In tema di condominio negli edifici è nulla la clausola contenuta negli atti d’acquisto con la quale il costruttore di un edificio, all’atto della cessione della prima unità immobiliare – ed anche delle successive – si riserva di redigere in futuro il regolamento condominiale.
Ne consegue che il regolamento redatto in seguito alla stipula deve considerarsi inefficace e le eventuali riserve di proprietà in capo al costruttore o ad altri soggetti di singole parti che normalmente dovrebbero considerarsi comuni sono inopponibili agli acquirenti. La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 8606/14, depositata in cancelleria lo scorso 11 aprile, è tornata sull’argomento del regolamento condominiale da redigersi e lo ha fatto in conformità ai propri precedenti orientamenti. La pronuncia in esame merita particolare attenzione proprio perché con essa si sancisce che la riserva di proprietà di parti dell’edificio, le quali normalmente sono ritenute comuni, dev’essere fatta chiaramente al momento della cessione della prima unità immobiliare, non potendosi intervenire successivamente sull’argomento. Il caso. Una società costruttrice cedeva ad un’impresa di rivendita di automobili un locale commerciale al piano terreno di un edificio di nuova costruzione. La compravendita comprendeva altresì la cessione di alcune parti scoperte adiacenti a tale unità immobiliare. Dopo qualche tempo dalla cessione, iniziata la propria attività commerciale, l’impresa utilizzava anche alcune altre aree limitrofe a quella di sua proprietà esclusiva. Il costruttore non ci stava e gli faceva causa quella condotta, a suo modo di vedere, costituiva un uso illegittimo d’una parte dell’edificio che era rimasta di sua esclusiva proprietà. Tale utilizzazione, diceva sempre il costruttore, gli aveva recato danno non consentendogli di vendere l’area in esame. In soldoni la causa aveva ad oggetto la cessazione del comportamento illecito e una richiesta di risarcimento del danno. L’impresa esercente il commercio di autovetture, convenuta in giudizio, si difendeva sostenendo che l’area utilizzata per far sostare le vetture in vendita era parte comune dell’edificio in condominio, non esistendo alcuna riserva di proprietà delle stesse e non potendo essere considerata tale quella inserita nel regolamento condominiale redatto dal costruttore successivamente alla stipula. Le domande attoree venivano rigettate tanto in primo, quanto in secondo grado le parti dell’edificio usate dalla convenuta dovevano ritenersi di proprietà comune e la clausola che riservava al costruttore il potere di redigere successivamente alla stipula il regolamento nulla, con conseguente inefficacia delle riserve di proprietà in esso contenute. La causa, quindi, arrivava fino alla Suprema Corte di Cassazione. Il regolamento contrattuale ed i poteri del costruttore. Dottrina e giurisprudenza Cass., SS.UU., numero 943/1999 sono concordi nel ritenere che il regolamento condominiale possa essere redatto dall’originario unico costruttore. In tal caso com’anche nel caso di regolamento sottoscritto da tutti i condomini , esso assume origine contrattuale e può contenere limitazioni ai diritti dei singoli sulle cose di proprietà esclusiva e sulle parti comuni. In buona sostanza il regolamento contrattuale può rappresentare quel “titolo” in grado di far venire meno la condominialità di un bene da considerarsi tale ex articolo 1117 c.c. o comunque per la sua destinazione e funzione sul concetto di condominialità e presunzione di condominialità ex articolo 1117 c.c. cfr. Cass., SS.UU., numero 7449/93 . In ogni caso il regolamento contrattuale non può derogare le norme elencate negli articolo 1138, quarto comma, c.c. e 72 disp. att. c.c Il regolamento redatto dal costruttore è cosa diversa dal regolamento che il costruttore andrà a redigere. L’esistenza del regolamento al momento della stipula del primo contratto di compravendita, tuttavia, è condizione necessaria affinché possa essere considerato pienamente valido ed efficace per la parte che lo accetta. È ciò che ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 8606 rigettando l’articolato ricorso della società costruttrice e di fatto sancendo la condominialità dei beni oggetto di controversia. I giudici della Seconda Sezione del Supremo Collegio hanno ritenuto di non discostarsi dal consolidato orientamento di legittimità a mente del quale il regolamento è vincolante se richiamato ed approvato nei singoli atti di acquisto – così da farne