Autista inizia a lavorare in un posto e termina in un altro per esigenze aziendali: la busta paga deve tenerne conto …

Il computo del tempo di viaggio presuppone che non vi sia coincidenza del luogo di inizio con quello di cessazione del lavoro giornaliero e che tale circostanza sia determinata non da una scelta del lavoratore ma, in via esclusiva, da una necessità logistica aziendale restando irrilevante la scelta del mezzo usato per lo spostamento .

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 25402, depositata il 12 novembre 2013. Il caso. La Corte d’Appello aveva condannato un’azienda di trasporti a corrispondere ai propri lavoratori le differenze retributive relative alla retribuzione dovuta, ai sensi dell’art. 17 lett. c rdl n. 2328/23, per la metà del tempo impiegato per recarsi, senza prestare servizio, con mezzo gratuito di servizio in viaggi comandati, da una località all’altra per prendere servizio o far ritorno a servizio compiuto. Infatti, la Corte territoriale aveva osservato che ciò che la norma presuppone per qualificare il viaggio come comandato è unicamente la separazione dei luoghi di inizio e termine della prestazione lavorativa giornaliera in connessione a esigenze aziendali, indipendentemente dalla scelta del dipendente di recarsi al lavoro con mezzi propri o pubblici. Contro tale sentenza, la società datrice ha proposto ricorso per cassazione, dolendosi dell’errata interpretazione data alla normativa di riferimento. A suo dire, questa non sarebbe applicabile laddove, come nel caso di specie, i lavoratori non siano tenuti a recarsi preventivamente in luogo non coincidente con quello di inizio turno o a trovarsi, dopo la prestazione, in altro luogo non coincidente con quello di fine turno c.d. viaggi comandati . La connessione causale della separazione dei luoghi di lavoro con le necessità aziendali non esige dimostrazione. Gli Ermellini hanno dichiarato che il fondamento della norma in esame è insito nell’esigenza di compensare il tempo necessario per il menzionato spostamento, indotto dall’organizzazione del lavoro riconducibile all’azienda. Posto ciò, per Piazza Cavour, il diritto all’attribuzione patrimoniale dipende dal fatto oggettivo della separazione dei luoghi di inizio e termine della giornata lavorativa, predeterminata dalla programmazione del lavoro aziendale, con l’inizio del lavoro in un determinato luogo e la conclusione in un altro luogo la connessione causale di questa separazione con le necessità aziendali non esige dimostrazione alcuna . Infine, il Collegio ha specificato che la contingente scelta del lavoratore di utilizzare o meno la propria vettura per recarsi al lavoro e quindi di recuperarla al termine della giornata non incide sul fatto oggettivo della separazione dei luoghi da cui dipende il riconoscimento del diritto. Alla luce di ciò, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 22 ottobre - 12 novembre 2013, n. 25402 Presidente Roselli – Relatore Bandini Svolgimento del processo Con sentenza del 3 - 17.5.2010 la Corte d'Appello di Napoli, in riforma della pronuncia di prime cure, condannò l'ANM Azienda Napoletana Mobilità spa a corrispondere a C.A. , Ch.Ni. , Cu.Fo. , D.A. e D.D. le differenze retributive, da quantificarsi in separato giudizio, relative alla retribuzione dovuta, ai sensi dell'art. 17 lett. c rdl n. 2328/23, per la metà del tempo impiegato per recarsi, senza prestare servizio, con mezzo gratuito di servizio in viaggi comandati, da una località all'altra per prendere servizio o far ritorno a servizio compiuto. A sostegno del decisum la Corte territoriale, per quanto ancora qui rileva, osservò che ciò che la norma presuppone per qualificare il viaggio come comandato è unicamente la separazione dei luoghi di inizio e termine della prestazione lavorativa giornaliera in connessione ad esigenze aziendali, indipendentemente dalla scelta del dipendente di recarsi al lavoro con mezzi propri o pubblici, atteso che è la connessione causale fra programmazione e non coincidenza dei luoghi ad essere normativamente espressa con la locuzione viaggi comandati . Avverso