La precarietà non può essere permanente e, quindi, il Palatrussardi deve essere demolito, perchè non rispetta gli standards di verde previsti dal piano regolatore generale p.r.g. .
Il Consiglio di Stato sent. n. 3046, depositata il 23 giugno mette la parola fine ad una vicenda lunga trent'anni. Risale, infatti, al 1985, in seguito al danneggiamento irreparabile del vecchio palazzo dello sport di San Siro, l'iniziativa della famiglia Togni che, di proprietà in proprietà, si conclude oggi. Per merito della costanza che soltanto la fiducia delle suore nell'aiuto divino può dare. Ma che, visto l'esito della vicenda si può considerare ben riposto. Una storia infinita . Il Comune di Milano concesse alla General Show Service S.r.l. poi Divier Togni S.r.l. un’area comunale di mq. 14.800 in fregio al confine della proprietà dell’Istituto Casa di Nazareth, al fine di edificare e gestire una struttura per spettacoli musicali e sportivi, poi messa effettivamente in opera come struttura mobile provvisoria ed in quanto tale autorizzata, con il nome noto di Palatrussardi, poi Palavobis, ora Palasharp, costituita da un’impalcatura metallica di circa 30 m, sostenuta da 4 pilastri del diametro di m. 1,80 con le gradinate e le pareti laterali in cemento armato ed acciaio, ricoperta da una cupola di materiale plastico per la capienza di circa 9000 posti. Trattandosi di area destinata dal p.r.g. di Milano in parte a servizi privati ed in parte a verde comunale e comportando rilevantissimi disturbi, soprattutto sonori, l’Istituto iniziò una serie di azioni legali per ovviare ad una situazione la cui provvisorietà veniva in continuazione prorogata, soprattutto dopo l’annullamento giurisdizionale di una concessione in sanatoria. Con uno degli ultimi atti, il consiglio comunale adottava la delibera 27 settembre 1999 n. 9900091, con la quale si decideva di non demolire la struttura, vista la pretesa sussistenza dell'interesse pubblico al suo mantenimento e l’asserita assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali. Anche tale delibera veniva impugnata dall’Istituto davanti al TAR della Lombardia ricomma /99 il quale, riuniti i due ricorsi, li rigettava con la sentenza n. 2011 del 5 marzo 2001. Il resto è storia d'oggi. Una struttura abbandonata? Il Collegio ha preso atto delle dichiarazioni del Comune di Milano che hanno evidenziato da un lato che la struttura non ospita più manifestazioni dal settembre 2011, e quindi si trova in stato di sostanziale abbandono e di inagibilità, tanto da non provocare i danni evocati dall’appellante Istituto, e dall’altro che, con delibera di Giunta n. 510 del 22 marzo 2013, sono state approvate le linee guida relative alla futura demolizione della struttura, demandando al direttore del settore sport e benessere di predisporre gli atti propedeutici alla demolizione. In sostanza, afferma la sentenza, si potrebbe definitivamente dimostrare l’esistenza di un percorso amministrativo, sia pure di durata incalcolabile, che andrebbe a sfociare nell’eliminazione della megastruttura, ma non per questo può essere accolta la richiesta di improcedibilità. Ciò in quanto la stessa può essere pronunciata solamente davanti al superamento giuridico e fattuale della situazione denunciata dall’impugnativa nel caso di specie, invece, la costruzione è tuttora presente, tanto da potersi configurare in astratto una nuova messa in agibilità, ed i procedimenti demolitori si trovano attualmente in uno stadio interno che non può provare alcunché. Struttura abusiva. Nel merito, tuttavia, la Sezione ha ritenuto di accogliere l’appello per la parte relativa alla domanda di annullamento delle proroghe vista l’abusività della struttura e l’illogicità della determinazione di mantenerla in spregio alla sua compatibilità con l’ambiente urbano circostante ed in particolare alla irrisoria quantità di standard, specificamente di verde pubblico, sussistenti in zona. Infatti, la costruzione, ora denominata Palasharp ed oggetto della controversia, è stata ritenuta in contrasto con le norme