Mentre la dichiarazione individuale di adesione all’astensione dalle udienze dibattimentali ha un’immediata efficacia perché la presenza del difensore è necessaria e in assenza di un difensore non può procedersi, la stessa dichiarazione nel procedimento camerale partecipato presuppone invece la positiva manifestazione della volontà del difensore di partecipare. Una tale manifestazione di specifica volontà di partecipare deve pertanto essere contenuta nel testo della dichiarazione di adesione all’astensione collettiva, e comunque da esso evincibile.
La Corte di cassazione, con la sentenza numero 18753 depositata il 6 maggio 2014, ha affrontato nuovamente la questione relativa all’efficacia della dichiarazione di adesione all’astensione dalle udienze avanzata dal difensore nell’ambito delle udienze in camera di consiglio, nelle quali, come è noto, la partecipazione del difensore non è necessaria. Si è così ribadito, in un quadro giurisprudenziale tutt’altro che definitivo e pacifico, che tale dichiarazione non può essere limitata, alla luce della disciplina attuale, alle sole udienze dibattimentali o per le quali l’assistenza tecnica è prescritta come indispensabile, benché nel caso de quo sia necessario – per validamente disporre il rinvio - manifestare anche la volontà di partecipare a detta udienza, atteso che in siffatte ipotesi la partecipazione, come accennato, non è obbligatoria. Più precisamente si è affermato che «mentre la dichiarazione individuale di adesione all’astensione dalle udienze dibattimentali ha un’immediata efficacia perché la presenza del difensore è necessaria e in assenza di un difensore non può procedersi, la stessa dichiarazione ne procedimento camerale partecipato presuppone invece la positiva manifestazione della volontà del difensore di partecipare. Una tale manifestazione di specifica volontà di partecipare deve pertanto essere contenuta nel testo della dichiarazione di adesione all’astensione collettiva, e comunque da esso evincibile». Data l’importanza dei valori convolti ed i risvolti pratici di tale decisione è bene ricostruire, seppur sinteticamente, il quadro di riferimento. La fattispecie. Come emerge nelle motivazioni della sentenza de qua, la giurisprudenza della Suprema corte ha, sino a qualche tempo fa, escluso il rinvio delle udienze camerali per il caso di astensione dell’avvocato. Infatti, si è ritenuto che «una volta notificato l'avviso di fissazione dell'udienza in camera di consiglio, ai sensi dell'articolo 127 c.p.p., deve ritenersi assicurato il contraddittorio e irrilevante l'assenza del difensore, anche se causata da legittimo impedimento come nel caso diastensionedalleudienzeproclamata da organismi nazionali, cui quest'ultimo aderisca , in quanto questo è causa di rinvio solo per il dibattimento, essendo, negli altri casi, il difensore sentito solo se comparso ed essendo egli sostituibile, ove non comparso, secondo la regola dettata dall'articolo 97, comma 4 c.p.p., mediante un patrocinatore, designato d'ufficio tra quelli prontamente reperibili» Cass. Penumero , Sez. I, sentenza numero 15981/2013 . Tale principio è stato più volte ancorato ad alcune massime dalle stesse Sezioni unite, che, pur facendo riferimento al solo legittimo impedimento del difensore ex articolo 420 ter c.p.p., hanno affermato che «il disposto di cui all'articolo 420 ter c.p.p., secondo cui illegittimoimpedimento del difensore può costituire causa di rinvio dell'udienza preliminare, non trova applicazione con riguardo agli altri procedimenti camerali, ivi compresi quelli per i quali la presenza deldifensoreè prevista come necessaria, soccorrendo, in tali ipotesi, la regola dettata dall'articolo 97 comma 4 c.p.p.» Cass. Penumero , Sez. Unite, sent. numero 31461/2006 . Ciò è stato motivato in considerazione del fatto che «una visione d'insieme della complessa materia conduce a rilevare che dal sistema delle riforme del 1999, compresa la novella dell'articolo 111 Cost., e del giusto processo v. in particolare laL. 1 marzo 2001, numero 63 emerge una logica tendente a