Maglia di Maradona data in comodato gratuito, ma non tornerà più indietro un po’ come i suoi gol. È infatti mancata totalmente la prova dell’esistenza di un contratto di comodato con conseguente obbligo alla restituzione.
È quanto emerge dalla sentenza numero 25407 della Corte di Cassazione, depositata il 12 novembre scorso. Il caso. Una s.a.s. veniva convenuta in giudizio da parte di 2 persone, i quali chiedevano la condanna alla restituzione di alcuni quadri, per un valore di circa 15mila euro, nonché della maglia del calciatore Maradona, dati dagli attori in comodato gratuito alla stessa società. La domanda, tuttavia, viene respinta in entrambi i gradi di giudizio. Infatti, dell’esistenza di un contratto di comodato con conseguente obbligo alla restituzione non è stata fornita prova alcuna da parte degli attori. Inutile, poi, si rivela il ricorso in Cassazione. Una maglia persa per sempre. I giudici di legittimità, in primis, sottolineano che la Corte di appello aveva correttamente argomentato che l’atto di cessione tra le parti aveva ad oggetto l’intera azienda, «con tutti i beni in essa compresi e quindi anche con i quadri e la maglia richiesti in sostituzione». Respinta la domanda di carattere personale fondata sul comodato quanto quella di carattere reale fondata sulla rivendicazione . I ricorrenti sostengono che la maglia di Maradona, appartenente ad uno di loro, non poteva essere ceduta assieme al complesso aziendale. E poi – aggiungono – la parte che deduce di aver acquistato un’azienda è tenuta a dimostrare l’appartenenza al patrimonio sociale dei singoli beni, ove essa sia contestata. E, nel caso di specie, non essendo stati prodotti in giudizio i libri obbligatori per l’imprenditore, il giudice di merito non avrebbe potuto ritenere che i quadri in questione appartenessero alla società convenuta. Ma non è così per la Cassazione, che rigetta in toto il ricorso, anche perché le doglianze dei ricorrenti non sono altro che un tentativo di ottenere dalla Cassazione un nuovo esame del materiale probatorio esistente, attività comunque preclusa alla Corte di legittimità.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 26 settembre – 12 novembre 2013, numero 25407 Presidente Russo – Relatore Cirillo Svolgimento del processo 1. N P. e A B. convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Forlì, la s.a.s. Rugantino, chiedendo che fosse condannata alla restituzione di alcuni quadri, per un valore di circa 15.000 Euro, nonché della maglia del calciatore Maradona, dati dagli attori in comodato gratuito. Il Tribunale respingeva la domanda. 2. Proposto appello dagli attori soccombenti, la Corte d'appello di Bologna, con sentenza del 24 ottobre 2006, respingeva il gravame, confermando la pronuncia di primo grado e condannando gli appellanti alle spese. Osservava la Corte territoriale che la domanda proposta aveva come causa petendi l'esistenza di un contratto di comodato con conseguente obbligo di restituzione ma gli attori non avevano fornito la prova dell'esistenza di detto contratto. Oltre a ciò, era da considerare come elemento contrario alla pretesa degli appellanti il fatto che tra le parti era intercorsa una scrittura privata di cessione di quote dalla quale risultava che assieme alle quote era stata ceduta anche l'intera azienda, con tutti i beni relativi, compresi i quadri e la maglia del calciatore di cui al giudizio. 2. Contro la sentenza della Corte d'appello di Bologna propongono ricorso N P. e A B. , con unico atto affidato a sei motivi. Resiste la Rugantino s.a.s. con controricorso. Motivi della decisione 1. Col primo motivo di ricorso si lamenta omessa motivazione in ordine alla domanda di rivendicazione avanzata, ai sensi dell'articolo 948 cod. civ., relativamente ai quadri ed alla maglia del calciatore Maradona. Rilevano i ricorrenti che nel giudizio di merito essi avevano avanzato tale domanda insieme all'azione di restituzione fondata sul contratto di comodato su tale domanda la Corte d'appello avrebbe “completamente e incomprensibilmente omesso qualsiasi pronuncia”, sebbene la sentenza di primo grado l'avesse rigettata nel merito. Il capo della sentenza di primo grado che conteneva il rigetto era stato impugnato sicché il fatto controverso sarebbe costituito dalla totale mancanza di valutazione circa tale domanda. 2. Col secondo motivo di ricorso si lamenta omessa motivazione in ordine alla domanda di rivendicazione avanzata ai sensi dell'articolo 948 cod. civ. ed alla domanda alternativa di corresponsione del valore e risarcimento del danno. Si rileva che, in conseguenza dell'omissione di cui al motivo precedente, la Corte di merito non ha esaminato la domanda alternativa di corresponsione di una somma di denaro. Secondo i ricorrenti, infatti, la sentenza di primo grado aveva accertato che la maglia del calciatore Maradona era di proprietà di B.A. , con un'affermazione passata in giudicato per mancata impugnazione il che avrebbe dovuto indurre il giudice d'appello a pronunciarsi almeno sulla domanda risarcitoria, alternativa a quella restitutoria. 