È nulla la clausola sugli interessi: per rideterminare il saldo bisogna produrre in giudizio degli estratti conto

Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la banca non può dimostrare l’entità del proprio credito mediante la produzione, ai sensi dell’art. 2710 c.c., dell’estratto notarile delle sue scritture contabili dalle quali risulti il mero saldo del conto, ma ha l’onere di produrre gli estratti a partire dall’apertura del conto né la banca può sottrarsi all’assolvimento di tale onere invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre 10 anni, perché non si può confondere l’onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito.

Con la pronuncia del 19 settembre 2013, n. 21466, la Corte di Cassazione affronta la problematica relativa alle modalità di rideterminazione del saldo di un conto corrente bancario, qualora sia stata dichiarata la nullità della clausola che prevedeva la corresponsione di interessi ultralegali. In particolare, il S.C. precisa che per tale operazione, è necessario disporre di tutti gli estratti conto, non potendo utilizzare altri e diversi rendiconti della banca, posto che solo con gli estratti conto è possibile verificare le modalità di applicazione degli interessi. Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione con la pronuncia in commento ha origine dall’opposizione a decreto ingiuntivo promossa dal correntista di una banca, sostenendo l’illegittimità dell’applicazione di interessi ultralegali e della capitalizzazione trimestrale in assenza di pattuizione. Il tribunale accoglie parzialmente l’opposizione, asserendo comunque la debenza di una somma minore rispetto a quella ingiunta tale decisione viene poi confermata in appello. La Corte di appello, al riguardo, pur rilevando l’assenza degli estratti conto relativi al rapporto de quo , ha comunque potuto rideterminare il saldo creditore, sulla base dei documenti in atti. Tale ragionamento viene ora censurato dai giudici di Piazza Cavour, ritenendo per contro indispensabili gli estratti conti ai fini del ricalcolo e rimettendo quindi la decisione alla Corte di Appello, per valutare quali conseguenze possono addebitarsi alla Banca in caso di mancata produzione degli estratti conto. Pattuizione di interessi ultralegali nullità se non specificati. All’origine del giudizio, ed alla base dell’opposizione, vi è la nota questione della validità del mero rinvio agli usi per il pagamento di interessi ultralegali. Sul punto, la giurisprudenza è pacifica nel riferire che in tema di contratti bancari, nel regime anteriore all’entrata in vigore della disciplina dettata dalla l. n. 154/1992, sulla c.d. trasparenza bancaria, la clausola che, per la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale, si limiti a fare riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è priva del carattere della sufficiente univocità, per difetto di univoca determinabilità dell’ammontare del tasso sulla base del documento contrattuale, e non può, quindi, giustificare la pretesa della banca al pagamento di interessi in misura superiore a quella legale in ogni caso, a partire dal 9 luglio 1992, data di entrata in vigore dell’indicato ius superveniens , si è sancita la nullità della clausola di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e si è statuito all’art. 4 cit. l. n. 154/1992, che i contratti bancari devono indicare il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi gli eventuali maggiori oneri in caso di mora . Nullità della capitalizzazione trimestrale ed annuale. Del pari, è nulla, con conseguente applicazione del saggio legale previsto dall’art. 1284 c.c., la clausola del contratto di conto corrente bancario che per la determinazione degli interessi rinvia agli usi su piazza da ultimo, la Cassazione ha poi stabilito il divieto di capitalizzazione annuale, affermando che nei rapporti banca – cliente nessuna delle due parti può procedere a capitalizzazione degli interessi, a prescindere dalle modalità temporali. Mancata contestazione dell’estratto conto quid iuris? La banca si è difesa affermando che comunque, il cliente, non aveva mai contestato la documentazione contabile ricevuta dalla Banca. Sul punto, la giurisprudenza precisa che ai sensi dell’art. 1832 c.c., l’approvazione tacita dell’estratto di conto corrente non si estende alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti, ma ha la funzione di certificare la verità storica dei dati riportati nel conto, ivi compresa l’esistenza degli ordini e delle disposizioni del correntista, menzionati nel conto stesso come causali di determinate annotazioni di debito poiché, pertanto, gli estratti non contestati si presumono conformi alle disposizioni impartite dal correntista, su questi grava l’onere di provare l’esistenza di fatti, non necessariamente negativi ma anche positivi, diversi e contrari rispetto al contenuto delle annotazioni. Saldo creditore ed opposizione a decreto ingiuntivo. Regole particolari, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, sussistono per la prova del credito rivendicato dalla banca. Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso a favore di una banca a titolo di scoperto di un contratto di apertura di credito in conto corrente, infatti, la banca ha l’onere di fornire la prova della fondatezza della sua pretesa, attraverso la produzione in giudizio degli estratti conto relativi all’intero rapporto di conto corrente, non potendo ritenersi sufficiente, ai sensi del nuovo testo dell’art. 50 T.U.B., l’estratto di saldaconto relativo all’ultimo periodo del rapporto, la cui efficacia probatoria può riconoscersi, al più, con riferimento alla fase monitoria. Saldaconto ed estratto conto ordinario una diversa rilevanza probatoria. In tema di prova del credito fornita da un istituto bancario nel procedimento monitorio e nel successivo giudizio contenzioso di opposizione, va distinto l’estratto di saldaconto - dichiarazione unilaterale di un funzionario della banca creditrice accompagnato dalla certificazione della sua conformità alle scritture contabili e da un’attestazione di verità e liquidità del credito - dall’ordinario estratto conto - funzionale a certificare le movimentazioni debitorie e creditorie intervenute dall’ultimo saldo, con le condizioni attive e passive applicate dalla banca - poiché il saldaconto riveste efficacia probatoria nel solo procedimento per decreto ingiuntivo eventualmente instaurato dall’istituto, mentre l’estratto conto, trascorso il debito periodo di tempo dalla sua comunicazione al correntista, assume carattere di incontestabilità ed è, conseguentemente, idoneo a fungere da prova anche nel successivo giudizio contenzioso instaurato dal cliente con la conseguenza che non può ritenersi assolto l’onere probatorio da parte dell’istituto di credito ove questi ometta di produrre gli estratti conto nel giudizio di opposizione, non essendo sufficiente il mero riferimento, negli atti di causa, all’invio degli estratti conto al cliente e alla non contestazione di essi e della loro ricezione da parte di quest’ultimo. Estratto conto quale efficacia nei confronti del fideiussore? Nei rapporti di conto corrente bancario l’estratto di saldo conto ha efficacia probatoria, fino a prova contraria, anche nei confronti del fideiussore del correntista non soltanto per la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche nel giudizio di opposizione allo stesso e in ogni altro procedimento di cognizione, perché, ove il debitore principale sia decaduto a norma dell’art. 1832 c.c. dal diritto di impugnare gli estratti di saldo conto, il fideiussore chiamato in giudizio dalla banca medesima per il pagamento della somma dovuta non può sollevare contestazioni in ordine alla definitività di quegli estratti.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 16 maggio – 19 settembre 2013, n. 21466 Presidente Salmè – Relatore Mercolino Svolgimento del processo 1. - A N. propose opposizione al decreto emesso il 17 settembre 1997, con cui il Tribunale di Monza gli aveva ingiunto il pagamento della somma di Lire 58.998.782, oltre interessi al tasso del 19,25% con capitalizzazione trimestrale, a titolo di saldo debitore del conto corrente da lui intrattenuto con la Cariplo S.p.a A fondamento della domanda, affermò il carattere usurario degl'interessi, contestando anche l'importo richiesto a titolo di saldo debitore, in quanto risultante dall'applicazione d'interessi ultralegali e della capitalizzazione trimestrale, non dovuti per difetto di valida convenzione. 1.1. - Il giudizio, dichiarato interrotto a seguito dell'incorporazione della Cariplo da parte della Banca Intesa S.p.a. in seguito trasformatasi in Intesa B.C.I. S.p.a. , fu riassunto nei confronti di quest'ultima e dell'Intesa B.C.I. Gestione Crediti S.p.a., subentrata nel rapporto obbligatorio per effetto della cessione in blocco dei crediti in sofferenza della Cariplo. 