parte per relationem – solamente rispetto a colori i quali hanno acquistato unità immobiliari dopo la sua redazione, ma non anche per coloro che abbiano acquistato anteriormente alla predisposizione del regolamento stesso ciò, anche se nell'atto di acquisto sia posto a loro carico l'obbligo di rispettare il regolamento da “redigersi” in futuro, perché la relativa clausola di mandato a redigere il regolamento dev’essere considerata nulla per indeterminatezza dell’oggetto. Esiste un eccezione secondo i giudici, infatti, «il regolamento può vincolare l'acquirente solo se, successivamente alla sua redazione, quest'ultimo vi presti adesione». Così non era nel caso di specie.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 10 gennaio – 11 aprile 2014, numero 8606 Presidente Triola – Relatore Parziale Svolgimento del processo 1. Con atto di citazione notificato in data 10/2/2003 la Società Europea Investimenti s.r.l. di seguito S.E.I. s.r.l. conveniva in giudizio la Best Price s.r.l., esponendo di aver edificato un complesso immobiliare industriale sito in Torino, strada Cerosa 86 e di avere, con rogito notarile del 27/12/2001, trasferito in proprietà alla Best Price s.r.l., svolgente attività di vendita di autovetture, una porzione di fabbricato industriale al piano terreno, composto da un locale commerciale con area antistante e retrostante adibita a parcheggio esclusivo. Tuttavia, la società convenuta, dall'inizio del 2002, aveva cominciato a usare per il parcheggio e l'esposizione dei propri automezzi anche le aree verdi adiacenti e i limitrofi posti auto, rimasti ancora di proprietà dell'attrice, pregiudicando le trattative che quest'ultima aveva intrapreso per la locazione e/o la vendita di tali aree. Pertanto, l'attrice chiedeva che fosse accertato che la convenuta non aveva diritto di occupare le aree verdi adiacenti agli immobili di proprietà dell'attrice e i posti auto rimasti di proprietà della medesima, con conseguente condanna alla rimozione degli automezzi della Best Price s.r.l. da dette aree e posti ed al risarcimento dei danni subiti dall'attrice per l'impossibilità di utilizzare dette zone. Si costituiva la convenuta Best Price s.r.l. che contestava le domande attoree, eccependo che le aree indicate dall'attrice dovevano considerarsi comuni, come risultava dall'atto di vendita e dalla planimetria allegata alla concessione edilizia, e che, a seguito dei frazionamenti e vendite operate dalla SEI, era sorto un condominio, con conseguente presunzione, ex articolo 1117 c.c., di comunione delle parti destinate all'uso comune. Peraltro, l'uso che essa faceva di dette parti comuni non violava l'articolo 1102 c.c 2. Con sentenza del 4 giugno 2004 il Tribunale di Torino rigettava tutte le domande di parte attrice. Il Tribunale rilevava che, a seguito del frazionamento della proprietà del complesso immobiliare in questione ad opera della originaria costruttrice e venditrice SEI s.r.l., già con il primo atto di vendita di un'unità immobiliare era sorto un condominio, del quale entravano a far parte i vari successivi acquirenti conseguentemente, operava la presunzione legale di comunione delle parti del complesso immobiliare considerate dall'articolo 1117 cod. civ Peraltro, dagli atti di vendita delle unità del complesso immobiliare della S.E.I. non risultava in alcun modo una chiara ed univoca volontà delle parti di riservare esclusivamente ad una delle parti la proprietà dei cortili e delle aree verdi, emergendone, anzi, una chiara destinazione di tali parti all'uso comune. Infine, accogliendo la prospettazione della difesa di Best Price s.r.l., il giudice di prime cure riteneva inefficace nei confronti della convenuta, il regolamento condominiale redatto dalla S.E.I. s.r.l. successivamente alla nascita del condominio, in particolare nella parte in cui prevedeva che, nell'area circostante lo stabile, vi fossero area riservata a posti auto su cortile in autobloccanti delimitati in giallo, di proprietà privata area verde su verde armato per posti auto proprietà privata delimitati in bianco o giallo . . Tale disposizione risultava limitativa del diritto di proprietà di Best Price s.r.l. sulle aree comuni, e mai accettata. Né tale inefficacia poteva essere superata attraverso il riferimento alla clausola, contenuta nei rogiti di compravendita, di generica previsione della facoltà della S.E.I. s.r.l. di redigere il successivo regolamento condominiale, in quanto nulla ex articolo 1346 c.comma per indeterminatezza dell'oggetto. 3. Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello la S.E.I. s.r.l. In via preliminare, l'appellante eccepiva la nullità della sentenza impugnata per difetto di legittimazione attiva della Best Price a rivendicare la comunione delle aree oggetto di causa e conseguente mancata integrazione del contraddittorio ex articolo 102 c.p.c Inoltre, la S.E.I. s.r.l. deduceva che il Tribunale di Torino aveva applicato in maniera errata l'articolo 1117 c.c., perché non esisteva un collegamento funzionale tra le aree occupate dalla Best Price s.r.l. e il bene ad essa venduto. In più, contestava la dichiarata inefficacia dell'articolo 2 del regolamento condominiale e lamentava il rigetto delle istanze istruttorie articolate in primo grado e inerenti l'ammissione di prove orali e l'esperimento di una CTU accertativa dello stato dei luoghi. La Best Price si costituiva ritualmente chiedendo il rigetto dell'appello perché infondato. 4. La Corte d'Appello di Torino, con sentenza del 7 giugno 2007 rigettava l'appello, condannando la S.E.I. al pagamento delle spese di giudizio. In primo luogo, dichiarava infondate le eccezioni preliminari, in quanto la Best Price non aveva mai proposto una domanda di rivendica di parti comuni, essendo a tale conclusione autonomamente pervenuto il giudice di prime cure, attraverso l'interpretazione dell'articolo 1117 c.comma e dei contratti di vendita in atti. Riteneva infondato il primo motivo d'appello, evidenziando come le aree contese circondassero interamente il complesso immobiliare, comprendente le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, avendo, quindi, le caratteristiche per essere considerate aree comuni, con la venuta ad esistenza del condominio. Né l'appellante aveva prodotto elementi documentali in grado di vincere la presunzione di comunione e provare la sua esclusiva proprietà sul cortile e sulle aree verdi. Inoltre, il giudice d'appello confermava la decisione del Tribunale nella parte in cui aveva dichiarato la nullità, per indeterminatezza, della clausola che aveva consentito a S.E.I. s.r.l. di redigere il regolamento condominiale, in quanto essa demandava alla mera volontà dell'appellante la scelta e la consistenza delle parti comuni e di quelle di proprietà esclusiva. Le entità, che ex articolo 1117 c.comma erano presunte comuni, non potevano essere trasformate in proprietà esclusiva su semplice scelta di S.E.I., essendo, invece, necessaria una espressa accettazione scritta da parte di tutti quei condomini, che avevano acquistato anteriormente alla redazione del regolamento condominiale. Infine, la Corte Territoriale confermava la decisione del giudice di prime cure, laddove aveva ritenuto superflua l'assunzione delle prove richieste al fine di accertare se le aree contese fossero da considerarsi comuni. 5. Ricorre avverso la suddetta pronuncia la S.E.I. s.r.l., articolando sette motivi di gravame. Resiste con controricorso la Best Price s.r.l., che ha depositato memoria. Motivi della decisione 1. I motivi del ricorso. 1.1 Con il primo motivo di ricorso si deduce la “violazione e falsa applicazione degli articolo 163 numero 3, 4 nonché 164 c.p.c. 112, 115, 183 e 345 c.p.comma articolo 360, numero 3 e 4 c.p.c. ”. Secondo parte ricorrente, in primo luogo, non è condivisibile l'argomentazione della Corte territoriale, secondo cui la SEI avrebbe per la prima volta in sede d'appello allegato che gli spazi cortile zone a verde siano entità suscettibili di autonoma utilizzazione . Per contro, è sempre stato pacifico che la grossa struttura immobiliare non fosse abitativa, ma destinata ad una utilizzazione industriale o commerciale, come risulta dal titolo edilizio e dalla documentazione prodotta. In più, occorre precisare che, poiché il giudizio concerne diritti reali, ossia diritti autodeterminati che sono sufficientemente individuati sulla sola base del loro contenuto giuridico, non può aver rilievo, nei confronti di chi agisca a tutela del proprio diritto reale, l'enunciazione delle modalità dell'acquisto, perché il thema decidendi è definito attraverso l'esplicitazione della pretesa sul bene. Il riferimento all'autonoma utilizzabilità delle aree contese non è in grado di incidere sul perimetro del thema decidendi e, pertanto, non si può ritenere sussistente una domanda nuova formulata solo in grado d'appello. D'altra parte il confronto tra le conclusioni contenute nell'atto di citazione e quelle contenute nell'atto d'appello da conto della identità delle