Pedone investito, nessuna denuncia. Illegittimo rifiutare a priori il risarcimento

La concretezza e la veridicità dell’episodio non sono legate a doppio filo alla denuncia, omessa o presentata che sia, e, quindi, non è consequenziale l’accoglimento o il rigetto della domanda di risarcimento. Piuttosto va valutata con attenzione la ricostruzione dei fatti, alla luce del racconto della vittima.

Pedone investito, l’automobilista fugge impossibile l’identificazione. E, per giunta, la persona colpita dalla vettura sceglie di non presentare una denuncia contro ignoti. Ragionamento poco comprensibile, forse, ma che – chiarisce la Cassazione, con sentenza numero 7270, Terza sezione Civile, depositata oggi – non può portare, in automatico, alla negazione del risarcimento dei danni come vittima della strada. Denuncia? meglio di no, anzi peggio Eppure è proprio la scelta di non sporgere denuncia per l’episodio a spingere i giudici, sia in primo che in secondo grado, a rigettare la domanda di risarcimento dei danni, avanzata dal pedone – una donna – a causa delle lesioni subite per essere stato investito da un ‘automobilista pirata’. Eppure, proprio gli agenti di polizia, presenti all’ospedale dove la donna fu ricoverata, avevano fatto ‘pressione’ per ottenere una denuncia e, soprattutto, elementi utili a provare l’identificazione della vettura che la aveva colpita. Tutto inutile, però, perché la donna aveva preferito «prodigarsi, invece, per pretendere il risarcimento» dal Fondo di garanzia per le vittime della strada. Peso specifico. Tale scelta, ossia la rinunzia alla denuncia, viene rivendicata come legittima dalla donna. E questo è il punto centrale del ricorso proposto in Cassazione, finalizzato a censurare la pronuncia d’Appello, contestando il rilievo – eccessivo, secondo il legale della donna – attribuito alla mancata denuncia. La prospettiva, proposta dal legale, è condivisa anche dai giudici della Cassazione, i quali richiamano un principio fondamentale «l’omessa denuncia non è idonea, in sé, ad escludere che il danno sia stato effettivamente causato da un veicolo non identificato così come la denuncia o querela contro ignoti non vale, in sé stessa, a dimostrare che tanto sia senz’altro accaduto». Ecco perché in Appello era necessario, piuttosto, valutare le risultanze probatorie, ed eventualmente arrivare alla «conclusione che il teste», ossia la persona investita, «non meritava credito e che, per questo, il fatto costitutivo del diritto non era provato». Tutto ciò, sottolineano i giudici, anche avendo sempre ben fissa la sacrosanta «esigenza di contrastare la tendenza alle frodi assicurative». Di conseguenza, la pronuncia emessa in Appello è da cassare, e proprio ai giudici di secondo grado, alla luce dei riferimenti forniti, è da affidare nuovamente la valutazione della vicenda, a partire dalla attendibilità delle parole della persona investita.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 30 marzo – 11 maggio 2012, numero 7270 Presidente Petti – Relatore Amatucci Svolgimento del processo 1. - Nel 2003 E.G. agì giudizialmente nei confronti delle Assicurazioni Generali s.p.a., quale impresa designata per la Campania al risarcimento dei danni per le vittime della strada, affermando di essere stata investita da vettura non identificata mentre percorreva a piedi una strada di Parete. La convenuta resistette sostenendo che la domanda non era sostenuta da alcun supporto in ordine alla veridicità del fatto. Escussa una teste ed acquisiti i documenti prodotti, il giudice di pace di Trentola Ducenta rigettò con sentenza numero 1573 del 2004 e compensò le spese. 2. - L’appello della G. è stato respinto dal tribunale di S. Maria Capua Venere che ha compensato anche le spese del secondo grado con sentenza numero 9 del 2010, avverso la quale la soccombente ricorre per cassazione affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso la società assicuratrice Generali, che ha depositato anche memoria illustrativa. Motivi della decisione 1. - La sentenza è censurata, col primo motivo per violazione e falsa applicazione degli articolo 19, comma 1, della legge numero 990 del 1965, 2054 c.c., 113 e 116 c.p.c., per avere il tribunale rigettato la domanda sulla base dell’esclusiva ragione che il danneggiato non aveva sporto, alcuna denuncia contro ignoti finalizzata all’individuazione dell’investitore col secondo, per vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle risultanze processuali. 