Nuovamente penalizzate le Casse di previdenza dei professionisti

Con il d.l. numero 138/2011 si è provveduto all’aumento delle ritenute, delle imposte sostitutive, premi e ogni altro provento di cui all’articolo 44, d.p.r. numero 917/1986 e sui redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettere da c-bis a c-quinquies del medesimo decreto, dal 12,5% al 20%.

Le Casse di previdenza dei professionisti, che investono notevole parte del proprio patrimonio in prodotti finanziari, in forza di ciò hanno visto aumentata la tassazione di una somma stimata in circa 50 milioni di euro. Aumento dal 20% al 26% Oggi il decreto Renzi, in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, conferma l’aumento dell’aliquota sui redditi di natura finanziaria dal 20% al 26% con decorrenza dal 01.07.2014, ferme restando le aliquote speciali di favore attualmente in essere per gli interessi e i Capital Gain sui titoli pubblici italiani ed esteri White List 12,5% e su alcune altre tipologie di redditi tra i quali rientrano i fondi pensione complementare con imposta sostitutiva mantenuta all’11%. Le Casse di previdenza dei professionisti non rientrano tra queste esclusioni e quindi dal 01.07.2014 dovranno applicare sui rendimenti del patrimonio l’aliquota del 26% il che significa un altro prelievo di circa 50 milioni di euro all’anno in più da parte dello Stato. La cosa incomprensibile è che da tempo gli Enti previdenziali dei professionisti, a fronte della crescente necessità di rendere i propri sistemi previdenziali adeguati e sostenibili nel lungo periodo, chiedono di rivedere in diminuzione la tassazione delle proprie rendite dal momento che poi tali frutti verranno tassati al momento della percezione della pensione da parte del professionista in maniera cumulativa e progressiva con tutti gli altri eventuali redditi. Con questa manovra finanziaria, non solo non si vedono accolte tali istanze, ma anzi si vede ulteriormente aggravata la tassazione di tali Enti previdenziali. Così facendo si rischia di annullare lo sforzo che le Casse di previdenza dei professionisti stanno facendo per cercare di incrementare i rendimenti dei propri investimenti al fine di poter aumentare le pensioni da erogare, in modo particolare per quelle calcolate con il metodo contributivo. Il debito delle Casse è superiore al patrimonio accumulato. Sembra quasi che lo Stato, per fare cassa, voglia mettere le mani sul patrimonio delle Casse di previdenza dei professionisti senza rendersi conto che il debito previdenziale maturato dalle Casse di previdenza dei professionisti è di gran lunga superiore al patrimonio dalle stesse accumulato. Ciò che rimane assolutamente illogico e discriminatorio è il trattamento di favore riservato ai fondi pensione che si occupano, a capitalizzazione, della previdenza complementare di secondo pilastro, facoltativa e in grossa difficoltà, a fronte di un trattamento penalizzante nei confronti delle Casse di previdenza dei professionisti che operano nel regime finanziario della ripartizione ed erogano trattamenti di primo pilastro con iscrizione obbligatoria per tutti. Delle due l’una o si incentiva anche il trattamento fiscale delle Casse di previdenza dei professionisti oppure è meglio ritornare all’INPS che almeno fruisce della garanzia finale dello Stato.