domande formulate dall'odierna ricorrente. Viene formulato il seguente quesito “1 se realista allegazione nuova eventualmente inammissibile in appello il fatto di aver specificato che le aree oggetto dell'anione dell'odierno ricorrente erano talvolta utilizzate anche per altri usi e che esse facevano parte di aree sistemate a parcheggio, rispetto a che, già in primo grado, erano state tempestivamente prodotte le planimetrie specificative della domanda o se invece come si ritiene le stesse costituivano mere puntualizzazioni ritualmente introducibili in sede di gravame 2 se non si tratti di circostante deducibili nel giudizio di gravame in dipendenza del carattere autodefinitorio delle anioni reali”. 1.2 Col secondo motivo di ricorso si deduce la “violazione e falsa applicazione degli articolo 163 numero 3, 4 nonché 164 c.p.c. 112, 115 c.p.comma articolo 360, numero 3 e 4 c.p.c. ”. I giudici di merito hanno respinto l'impugnazione considerando l'azione dell'odierna ricorrente come diretta a reclamare proprietà e rilascio delle aree cortilizie e delle zone verdi, mentre la SEI s.r.l. aveva indirizzato la propria azione non sul cortile in quanto tale, ma verso i posti macchina in esso ricompresi, nonché sulle zone verdi destinate a parcheggio ed occupate dalla Best Price s.r.l. . Dunque, l'odierna ricorrente non aveva reclamato genericamente gli spazi concreti, in quanto porzioni di beni più vasti, ma posti macchina, in quanto rientranti in determinati parcheggi. La divergenza tra la domanda proposta e quella respinta sembra determinare una crasi tra il chiesto e il pronunziato. Secondo parte ricorrente, se pure è vero che un'area forse ipoteticamente cortilizia era stata concepita nella prima ideazione del fabbricato, in seguito, però, si era ritenuto opportuno dotare la struttura di un numero rilevante di posti auto e, dunque, al momento della nascita in regime di condominialità, ossia con la vendita delle unità immobiliari, il complesso risultava dotato di ampie aree di sosta stabili, alle quali si accompagnavano residue aree cortilizie nonché di ex aree c.d. a verde , anch'esse già sistemate ed utilizzate in veste di posti macchina. Pertanto appare errato identificare, come oggetto della causa, una grande area cortilizia e/o un'ampia area a verde, quando l'assetto prevalente era offerto dai parcheggi. Viene formulato il seguente quesito “se costituisce, o meno, osservanza del disposto dell'articolo 112 C.P.C., il rigetto, della formulata impugnazione, anche sulla base del fatto che gli spazi oggetto dell'azione della SUI facevano parte di aree comprese nell'ambito cortilizio, od anche delle c.d. aree verdi, senza tenere conto che, sia nell'uno che nell'altro caso, si trattava di parcheggi localizzati secondo la dislocazione e ricavati nell'area cortilizia, come da descrizione grafica prodotta fin dal l grado di giudizio Trib docomma 6 ”. 1.3 Con il terzo motivo di ricorso si deduce la “violazione e falsa applicazione dell'articolo 1117 c.comma in relazione anche alle l. 18.06.1967, numero 765, 24.03.1989, numero 122 nonché successive modificazioni ed integrazioni articolo 360, numero 3 c.p.c. ”. La Corte d'appello ha errato nel ritenere applicabile alla fattispecie l'articolo 1117 del codice civile. Al riguardo, è orientamento ormai consolidato che i parcheggi realizzati in eccedenza non sono soggetti a vincolo pertilenziale a favore delle unità immobiliari del fabbricato, cosicché l'originario proprietario costruttore può riservarsi, o cedere a terzi, la proprietà di tali parcheggi. Anche i posti auto in eccesso devono essere considerati come beni sottoposti ad un regime di proprietà individuale, assumendo un carattere di condominialità solo nel caso di attribuzione espressa della corrispondente qualifica nell'atto di costituzione del condominio oppure in un regolamento contrattuale, o in un regolamento, ex articolo 1138 C.C., formato con la presenza di tutti i proprietari. Cosa che non è avvenuta nel caso di specie. Con la costituzione del condominio non era emersa la volontà, necessariamente convenzionale, del proprietario di tale aree di parcheggio di renderle condominiali. Da ciò discende l'inapplicabilità alla fattispecie dell'articolo 1117 c.c., nonché dell'articolo 1102 c.comma e, al contempo, risulta l'arbitrarietà dell'occupazione effettuata dalla Best Price s.r.l Viene formulato il seguente quesito “se una serie di vasti parcheggi, realizzati in aree contigue all'edificio condominiale, in eccedenza ai vincoli di legge ed in misura largamente rapportata alle esigenze, anche ampie, di proprietari ed utenti delle singole porzioni individuali, inducano o non inducano alcuna presunzione di condominialità o se, piuttosto, ne restino consentite la libera esitabilità, e la libera proprietà, secondo i criteri della proprietà esclusiva e ciò, sia pur con salvezza dei vincoli di destinazione ”. 