1.2. - Il Tribunale, dopo aver revocato il decreto ingiuntivo con sentenza non definitiva del 6 settembre 2000, dichiarando la nullità della clausola relativa alla misura degl'interessi ultralegali ma riconoscendo l'applicabilità della capita-lizzazione trimestrale, con sentenza definitiva del 27 gennaio 2003 determinò l'importo dovuto in Euro 29.075,89, mediante il ricorso ad indici o criteri presuntivi. 2. - Il gravame proposto dal N. nei confronti dell'Intesa Gestione Crediti S.p.a. già Intesa B.C.I. Gestione Crediti è stato parzialmente accolto dalla Corte d'Appello di Milano, che con sentenza dell'11 marzo 2006 ha rideterminato l'importo dovuto in Euro 28.815,72. Premesso, per quanto ancora rileva in questa sede, che il c.t.u. nominato nel giudizio di primo grado aveva dichiarato di non essere in grado di determinare la somma dovuta, in quanto, nonostante ripetuti rinvii ed un ordine di esibizione emesso dal Tribunale, non era stata prodotta la documentazione contabile riguardante lo svolgimento del rapporto, la Corte territoriale ha ritenuto inutile l'espletamento di una nuova consulenza, osservando che la mera indicazione del saldo, accompagnata da riscontri relativi ai soli trimestri immediatamente anteriori alla chiusura del conto, non avrebbe consentito la ricostruzione del rapporto. Ciò posto, ha tuttavia rilevato che l'inadempimento dell'onere della prova, addotto a fondamento del gravame, non era stato fatto valere con l'opposizione al decreto ingiuntivo, in cui l'attore si era limitato a contestare l'applicazione degl'interessi ultralegali ed anatocistici, e, ritenuto che la documentazione acquisita consentisse comunque di determinare l'importo dovuto, in riferimento all'ultima fase del rapporto, ha fatto proprio il ragionamento seguito dal Tribunale, che aveva ricostruito il credito in base ai dati risultanti dalla predetta documentazione e mediante l'applicazione di criteri logico-presuntivi in ordine ai quali le parti non avevano sollevato specifiche contestazioni. Preso atto, infine, che l'appellante aveva impugnato anche la sentenza non definitiva, limitatamente al riconoscimento della legittimità della capitalizzazione trimestrale, la Corte ha dichiarato la nullità della relativa clausola, in quanto fondata su inesistenti usi normativi, ed ha quindi proceduto alla rideterminazione del credito, sulla base dei medesimi criteri seguiti dal Tribunale, ma introducendo nel calcolo un'ulteriore coefficiente di riduzione del tasso d'interesse. 3. - Avverso la predetta sentenza il N. propone ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, illustrato anche con memoria. Resiste con controricorso l'Italfondiario S.p.a., in qualità di mandataria della Banca Intesa S.p.a., succeduta per incorporazione all'Intesa Gestione Crediti S.p.a Motivi della decisione 1. - Con l'unico motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ., sostenendo che erroneamente la Corte d'Appello ha proceduto alla determinazione dell'importo dovuto sulla base di criteri logico-presuntivi, muovendo dall'importo richiesto nel procedimento monitorio, senza tener conto delle contestazioni da lui sollevate e dell'inadempimento dell'onere probatorio da parte della banca. Osserva infatti che la mancata produzione degli estratti conto dalla data di insorgenza del rapporto, impedendo di verificare la giustificazione contabile del saldo richiesto e di depurarlo dagli interessi ultralegali ed anatocistici e dalle commissioni di massimo scoperto, non dovuti, avrebbe dovuto imporre il rigetto della domanda proposta dalla banca. 1.1. - Il ricorso è fondato. Nel determinare l'importo dovuto dal ricorrente, alla luce dell'intervenuta dichiarazione di nullità delle clausole del contratto di conto corrente che prevedevano la corresponsione degli interessi in misura superiore a quella legale e la capitalizzazione trimestrale degli interessi, la Corte territoriale ha dato atto dell'inutilità della rinnovazione della c.t.u. espletata in primo grado, in considerazione della mancata produzione della documentazione contabile relativa allo svolgimento del rapporto, aggiungendo che la mera indicazione del saldo che il conto presentava alla data di chiusura, accompagnata da riscontri documentali relativi ai soli trimestri immediatamente anteriori, non avrebbe in alcun modo consentito di ricostruire lo svolgimento del rapporto. Ciò nonostante, essa ha ritenuto di poter confermare l'accertamento della posizione debitoria dell'appellante compiuto dal Tribunale sulla base della documentazione prodotta e mediante l'applicazione di criteri logico-presuntivi, con l'introduzione soltanto di un ulteriore correttivo in diminuzione per effetto della