Acquisto tramite intermediario e assegni: non basta per mettere l’immobile al riparo dalla revocatoria

L’acquirente di un immobile convenuto in revocatoria fallimentare, qualora intenda opporre alla curatela la simulazione relativa del prezzo della compravendita, deve provare l’esistenza del patto aggiunto e contrario al contratto, nonché la sua anteriorità o contestualità allo stesso a tal fine, il convenuto deve dimettere documenti opponibili ai sensi dell’articolo 2704 c.c., sicché ciascuno dei documenti prodotti tra loro ricollegabili deve essere munito di data certa anteriore al fallimento.

L’indagine concernente la scientia decoctionis, nell’ipotesi di atto revocabile compiuto dal socio accomandatario, attiene al duplice profilo della qualità di socio e dello stato di insolvenza della società dichiarata fallita pertanto nel caso di specie, le circostanze secondo cui la stipula del rogito è avvenuta in qualità di proprietario dell’immobile e non quale esercente attività commerciale e che la trattativa è stata curata da un’agenzia immobiliare non possono soddisfare l’onere della prova gravante sul convenuto in revocatoria. Lo spiega la Corte di Cassazione nella sentenza numero 16490/12 del 27 settembre. Pagamenti nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento. La sentenza che si annota merita attenzione per i principi giuridici in essa contenuti e per le soluzioni adottate nella risoluzione del caso di specie. Il fallimento denuncia la violazione dell’articolo 67 l. fall. in tema di revocatoria e degli articolo 2704 e 2722 c.c. in tema di data certa anteriore e inammissibilità della prova per testi avente ad oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento. In particolare, la curatela censura la decisione della Corte d’Appello di Napoli, affermando che non poteva ritenersi provata l’effettiva corresponsione di un prezzo di vendita superiore a quello dichiarato a rogito sulla scorta dei titoli di credito allegati dagli acquirenti l’immobile, limitandosi a ritenere che detti effetti bancari fossero sufficienti a dimostrare l’anteriorità rispetto al fallimento “dell’intera vicenda contrattuale.” Data certa anteriore in ciascun documento. La Suprema Corte, sulla scorta di un principio consolidato in giurisprudenza, ribadisce che l’acquirente di un immobile convenuto in revocatoria ha l’onere di provare l’esistenza del patto aggiunto e contrario al contratto di compravendita, anteriore o contestuale, attraverso documenti opponibili al curatore che dimostrino sia l’avvenuto pagamento in misura superiore, sia il collegamento tra l’atto solutorio e il negozio di cui il pagamento ne costituisce esecuzione cfr. Cass. numero 1759/08 così come, precisa la Corte Suprema, la prova del collegamento negoziale tra negozio e pagamento richiede che tutti i documenti prodotti, tra loro ricollegabili, siano muniti di data certa anteriore al fallimento cfr. Cass. numero 1759/08 . Gli assegni non bastano. Sulla scorta dei principi sovra espressi, la Corte di Cassazione ha stabilito, in riforma della decisione assunta dalla Corte territoriale, che gli assegni prodotti dai convenuti in revocatoria non sono di per sé idonei ad attribuire certezza della data anche al contratto preliminare e che, in difetto di prova dell’anteriorità di tale contratto, l’emissione di tali titoli non integra la prova logica di collegamento tra negozio ed esecuzione dello stesso con atto solutorio. Conseguentemente, non può dirsi provata la circostanza che gli effetti bancari siano stati rilasciati in adempimento ed esecuzione dell’obbligazione di versamento del prezzo assunta dagli acquirenti. Conoscenza dello stato d’insolvenza. Il Supremo Collegio, poi, si sofferma anche sull’elemento soggettivo richiesto in caso di revocatoria fallimentare, osservando che in ipotesi di atto revocabile compiuto dal socio illimitatamente responsabile di una società, tale indagine deve accertare sia la qualità di socio del disponente sia la sussistenza dello stato di insolvenza in capo alla società dichiarata fallita. Sulla scorta di tale principio, gli Ermellini censurano la decisione della Corte territoriale che aveva ritenuto provata l’ignoranza da parte degli acquirenti in base ai rilievi secondo cui la socia fallita aveva stipulato il rogito “nella qualità di proprietaria dell’appartamento e non quale esercente di un’attività commerciale” e che la trattativa era stata curata da un intermediario immobiliare. La Suprema Corte, diversamente opinando, ha ritenuto che il fatto che la venditrice non avesse speso nel rogito il nome della società fallita non poter di per sé indurre a pensare che gli acquirenti ignorassero la sua qualità di socia illimitatamente responsabile nella società dichiarata fallita allo stesso modo, il fatto che la trattativa fosse stata condotta per il tramite di un agente immobiliare ciò non costituiva motivo sufficiente a dimostra l’ignoranza degli acquirenti circa lo stato di insolvenza della società.