2. – Le censure, che possono congiuntamente esaminarsi per la connessione che le conta, sono fondate alla luce dell’orientamento inaugurato da questa corte con sentenza numero 18532/2007 cui adde, ex plurimis, Cass., 4480/2011 , con la quale è stato affermato che «l’omessa denuncia all’autorità non è idonea, in sè, ad escludere che il danno sia stato effettivamente causato da veicolo non identificato così come l’intervenuta denuncia o querela contro ignoti non vale, in se stessa, a dimostrare che tanto sia senz’altro accaduto. Entrambe le evenienze vanno invece apprezzate in relazione alle caratteristiche delle singole fattispecie, non suscettibili di tipizzazioni astratte, e considerate potenzialmente idonee a suffragare l’una o l’altra conclusione del giudice di merito nell’ambito della ragionevole valutazione complessiva delle risultanze processuali demandata al suo prudente apprezzamento, del quale è tenuto a dare conto nella motivazione della sentenza. A nessuna delle due denuncia/omessa denuncia è peraltro consentito assegnare, salva la possibile valenza sintomatica dell’una o dell’altra in relazione alle caratteristiche del caso concreto, una sorta di efficacia probatoria automatica, nel senso che il sinistro sia senz’altro riconducibile alla fattispecie astratta di cui alla L. 24 dicembre 1969, numero 990, articolo 19, comma 1, lett. a , se denuncia vi sia stata, ovvero che certamente non lo sia se la denuncia sia mancata». Da tale principio - che va ulteriormente ribadito - la sentenza s’è discostata laddove il tribunale ha conferito determinante rilievo alla circostanza che non era stata presentata denuncia. Avrebbe invece dovuto dar conto dell’attendibilità o inattendibilità delle ulteriori risultanze probatorie, come pure gli era consentito di fare alla luce della complessive caratteristiche della fattispecie. In termini ancora più chiari quanto si legge a cavallo delle pagine 6 e 7 della sentenza impugnata circa l’incomprensibilità della ragione per la quale l’attrice non si fosse attivata per indicare tempestivamente alla polizia giudiziaria la presenza di. testimoni, “preferendo invece prodigarsi per pretendere il risarcimento dal FGVS”, così omettendo di fornire all’autorità elementi utili per l’identificazione del veicolo pirata, non è legittimamente posto a base della conclusione che il risarcimento non spetta per non avere la presunta vittima fatto quanto poteva per consentire l’identificazione del veicolo che, a suo dire, l’aveva investita. Avrebbe invece potuto, sulla scorta della complessiva valutazione delle risultanze acquisite, giustificare la conclusione che il tese non meritava credito a che, per questo, il fatto costitutivo del diritto non era provato. Insomma, l’esigenza di contrastare la tendenza alle frodi assicurative - alla quale la sentenza impugnata conferisce giusto rilievo, ponendo in luce come la denuncia costituisca un deterrente ad attribuire inveridicamente il danno ad un mezzo non identificato - ben può essere perseguita mediante l’apprezzamento del fatto alla luce delle nozioni di comune esperienza, tra le quali si annovera il dato che, quante volte sia possibile, la vittima o altri per lei presenta una denuncia il più possibile circostanziata delle modalità produttive del danno ad opera di un veicolo non identificato e degli elementi utili a tentarne l’identificazione. Se non lo abbia fatto, segnatamente se invitatavi dalla polizia giudiziaria nella specie, dagli agenti presenti presso l’ospedale dove fu ricoverata per le lievi lesioni subite , tanto può assumere rilievo ai fini della valutazione da parte del giudice del merito che, nella ragionevole discrezionalità di valutazione delle complessive risultanze processuali che gli è riservata, ben può rigettare anche solo per questo la domanda. 3. - La sentenza è dunque cassata con rinvio allo stesso tribunale, in persona di diverso giudicante, perché decida sull’appello nel rispetto degli enunciati principi di diritto e regoli anche le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese, al tribunale di S. Maria Capua Vetere in persona di diverso giudicante.