Azzerato ogni addebito nei confronti di un uomo che, frustrato dall’intralcio provocato al traffico dalla vettura parcheggiata in malo modo, si era rivolto in maniera durissima verso la conducente, invitandola a cavarsi dai c Nessun dubbio sulla volgarità dei termini utilizzati, ma, alla luce del linguaggio moderno e del contesto, quelle parole vanno solo considerate come una manifestazione di maleducazione.
Strade di città, in Italia, come il ‘far west’ tutto è permesso, almeno a livello verbale. Anche grazie – per modo di dire – all’abitudine, sempre più diffusa – attraverso la televisione –, degli italiani di utilizzare un linguaggio disinvolto, poco corretto, aggressivo, volgare! Ormai ci si è fatto il callo, a certe espressioni Così, apostrofare malamente una donna, momentaneamente parcheggiata in sosta vietata – il testuale è “Si cavi dai cni!” –, non è valutabile come un’offesa. Cassazione, sentenza numero 23584, sez. V Penale, depositata oggi Scontro di strada Battaglia sul fronte della viabilità a protestare è un uomo, «a bordo del suo scooter», che se la prende con una donna, colpevole di avere parcheggiato la propria vettura «in sosta vietata». Scena assolutamente ordinaria, per le strade del ‘Belpaese’ Unica nota stonata è lo sfogo verbale dell’uomo, che si rivolge così alla donna “Si cavi dai cni!”. Non certo parole da persona di rango nobiliare E, difatti, l’uomo viene condannato per il «delitto di ingiuria», e obbligato non solo a pagare una multa di 400 euro ma anche a provvedere al «risarcimento del danno» in favore della donna. Motti moderni. Ma, a sorpresa, in ultima battuta, nel contesto della Cassazione, l’uomo viene liberato da ogni addebito è accolta, difatti, la tesi difensiva della mancanza di «efficacia ingiuriosa» delle «espressioni adoperate» all’indirizzo della donna. Per i giudici del ‘Palazzaccio’, sia chiaro, non vi è alcun dubbio sulla «volgarità dei termini utilizzati», che, però, vanno valutati come una «manifestazione di maleducazione», anche alla luce del contesto, e non come una vera e propria offesa. Detto in maniera più chiara, l’espressione incriminata è da considerare solo come testimonianza «scomposta di fastidio per l’intralcio al traffico, posto in essere» dalla donna. A dare forza a questa visione – che conduce all’azzeramento delle accuse nei confronti dell’uomo – è anche la acritica constatazione che oggi «l’utilizzo di un linguaggio più disinvolto, più aggressivo, meno corretto» caratterizza anche i «rapporti tra i cittadini, derivandone un mutamento della sensibilità e della coscienza sociale». E, spiegano i giudici, tale «modo di esprimersi e di rapportarsi» è sì «certamente censurabile, sul piano del costume», ma, allo stesso tempo, è «oramai accettato se non sopportato dalla maggioranza dei cittadini», anche grazie allo «strumento televisivo, mezzo di diffusione dilagante, purtroppo, di pratiche linguistiche sconvenienti».
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 11 aprile – 5 giugno 2014, numero 23584 Presidente Savani – Relatore Sabeone Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Arezzo, con sentenza dell'8 ottobre 2012, ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Arezzo del 12 aprile 2011 che aveva condannato B.G. alla pena di euro 400,00 di multa per il delitto di ingiurie in danno di C.M. oltre alla rifusione delle spese processuali e al risarcimento del danno, liquidato in euro 1.800,00, in favore della suddetta parte offesa costituita parte civile. Le espressioni ingiuriose erano costituite dalle parole si cavi dai coglioni rivolte dall'imputato, a bordo del suo scooter, alla persona offesa che si trovava a bordo della propria auto parcheggiata in sosta vietata. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentandone a una violazione di legge in merito alla non corretta applicazione dell'articolo 91 del d.p.r. 753/80 che impone al Direttore di esercizio dell'Azienda Tranviaria Urbana di assicurare la sicurezza e la regolarità del servizio con ricadute, pertanto, sulla sussistenza dell'elemento soggettivo dell'ascritto reato ovvero della sussistenza dell'esimente dello stato di necessità b una violazione di legge in merito alla mancata applicazione della scriminante della provocazione di cui all'articolo 599, secondo comma cod.penumero neppure nella forma putativa c una violazione di legge e una motivazione illogica in merito alla ritenuta efficacia ingiuriosa delle espressioni adoperate d una motivazione illogica sul punto del rigetto dell'appello sulle statuizioni civili. 3. Risulta, altresì, pervenuta memoria nell'interesse della parte civile C. che si oppone all'accoglimento dell'avverso ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso merita accoglimento per la fondamentale considerazione dell'insussistenza del contestato reato d'ingiurie, essendo, quindi, fondato il terzo motivo che assorbe, di conseguenza, il primo e secondo motivo. 