contemperare, fra gli altri, il principio del contraddittorio con quello della ragionevole durata del processo, sì che le fasi più rilevanti del giudizio ordinario di cognizione sono regolate in maniera non sempre e non automaticamente trasportabili in altre sedi», e valutando che la stessa Corte europea dei diritti dell'uomo ha puntualizzato che l’articolo 6, paragrafo 3 «pur riconoscendo a ogni imputato il diritto di difendersi personalmente o di fruire dell'assistenza di undifensoredi sua scelta - tuttavia non ne precisa le condizioni di esercizio, lasciando agli Stati contraenti la scelta di mezzi idonei a consentire al loro sistema giudiziario di garantire siffatto diritto, in modo che si concili con i requisiti di un equo processo v. C.E.D.U. Sez. 3^, sent. 27 aprile 2006 sul ricorso numero 30961/03, Sannino/Italia » così nel punto B della motivazione in diritto della predetta sentenza delle Sezioni unite . Differenze tra legittimo impedimento dell’avvocato e adesione all’astensione delle udienze. Come accennato tale interpretazione è entrata recentemente in crisi con la sentenza numero 1826/2014 della Sesta sezione della Cassazione penale che allo stato non risulta ancora massimata ed ampiamente citata nella decisione de qua. Con la predetta sentenza si è analizzata compiutamente la questione in oggetto alla luce dell’intero sistema, valorizzando il fatto che l’astensione dalle udienze è fenomeno giuridico diverso dal legittimo impedimento del difensore di cui all’articolo 420 ter c.p.p., posto che «la dichiarazione del singolo difensore di aderire a precedente legittima deliberazione di astensione collettiva dalle udienze costituisce un diritto di libertà che, pur di minor valenza rispetto al diritto di sciopero tutelato direttamente dall’articolo 40 cost., riceve tutela autonoma e diversa rispetto a quella prevista dal codice di rito per il legittimo impedimento del difensore». Data questa valenza non solo non devono applicarsi «alla dichiarazione di adesione all’astensione collettiva dalle udienze le condizioni che la normativo positiva e la giurisprudenza prevedono per l’efficacia del legittimo impedimento», ma discende altresì che «dalla differenza strutturale tra legittimo impedimento e adesione a deliberazione rituale di astensione collettiva dalle udienze consegue la non applicabilità alla seconda dei limiti di legge, innanzitutto previsti per il primo, primo tra questi l’irrilevanza dell’impedimento legittimo nel giudizio camerale partecipato». Secondo la Suprema Corte, insomma, la disciplina principale per valutare la regolarità e legittimità della dichiarazione di astensione non è l’articolo 420 ter c.p.p. ma il Codice di autodisciplina, poiché questo assume una valenza di normativa secondaria, che di per sé non contrasta, avendo per oggetto un diverso istituto l’astensione, appunto, e non anche il legittimo impedimento , con la norma codicistica citata che quindi non può definirne i contorni o limitarne la portata. Da qui la conclusione per cui l’astensione può essere ampiamente esercitata anche nel rito camerale atteso che l’articolo 3 del Codice in vigore di per sé non pone limiti alla natura camerale dell’udienza per far valere l’astensione medesima. Deve risultare la volontà di partecipare all’udienza da parte del difensore. I limiti in ambito penale, quindi, devono essere riferiti alle esclusioni di cui all’art 4 del predetto Codice, che indica per quali udienze l’astensione non è ammissibile, come peraltro riconosciuto recentemente anche dalle Sezioni Unite, secondo cui «nei procedimenti relativi a misure cautelari personali non è consentita l'astensione dalle udienze da parte deldifensoreche aderisca ad una protesta di categoria, in quanto l'articolo 4 del codice di “autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati”, adottato il 4 aprile 2007 e ritenuto idoneo dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi essenziali con delibera del 13 dicembre 2007, avente valore di normativa secondaria, esclude espressamente che l'astensione possa riguardare le