dichiarazione d'illegittimità della capitalizzazione trimestrale degl'interessi, osservando che l'appellante non aveva sollevato specifici rilievi in ordine all'intervenuto adempimento dell'onere probatorio da parte della ricorrente, ma si era limitato a contestare l'applicazione degl'interessi ultralegali anatocistici. Tale iter argomentativo, oltre a risultare intrinsecamente contraddittorio, in quanto fondato su proposizioni logicamente incompatibili, costituite rispettivamente dall'impossibilità di procedere alla ricostruzione dell'andamento del conto sulla base della documentazione prodotta e dall'assunzione della stessa quale termine di riferimento per l'accertamento del credito, si pone in contrasto con l'elementare considerazione, fatta propria da questa Corte, secondo cui, una volta esclusa la validità della clausola in base alla quale sono stati calcolati gl'interessi, soltanto la produzione degli estratti conto a partire dalla data di apertura del conto corrente consente di pervenire, attraverso l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere con l'applicazione del tasso legale, alla determinazione del credito della banca, sempre che la stessa non risulti addirittura debitrice, una volta depurato il conto dagl'interessi non dovuti. Allo stesso risultato non si può pervenire sulla base del saldo registrato alla data di chiusura del conto e della documentazione relativa all'ultimo periodo del rapporto, dal momento che quest'ultima non consente di verificare gli importi addebitati nei periodi precedenti per operazioni passive e quelli relativi agl'interessi, la cui iscrizione nel conto ha condotto alla determinazione dell'importo che costituisce la base di computo per il periodo successivo cfr. Cass., Sez. 1^, 25 novembre 2010, n. 23974 10 maggio 2007, n. 10692 . È irrilevante, a tal fine, che il saldo iniziale risultante dalla documentazione relativa all'ultimo periodo corrisponda a quello finale riportato negli estratti conto relativi ai periodi precedenti, dei quali non sia stata dedotta l'avvenuta contestazione da parte del correntista, dal momento che, ai sensi dell'art. 1832 cod. civ., la mancata contestazione dell'estratto conto e la connessa implicita approvazione delle operazioni in esso annotate riguardano gli accrediti e gli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, nonché la verità contabile, storica e di fatto delle operazioni annotate, ma non impediscono la formulazione di censure concernenti la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti cfr. tra le più recenti, Cass., Sez. I, 26 maggio 2011, n. 11626 19 marzo 2007, n. 6514 18 maggio 2006, n. 11749 . L'accertamento della nullità delle clausole contrattuali che pongono a carico del correntista l'obbligo di corrispondere, sugl'importi di volta in volta risultanti a suo debito, gl'interessi ad un tasso superiore a quello legale, prevedendone la capi-talizzazione periodica, impone pertanto di procedere alla rideterminazione del saldo finale del conto mediante la ricostruzione dell'intero andamento del rapporto, sulla base delle condizioni ritenute applicabili e della documentazione contabile la cui produzione è a carico della banca. Nessun rilievo, nella specie, può assumere la circostanza che il correntista non avesse sollevato rilievi in ordine alla documentazione prodotta nel procedimento monitorio, non risultando tale comportamento processuale di per sé sufficiente a far ritenere provato il credito, in presenza delle eccezioni sollevate in ordine alla validità delle pattuizioni relative agl'interessi e dell'onere probatorio gravante sulla Banca creditrice. È noto infatti che l'emissione del decreto ingiuntivo non determina alcuna inversione nella posizione delle parti, configurandosi la successiva fase di opposizione come un ordinario giudizio di cognizione, nell'ambito del quale trovano applicazione le consuete regole di ripartizione dell'onere della prova, con la conseguenza che il ricorrente, pur assumendo formalmente la posizione di convenuto, riveste la qualità di attore in senso sostanziale, ed è pertanto tenuto a fornire la piena prova del credito azionato nella fase a cognizione sommaria cfr. ex plurimis, Cass., Sez. VI, 11 marzo 2011, n. 5915 Cass., Sez. Ili, 3 marzo 2009, n. 5071 17 novembre 2003, n. 17371 . 2. - La sentenza impugnata va pertanto cassata, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d'Appello di Milano, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Milano, anche per la liquidazione delle spese processuali.