Ultime novità in una circolare sulla mediazione: inciampi linguistici e concettuali

Il Ministero della Giustizia, con prosa scazonte, ha ritenuto di indirizzare l’applicazione del “nuovo” articolo 14 bis del d.m. numero 180/2010, in materia di incompatibilità e conflitti di interesse nella mediazione. C’è poco entusiasmo negli addetti ai lavori, e poco ce ne sarà.

La circolare del 14 luglio non presagisce nulla di buono. La penna, sempre pronta, di Fabio Valerini ha glossato tempestivamente la circolare del Ministero delle Giustizia del 14 luglio 2015, in tema di incompatibilità del mediatore avvocato Incompatibilità del mediatore avvocato per il Ministero è insuperabile , in DeG del 15 luglio 2015 . Nessuna annotazione di encomio, nemmeno per quel che attiene al piano dei principi, e limpidi spunti critici per quel che concerne le indicazioni di dettaglio il giudizio è negativo, ancorché per parte rinviato a un futuro approfondimento l’auspicio è quello di una declaratoria di illegittimità, estesa alla normativa di riferimento, da parte della giustizia amministrativa. Ma lo spunto principiale del primo commento attiene senz’altro alla contestata inammissibilità di accordi derogatori alle regole sull’imparzialità le ipotesi di incompatibilità dovrebbero essere negoziabili. È qui che il Ministero adotta una soluzione di certo «non condivisibile» così nel commento . I contenuti del provvedimento. La circolare muove inevitabilmente dalla massima dell’articolo 14 bis d.m. numero 180/2010 «il mediatore non può essere parte ovvero rappresentare o in ogni modo assistere parti in procedure di mediazione dinanzi all’organismo presso cui è iscritto». Nel provvedimento del 14 luglio si richiama con decisione la regolamentazione sulle incompatibilità del mediatore a svolgere il proprio ufficio in presenza di fatti che ne minimo l’imparzialità, laddove già il testo dell’articolo 14 d.lgs. numero 28/2010, intitolato agli Obblighi del mediatore, precisa al comma 2 che «Al mediatore, è fatto, altresì obbligo di a sottoscrivere, per ciascun affare per il quale è designato, una dichiarazione di imparzialità». Successivamente la circolare delinea alcune ricadute applicative della disciplina, con esplicito riferimento a questioni particolarmente critiche emerse nella pratica a seguire individua i poteri dell’Organismo per rendere effettiva la regolamentazione delle incompatibilità. Una rilettura a partire dagli inciampi linguistici. In sede di rilettura della circolare corre l’obbligo di segnalare preliminarmente che in questo provvedimento la sciatteria linguistico/grammaticale raggiunge livelli di prim’ordine. Lo si coglie già dal tenore del comunicato riportato sul sito del Ministero «Si richiamano, gli Organismi di mediazione al rigoroso rispetto di tali indicazioni». Di più, sempre sul piano della forma, è nell’approccio al documento che il lettore prova maggior sconcerto, a partire dall’intitolazione alquanto oscura del provvedimento Incompatibilità e conflitti di interesse mediatore e avvocato. Ancora, l’infelice redattore si lancia più volte in un’improvvida punteggiatura a titolo meramente esemplificativo «Ciò anche in considerazione del fatto che, le norme sull’incompatibilità esprimono » . Non minor disagio investe altro aspetto la titolazione delle regole dettate nella circolare è effettuata con errata apposizione del punto fermo a fine titolo. Connotati inaccettabili se la redazione di un qualsiasi testo può ben tollerare qualche sbaglio, non altrettanto può dirsi per fonti normative. continuando con gli inciampi concettuali. Il lettore accorto si avvede ben presto che la sensazione di disagio riveniente dalla semplice lettura si radica su qualcosa di più profondo se anche la forma non fosse sostanza, alla circolare non si potrebbe assegnare maggior pregio, atteso che i contenuti del provvedimento manifestano, del pari, gravi approssimazioni e contraddizioni. Si pensi al passaggio