuta come prestazione svolta al posto dello scomparso, sicché l'ulteriore liquidazione, con relativa imposizione agli eredi pro quota, risulta priva di giustificazione, oltre che all'evidenza non motivata. Nell'accoglimento della censura indicata, deve ritenersi assorbito il secondo motivo di ricorso. 3. - Con il terzo motivo di ricorso, gli eredi B. prospettano la violazione e falsa applicazione degli articolo 2233 cod. civ., 52 disp. att. cod. proc. civ., 50 e 275 del d.P.R. numero 115 del 2002. Lamentano i ricorrenti che la liquidazione dei compensi al curatore sia stata effettuata prendendo a base di calcolo le tariffe professionali dei dottori commercialisti, e non in via equitativa, secondo il criterio dell'attività effettivamente svolta - come previsto dall'articolo 275 del d.P.R. numero 115 del 2002, fino all'approvazione delle tabelle ministeriali indicate dall'articolo 50 del citato regolamento -, nonché in carenza del prescritto parere dell'ordine professionale. I ricorrenti formulano in proposito il seguente quesito di diritto “[ .] se costituisca violazione del combinato disposto degli articolo 2233 cod. civ., 52 disp. att. cod. proc. civ., ed anche degli articolo 50 e 275 del d.P.R. numero 115 del 2002, ritenere che i compensi maturati dal professionista per l'attività svolta come curatore dello scomparso debbano essere determinati dal giudice sulla base delle tariffe professionali dei dottori commercialisti, e non piuttosto secondo l'equo apprezzamento del giudice dell'attività effettivamente svolta e comunque previamente acquisendo il necessario parere dell'associazione professionale di appartenenza del professionista stesso”. 3.1. - La doglianza è parzialmente fondata. Il richiamo alla tariffa professionale dei dottori commercialisti ha costituito, nel caso di specie, la base di calcolo alla quale il Tribunale di Piacenza ha fatto riferimento nell'ambito della valutazione equitativa, tenuto conto della qualità dell'attività svolta dal curatore, le cui caratteristiche appaiono chiaramente riconducibili a quelle tipiche della professione richiamata. Tuttavia, nella prospettiva della liquidazione equitativa, come assunta dal Tribunale di Piacenza, era necessaria l'acquisizione del parere dell'associazione professionale di appartenenza, richiesta dall'articolo 2233, primo comma, cod. civ. per la liquidazione del compenso del professionista in tutti i casi in cui il relativo compenso non sia stato pattuito tra le parti e nemmeno possa essere determinato sulla base di tariffe o di usi. 4. - Con il quarto motivo, gli eredi B. censurano il provvedimento di liquidazione del compenso al curatore per violazione e falsa applicazione dell'articolo 52 del d.P.R. numero 115 del 2002, nonché sotto il profilo motivazionale. Nella sostanza, i ricorrenti si dolgono che il Tribunale abbia disposto la maggiorazione degli onorari liquidati al curatore, in applicazione dell'articolo 52, comma 1, del d.P.R. numero 115 del 2002 che consente, “per le prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà”, l'aumento degli onorari fino al doppio. Si assume che tale operazione, a fronte peraltro di compensi in sé particolarmente elevati, sarebbe priva di logica e contrasterebbe con il disposto dell'articolo 52 citato una volta escluse le attività svolte dal Dott. D. quale amministratore delle società del gruppo Douglas Chero s.p.a., già retribuite dagli organi societari, la rimanente attività di curatela non presentava complessità tale da legittimare l'aumento dei compensi. In ogni caso, secondo i ricorrenti, la maggiorazione ai sensi dell'articolo 52 d.P.R. numero 115 del 2002 presupponeva la liquidazione degli onorari nella misura massima richiesta, diversamente da quanto nella specie avvenuto. Limitatamente a tale profilo, i ricorrenti hanno formulato il quesito di diritto nei termini seguenti “[ .] se costituisca violazione dell'articolo 52 del d.P.R. numero 115 del 2002, ritenere che gli onorari dovuti al curatore dello scomparso per l'attività svolta possano essere aumentati dal Tribunale secondo quanto disciplinato dalla citata norma, anche allorquando il Tribunale abbia ritenuto di non dovere determinare gli onorari dello stesso curatore nella misura massima richiesta, e comunque senza dare motivazione alcuna della prescritta eccezionalità”. 4.1. - La doglianza è parzialmente fondata. L'argomento sviluppato dai ricorrenti, secondo cui soltanto le prestazioni rese nell'ambito dell'attività di amministrazione societaria avrebbero potuto costituire attività di eccezionale complessità ed importanza, ai fini della disposta maggiorazione, non è condivisibile. Non vi sono ragioni per escludere che l'esercizio della curatela possa richiedere prestazioni di eccezionale importanza e complessità da parte dell'ausiliario, a prescindere dall'esercizio di attività societaria, essendo al contrario plausibile che, a fronte di un patrimonio ingente e diversificato, l'ausiliario sia tenuto ad un'attività tecnicamente assai impegnativa e assorbente dal punto di vista temporale. Risulta in ogni caso dirimente la considerazione che il riconoscimento della maggiorazione “costituisce oggetto di un potere discrezionale attribuito al giudice, che lo esercita mediante il prudente apprezzamento degli elementi a sua disposizione”, e che, se congruamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità ex plurimis, Cass., sez. 2, sentenza numero 20235 del 2009 . Nondimeno, nel caso in esame il provvedimento impugnato presenta un evidente deficit motivazionale nella parte in cui applica la maggiorazione agli onorari complessivamente considerati, e dunque non distingue quelli riconosciuti per le attività di curatela in senso stretto, da quelli riguardanti le attività svolte dall'ausiliario direttamente all'interno delle società del gruppo imprenditoriale facente capo allo scomparso. Soltanto i primi, infatti, potrebbero in astratto essere aumentati, richiedendosi comunque una congrua motivazione riguardo alla eccezionale importanza e complessità, mentre le attività svolte in ambito societario devono ritenersi escluse da ulteriori valutazioni dell'autorità giudiziaria, a pena di duplicazione dei relativi compensi. Il rilievo rende evidente che il provvedimento impugnato, nella parte in cui applica la maggiorazione all'intero complesso di prestazioni rese dall'ausiliario, risulta privo di motivazione. 4.1.1. - Quanto, infine, alla violazione di legge prospettata dai ricorrenti in riferimento all'articolo 52 del d.P.R. numero 115 del 2002, va osservato che, poiché la liquidazione degli onorari è stata effettuata in via equitativa, assumendo a parametro di riferimento le tariffe professionali dei dottori commercialisti, non esisteva una “misura massima degli onorari” al cui preventivo riconoscimento fosse subordinata l'applicazione della maggiorazione. 5. - Le spese di lite, anche del giudizio di legittimità, saranno regolate dal giudice del rinvio, individuato nel Tribunale di Piacenza, in persona di diverso magistrato. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso come da motivazione, cassa e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Piacenza, in persona di diverso magistrato.