urbanistiche edilizie già dalla sentenza 1 ottobre 1997 n. 1057 della IV^ Sezione del Consiglio di Stato, in base al principio che quando i vincoli urbanistici gravanti su un’area decadono per il decorso del termine quinquennale di cui all’art. 2 L. 19 novembre 1968 n. 1168 sulla stessa area è applicabile il regime degli standard previsto dall’art. 4, ult. comma, L. 28 gennaio 1977 n. 10, al quale non si estende il potere di deroga alle norme di piano regolatore o di regolamento edilizio di cui all’art. 41 quater L. 17 agosto 1942 n. 1150 e successive modificazioni. In sostanza, ciò avrebbe portato all’annullamento della concessione edilizia in deroga in forza della quale la struttura era stata costruita. Sennonché il tentativo di sanatoria in base all’art. 7, co. 5, L. n. 47/1985, a giudizio del Collegio, è in stridente contraddizione con quanto affermato dalla sentenza n. 1057/1997 riguardo al contrasto dell’opera con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. In sostanza, seppure l’istruttoria abbia dimostrato la disponibilità dei parcheggi esistenti, seppure l’art. 7 della legge 47/1985 consenta la determinazione di non demolire un manufatto che sia in contrasto con le norme dello strumento urbanistico generale, ciò non può avvenire in contrasto con le norme di legge che, come è noto e come è stato ricordato dalla sentenza n. 1057/1997, stabiliscono l’inderogabilità dei limiti di standard. In pratica, quindi, non può essere consentito il mantenimento del Palasharp in assenza delle necessarie dotazioni, previste e mai realizzate, di verde comunale. Infatti il p.r.g. art. 38.6.1 delle norme tecniche di attuazione n.t.a. - ha subordinato la destinazione di parte delle aree ad attrezzature pubbliche o di uso pubblico alla contestuale creazione di un’ampia zona a parco pubblico che invece non è stata realizzata, a fronte di una macro attrezzatura ad uso pubblico che solo la temporaneità avrebbe potuto a questo punto giustificare.
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 17 maggio 3 giugno 2013, n. 3046 Presidente Volpe Estensore Prosperi Fatto Nel 1985, in seguito al danneggiamento irreparabile del vecchio palazzo dello sport di San Siro, il Comune di Milano concesse alla General Show Service S.r.l. poi Divier Togni S.r.l. un’area comunale di mq. 14.800 in fregio al confine della proprietà dell’Istituto Casa di Nazareth, al fine di edificare e gestire una struttura per spettacoli musicali e sportivi, poi messa effettivamente in opera come struttura mobile provvisoria ed in quanto tale autorizzata, con il nome noto di Palatrussardi, poi Palavobis, ora Palasharp, costituita da un’impalcatura metallica di circa 30 m, sostenuta da quattro pilastri del diametro di m. l,80 con le gradinate e le pareti laterali in cemento armato ed acciaio, ricoperta da una cupola di materiale plastico per la capienza di circa 9000 posti. Trattandosi di area destinata dal piano regolatore generale p.r.g. di Milano in parte a servizi privati ed in parte a verde comunale e comportando rilevantissimi disturbi, soprattutto sonori, l’Istituto iniziò una serie di azioni legali per ovviare ad una situazione la cui provvisorietà veniva in continuazione prorogata, soprattutto dopo l’annullamento giurisdizionale di una concessione in sanatoria. Da ultimo la Giunta municipale adottava la delibera 30 luglio 1998 n. 2365, prorogando la concessione in gestione fino al 30 dicembre 1999 con possibilità di proroga, impugnata dall’Istituto Casa di Nazareth davanti al TAR della Lombardia ricomma /98 e successivamente il consiglio comunale adottava la delibera 27 settembre 1999 n. 9900091, con la quale si decideva di non demolire la struttura, vista la pretesa sussistenza dell'interesse pubblico al suo mantenimento e l’asserita assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali. Anche tale delibera veniva impugnata dall’Istituto davanti al TAR della Lombardia ricomma /99 il quale, riuniti i due ricorsi, li rigettava con la sentenza n. 2011 del 5 marzo 2001. Con appello al Consiglio