che esplicita la regola dell’incompatibilità «nel caso in cui il difensore del chiamato in mediazione sia mediatore presso quell’organismo» esplicita anche la motivazione della norma «perché, diversamente, le parti si troverebbero in posizioni ingiustificatamente differenziate e non si darebbe la giusta garanzia alla parte istante, circa lo svolgimento imparziale del procedimento di mediazione». Breve, chi avvia una mediazione deve assicurarsi che l’avvocato dell’altra parte non sia mediatore presso l’Organismo prescelto così come non deve scegliere un Organismo nel quale è iscritto il proprio legale . Sembra emergere una prospettiva perequativa, di certo suggestiva, o forse soltanto suggestiva, e nulla più. Si può pur convenire astrattamente sulla necessaria simmetria tra le parti in mediazione, ma è proprio vero che l’esigenza di tener l’avvocato, nella qualità di avvocato, lontano dall’organismo di mediazione nel quale è iscritto vale a comprimere la libertà di scelta dell’istante su quale Organismo debba occuparsi della propria vertenza? E soprattutto – la cosa è ben più grave – vale a comprimere la libertà di scelta della parte convocata in mediazione, su quale professionista debba fornirle assistenza legale? Può bastare la conoscenza del tutto eventuale dell’istante, sulle opzioni difensive normalmente pregresse del chiamato in mediazione, a paralizzare il procedimento per incompatibilità dell’avvocato? Quesiti che restano aperti, e promettono di gettare pesanti ombre sulla disciplina delle incompatibilità oggi rimarcata dalla circolare del Ministero. Incombe al legislatore, magari sulla scorta di opportune riflessioni critiche, affrontare con massima attenzione i profili tracciati. Né appare risolutivo prospettare la facoltà delle parti di concordare una deroga al regime delle incompatibilità il difficile equilibrio tra doveri imposti dalla normativa di specie e diritti riconosciuti dalla legge – non sembra fuori misura il richiamo al diritto di difesa costituzionalmente garantito – è tutto da costruire. C’è chi insiste sulla deminutio del mediatore. Nel consegnare agli operatori le nuove direttrici applicative sull’imparzialità del mediatore, il Ministero si aggiudica nuove annotazioni critiche. Non sembra condiviso il ruolo da assegnare a questa figura nell’ambito dell’istituto, e forse si mettono implicitamente in discussione le stesse prospettive della media conciliazione. Come che sia, nulla quaestio sul fatto che la terzietà è predicato tradizionalmente riferito al giudice, il “terzo” per eccellenza. Di questo si avvede lucidamente quella parte della dottrina che si mostra scettica sul se non ostile al riconoscere poteri propulsivi concreti al mediatore cfr. Valerini, I giudici cambiano volto alla mediazione , in DeG del 12 giugno 2015 . Questa dottrina, nel muovere le proprie riserve alla circolare, precisa che, in fin dei conti, tanta fermezza nelle regole sull’incompatibilità non si spiega per un soggetto che non ha alcun potere decisorio. All’orizzonte si prospetta uno svilimento della funzione del mediatore, soggetto, per questa via, ad una vera e propria deminutio . Il Ministero accede al favor mediatoris. Di certo, il significato simbolico della disciplina in tema di incompatibilità dell’avvocato mediatore è da non sottovalutare. In punto di metodo non era e non è scelta obbligata accentuare il rigore delle norme sull’incompatibilità, quale che sia l’opinione sul merito della regolamentazione dettata. In altri termini, insistere sul tema dell’imparzialità implica creare i presupposti per consolidare, se non per ampliare, i poteri del terzo che si adopera affinché le parti addivengano ad una conciliazione. L’argomento è semplice, lineare solo un soggetto realmente imparziale può dare un contributo forte al sistema giustizia, pur operando secondo le peculiarità di un ADR. Sicché la prospettiva coltivata dal Ministero è senz’altro quella del favor mediatoris .