udienze penali “afferenti misure cautelari”» Cass. Penumero , Sez. Unite, sentenza numero 26711/2013 . Se, dunque, non vi è alcun impedimento derivante dalle esclusioni citate, il giudice, benché si tratti di udienza camerale, deve rinviare la trattazione, sempre che in concreto risulti la volontà di partecipare all’udienza da parte del difensore, posto che, in mancanza di tale espressa volontà, il diritto di astensione non avrebbe alcun senso di essere tutelato. Stando così le cose, la sentenza della corte d’appello impugnata, essendo stata emessa all’esito di un procedimento in camera di consiglio ex articolo 599 c.p.p. e disattendendo la richiesta di rinvio del difensore motivata in ragione della sua adesione all’astensione dalle udienze proclamata, non poteva che essere annullata con rinvio, dovendosi così effettuare un nuovo giudizio. Conclusioni. Come bene ha evidenziato la Suprema corte nella pronuncia in questione, l’estensione ai riti camerali dell’efficacia della dichiarazione di adesione all’astensione collettiva ritualmente deliberata ben può determinare effetti sulla ragionevole durata del processo e sulla efficienza della giustizia «con la moltiplicazione, prevedibilmente imponente, dei rinvii della trattazione dei singoli procedimenti», ma l’eliminazione di tale effetto non rientra tra i compiti della magistratura ma della politica. Ogni considerazione ulteriore, quindi, sarebbe impropria, seppure la Corte abbia accennato all’esigenza di evitare abusi di diritto, cioè situazioni nella quali l’adesione allo “sciopero degli avvocati” sia fittizia e inveritiera, fermo restando che una simile verifica, pur ammettendola possibile e in concreto verificabile, sarebbe oltremodo oziosa laddove, come nel caso di specie, vi sia una espressa dichiarazione anche a partecipare all’udienza camerale. Da quanto sopra risulta, insomma, come la Cassazione stia in qualche modo prendendo piena coscienza della posizione di garanzia del difensore e dei suoi diritti di categoria, che lungi dal costituire strumenti protettivi, costituiscono in realtà, specie se visti senza ombre o distorsioni, elementi fondamentali per una corretta esplicazione della sua funzione pubblica. Da questo punto di vista, quindi, la decisione in commento non può che essere salutata favorevolmente. In essa vi sono però ancora echi di diffidenza, soprattutto laddove non si connette il diritto di astensione dalle udienze con la sua finalità essenziale, che è proprio quella di poter realizzare concretamente ed in maniera durevole un giusto processo nel nostro tormentato ordinamento processuale penale. E’ evidente, infatti, che le astensioni proclamate non costituiscono “capricci”, ancorché negli ultimi tempi si siano viste in proposito non sempre edificanti contrapposizioni tra diversi organismi dell’avvocatura sulla necessità di questa o quella astensione. Del resto, quand’anche in alcuni casi possa apparire immeritevole di ampia condivisione una particolare astensione, soprattutto se protratta sine die o per lungo tempo, sarebbe inutile intervenire in queste ipotesi con interpretazioni restrittive della normativa vigente, in quanto più efficace e duraturo sarebbe ricostruire un vero tessuto culturale rispettoso dei diritti processuali e delle esigenze processuali, evitando che i valori dell’avvocatura quanto quelli della magistratura possano essere usati come “trampolini politici” di questa o quella parte ovvero di questo o di quel personaggio. Ma a questo punto è bene fermarsi qui con le parole e non andare oltre la situazione attuale impedisce un adeguato approfondimento delle questioni qui sollevate ed il presente commento deve correttamente limitarsi alla lettura di una buona e compiuta sentenza della nostra Suprema corte di legittimità.