3. I due motivi, da trattare congiuntamente, sono privi di fondamento. Anche volendo prescindere dal fatto che il primo motivo è ai limiti dell'inammissibilità - poiché censura la sentenza per omessa pronuncia e svolge poi argomentazioni idonee a sostenere una censura di vizio di motivazione v. sentenza 15 maggio 2013, numero 11801 - resta comunque il dato decisivo che la sentenza impugnata ha, nella sostanza, rigettato anche la domanda di rivendicazione. Senza addentrarsi nei delicati profili dei rapporti esistenti tra l'azione di rivendicazione e quella di restituzione, la Corte territoriale ha stabilito, con un accertamento in fatto sottratto all'esame di questa Corte, in quanto correttamente argomentato, che l'atto di cessione concluso tra le parti aveva ad oggetto l'intera azienda, “con tutti i beni in essa compresi e quindi anche con i quadri e la maglia richiesti in sostituzione”. Da tanto consegue che il giudice di merito ha respinto, sia pure con una formulazione imprecisa, ma tuttavia idonea a sorreggere la motivazione, tanto la domanda di carattere personale fondata sul comodato quanto quella di carattere reale fondata sulla rivendicazione . Il rigetto del primo motivo conduce al rigetto anche del secondo, il quale è intimamente collegato col precedente. Ed infatti, intanto potrebbe porsi un problema di diritto al risarcimento del danno in quanto gli odierni ricorrenti avessero avuto un titolo per la restituzione degli oggetti in discussione, il che è stato invece escluso dal giudice di merito. Quanto, invece, al profilo del preteso accertamento - contenuto nella sentenza di primo grado - dell'appartenenza della maglia del calciatore Maradona ad B.A. , è appena il caso di rilevare che la sentenza di primo grado aveva respinto la domanda degli attori, sicché il passo di quella pronuncia riportato alla p. 9 del ricorso non può che costituire un'affermazione non tradotta in un capo autonomo della sentenza e di per sé non idonea al giudicato. 4. Col terzo motivo di ricorso si lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto della appartenenza dei quadri e della maglia del calciatore Maradona all'azienda ceduta ed alla loro presunta cessione nell'ambito del contratto di cessione di azienda. Rilevano i ricorrenti che, avendo la sentenza di primo grado accertato che la maglia del calciatore Maradona apparteneva ad B.A. , la stessa non poteva essere ceduta assieme al complesso aziendale sarebbe contraddittoria la motivazione nella parte in cui ha ritenuto che quella maglia potesse essere stata ceduta con l'azienda, mentre sarebbe omessa ogni motivazione sul perché i quadri del pittore Cancelli dovessero fare parte dei beni aziendali. 5. Col quarto motivo di ricorso si lamenta error in iudicando sulla prova della proprietà dei quadri del pittore Cancelli. Si osserva che la parte che deduce di aver acquistato un'azienda è tenuta a dimostrare l'appartenenza al patrimonio sociale dei singoli beni, ove essa sia contestata non essendo stati prodotti in giudizio i libri obbligatori per l'imprenditore, il giudice di merito non avrebbe potuto ritenere che i quadri in questione appartenessero alla società Rugantino. 6. Col quinto motivo di ricorso si lamenta error in iudicando sulla prova e sussistenza del contratto di comodato dei quadri e della maglia del calciatore Maradona. Rilevano i ricorrenti che dagli atti di causa risulta con certezza che sia i quadri che la maglia del calciatore Maradona erano stati consegnati agli acquirenti delle quote sociali l'errore di diritto sarebbe “quello di non aver tenuto conto del fatto che la sussistenza del contratto di comodato poteva anche essere presunta dalla traditio dei beni, e dalla concorrenza di altri indizi, gravi, precisi e concordanti”. 7. Col sesto motivo di ricorso si lamenta contraddittoria motivazione sul punto della qualificazione dell'operazione quale cessione di azienda in luogo di cessione di quote. Si osserva che la Corte di merito ha dato importanza al corrispettivo pagato per la cessione di quote di azienda, notando che l'azienda aveva un valore superiore a quello della società il fatto controverso rilevante ai fini del vizio di motivazione sarebbe costituito, quindi, “dalla qualificazione del negozio quale cessione di azienda in luogo di cessione di quote sociali in assenza di qualsiasi riscontro probatorio e in contrasto con quanto indicato nell'atto”. 8. I motivi terzo, quarto, quinto e sesto vanno decisi congiuntamente e sono tutti privi di fondamento. Com'è agevole comprendere dalla semplice lettura degli stessi, essi si risolvono, sia pure richiamando l'attenzione su aspetti diversi della vicenda, in un evidente tentativo di ottenere da questa Corte un nuovo esame del materiale probatorio esistente, attività preclusa a questa Corte di legittimità. Nonostante alcune delle censure siano prospettate come violazioni di legge, esse si rivolgono, infatti, contro la ricostruzione di merito compiuta dalla Corte d'appello. Come questa Corte ha in più occasioni ribadito, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l'attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge sentenza 16 dicembre 2011, numero 27197 . Ne consegue che il vizio di omessa o insufficiente motivazione deducibile in sede di legittimità sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa sentenze 23 dicembre 2009, numero 27162, 18 marzo 2011, numero 6288, 21 febbraio 2013, numero 4366 . 9. In conclusione, il ricorso è rigettato. A tale esito segue la condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 20 luglio 2012, numero 140, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre accessori di legge.