di Stato notificato il 25 giugno 2001 l’Istituto Casa di Nazareth impugnava la sentenza in parola sulla base delle seguenti considerazioni A. Per quanto attiene al ricorso n. 3909/98. Violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati sintomi. Incompetenza. La Giunta comunale ha cercato di sottrarsi alle numerose decisioni del giudice amministrativo che riconoscevano l’abusivismo della struttura in questione e la delibera è in palese violazione di legge, stante la mancata sanatoria dell’immobile, del quale non è possibile continuare l’affidamento in concessione e comunque sfugge ai poteri della Giunta la possibilità di ovviare ad una situazione di patente illegittimità. B. Per quanto attiene al ricorso n. 4667/99. 1.Violazione di legge ed eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria e dei presupposti. I vincoli di piano regolatore sono decaduti per decorrenza del termine quinquennale ex L. n. 1187/1968, causa la loro mancata attuazione, e dunque sulla stessa è applicabile il regime di standard previsto dall’art. 4, ultimo comma, della L. n. 10/1977 la delibera consiliare con cui si intende mantenere la struttura è in palese contrasto con gli standard di legge e la determinazione di mantenerla ai sensi dell’art. 7, co. 5, L. n. 47/1985 doveva essere assistita da congrua motivazione sulla presenza di infrastrutture, sulla facile accessibilità alla struttura medesima ed alla compatibilità della destinazione dell’edificio nel contesto urbano. 2. In subordine violazione di legge ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e contraddittorietà. Viene richiamato nella delibera consiliare un parere espresso dal Settore Pianificazione e Progettazione Urbana , il quale richiama le dotazioni di urbanizzazione in zona, la rete stradale, la vicinanza con la metropolitana e l’esistenza in zona del parcheggio d’interscambio di Lampugnano. Il parere è contraddittorio, poiché non si comprendono i rilevanti interessi urbanistici che spingono la conservazione del manufatto e comunque tutte le misure per sanare la situazione appaiono come mere ipotesi di progettazioni. Né può sostenersi, come fa la sentenza impugnata, una non incompatibilità del manufatto con le previsioni di piano, poiché ciò contrasta platealmente con la quantità di standard, in particolare di verde pubblico. 3. Violazione di legge ed eccesso di potere per travisamento nonché difetto di presupposti e di istruttoria. In realtà i parcheggi non sono sufficienti e gli stessi uffici comunali ne avevano sostenuto la necessità di potenziamento e ciò lo dimostra la situazione di parcheggio in occasione di spettacoli presso il Palavobis, né il parcheggio di interscambio di Lampugnano può essere utile in quanto collegato alla necessità di lavoratori pendolari e quindi a scopi del tutto diversi rispetto agli spettacoli allestiti a scopo di lucro. 4. Violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di presupposti. E’ stata omessa l’acquisizione del pur rilevante parere della commissione edilizia. 5. Violazione di legge ed eccesso di potere per sviamento, difetto di presupposti e della motivazione. La motivazione che fa riferimento alla presunta necessità di avere a disposizione una struttura idonea allo svolgimento di spettacoli musicali e sportivi non ha pregio, poiché nasconde l’accordo transattivo con la Divier Togni in vista di un nuovo tentativo di sanatoria della permanente situazione di abusivismo edilizio. Né la soddisfazione dell’interesse pubblico in materia è priva di ulteriori percorsi. 6. Violazione di legge ed eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di motivazione e difetto di presupposti. Il parere espresso dal Settore Pianificazione e Progettazione Urbana è anche un parere negativo, poiché legittima la struttura in questione solo in via provvisoria e il consiglio comunale non ha inteso ovviare ad una situazione che invece appare in evidente contrasto con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali. Né può avere valore, come invece sostenuto nella sentenza impugnata, il successivo parere del medesimo Settore circa la possibilità di una sistemazione a verde dell’area interessata poiché, a parte l’intervento del parere solo mesi dopo la delibera impugnata, nulla ha a che vedere con soluzioni temporanee. 