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 aprile – 6 maggio 2014, numero 18753 Presidente De Roberto – Relatore Citterio Considerato in fatto 1. Avverso la sentenza del 17.9.2013 con la quale la Corte d'appello di Genova, procedendo in camera di consiglio ex articolo 599 c.p.p., trattandosi di giudizio di appello in rito abbreviato ex articolo 443.4 c.p.p., ha confermato la condanna del cittadino algerino A.A. , deliberata il 28.3.2012 dal Tribunale di Sanremo - sez. dist. di Ventimiglia per reato di resistenza, nell'interesse dell'imputato ricorre il difensore avv. Paolo Burlo. Con unico motivo enuncia violazione dell'articolo 178 c.p.p., per essere stata disattesa la richiesta di rinvio in esito alla sua tempestiva dichiarazione di adesione all'astensione dalle udienze, deliberata nella contingenza dall'Unione delle Camere penali. Ragioni della decisione 2. Con articolata sentenza numero 1826 del 24.10.2013-17.1.2014, questa Sezione ha, in consapevole dissenso da precedente giurisprudenza sul punto, affermato il principio di diritto che la dichiarazione di adesione all'astensione dalle udienze, formulata la prima e deliberata la seconda nel rispetto del codice di autoregolamentazione del 4.4.2007, valutato idoneo dalla Commissione di garanzia con deliberazione del 13.12.2007, impone il differimento dell'udienza anche nel procedimento camerale partecipato. Tale principio è stato confermato da Sez. 3, sent. 19.3.2014 in proc. Pierri. 2.1 In estrema sintesi potendosi richiamare la motivazione della sentenza 1826/2014 , questo è il ragionamento logico-sistematico che ha condotto a tale conclusione - l'astensione collettiva dalle udienze è ora fenomeno espressamente disciplinato dal legislatore ordinario legge numero 146/1990 sentenza 171/1996 della Corte costituzionale legge numero 83/2000 - la concreta regolamentazione è stata dal legislatore attribuita ai codici di autoregolamentazione adottati dagli organismi di categoria, il cui contenuto sia stato valutato idoneo dalla Commissione di garanzia sotto questo profilo tali codici, quando valutati idonei, acquisiscono valore di normativa secondaria - la dichiarazione del singolo difensore di aderire a precedente legittima deliberazione di astensione collettiva dalle udienze costituisce un diritto di libertà che, pur di minor valenza rispetto al diritto di sciopero tutelato direttamente dall'articolo 40 Cost., riceve tutela autonoma e diversa rispetto a quella prevista dal codice di rito per il legittimo impedimento del difensore - conseguentemente non si applicano alla dichiarazione di adesione all'astensione collettiva dalle udienze le condizioni che la normativa positiva e la giurisprudenza di questa Corte suprema prevedono per l'efficacia del legittimo impedimento ad emblematico esempio, la possibilità di farsi sostituire da altro difensore - dalla differenza strutturale tra legittimo impedimento e adesione a deliberazione rituale di astensione collettiva dalle udienze consegue la non applicabilità alla seconda dei limiti di legge, innanzitutto previsti per il primo, primo tra questi l'irrilevanza dell'impedimento legittimo nel giudizio camerale partecipato sempre apparendo tutt'altro che inutile ribadire che altro è l'esistenza di un diritto al rinvio dell'udienza - la cui inosservanza determina la lesione del contraddittorio - altro è la sussistenza di ragioni di opportunità - liberamente valutate dal giudice - che rendano in concreto opportuno un tale rinvio . 3. Questa interpretazione va condivisa e ribadita. In proposito appare incidentalmente non inopportuno perché il rilievo valorizza e conferma gli aspetti strutturali e sistematici dell'assoluta autonomia dell'istituto processuale del legittimo impedimento rispetto ad altre tipologie di diritti il cui esercizio influisce sullo svolgimento del processo, come appunto il diritto di libertà/associativo, con le necessarie ricadute di tale diversità sulla concreta loro applicazione evidenziare come anche la tematica dell'impegno parlamentare del difensore meriti una collocazione autonoma e distinta rispetto a quella, generale, del legittimo impedimento, con l'individuazione giurisprudenziale nel permanente silenzio del legislatore di punti di equilibrio tra i valori configgenti, alcuni originali e, inevitabilmente, almeno parzialmente diversi da quelli del “normale” impedimento. Alla giurisprudenza prima richiamata appare opportuno aggiungere due osservazioni. 