2. Invero, in tema di delitti contro l'onore, il Giudice di legittimità può e deve apprezzare se il decidente di merito abbia assunto la corretta determinazione con riferimento al valore sociale delle espressioni utilizzate v. Cass. Sez. V 26 giugno 2012 numero 30719 , per cui deve rilevarsi che non correttamente il Tribunale abbia ritenuto che l'espressione si cavi dai coglioni , rivolta dall'imputato alla parte civile nelle particolari circostanze di fatto in precedenza indicate, avesse contenuto offensivo, equivalendo essa, in sostanza, ad una manifestazione della volontà dell'odierno ricorrente, di offendere l'onore o il decoro della parte offesa. L'indubbia volgarità dei termini utilizzati, però, non ha determinato automaticamente la lesione del bene protetto dalla fattispecie di cui all'articolo 594 cod.penumero , proprio perché la frase incriminata si è tradotta in una manifestazione di maleducazione ed ha rappresentato una intimazione, sicuramente scomposta e non giustificabile sul piano della ordinaria educazione, alla situazione di fatto in cui si trovava la parte civile. Tale approdo interpretativo appare assolutamente conforme alla elaborazione della giurisprudenza di legittimità al riguardo, secondo la quale, in tema di tutela penale dell'onore, la valenza offensiva di una determinata espressione, per essere esclusa o comunque scriminata con il riconoscimento di una causa di non punibilità deve essere riferita al contesto nel quale è stata pronunciata v. Cass. Sez. V 21 giugno 2012 numero 39979 nonché, nello stesso senso, Cass. Sez. V 30 giugno 2011 numero 32907 , per cui può ben dirsi, conclusivamente, che i criteri cui fare riferimento ai fini della configurabilità del reato di cui all'articolo 594 cod.penumero , sono da individuare sia nel contenuto della frase pronunziata e nel significato che le parole hanno nel linguaggio comune, prescindendo dalle intenzioni inespresse dell'offensore, come pure dalle sensazioni puramente soggettive che la frase può aver provocato nell'offeso, sia nelle concrete circostanze in cui la frase viene pronunziata. Del resto, come rilevato dalla Suprema Corte in un recentissimo arresto, v. Cass. Sez. V 8 aprile 2014 numero 15710 , condiviso da questo Collegio, l'utilizzo di un linguaggio più disinvolto, più aggressivo, meno corretto di quello in uso in precedenza caratterizza oggigiorno anche il settore dei rapporti tra i cittadini, derivandone un mutamento della sensibilità e della coscienza sociale siffatto modo di esprimersi e di rapportarsi all'altro, infatti, se è certamente censurabile sul piano del costume, è ormai accettato se non sopportato dalla maggioranza dei cittadini. E' innegabile che l'evoluzione del costume e la progressiva decadenza del lessico adoperato dai consociati nei rapporti interpersonali, unitamente ad una sempre maggiore valorizzazione delle espressioni scurrili come forme di realismo nelle arti contemporanee ha reso alcune espressioni molto volgari di uso sempre più frequente, soprattutto negli strati della popolazione di più bassa estrazione socio-culturale, attenuandone fortemente la portata offensiva, con riferimento alla sensibilità dell'uomo medio. Con valutazioni, che questo Collegio integralmente condivide, la dianzi indicata recente decisione di questa stessa Sezione ha affermato La riduzione del novero dei lemmi utilizzati nel linguaggio corrente, scelti peraltro di norma nella cerchia delle espressioni di più aspra volgarità, sintomo evidente di un incrudelimento vieppiù scoraggiante per i puristi della lingua, rappresenta ormai un inevitabile ed inarrestabile dato culturale, in ambienti in cui troneggia a mo' di moderno totem lo strumento televisivo, purtroppo mezzo di diffusione dilagante di pratiche linguistiche sconvenienti . In questa prospettiva, appare opportuno ribadirlo, l'unico limite che non va superato, anche in materia di ingiuria, è ravvisabile nell'esigenza di evitare l'utilizzo di espressioni e argomenti che trascendano in attacchi diretti a colpire l'onore o il decoro altrui v. Cass. Sez. V 5 giugno 2007 numero 34432 , evento non verificatosi nel caso in esame. L'espressione si cavi dai coglioni deve, in conclusione, interpretarsi come manifestazione scomposta di fastidio per l'intralcio al traffico posto in essere dalla parte offesa piuttosto che di un ingiustificato attacco all'onore e al decoro della stessa. 3. Conseguenziale all'affermazione dell'insussistenza del fatto ingiurioso, penalmente rilevante, è la revoca delle statuizioni civili di cui al giudizio di merito. P.Q.M. La Corte, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.