7. Violazione di legge ed eccesso di potere per contraddittorietà, difetto dei presupposti e della motivazione, sviamento e violazione dei principi di buon andamento e trasparenza. La struttura non è in regola con le norme vigenti in materia di sicurezza dello svolgimento degli spettacoli e ancora oggi non risulta insonorizzata a norma di legge e di regolamento il consiglio comunale non ha minimamente preso in considerazione tale fatto. L’appellante concludeva per l'accoglimento del ricorso, insistendo anche per il risarcimento dei danni dovuti dalla compromissione del diritto alla salute, in particolare durante lo svolgimento di spettacoli e manifestazioni varie, spesso protratte fino a tarda ora. Si sono costituiti in giudizio la Divier Togni Due S.r.l. ed il Comune di Milano, sostenendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto. Successivamente la Divier Togni Due S.r.l., trasformatasi in La Sorgente S.r.l., veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Bergamo con conseguente dichiarazione di interruzione del presente processo, che veniva successivamente riassunto dall’Istituto Casa di Nazareth con ricorso notificato il 2 maggio 2012. Con ordinanza n. 5712 del 12 novembre 2012 questa Sezione disponeva una serie di incombenze istruttorie a carico della Prefettura di Milano e della Direzione Generale del Territorio e dell’Urbanistica della Regione Lombardia. Alla odierna udienza pubblica la causa è nuovamente passata in decisione. Diritto Oggetto dell’appello dell’Istituto Casa di Nazareth è la sentenza con la quale il TAR della Lombardia, sede di Milano, ha respinto i due ricorsi rivolti il primo avverso la proroga a favore della Divier Togni Due S.r.l., ora La Sorgente S.r.l., della concessione in gestione fino al 30 dicembre 1999 emessa dalla Giunta comunale di Milano della nota struttura per spettacoli musicali e sportivi, al momento denominata Palasharp, ed il secondo avverso la delibera consiliare del 27 settembre 1999, con la quale si decideva di non demolire la struttura, pur realizzata in origine come temporanea, vista la prevista sussistenza dell'interesse pubblico al suo mantenimento e l’asserita assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali. Si deve dapprima sgombrare il campo dall’eccezione di improcedibilità dell’appello, sollevata dal Comune di Milano. Le difese comunali hanno evidenziato da un lato che la struttura non ospita più manifestazioni dal settembre 2011, e quindi si trova in stato di sostanziale abbandono e di inagibilità, tanto da non provocare i danni evocati dall’appellante Istituto, e dall’altro che, con delibera di Giunta n. 510 del 22 marzo 2013, sono state approvate le linee guida relative alla futura demolizione della struttura, demandando al direttore del settore sport e benessere di predisporre gli atti propedeutici alla demolizione. Quanto rappresentato potrebbe definitivamente dimostrare l’esistenza di un percorso amministrativo, sia pure di durata incalcolabile, che andrebbe a sfociare nell’eliminazione della megastruttura, ma la richiesta dichiarazione di improcedibilità può essere pronunciata solamente davanti al superamento giuridico e fattuale della situazione denunciata dall’impugnativa nel caso di specie la costruzione è tuttora presente, tanto da potersi configurare in astratto una nuova messa in agibilità, ed i procedimenti demolitori si trovano attualmente in uno stadio interno che non può provare alcunché. Nel merito l’appello deve essere accolto nella parte contenente la domanda di annullamento, vista l’assorbente fondatezza dei profili di censura contenuti nei primi due motivi riguardanti il rigetto del secondo ricorso, aventi ad oggetto l’abusività della struttura e l’illogicità della determinazione di mantenerla in spregio alla sua