3.1 Non vi è dubbio che il legittimo impedimento della persona fisica del difensore ha incidenza, di varia intensità secondo i diversissimi casi che possono prospettarsi, sul concreto esercizio del diritto di difesa, costituzionalmente tutelato. E tuttavia il legislatore può individuare fattispecie del procedimento che sacrificano il pieno operare di tale esercizio, ritenuto soccombente rispetto ad altri valori ed interessi giuridicamente apprezzabili e di pari, se non superiore, rango anche costituzionale, quando l'equilibrio raggiunto non dia un esito palesemente irrazionale. Si pensi, come contesti emblematici, appunto alla non operatività del legittimo impedimento nel rito camerale partecipato ex articolo 127.4 c.p.p. , alla rilevanza assorbente della mancata tempestività della segnalazione dell'impedimento pur in ipotesi sussistente e legittimo per tutte Sez. 6 sentenze 17595/2013 e 16054/2009 , addirittura alla irrilevanza strutturale dell'impedimento quando riguardi parte diversa dall'imputato articolo 23 disp. att. c.p.p. . Sotto questo profilo potrebbe quindi porsi il dubbio che la disciplina che considera irrilevante l'assenza per legittimo impedimento della parte/difensore nel rito camerale partecipato sia in realtà l'affermazione di un principio generale del codice di procedura penale, secondo cui in tale rito ogni assenza della parte/difensore, quale ne sia la ragione o fonte, è irrilevante, nel senso che non impone il rinvio del processo. Un siffatto principio ben potrebbe essere invocato anche nel caso della dichiarazione individuale di adesione ad astensione collettiva pur ritualmente deliberata. Ma, ecco il rilievo che impone di superare una tale possibile obiezione, siffatta conclusione sarebbe sostenibile solo se la rilevanza nel processo penale dell'adesione individuale ad astensione collettiva ritualmente deliberata fosse interamente delineabile in sede giurisprudenziale, ovvero se il legislatore “speciale” non vi avesse specificamente provveduto. Così in realtà non è. Come prima ricordato sub 2.1 e diffusamente nella ricordata sentenza 1826/14 attualmente il diritto individuale di adesione all'astensione collettiva e questa stessa sono disciplinati, quanto a presupposti di legittimità ed a conseguenze processuali, dalla legge 83/2000, dai codici di autoregolamentazione e dagli apprezzamenti pertinenti della Commissione di garanzia. Si tratta di un articolato sistema normativo che, per quanto qui rileva, assume una complessiva valenza di legge ordinaria speciale che, in quanto tale, esclude alcuna “espansione” della disciplina codicistica dell'assenza per legittimo impedimento in ordine all'esercizio di questo, diverso e autonomo, diritto di libertà. Questa Corte è ben consapevole degli effetti concreti, rispetto ai principi costituzionali della ragionevole durata del processo e dell'efficienza della giustizia, che l'estensione anche ai procedimenti camerali partecipati dell'efficacia della dichiarazione di adesione individuale all'astensione collettiva ritualmente deliberata determina, con la moltiplicazione, prevedibilmente imponente, dei rinvii della trattazione dei singoli procedimenti, per tale causa. Ma deve osservarsi che spetta al legislatore assumere posizione responsabile sul punto il sistema delineato legge 83/2000, valutazione di idoneità dei codici di autoregolamentazione – che attualmente non prevedono l'esclusione per i riti camerali partecipati - da parte della Commissione di garanzia indica nel legislatore ordinario il responsabile della determinazione delle conseguenze dell'astensione dalle udienze sul processo, e nella valutazione di idoneità di tali codici e delle singole delibere di astensione collettiva lo strumento attuale per conciliare i diversi interessi costituzionalmente garantiti. 