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 16 maggio – 27 settembre 2012, numero 16490 Presidente Plenteda – Relatore Cristiano Svolgimento del processo La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 9.6.06, ha accolto l'appello proposto dai coniugi A D.C. e D.L. avverso la sentenza 15.1.04 del Tribunale di Santa Maria C.V., ed in riforma integrale della decisione di primo grado, ha respinto la domanda proposta dal Fallimento della Artmetal s.a.s. di C.S. , nonché dal Fallimento della socia accomandataria in proprio, volta a sentir dichiarare l'inefficacia ex articolo 67 1 comma numero 2 l. fall., dell'atto del 16.7.93 con il quale la C. aveva alienato agli appellanti un appartamento di sua proprietà, sito in , al prezzo dichiarato di 93 milioni delle vecchie lire. La Corte territoriale ha ritenuto che gli appellanti avessero fornito prova logica della simulazione relativa del prezzo di vendita, attraverso la produzione degli assegni da essi emessi in favore della socia fallita e da questa regolarmente incassati, muniti di data certa anteriore al fallimento, che andavano collegati alla proposta d'acquisto ed al contratto preliminare prodotti in atti, dai quali emergeva che l'immobile era stato promesso in vendita per il corrispettivo di L. 240 milioni ha aggiunto che risultava provata anche l'inscientia decoctionis dei D.C. , avendo essi condotto le trattative con la C. , e non con Artmetal, e per il tramite di un'agenzia immobiliare. Il Fallimento della Artmetal s.a.s. e di C.S. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi ed illustrato da memoria. D. e D.C. hanno resistito con controricorso. Motivi della decisione 1 Con il primo motivo di ricorso, il Fallimento, denunciando violazione e falsa applicazione degli articolo 45 e 67 l. fall., 2697, 1417 e 2722 c.c., lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto provata la simulazione relativa del prezzo di vendita dell'immobile sulla scorta di documenti inopponibili alla curatela ai sensi dell'articolo 2704 c.c. Rileva in proposito che la prova dell'accordo dissimulato deve essere fornita mediante atto scritto avente data certa anteriore al fallimento, non essendo a tal fine sufficiente dimostrare l'avvenuto versamento al fallito di una somma superiore a quella indicata nell'atto simulato, e che nel caso quale quello di specie in cui la parte pretenda di assolvere al proprio onere attraverso una serie di documenti tra loro collegati, ciascuno di essi, secondo il regime probatorio suo proprio, deve essere munito di data certa anteriore. 2 Col secondo motivo, il ricorrente, denunciando violazione degli articolo 2722, 1417, 2704 c.c. e 67 l. fall., deduce che per potersi ritenere provata in via logica la corresponsione di un prezzo di vendita maggiore di quello dichiarato occorre che sia stato soddisfatto il preliminare presupposto della data certa anteriore di tutti i documenti riferibili alla dedotta simulazione ed osserva che, nel caso, la Corte di merito non solo non ha verificato se il contratto preliminare fosse opponibile al curatore ai sensi dell'articolo 2704 c.c., ma ha erroneamente ritenuto che anche la certezza dell'anteriorità rispetto al fallimento dell'intera vicenda contrattuale - e non solo l'imputabilità dei pagamenti dedotti in giudizio all'adempimento dell'obbligazione assunta dagli acquirenti attraverso la stipula della compravendita - potesse desumersi attraverso prova logica. 3 Con il terzo motivo, il ricorrente, denunciando vizio di motivazione, rileva che la Corte territoriale, dopo aver richiamato sul piano teorico il principio secondo cui l'acquirente convenuto in revocatoria può dimostrare di aver versato un corrispettivo superiore a quello indicato nell'atto di vendita solo con un documento avente data certa anteriore al fallimento, dal quale emerga l'imputazione del versamento al negozio impugnato, se ne è poi, in fatto, discostata, in quanto ha ritenuto provata l'opponibilità alla procedura dell'intera operazione contrattuale sulla sola scorta dei titoli di credito allegati dai D.C. , che peraltro non coprivano l'intero prezzo che si assumeva pagato, ed in assenza di ulteriori documenti muniti di data certa che dimostrassero l'esistenza del collegamento negoziale. I motivi, che sono fra loro connessi e che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati e devono essere accolti. Può ritenersi principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, al quale il collegio intende dare continuità, che l'acquirente di un bene immobile che sia stato convenuto in revocatoria ai sensi dell'articolo 67 numero 1 l. fall., qualora intenda opporre al curatore dei fallimento del venditore la simulazione relativa del prezzo della compravendita, ha l'onere di provare l'esistenza del patto aggiunto e contrario al contratto, anteriore o contestuale allo stesso, attraverso documenti opponibili al curatore ai sensi dell'articolo 2704 c.c., che non solo dimostrino l'avvenuto pagamento, ma che consentano