tale sentenza della Corte territoriale, l'ANM Azienda Napoletana Mobilità spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi e illustrato con memoria. Gli intimati C.A. , Ch.Ni. , Cu.Fo. , D.A. e D.D. non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione dell'art. 17 rdl n. 2328/23 e dell'art. 12 disposizioni sulla legge in generale, si duole dell'errata interpretazione data alla normativa di riferimento, non applicabile laddove, come nel caso di specie, i lavoratori non siano tenuti, sulla base di direttive aziendali, a recarsi preventivamente in un luogo non coincidente con quello di inizio turno o a trovarsi, dopo la prestazione, in altro luogo non coincidente con quella di fine turno cosiddetti viaggi comandati . 1.1 La giurisprudenza di questa Corte, in controversie sostanzialmente analoghe, ha reiteratamente affermato che il computo del tempo di viaggio presuppone che non vi sia coincidenza del luogo di inizio con quello di cessazione del lavoro giornaliero e che tale circostanza sia determinata non da una scelta del lavoratore ma, in via esclusiva, da una necessità logistica aziendale restando irrilevante la scelta del mezzo usato per lo spostamento posto che il fondamento della norma è insito nell'esigenza di compensare il tempo necessario per il menzionato spostamento, indotto dall'organizzazione del lavoro riconducibile all'azienda, il diritto all'attribuzione patrimoniale dipende dal fatto oggettivo dalla separazione dei luoghi di inizio e termine della giornata lavorativa, predeterminata dalla programmazione del lavoro aziendale, con l'inizio del lavoro in un determinato luogo e la conclusione in un altro luogo e la connessione causale di questa separazione con le necessità aziendali non esige dimostrazione alcuna né la contingente scelta del lavoratore di utilizzare o meno la propria vettura per recarsi al lavoro e quindi di recuperarla al termine dalla giornata incide sul fatto oggettivo della separazione dei luoghi da cui dipende il riconoscimento del diritto cfr, ex plurimis, Cass., nn. 3575/2006 4496/2008 7197/2010 8355/2010 10020/2011 2118/2012 . Il suddetto orientamento deve essere ulteriormente confermato, non essendo stati addotti a sostegno della censura argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi dalle pronunce richiamate. Essendosi la Corte territoriale conformata ai surricordati principi il motivo all'esame va disatteso. 2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione dell'art. 112 cpc, per non essersi la Corte territoriale pronunciata sull'eccezione di prescrizione quinquennale svolta in prime cure. 2.1 Secondo la condivisa giurisprudenza di legittimità, anche a Sezione Unite, la Corte di Cassazione è giudice del fatto e ha il potere - dovere di esaminare gli atti di causa se il motivo di ricorso è ammissibile il che significa, in applicazione del principio di autosufficienza del medesimo, che se è denunciato un error in procedendo , il ricorso deve indicare da quali atti del precedente giudizio è desumibile, e pertanto, nel caso di impugnazione per omessa pronuncia su una sua domanda, per evitare che la Corte Suprema dichiari inammissibile il motivo per novità della censura, il ricorrente deve indicare in quali atti, e con quali specifiche frasi in essi contenute, l'ha proposta dinanzi al giudice di merito cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 15781/2005 Cass., nn. 7194/2000 11684/2000 12055/2001 1732/2006 2138/2006 4840/2006 13046/2006 16752/2006 653/2007 13657/2010 2118/2012 5344/2013 . Il motivo all'esame non risponde a tali requisiti, e deve quindi ritenersi inammissibile, non essendo stati riportati nel ricorso gli esatti termini con i quali, nella memoria difensiva di prime cure, sarebbe stata svolta l'eccezione di prescrizione di che trattasi, né essendo stato specificato se detta eccezione fosse stata riproposta nel ricorso d'appello. 3. In definitiva il ricorso va rigettato. Non è luogo a provvedere sulle spese, stante l'assenza di attività difensiva da parte degli intimati. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso nulla per le spese.