1.4 Col quarto mezzo di gravame si deduce la “violazione e falsa applicazione degli articolo 1117 c.c., nonché degli articolo 163 numero 3, 4 , 112, 115 e 183 c.p.comma articolo 360, numero 3 e 4 c.p.c. ”. La Corte d'Appello ha qualificato erroneamente come aree a verde gli spazi limitrofi al cortile, che un tempo facevano parte di una anonima e futuribile configurazione cortilizia, ma che al momento giuridicamente rilevante si presentavano come specifici posteggi nell'ambito di ex aree libere definitivamente sottratte alla configurazione collettiva, proprio per la funzione specifica, oramai stabilmente assunta su determinazione del costruttore proprietario. La storicità dell'utilizzazione a parcheggio, e la sua sussistenza all'atto della nascita del condominio escludono ogni altra possibile valutazione. Si tratta di aree poste oltre l'estremità esterna del sedime del fabbricato e dell'ex cortile, che la Corte Territoriale ha erroneamente qualificato come condominiali , senza peraltro motivare specificamente sul punto. D'altronde, l'indole di condominialità non può discendere automaticamente dall'aver qualificato tali spazi come aree a verde o dalla circostanza che essi soccorrano al complessivo aspetto architettonico del complesso immobiliare . L'area in esame era stata adibita a parcheggio dalla S.E.I. s.r.l. prima della nascita del condominio, e se pure dal manto erboso presente nell'area si volesse far discendere la destinazione ad area a verde , essa non poteva ritenersi incompatibile con la contemporanea funzione di parcheggio, da considerarsi prevalente, perché disposta a suo tempo dall'unica proprietaria. Dunque, se mai, poteva configurarsi una ipotesi di destinazione del padre di famiglia per le aree verdi. Invece, per la Corte d'Appello alle aree in questione considerate come condominiali si dovrebbero applicare i principi di cui agli articolo 1120 e 1127 c.comma in tema di tutela del decoro architettonico dell'edificio a fronte di eventuali innovazioni, mentre la tutela apprestata dall'articolo 1120 c.comma si riferisce al fabbricato e non alle aree esterne, collocate bn distanti dal predetto immobile. In ogni caso, se il giudice di merito avesse voluto ritenere esistente tale legame e far valere la tutela dell'articolo 1120 c.comma avverso eventuali innovazioni pregiudizievoli del decoro architettonico del fabbricato, avrebbe dovuto motivare in ordine alla visibilità dell'asservimento e al pregiudizio economico arrecato da tali innovazioni. Ciò non è avvenuto. Secondo parte ricorrente, dunque, anche in astratto l'individuazione, che è stata suggerita per la fattispecie, non sembra utilmente acquisibile per sostenere la condominialità delle superfici a verde. Viene formulato il seguente quesito “se una serie di vasti parcheggi, realizzati in aree contigue all'edificio condominiale ed in misura largamente rapportata alle esigente, anche molteplici, di proprietari ed utenti delle singole porzioni individuali non inducano alcuna presunzione di condominialità, ma piuttosto siano liberamente acquistabili ed esitabili secondo i criteri della proprietà esclusiva . Si denuncia pure l'omesso o insufficiente esame dello stato sei luoghi quale risultante della documentazione non apprezzata e di cui al precedente motivo”. 1.5 Col quinto motivo di gravame si denuncia la “violazione e falsa applicazione dell'articolo 163 numero 3, 4 nonché dell'articolo 1117 c.comma articolo 360, numero 3 e 4 c.p.c. ”. La Corte d'Appello ha errato nel confermare l'assunto del Tribunale secondo cui, nel caso di specie, non sussisterebbero elementi tali da escludere l'operatività, con riferimento alle aree contese, della presunzione di comunione di cui all'articolo 1117 c.c L'articolo 1117 c.comma non può trovare applicazione in quanto, nella specie, non ci si trova di fronte a beni comuni da escludere dal condominio, ma di beni individuali rispetto ai quali non va ricercata alcuna prova contraria rispetto ad una inesistente presunzione di condominialità. Con maggiore impegno esplicativo, in difetto del fondamento stesso della presunzione legale, la prova