anche, per il loro contenuto, di ricollegare l'atto solutorio al negozio di cui costituirebbe esecuzione Cass. nnumero 1759/08, 4285/05, 2097/92 . E, se è indubbio che la prova del collegamento negoziale può essere fornita anche in via logica, ciò non toglie che ciascuno dei documenti tra loro ricollegabili debba essere munito, secondo il regime probatorio suo proprio, di data certa anteriore al fallimento Cass. nnumero 1759/08, 4285/05 cit. . Nel caso di specie, la Corte territoriale, pur avendo richiamato il principio, non ne ha fatto corretta applicazione, in quanto si è limitata ad accertare l'opponibilità al curatore degli assegni prodotti dagli appellanti ed ha tratto da tale unica circostanza la prova logica sia del collegamento fra il rilascio dei titoli e la compravendita impugnata, sia dell'anteriorità al fallimento dell'intera operazione negoziale. In contrario, il giudice d'appello avrebbe dovuto considerare che la certezza della data degli assegni non era fatto di per sé idoneo ad attribuire certezza della data anche al contratto preliminare e che, in difetto di prova dell'anteriorità di tale contratto al fallimento con conseguente impossibilità per gli acquirenti di far valere nei confronti del curatore l'intervenuta pattuizione di un prezzo di vendita maggiore rispetto a quello indicato nel rogito , l'emissione dei titoli, per loro natura astratti, in favore della C. non integrava prova logica atta a ricollegarli al contratto oggetto di revocatoria ed a dimostrare, pertanto, che il loro rilascio era avvenuto in adempimento ed esecuzione dell'obbligazione di versamento del prezzo assunta dal D.C. nei confronti della venditrice. 4 Con il quarto motivo, il ricorrente, denunciando violazione degli articolo 2697, 2722, 2729 c.c. e 67 l. fall, lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto provata l’inscientia decoctionis degli appellanti per il solo fatto che la compravendita è stata stipulata per il tramite di un'agenzia immobiliare ed il rogito è stato sottoscritto dalla C. in proprio. Anche questo motivo deve essere accolto. Va premesso che la conoscenza in capo al terzo convenuto in revocatoria della qualità di imprenditore commerciale del fallito non costituisce presupposto per l'esercizio dell'azione. La conoscenza o la mancata conoscenza di tale qualità possono tuttavia avere rilevanza ai fini della prova della ricorrenza del presupposto soggettivo dell'azione e per tale motivo rientrano fra le circostanze costituenti possibile oggetto dell'indagine concernente la scientia decoctionis. Nell'ipotesi di atto revocabile compiuto dal socio illimitatamente responsabile di una società, tale indagine attiene dunque, astrattamente, al duplice profilo della qualità di socio del disponente e dell'insolvenza della società dichiarata fallita. Ne consegue che, nel caso in cui sia l'uno che l'altro profilo siano in contestazione, il soggetto sul quale grava l'onere della prova ovvero l'accipiens o il curatore, a seconda che si versi in una delle fattispecie di cui al I od al II comma dell'articolo 67 L.F. è tenuto a fornirla sotto entrambi cfr. Cass. nnumero 13116/04, 255/98 . La Corte territoriale ha ritenuto provata l'ignoranza da parte dei D.C. della qualità della C. di socia accomandataria della Artmetal in base al mero rilievo che costei aveva stipulato il rogito nella qualità di proprietaria dell'appartamento e non quale esercente di un'attività commerciale e che la trattativa era stata curata da un'agenzia immobiliare. Ha quindi affermato che tanto bastava a dimostrare anche l'inscientia decoctionis degli acquirenti, che non avevano alcun onere di assumere accurate informazioni sulle condizioni economiche della venditrice non imprenditrice. Le due circostanze considerate dalla Corte d'Appello hanno però una valenza del tutto neutra è infatti evidente che la C. , in quanto proprietaria dell'appartamento, non avrebbe potuto stipulare il contratto se non in proprio, sicché il fatto che ella non avesse speso nel rogito il nome della Artmetal non poteva di per sé indurre a ritenere che i D.C. ignorassero la sua qualità di socia illimitatamente responsabile della s.a.s. poi fallita analogamente, il fatto che la trattativa fosse stata condotta per il tramite di un intermediario, non costituiva ragione sufficiente ad escludere che gli acquirenti avessero assunto informazioni sul conto della venditrice, quantomeno per verificare la serietà della sua proposta. La Corte territoriale ha dunque, fondato la propria decisione su elementi che, pur se congiuntamente apprezzati, non presentano i caratteri della gravità, della precisione e della concordanza, necessari per poter ritenere assolta in via presuntiva la prova dell'ignoranza da parte dei D.C. della carica rivestita dalla C. in Artmetal e, in conseguenza, dello stato di insolvenza della società. L'accoglimento del ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa, per un nuovo esame, alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.