Confermata la condanna nei confronti del protagonista della truffa. Il richiamo alla mancata utilizzazione della ordinaria diligenza, da parte della vittima del raggiro, non rende l’addebito più leggero. Decisivo avere taciuto su circostanze decisive, seppure facilmente conoscibili dalla persona truffata, leggendo ad esempio il libretto di circolazione in questo caso.
Truffa realizzata ‘ai confini della realtà’, quasi sulla falsariga della famosa vendita della ‘Fontana di Trevi’ messa in piedi – solo cinematograficamente – da Totò, sfruttando la buonafede eccessiva della vittima. Eppure, nonostante ciò, nonostante la possibilità di scoprire facilmente il trucco, l’addebito nei confronti del truffatore resta immutato Cassazione, sentenza numero 46034/2012, Sezione Feriale Penale, depositata oggi . Proprietario a tempo A richiamare l’attenzione di una persona è la possibilità di acquistare un’automobile per la modica cifra di 2mila euro. Passaggio successivo è l’apertura della trattativa col proprietario. Step ulteriore, infine, è l’accordo affare fatto, quindi, e macchina acquistata. Ma a questo punto arriva la ‘sorpresa’, per nulla piacevole la persona con cui è stato concluso l’affare non è affatto il proprietario della vettura. Quindi l’intera compravendita si rivela per ciò che è davvero una truffa! Conseguenze? Automobile di nuovo nelle mani del legittimo proprietario, mentre il finto proprietario si becca una condanna – sia in primo che in secondo grado – a 6 mesi di reclusione per il reato di truffa. Buon senso o buonafede? Secondo il finto proprietario, però, la visione adottata dai giudici è assolutamente eccessiva. Per una ragione semplicissima alla vittima della truffa era stato mostrato «il libretto di circolazione, ossia un documento ufficiale e non contestabile, che dimostrava correttamente la realtà in ordine all’intestazione del veicolo» e sulla base di tale documento «ogni persona dotata di buon senso, di medie capacità e competenze, avrebbe formato il proprio convincimento, ponendo in secondo piano le parole del venditore». A corredo, peraltro, viene anche ricordato, dall’uomo accusato di truffa, che nessun «danno patrimoniale» sarebbe stato subito dalla persona che aveva comprato – sulla carta – la vettura, perché ella ha «acquistato un autoveicolo al prezzo liberamente concordato e accettato, previo controllo della vettura, poi regolarmente utilizzata». Ma il richiamo – proposto in Cassazione – alla eccessiva buonafede della vittima della truffa, però, non regge, secondo i giudici. Lo dimostrano i fatti, ossia la vicenda così come ricostruita nelle aule di giustizia il compratore «manifestò il consenso all’acquisto del veicolo, corrispondendone il prezzo, in quanto vi fu indotto» dalla persona che «si presentò come effettivo proprietario», nonostante la vettura «risultasse intestata ad altra persona», e, ovviamente, non consegnò mai «i documenti originali, necessari per effettuare la formale intestazione del bene». Evidentissima, quindi, la responsabilità del finto proprietario – la cui condanna viene confermata in toto –, soprattutto tenendo presente che, in materia di truffa contrattuale, «i raggiri possono consistere anche nel silenzio maliziosamente serbato su alcune circostanze», a prescindere dal fatto che tali circostanze «siano conoscibili», dalla persona truffata, con l’impiego della «ordinaria diligenza».
Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 13 settembre – 27 novembre 2012, numero 46034 Presidente Bianchi – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 24 ottobre 2011 la Corte d’appello di Ancona ha confermato la sentenza del Tribunale di Macerata, emessa in data 23 marzo 2009, che condannava T.D. alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 150,00 di multa per il reato di cui all’articolo 640 c.p., commesso in Macerata l’8 febbraio 2005, per avere - mediante artifizi e raggiri consistiti nel presentarsi come proprietario di un’autovettura, appartenente invece ad un’altra persona - carpito la fiducia di D.A.O., che acquistava il veicolo facendo affidamento sulla qualità di proprietario dello stesso in capo al T., il quale percepiva in tal modo l’ingiusto profitto pari al prezzo euro 2.000,00 del bene venduto “a non domino”. 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto personalmente ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi di doglianza 2.1. contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex articolo 606, comma 1, lett. e , c.p.p., sul presupposto che l’imputato avrebbe mostrato alla persona offesa il libretto di circolazione, ossia un documento ufficiale e non contestabile, che dimostrava correttamente la realtà in ordine all’intestazione del veicolo, e sulla base del quale ogni persona dotata di buon senso, di medie capacità e competenze, avrebbe formato il proprio convincimento, ponendo in secondo piano le parole del venditore 2.2. inosservanza o erronea applicazione della legge penale, ex articolo 606, comma 1, lett. b , c.p.p., sul presupposto che nel caso di specie non vi sarebbe stato, a fronte dell’arricchimento dell’imputato, un corrispondente danno patrimoniale della persona offesa, né un depauperamento immediato del suo patrimonio, avendo la stessa acquistato un autoveicolo al prezzo liberamente concordato ed accettato, previo controllo dell’autovettura poi regolarmente utilizzata. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato e va conseguentemente rigettato. 4. Al riguardo, occorre anzitutto ribadire che, al fine della verifica della consistenza dei rilievi mossi alla sentenza della Corte d’appello, siffatta decisione non può essere isolatamente valutata, ma deve essere esaminata in stretta correlazione con la sentenza di primo grado, dal momento che l’iter motivazionale di entrambe si dispiega secondo l’articolazione di sequenze logico-giuridiche pienamente convergenti Sez. 4, numero 15227 del 14/02/2008, dep. 11/04/2008, Rv. 239735 . Nel caso portato alla cognizione di questa Corte, in particolare, ci si trova di fronte a due pronunzie, di primo e di secondo grado, che concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle conformi rispettive decisioni, con una struttura motivazionale della sentenza di appello che viene a saldarsi perfettamente con quella precedente, sì da costituire un corpo argomentativo uniforme e privo di lacune, in considerazione del fatto che l’impugnata pronunzia ha comunque offerto una congrua e ragionevole giustificazione del finale giudizio di colpevolezza formulato nei confronti dell’odierno ricorrente. Ne discende che l’esito del giudizio di responsabilità non può essere invalidato da prospettazioni alternative, che si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili, o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto esplicata Sez. 6, numero 22256 del 26/04/2006, dep. 23/06/2006, Rv. 234148 Sez. 1, numero 42369 del 16/11/2006, dep. 28/12/2006, Rv. 235507 . 5. Dalla motivazione dell’impugnata pronuncia, la cui lettura va pertanto combinata con quella resa dal Giudice di prime cure, emerge con chiarezza come la Corte territoriale abbia, con congrua e lineare esposizione logico-argomentativa, fornito piena risposta ai rilievi difensivi, giustificando la valutazione di responsabilità dell’imputato e fondandola sulle risultanze di prove testimoniali e documentali, dalle quali è emerso che la persona offesa manifestò il consenso all’acquisto del veicolo, corrispondendone il prezzo, in quanto vi fu indotta dalla falsa rappresentazione della realtà operata dall’imputato, che si presentò come effettivo proprietario dell’autovettura, ancorché la stessa risultasse intestata ad altra persona, impegnandosi, tra l’altro, a consegnare successivamente al D.A.O. i documenti originali, necessari per effettuare in suo favore la formale intestazione del bene, consegna che, tuttavia, non ebbe luogo nonostante le rassicurazioni in tal senso offerte dall’imputato. Al riguardo, pertanto, l’impugnata pronuncia si è fedelmente adeguata al consolidato insegnamento giurisprudenziale di questa Suprema Corte, secondo cui gli artifizi o i raggiri richiesti per la sussistenza del reato di truffa contrattuale possono consistere anche nel silenzio maliziosamente serbato su alcune circostanze da parte di chi abbia il dovere di farle conoscere, indipendentemente dal fatto che dette circostanze siano conoscibili dalla controparte con ordinaria diligenza Sez. 2, numero 41717 del 14/10/2009, dep. 30/10/2009, Rv. 244952 Sez. 2, numero 39905 del 11/10/2005, dep. 02/11/2005, Rv. 232666 v., inoltre, in relazione ad una fattispecie analoga, Sez. 2, numero 6188 del 19/06/1972, dep. 04/10/1972, Rv. 121996 . Parimenti destituito di fondamento deve ritenersi il secondo motivo di doglianza, avendo i Giudici di merito già risposto sul punto, spiegando, con congruo ed esaustivo apparato motivazionale - dal ricorrente, peraltro, solo genericamente contestato, senza sviluppare un puntuale esame critico dei relativi passaggi argomentativi - che la sussistenza del danno è connaturale all’esborso pecuniario del prezzo del veicolo da parte della persona offesa, la quale, a fronte di un acquisto esposto all’azione di evizione da parte del legittimo proprietario, non può disporre dell’autovettura in favore di alcuno, né provvedere all’intestazione a proprio favore, in mancanza della necessaria documentazione. 6. Nel caso in esame, pertanto, la Corte di merito ha preso in esame tutte le deduzioni difensive, pervenendo alla decisione impugnata attraverso un esame completo ed approfondito delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della correttezza logica. Al rigetto del ricorso consegue, conclusivamente, ex articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.