3.2 Un passaggio della motivazione della sentenza 1826/14 impone in proposito, e da ultimo, anche una peculiare osservazione, che costituisce ulteriore momento della riflessione avviata anche da questa Corte suprema sulla relazione tra principi della deontologia forense, interpretazione e applicazione delle norme processuali penali sul punto vanno richiamate, ad esempio, SU sent. 22242/2011 paragrafo 8 e Sez. 6 sent. 66/2010 paragrafo 3.2 . Argomenta la richiamata sentenza che il fatto che in alcuni procedimenti non sia prevista come obbligatoria la presenza del difensore non può condizionare l'esercizio del diritto di libertà, purché il difensore comunichi tempestivamente la volontà di astensione, manifestando in questo modo anche la sua volontà di essere presente all'udienza a partecipazione facoltativa . Tale argomentazione permette di cogliere un aspetto davvero peculiare che segnala un'importante differenza strutturale tra le dichiarazioni individuali di adesione all'astensione collettiva ritualmente deliberata, nel procedimento dibattimentale e in quello camerale partecipato. Mentre la dichiarazione individuale di adesione all'astensione dalle udienze dibattimentali ha un'immediata efficacia perché la presenza del difensore è necessaria e in assenza di un difensore non può procedersi, la stessa dichiarazione nel procedimento camerale partecipato presuppone invece la positiva manifestazione della volontà del difensore di partecipare. Una tale manifestazione di specifica volontà di partecipare deve pertanto essere contenuta nel testo della dichiarazione di adesione all'astensione collettiva, e comunque da esso evincibile. Apparirebbe infatti francamente irrituale, perché del tutto asistematico, un rinvio dell'udienza camerale quando il difensore faccia pervenire la propria dichiarazione di adesione all'astensione dalle udienze tuttavia contestualmente precisando di non avere interesse né intenzione di partecipare a tale udienza in siffatto caso, la dichiarazione di adesione all'astensione avrebbe un rilievo di testimonianza associativa, “politico” in senso lato, ma non si realizzerebbe in concreto quel potenziale contrasto condizionante tra l'esercizio del diritto di libertà e l'interesse a non lasciare il proprio assistito privo di difesa tecnica che, invece, è il fatto del procedimento che muove la “nuova” giurisprudenza. Il tema, come all'evidenza intuibile, diviene quello del possibile uso strumentale della dichiarazione di adesione individuale ad astensione collettiva, finalizzata non ad esercitare entrambi i diritti in oggettivo conflitto il diritto di libertà, il diritto dell'imputato all'assistenza tecnica “discrezionale” - perché in rito camerale partecipato , bensì, e solo, a perseguire gli effetti “interditevi” conseguenti alla modalità di esercizio del diritto di libertà, attraverso il necessario e indispensabile passaggio di una “inveritiera manifestazione della volontà di partecipazione. Tema non nuovo posto che in definitiva ogni richiesta di rinvio del processo per legittimo impedimento, non seguita dalla presenza del difensore all'udienza successiva, o dalla spiegazione delle ragioni dell'assenza, presenta un contesto assai simile ma qui assolutamente peculiare, perché solo la manifestazione della volontà di partecipare permette poi la operatività in concreto del diritto di libertà. Possono qui accennarsi le altrettanto evidenti ulteriori possibili pertinenti problematiche, certo assai delicate, quale la configurabilità di un abuso del diritto di libertà che, laddove ancorato ad una “inveritiera volontà di partecipazione all'udienza camerale partecipata, in realtà finirebbe col porsi al di fuori della “copertura” normativa che, in concreto, lo legittima. Abuso del diritto che porrebbe l'ulteriore tema della possibilità per il giudice del procedimento camerale partecipato di disattendere per tale via la richiesta di rinvio per adesione individuale all'astensione collettiva. Nel nostro caso, il processo non segnala allo stato un tale strumentale uso del diritto di libertà, il che impedisce l'ulteriore approfondimento delle segnalate tematiche. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d'appello di Genova per nuovo giudizio.