ex articolo 1117 non avrebbe dovuto essere fornita dalla S.E.I. s.r.l La destinazione all'utilizzo individuale dei parcheggi da parte della S.E.I. s.r.l. risulta, ipso facto, dalla specificità dei posti, tra l'altro in parte realizzati con complesse strutture c.d. autobloccanti , sia nel numero dal numero degli stessi, sovrabbondante rispetto a quelli imposti dalla legge. Ciò permette di escludere un qualsiasi rapporto di servizio con l'edificio principale, precludendo la qualificazione condominiale dell'area. Secondo parte ricorrente è evidente che l'odierno resistente si sia appropriato di un'area eccedente rispetti ai posteggi da lui acquistati, con pregiudizio dell'attività imprenditoriale della S.E.I. s.r.l. . Viene formulato il seguente quesito “1 se per definire la qualificazione di un'area posta all'interno di un complesso condominiale e per accertare se la stessa sia condominiale o meno , l'indagine vada espletata in funzione di eventuali antecedenti atteggiamenti oppure in conformità alla situazione oggettiva esistente all'atto della formazione del condominio in dipendenza del distacco della prima unità separata del complesso 2 se possa ritenersi che un posteggio realizzato su una porzione che avrebbe potuto essere definita condominiale area cortilizia assuma o meno siffatto carattere anche in relazione alle postazioni che al tempo della formazione del condominio si presentavano come predisposte a posteggio di autovetture. Si denuncia pur l'omesso o insufficiente esame dello stato dei luoghi quale risultante della documentazione non apprezzata e di cui al motivo quarto”. 1.6 Con il sesto motivo di ricorso si deduce la “violazione e falsa applicazione degli articolo 1117 e ss. c.c. nonché articolo 1349 c.c. nonché articolo 1420 e ss. c.comma e articolo 1703 e 1704 e ss. c.comma articolo 360, numero 3 e 4 c.p.c. omesso o comunque insufficiente esame dell'atto di trasferimento docomma 1 del regolamento di condominio docomma 9 e di tutta l'altra documentazione prodotta, in quanto comprovanti la validità e l'attuazione del mandato articolo 360, numero 5 c.p.c. ”. Il regolamento di condominio era stato redatto dall'originario costruttore/venditore, sulla scorta di un mandato a lui conferito all'atto della prima stipula, e reiterato in occasione di quelle successive mandato mediante il quale era stato affidato l'incarico volto alla redazione del regolamento condominiale. Il mandato era stato dichiarato nullo dal primo Giudice per pretesa indeterminabilità dell'oggetto. Successivamente, tale statuizione era stata confermata dalla Corte Territoriale in quanto la clausola conferente il mandato lasciava alla mera volontà della SEI la scelta e la consistenza delle parti comuni e quelle di proprietà esclusiva . Tale affermazione non appare supportata da idonea motivazione, tenuto anche conto che l'articolo 1349 c.comma soccorre a limitare l'arbitrio del soggetto alla determinazione dell'oggetto di una pattuizione contrattuale, vincolandolo al criterio dell'equo apprezzamento. In ogni caso, sfuggirebbe al mero arbitrio sia le planimetrie allegande , sia le tabelle millesimali che costituiscono dati oggettivi, nonché la clausola di chiusura, che rinvia alle norme riguardanti, in genere, la conduzione e l'amministrazione del complesso immobiliare, vincolando l'arbitrio del mandatario. Infine, secondo parte ricorrente, bisogna tener conto che, per poter valutare il contenuto di una pattuizione, si deve aver riguardo al comportamento delle parti anche nella fase di esecuzione. Al riguardo, risultano utili due considerazioni la prima è che le aree in questione non erano affatto comuni la seconda è che, oltre alla Best Price s.r.l., nessuno degli altri acquirenti ha mai sollevato questioni in ordine alla spettanza di quei posti a favore del proprietario costruttore. In conclusione, appare errata la statuizione in ordine alla nullità dell'oggetto del mandato, in quanto esso era individuabile in base alle circostanze di fatto esistenti e con l'ausilio del criterio guida dell'equo apprezzamento dettato dall'articolo 1349 c.c Patimenti erronea è l'affermazione contenuta in sentenza secondo cui il regolamento non è stato accettato dalla totalità dei condomini. L'atto pubblico di deposito del regolamento di condominio enuncia categoricamente il contrario indicando, in effetti, che esso regolamento era stato posto in essere da tutti i condomini del tempo. Infine, non vi è motivo di ritenere che il mandatario non abbia adempiuto ai suoi obblighi secondo equo apprezzamento. Nel regolamento era individuata la quantità di posti garantiti secondo le indicazioni di legge, residuava poi un ampio numero di posti alienabili ai diretti interessati per i quali non c'è motivo di escludere che la S.E.I. s.r.l., avendo realizzato quelle opere, ne possa ricavare profitto. Ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.comma viene formulato il seguente quesito di diritto “se nella fattispecie denunciata debba riscontrarsi un mandato affidato al diligente appressamento del mandatario, oppure se affidato al suo mero arbitrio e se, con particolare riguardo alla prima ipotesi ed al fatto che si poneva come valida l'attribuzione dei posti macchina al soggetto proprietario debba ritenersi la validità del relativo mandato. Si richiama la documentazione di cui sopra”. 1.7 Col settimo motivo di ricorso si deduce la “violazione e falsa applicazione degli articolo 112, 113, 115 e 183 vecchio c.p.comma articolo 360, numero 3 e 4 c.p.c. omessa o comunque insufficiente e contraddittoria pronunzia sopra punti decisivi della controversia articolo 360, numero 5 c.p.c. ”. I giudici di merito hanno rigettato le istanze istruttorie dell'odierna ricorrente sul presupposto che il quesito se cortile ed aree verdi costituissero o no proprietà comuni, non necessitasse di prove orali e di consulenza tecnica e sull'ulteriore affermazione nel senso che, negato il diritto principale dell'attrice, fosse priva di contenuto ogni richiesta risarcitoria. Tuttavia, in caso di accoglimento del ricorso, s'imporrebbe un rinvio ai giudici di merito per una necessaria ricostruzione storica, topografica e di assetto sia sulla domanda principale, sia sulle componenti del danno. Viene formulato il seguente quesito “se modificato il fondamento logico in base al quale sono state respinte la richiesta di consulenza tecnica eminentemente descrittiva ed accertativa dello stato dei luoghi nonché le valutazioni del danno conseguente ai fatti addebitati, debba essere rimessa all'eventuale Giudice del rinvio la decisione sulle richieste istruttorie ai fini della valutazione, della pertinenza e dell'ammissione in concreto delle prove proposte. Al riguardo si segnalano le stesse istante come riportate agli esordi del motivo in virtù del dovere di indicazione delle circostante che si reputano indebitamente o per erronee ragioni non apprezzate dal Giudice territoriale. Si denuncia pur l'omesso o insufficiente esame dello stato dei luoghi quale risultante della documentazione non apprezzata e di cui al precedente motivo nonché dell'atto di compravendita docomma 1 contenente anche il mandato per la formazione del regolamento condominiale, del verbale di deposito del regolamento di condominio con i relativi allegati, in quanto confermativi della permanente validità del conferito mandato e della regolarità della sua attuazione ”. 2. Il ricorso è infondato e va rigettato. Preliminarmente, occorre osservare, in via generale, che il ricorso propone censure che appaiono relative a questioni nuove, che non risultano sollevate nei precedenti gradi di merito, e quindi inammissibili in questa sede. Inoltre, alcuni quesiti posti ai sensi dell'articolo 366-bis c.p.comma non appaiono conformi al dettato normativo, posto che non appaiono finalizzati all'individuazione ed enunciazione del principio di diritto che si indica come violato e di quello che si richiede di applicare, prospettandosi invece la richiesta di una pronuncia di merito. In ogni caso tutti i motivi risultano infondati per quanto di seguito si chiarisce. 2.1 Con riguardo al primo motivo, si denuncia in relazione all'articolo 360, nnumero 3 e 4, c.p.comma la violazione degli articolo 163, numero 4, 164, 112, 115, 183 e 345 c.p.c Si lamenta in particolare la valutazione di tardività in appello dell'allegazione della SEI in ordine agli spazi cortile-zone di verde come entità suscettibili di autonoma destinazione . Per dimostrare la non novità della questione, la ricorrente invoca l'applicazione dei principi giurisprudenziali elaborati per la categoria dei diritti autodeterminati in ordine al diritto di proprietà, che appaiono del tutto estranei alla questione controversa, nella quale occorre stabilire se e in che misura sia applicabile l'articolo 1117 cod. civ In tale direzione si è svolto il contraddittorio e in tale ambito va individuata la ratio decidendi adottata dai giudici di merito. Quest'ultimo punto verrà esaminato più specificamente con riguardo ai motivi di ricorso formulati al riguardo e di cui infra . Il motivo è quindi infondato. 