In primo e in secondo grado vittoria per l’uomo che aveva presentato richiesta per la pensione di inabilità civile. In terzo grado, però, la questione viene riaperta, ritenendo legittima l’obiezione mossa dall’Inps, alla luce della nuova normativa e della interpretazione fornita da due pronunce della Suprema Corte nel 2014.
Pomo della discordia la richiesta, avanzata da un uomo, della pensione di inabilità civile, ma vero nodo gordiano è il requisito reddituale. Ebbene, su quest’ultimo fronte va conteggiato anche il reddito del nucleo familiare, a meno che ci si trovi di fronte a domande di pensione di inabilità civile su cui manchi un provvedimento amministrativo definitivo o su cui il procedimento giurisdizionale non si sia concluso con sentenza definitiva Cassazione, ordinanza numero 21807, sez. VI Civile - L, depositata oggi . Reddito. In prima e in seconda battuta, però, nonostante le obiezioni mosse dall’Istituto nazionale di previdenza sociale, viene riconosciuto il «diritto» dell’uomo alla «pensione di inabilità civile», a partire dal febbraio 2008. Per i giudici della Corte d’appello, in sostanza, «in tema di pensione di inabilità civile, il requisito reddituale» – che rappresenta terreno di battaglia con l’Inps – «deve essere riscontrato tenendo conto del solo reddito del richiedente» e «non più di quello familiare». Tale visione, però, viene smentita dai giudici della Cassazione, i quali, accogliendo il ricorso proposto dall’Inps e rimettendo la vicenda alla valutazione della Corte d’Appello, specificano – con richiamo ad hoc a due sentenze del 2014 – che il conteggio del solo «reddito personale dell’invalido» con esclusione di «quello degli altri componenti il nucleo familiare» si applica solo «alle domande di pensione di inabilità per le quali manchi un provvedimento amministrativo definitivo, ovvero il procedimento giurisdizionale non si sia concluso con sentenza definitiva» e «limitatamente al riconoscimento del diritto alla pensione dalla data di entrata in vigore della norma» – giugno 2013 – e «con esclusione del pagamento di importi arretrati».
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 15 luglio – 15 ottobre 2014, numero 21807 Presidente Curzio – Relatore Tricomi Fatto e Diritto Atteso che e' stata depositata relazione del seguente contenuto. «La Corte d'Appello di Messina, con la sentenza numero 1531 del 2011, rigettava l'appello proposto dall'INPS nei confronti di D.A.S., del Ministero degli interni e del Ministero dell'economia e delle finanze, avverso la sentenza del Tribunale di Patti numero 598/09. Detta pronuncia di primo grado aveva dichiarava il diritto del D. alla pensione di inabilità civile dal 1 ° febbraio 2008. La Corte d'Appello, riteneva che, in tema di pensione di inabilità civile, il requisito reddituale deve essere riscontrato tenendo conto dei solo reddito personale del richiedente. Per la cassazione della suddetta sentenza resa in grado di appello ricorre l'INPS prospettando un motivo di ricorso. L' intimato resiste con controricorso. Con l'unico motivo di ricorso l'INPS deduce violazione ed errata applicazione dell'articolo 12 della legge numero 118 del 1971, dell'articolo 26 della legge numero 153 del 1969, come mod. dall'articolo 3 del d.l. numero 30 del 1974, conv. dalla legge numero 114 del 1974, dell'articolo 14-septies della legge numero 33 del 1980 che convertiva il d.l. numero 663 del 1979, in relazione all'articolo 360, numero 3, cpc. La censura verte sulla rilevanza o meno ai fini dell'attribuzione della pensione di inabilità agli invalidi civili assoluti di cui all'articolo 12 della legge numero 118 del 1971 del reddito eventuale del coniuge o solo del reddito personale dell'invalido. Ed infatti, la Corte d'Appello, erroneamente ad avviso del ricorrente in ragione della normativa richiamata, ha affermato che il reddito da considerare è solo quello personale del richiedente e non più quello familiare. Il ricorso appare manifestamente infondato, dovendosi fare applicazione dei principi enunciati da questa Corte con la sentenza numero 25000 del 2013, tenuto conto dello ius superveniens rappresentato dall'articolo 10, commi 5° e 6° del d.l. numero 76 del 2013, convertito in legge numero 99 del 2013, in vigore dal 28 giugno 2013. Secondo le nuove disposizioni, infatti, all'articolo 14 septies del d.l. 30 dicembre 1979, n, 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, numero 33, dopo il sesto comma, è inserito il seguente il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore di mutilati e degli invalidi civili, di cui all'articolo 12 della legge 30 marzo 1971, numero 118, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell'IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte comma 5 . La disposizione del settimo comma dell'articolo 14 septies del di 30 dicembre 1979, numero 663, convertito, con modificazioni, dalla 1. 