La tenuta irregolare delle scritture contabili è integrata dal dolo generico

Per la ricorrenza della bancarotta fraudolenta documentale, nell’ipotesi ex articolo 216, comma 1, numero 2, seconda parte, l. fall., il reato è integrato dal dolo generico è sufficiente, quindi, la consapevolezza nell’agente che la confusa tenuta della contabilità potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, non essendo, per contro, necessaria la specifica volontà di impedire quella ricostruzione.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza numero 11412, depositata il 18 marzo 2015. Il fatto. L’amministratore di una società, dichiarata fallita, propone ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Genova che lo riteneva responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta documentale perché teneva in modo irregolare le scritture contabili, in modo da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. Bancarotta fraudolenta documentale. Il Collegio ritiene tale ricorso infondato. Sul punto ha, infatti, ricordato che «per la ricorrenza della bancarotta fraudolenta documentale, nell’ipotesi ex art, 216, comma 1, numero 2, seconda parte, l. fall., il reato è integrato dal dolo generico è sufficiente, quindi, la consapevolezza nell’agente che la confusa tenuta della contabilità potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, non essendo, per contro, necessaria la specifica volontà di impedire quella ricostruzione». Nel caso in esame correttamente i giudici di merito, una volta valutata la non completezza della documentazione a disposizione del curatore, hanno concluso per la ricorrenza anche dell’elemento psicologico del dolo generico, emergendo in modo chiaro dall’inattendibilità delle scritture la consapevolezza nell’agente di impedire fraudolentemente la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. Differenze tra gli elementi psicologici di bancarotta semplice e fraudolenta. Il Collegio, richiama i principi affermati dalla Corte di legittimità in materia, secondo i quali «la bancarotta semplice di cui all’articolo 217 l. fall., è caratterizzata dal dolo o indifferentemente dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, rispettivamente, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture mentre il dolo generico che caratterizza il reato fraudolento, dovendo consistere nella consapevolezza e volontà che la irregolare tenuta delle scritture renda impossibile la ricostruzione del patrimonio, non può corrispondere alla pura semplice volontà di non tenere quelle stesse scritture». E ancora che «la differenza tra i due elementi psicologici richiamati sta nel fatto che il dolo che caratterizza la bancarotta fraudolenta, deve risultare arricchito di componenti soggettive che afferiscano esplicitamente al tema della messa in pericolo dell’interesse dei creditori ad una ricomposizione completa ed esaustiva delle scritture sociali attinenti a tutte le iniziative economiche della società». Per tali ragioni, la S.C. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 novembre 2014 – 18 marzo 2015, numero 11412 Presidente Savani – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 15.10.2012 la Corte di Appello di Genova in riforma della sentenza del 12.6.2008 del Tribunale di Chiavari concedeva l'attenuante ex articolo 219/3 L.Fall. e riduceva la pena ad anni due di reclusione nei confronti di M.M. per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, perché nella sua qualità di amministratore della Hovertech Italia s.r.l., dichiarata fallita in data 14.4.2006, teneva in modo irregolare le scritture contabili, in modo da rendere impossibile la ricostruzione dei patrimonio e del movimento degli affari. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il M. affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta l'inosservanza e la mancata applicazione della legge fallimentare e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della sentenza impugnata, nella parte relativa all'elemento costitutivo dei reato contestato e l'inosservanza dell'articolo 521 c.p.p. in particolare, sebbene sia stata formalmente contestata all'imputato la condotta di tenuta irregolare della contabilità, di fatto, come si ricava anche dal corpo e della sentenza di primo grado, si è inteso attribuire all'imputato la condotta di bancarotta fraudolenta documentale, di cui alla prima parte del numero 2 dell'articolo 216 sottrazione/occultamento delle scritture , che deve essere sorretta da dolo specifico, laddove nella fattispecie in esame esso è dei tutto carente anche a voler ritenere effettivamente contestata la condotta di cui alla formulazione letterale dell'imputazione, non risultano indicati gli elementi costitutivi di tale fattispecie, atteso che il libro giornale è stato aggiornato sino al 31.12.2005, perché a tale data è cessata di fatto l'attività di impresa ed i bilanci degli esercizi precedenti al 2005 erano tutti disponibili la corte di merito doveva al più pervenire all'affermazione di responsabilità per il diverso reato di cui all'articolo 217 L. fall. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile siccome manifestamente infondato ed in alcuni punti dei tutto generico. 1. Il ricorrente innanzitutto lamenta che di fatto sarebbe stata a lui attribuita la condotta della sottrazione delle scritture contabili di cui all'articolo 216 numero 2 prima parte L.Fall. e non quella di tenuta irregolare dì cuì all'articolo 216 numero 2 L.fall., tenuto conto anche della formulazione equivoca dell'imputazione. Tale doglianza è completamente destituita di fondamento, atteso che, come già evidenziato nella sentenza impugnata, quantunque il capo di imputazione richiami impropriamente lo scopo di recare pregiudizio ai creditori e, quindi, l'elemento soggettivo del dolo specifico, ciò non toglie che chiara ed inequivoca risulti la condotta contestata all'imputato di tenuta irregolare delle scritture contabili, condotta per la quale il M. è stato giudicato e condannato. 2. La sentenza di primo grado da leggersi congiuntamente a quella d'appello, integrandola e confluendo in un risultato organico e inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento in particolare, ha evidenziato che il ricorrente non consegnava al curatore il libro dei cespiti ed il libro dei beni ammortizzabili, mancavano il libro soci e quello degli inventari, mentre il libro giornale risultava aggiornato al 31.12.2005 ed il conto economico aggiornato al 2005 in definitiva il curatore per le scritture contabili a lui consegnate non disponeva di un aggiornamento al 2006 e di partitari alla data dell'8.3.2006. Per la ricorrenza della bancarotta fraudolenta documentale, nell'ipotesi ex articolo 216, comma 1, numero 2, seconda parte, l.f., il reato è integrato dal dolo generico è sufficiente, quindi, la consapevolezza nell'agente che la confusa tenuta della contabilità potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, non essendo, per contro, necessaria la specifica volontà di impedire quella ricostruzione Sez. V, 09/07/2014, numero 42909 Sez. V, 17/12/2013, numero 5264 . 3. Nel caso in esame, i giudici di merito, valutate la non completezza della documentazione a disposizione del curatore che impediva, ad esempio, di rilevare quali fossero state le entrate della società che avevano reso possibile il conferimento infruttifero di circa € 160.000,00 e le giustificazioni poco plausibili dell'imputato in merito alla trasmissione della documentazione in Inghilterra, ovvero le mancate giustificazioni circa le appostazioni prive di supporto documentale o contabile hanno, senza incorrere in vizi, concluso per la ricorrenza anche dell'elemento psicologico dei dolo generico, necessario per la configurabilità del delitto in esame, emergendo chiaramente dall'inattendibilità delle scritture presenti la consapevolezza nell'agente di impedire fraudolentemente la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. 4. In tale contesto, appare senz'altro destituita di fondamento la tesi secondo la quale, essendo ascrivibile la condotta dell'imputato a mera superficialità, si configurerebbe nella fattispecie in esame, l'ipotesi della bancarotta documentale semplice. Giova in proposito richiamare i principi affermati da questa Corte, secondo cui la bancarotta semplice di cui all'articolo 217 L. Fail., è caratterizzata dal dolo o indifferentemente dalla colpa, che sono ravvisabili quando l'agente ometta, rispettivamente, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture mentre il dolo generico che caratterizza il reato fraudolento, dovendo consistere nella consapevolezza e volontà che la irregolare tenuta delle scritture renda impossibile la ricostruzione del patrimonio, non può corrispondere e non può essere ritenuta sovrapponibile alla pure semplice volontà di non tenere quelle stesse scritture la differenza tra i due elementi psicologici richiamati sta nel fatto che il dolo che caratterizza la bancarotta fraudolenta, deve risultare arricchito di componenti soggettive che afferiscano esplicitamente al tema della messa in pericolo dell'interesse dei creditori ad una ricomposizione completa ed esaustiva delle scritture sociali attinenti a tutte le iniziative economiche della società un interesse che, a sua volta, viene generalmente desunto da indicatori precisi quali, ad esempio, la consistenza del materiale documentale tenuto in violazione di legge Sez. V, 11/06/2014, numero 40015 , ovvero, come nella fattispecie in esame l'incompletezza documentale, accompagnata alle risibili giustificazioni dell'imputato. 5. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi dì causa di inammissibilità riconducibile a colpa del ricorrente, al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1000,00, ai sensi dell'articolo 616 C.P.P. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.