2.2 Col secondo motivo si denuncia la violazione degli stessi articoli di cui sopra sotto un altro profilo, deducendosi che la SEI aveva indirizzato la propria anione non sul cortile in quanto tale, ma verso i posti macchina in esso ricompresi nonché sulle zone verdi destinate a parcheggio occupati dalla Spa Best Price . Si tratta di censura non agevolmente comprensibile, stante che non è oggetto di contestazione la particolare modalità di godimento del cortile, utilizzato come parcheggio, per cui l'eventuale traccia di posti auto sul cortile asfaltato non basta a snaturare la consistenza ontologica del cortile stesso. In tali termini il motivo è infondato. 2.3 I motivi da 3 a 5 riguardano l'applicazione dell'articolo 1117 cod. civ. e possono essere trattati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi. Si deduce l'erronea applicazione della norma in questione sotto vari profili, ma l'applicazione che ha fatto di tale norma il giudice distrettuale si rivela corretta dal punto di vista giuridico e la relativa motivazione si presenta immune da vizi logici. Trattandosi di un cortile, delimitato da zone a verde, che circonda interamente il complesso immobiliare, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che nel momento in cui era venuto ad esistenza il condominio non emergevano elementi idonei a vincere la presunzione di cui all'articolo 1117 c.c., elementi, peraltro, che spettava alla SEI provare, allegando e dimostrando che, al contrario, risultavano aree aventi una destinazione particolare a servizio di alcune soltanto delle unità immobiliari o volte ad utilizzi particolari di alcuni condomini. Sul punto, è emerso che l'atto di acquisto della Spa Best Price individuava le aree in questione come comuni, e anche gli atti successivi non contenevano alcuna distinzione in favore di proprietà esclusive, mentre del tutto ultroneo è il richiamo alla normativa urbanistica/vincolistica relativa alle aree di parcheggio. 1.6 Col sesto motivo, si contesta il giudizio di nullità per manifesta indeterminatezza della clausola che consentiva l'adozione del regolamento, poi predisposto successivamente dalla costruttrice 28/2/2003 , posto che, invece, in quanto oggetto di specifico mandato contenuto nell'atto di acquisto delle singole unità dello stabile 27/12/2001 , tale pattuizione sarebbe stata titolo idoneo ad operare da parte della venditrice una riserva a proprietà esclusiva dei beni in contestazione. In proposito, questo Collegio concorda con l'orientamento di questa Corte, secondo il quale il regolamento di condominio, predisposto dall'originario unico proprietario dell'edificio, è vincolante, purché richiamato ed approvato nei singoli atti di acquisto si da far parte per relationem del loro contenuto, solo per coloro che successivamente acquistino le singole unità immobiliari, ma non per coloro che abbiano acquistato le unità immobiliari prima della predisposizione del regolamento stesso, ancorché nell'atto di acquisto sia posto a loro carico l'obbligo di rispettare il regolamento da redigersi in futuro, mancando uno schema definito, suscettibile di essere compreso per comune volontà delle parti nell'oggetto di negozio Cass. numero 3104 del 16/02/2005 Rv. 579726 Cass. numero 856 del 2000 -Rv. 533182 Cass numero 8486 del 1999 Rv. 529218 . In questa ultima ipotesi, il regolamento può vincolare l'acquirente solo se, successivamente alla sua redazione, quest'ultimo vi presti adesione circostanza non verificatasi nella specie, nemmeno per facta concludentia come pretende invece la ricorrente . Quanto alla nullità per indeterminatezza del mandato, essa risulta correttamente affermata, posto che la scelta era riservata, senza alcun criterio predeterminato, al venditore mandatario. 2.7 Col settimo motivo si censura la mancata ammissione della prova orale e della CTU. Anche in questo caso si tratta di motivo infondato, posto che il giudice distrettuale ha adeguatamente motivato in ordine alla superfluità della prova orale o della CTU, in quanto la valutazione se il cortile de quo costituisse o meno un'area comune non necessitava di alcuna istruttoria anche alla luce dell'esaustiva documentazione versata in atti . Tale decisione appare corretta. 3. Le spese seguono la soccombenza. P.T.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 3.000,00 tremila Euro per compensi e 200,00 duecento Euro per spese, oltre accessori di legge.