29 febbraio 1980, numero 33, introdotta dal comma 5, si applica anche alle domande di pensione di inabilità in relazione alle quali sia intervenuto provvedimento definitivo e ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza il pagamento di importi arretrati. Non si fa comunque luogo al recupero degli importi erogati prima della data di entrata in vigore della presente disposizione, laddove conformi con i criteri di cui al comma 5 comma 6 . La sentenza numero 25000 del 2013 ha affermato «ai fini dell'accertamento del requisito reddituale previsto per l'attribuzione della pensione di inabilità prevista dall'articolo 12 della legge numero 118 del 1971 deve tenersi conto anche della posizione reddituale del coniuge dell'invalido, secondo quanto stabilito dall'articolo 14 septies della legge numero 33 del 1980, in conformità con i criteri generali del sistema di sicurezza sociale, che riconoscono alla solidarietà familiare una funzione integrativa dell'intervento assistenziale pubblico, non potendo invece trovare applicazione la regola - stabilita dal successivo comma 5 dello stesso articolo 14 septies solo per l'assegno mensile di cui alla legge numero 118 del 1971 citata - della esclusione dal computo dei redditi percepiti da altri componenti del nucleo familiare dell'interessato». La suddetta sentenza ha, poi, precisato «l'intervento attuato dal legislatore con l'articolo 14 septies, comma 5, è chiaramente un intervento inteso a riequilibrare le posizioni dei mutilati e invalidi civili, a seguito dell'innalzamento del limite reddituale previsto - ma esclusivamente per gli invalidi civili assoluti - dalla 1. numero 29 del 1977. Significativo di tale intento è che per l'attribuzione dell'assegno è, bensì, preso a riferimento il solo reddito individuale dell'assistito, ma l'importo da non superare per la pensione di inabilità comma 4 corrisponde a più del doppio di quello stabilito per l'assegno. La norma, inoltre, rappresenta una deroga all'orientamento generale della legislazione in tema di pensioni di invalidità e di pensione sociale, in base la quale il limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi vedi Corte cost. numero 769 del 1988 e numero 75 del 1991 vedi anche Corte cost. numero 454 del 1992 in tema di insorgenza dello stato di invalidità dopo il compimento del 65° anno di età e, di conseguenza, non esprime un principio generale con il quale dovrebbero essere coerenti disposizioni particolari. Del resto, la sua stessa formulazione letterale, che fa menzione del solo assegno - fino a quel momento equiparato alla pensione di inabilità quanto alla regola del cumulo con i redditi del coniuge -, non può che far concludere nel senso che la prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti a questa regola sia rimasta assoggettata. E difatti, anche successivamente, nell'articolo 12 della 1. 30 dicembre 1991, numero 412 dal titolo requisiti reddituali delle prestazioni ai minorati civili , la distinzione tra le due prestazioni continua ad essere mantenuta, disponendo la norma che con effetto dal 1° gennaio 1992, ai fini dell'accertamento, da parte del Ministero dell'Interno, della condizione reddituale per la concessione delle pensioni assistenziali agli invalidi civili, si applica il limite di reddito individuale stabilito per la pensione sociale, con esclusione, tuttavia, degli invalidi totali». In prossimità dell'adunanza camerale l'INPS ha depositato memoria, con al quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Il Collegio, in diverso avviso dalla relazione, ritiene che il ricorso deve essere accolto, in ragione delle sentenze numero 9391 e numero 6354 del 2014, che hanno precisato la valenza dello ius superveniens di cui sopra, con le quali si è affermato «l'articolo 10, comma 5, del d.l. 28 giugno 2013, numero 76, conv. in legge 9 agosto 2013, numero 99, di modifica dell'articolo 14-septies del d.l. 30 dicembre 1979, numero 663, conv. in legge 29 febbraio 1980, numero 33, secondo il quale, ai fini dell'accertamento della sussistenza del requisito reddituale per l'assegnazione della pensione di inabilità agli invalidi civili assoluti, di cui all'articolo 12 della legge 20 marzo 1971, numero 118, assume rilievo solamente il reddito personale dell'invalido e non quello degli altri componenti il nucleo familiare, si applica, in forza del successivo comma 6, solo alle domande di pensione di inabilità per le quali manchi un provvedimento amministrativo definitivo ovvero il procedimento giurisdizionale non si sia concluso con sentenza definitiva, ma limitatamente al riconoscimento del diritto alla pensione dalla data di entrata in vigore della norma e con esclusione del pagamento di importi arretrati ». La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Messina, in diversa composizione, che dovrà fare applicazione, con riguardo alla fattispecie in esame, del principio di diritto sopra enunciato, anche per le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Messina in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.