compatibilità con l’ambiente urbano circostante ed in particolare alla irrisoria quantità di standard, specificamente di verde pubblico, sussistenti in zona. La costruzione, ora denominata Palasharp ed oggetto della controversia, è stata ritenuta in contrasto con le norme urbanistiche edilizie dalla sentenza 1 ottobre 1997 n. 1057 della IV^ Sezione del Consiglio di Stato, in base al principio che quando i vincoli urbanistici gravanti su un’area decadono per il decorso del termine quinquennale di cui all’art. 2 L. 19 novembre 1968 n. 1168 sulla stessa area è applicabile il regime degli standard previsto dall’art. 4, ult. comma, L. 28 gennaio 1977 n. 10, al quale non si estende il potere di deroga alle norme di piano regolatore o di regolamento edilizio di cui all’art. 41 quater L. 17 agosto 1942 n. 1150 e successive modificazioni ciò portava all’annullamento della concessione edilizia in deroga in forza della quale la struttura era stata costruita. Sennonché il tentativo di sanatoria in base all’art. 7, co. 5, L. n. 47/1985 appare in stridente contraddizione con quanto affermato dalla sentenza n. 1057/1997 riguardo al contrasto dell’opera con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. Seppure l’istruttoria ha dimostrato la disponibilità dei parcheggi esistenti, seppure l’art. 7 sopra richiamato consente la determinazione di non demolire un manufatto che sia in contrasto con le norme dello strumento urbanistico generale, ciò non può avvenire in contrasto con le norme di legge che, come è noto e come è stato ricordato dalla sentenza n. 1057/1997, stabiliscono l’inderogabilità dei limiti di standard conseguentemente non può essere consentito il mantenimento del Palasharp in assenza delle necessarie dotazioni, previste e mai realizzate, di verde comunale. Infatti il p.r.g. art. 38.6.1 delle norme tecniche di attuazione n.t.a. - ha subordinato la destinazione di parte delle aree ad attrezzature pubbliche o di uso pubblico alla contestuale creazione di un’ampia zona a parco pubblico che invece non è stata realizzata, a fronte di una macro attrezzatura ad uso pubblico che solo la temporaneità avrebbe potuto a questo punto giustificare. Deve invece essere respinta la domanda di risarcimento del danno alla salute delle Religiose e delle ospiti cagionato dalla abusiva permanenza della struttura, in particolare a causa dello svolgimento di spettacoli e manifestazioni varie, spesso protrattisi fino a tarda ora. L’Istituto appellante si è limitato a richiamare una situazione di immaginabile disagio, ma assolutamente nulla ha prodotto in concreto sugli effetti, né ha effettuato una minima quantificazione di quanto sopportato. E’ evidente la non accoglibilità di siffatta domanda risarcitoria nemmeno con condanna generica e rinvio a separato giudizio per la liquidazione, vista l’assenza anche della dimostrazione concreta dell’esistenza reale di un danno, al di là della sua quantificazione e della ricostruzione delle responsabilità. Per le suesposte considerazioni l’appello deve perciò essere accolto per quanto concerne la domanda di annullamento, mentre deve essere respinta la domanda di risarcimento di danni. Di conseguenza deve essere accolto parzialmente il ricorso n. 4667/99, mentre il ricorso n. 3909/98 appare irrilevante, in quanto le determinazioni della Giunta erano poi state del tutto assorbite dalla successiva deliberazione consiliare. Le spese di giudizio possono essere compensate per entrambi i gradi, mentre va posto a carico del Comune di Milano il pagamento del compenso del verificatore. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, in parte lo accoglie ed in parte lo respinge nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte il ricorso n. 4667/99 di primo grado e annulla l’impugnata delibera consiliare n. 416/1999. Spese compensate per il doppio grado. Il Comune di Milano è tenuto a corrispondere il compenso al verificatore arch. M. C. della Regione Lombardia nella richiesta misura di . 2179,98. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.