Il soffitto crolla, ma l’affitto resta

Non è consentito al conduttore astenersi dal versare il canone, ovvero ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che l’evento sia ricollegabile a fatto del locatore.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione nella sentenza numero 4563 del 26 febbraio 2014. La vicenda. Una società a seguito del crollo del soffitto, lascia l’’immobile che aveva in locazione per trasferirsi altrove, cessando di pagare il canone di locazione. La proprietaria dell’immobile ordina con decreto ingiuntivo il pagamento delle somme dovute, la società conduttrice si oppone. La mancata consegna delle chiavi. .In giudizio la Corte territoriale rigetta l’opposizione al decreto ingiuntivo, osservando che sebbene la società si fosse trasferita altrove a seguito del crollo del soffitto, non si era dichiarata pronta alla restituzione dei locali. Mancava a parere dei giudici la prova dell’effettiva restituzione alla locatrice, atto che si compie con la consegna delle chiavi. Di conseguenza, essendo rimasto l’immobile nella disponibilità della conduttrice, benché dalla stessa non utilizzato, la medesima non era legittimata alla sospensione del pagamento del canone, anche perché il sopravvenuto difetto dell’immobile avrebbe potuto essere fatto valere in apposito giudizio di risoluzione del contratto di locazione. Avverso tale pronuncia, ricorre per cassazione la società conduttrice. Permanenza dell’obbligo di pagamento del canone. La Corte di Cassazione accoglie pienamente le prospettazioni dei giudici di merito, ritenendo in primo luogo che la società ricorrente, nel comunicare il crollo parziale del soffitto di una stanza ed il suo trasferimento in atro immobile, non consegnò le chiavi alla locatrice, in tal modo rimanendo comunque nella disponibilità del bene. Pertanto, secondo consolidata giurisprudenza, in tema di locazione non è consentito al conduttore astenersi dal versare il canone nel caso in cui si verifichi una riduzione nel godimento del bene, e ciò anche quando l’evento dannoso sia ricollegabile al fatto del locatore Cass. numero 7772/2004 Cass. numero 261/2008 . Di conseguenza nel caso di specie, la società conduttrice avrebbe potuto attivarsi anche con una domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, il che non risulta essere avvenuto. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 gennaio – 26 febbraio 2014, numero 4563 Presidente Amatucci – Relatore Cirillo Svolgimento del processo 1. La s.numero c. Alca Agenti Levante Norditalia Carige Associati proponeva opposizione, davanti al Tribunale di Palermo, al decreto ingiuntivo con il quale, su istanza di P.A.M. , le era stato ordinato il pagamento di Euro 5.951 a titolo di canoni di locazione per il periodo dal dicembre 2004 all'ottobre 2005. Si costituiva la P. , chiedendo il rigetto dell'opposizione. Con sentenza del 21 gennaio 2008 il Tribunale di Palermo revocava il decreto ingiuntivo e condannava la P. al pagamento delle spese di lite. 2. La sentenza veniva appellata dalla soccombente e la Corte d'appello di Palermo, con pronuncia del 14 giugno 2010, in riforma di quella di primo grado, rigettava l'opposizione al decreto ingiuntivo di cui sopra e condannava la s.numero c. Alca al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio. Osservava la Corte territoriale che dall'espletata istruttoria era emerso che alla fine di novembre del 2004 si era verificato, in una delle stanze dell'immobile condotto in locazione, il crollo del soffitto, sicché la società conduttrice si era trasferita altrove. Con successiva lettera del 1 dicembre 2004 quest'ultima aveva comunicato alla P. tale inconveniente, senza però dichiararsi pronta alla restituzione dei locali. Mancava, quindi, la prova dell'effettiva restituzione alla locatrice, atto che si compie con la consegna delle chiavi. Solo alla fine di ottobre 2005 la società conduttrice aveva formalmente invitato la locatrice a riprendere il possesso dell'immobile, che era stato poi rilasciato il 28 novembre 2005. Pertanto, essendo rimasto l'immobile nella disponibilità della conduttrice, benché dalla stessa non utilizzato, la medesima non era legittimata alla sospensione del pagamento del canone, anche perché il sopravvenuto difetto dell'immobile avrebbe potuto essere fatto valere in un apposito giudizio di risoluzione del contratto di locazione. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Palermo propongono ricorso la società Alca in liquidazione nonché B.A.E. ed E. , Le.Anumero , L.A. e L.U. e Q.S. , questi ultimi nella qualità di soci della cancellata società Alca, con unico atto affidato a tre motivi. Resiste P.A.M. con controricorso. Le parti hanno presentato memorie. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360, primo comma, numero 4 , cod. proc. civ., nullità della sentenza d'appello e violazione dell'articolo 2495, secondo comma, cod. civ., nonché dell'articolo 161 del codice di procedura civile. Osservano i ricorrenti che l'atto di appello è stato depositato in data 1 luglio 2009 e notificato alla società Alca in persona del legale rappresentante pro tempore. In data 26 giugno 2008, invece, i soci della società Alca avevano dato atto della conclusione delle operazioni di liquidazione della società, deliberando la cancellazione della stessa dal registro delle imprese. La sentenza delle Sezioni Unite 22 febbraio 2010, numero 4062, ha riconosciuto che, a decorrere dal 1 gennaio 2004, la cancellazione della società determina ope legis la perdita della personalità e della capacità processuale della medesima, sicché l'atto di appello sarebbe stato notificato ad un soggetto inesistente, con conseguente nullità della sentenza di secondo grado. 1.1. Il motivo non è fondato. La società ricorrente richiama, a sostegno della doglianza, la sentenza delle Sezioni Unite 22 febbraio 2010, numero 4060 citandola per errore col numero 4062 , le cui argomentazioni sono state riprese e portate ad ulteriore compimento dalla più recente pronuncia 12 marzo 2013, numero 6070, emessa dalle medesime Sezioni Unite. In quest'ultima sentenza, tra l'altro, si è affermato che, in base al nuovo testo dell'articolo 2495, secondo comma, cod. civ. - che riprende quanto già stabiliva il previgente articolo 2456, secondo comma, cod. civ. – “i creditori possono agire nei confronti dei soci della dissolta società di capitali sino alla concorrenza di quanto questi ultimi abbiano riscosso in base al bilancio finale di liquidazione”, il che consente di escludere che “con l'estinzione della società derivante dalla sua volontaria cancellazione dal registro delle imprese si estinguano anche i debiti ancora insoddisfatti che ad essa facevano capo” né va dimenticato che, nella specie, si trattava di una società in nome collettivo, per la quale continua a valere l'espressa previsione dell'articolo 2312 del codice civile . Il trasferimento dei debiti residui in capo ai soci, previsto dalla norma invocata, consente alle Sezioni Unite di ricostruire la vicenda “in termini almeno lato sensu successori”, tanto che la domanda dei creditori rimasti insoddisfatti, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società, secondo un modello chiaramente ispirato alla disciplina di cui all'articolo 303, secondo comma, cod. proc. civ., in tema di riassunzione del processo interrotto. L'esegesi operata dalle Sezioni Unite nella sentenza ora richiamata darebbe di per sé ragione dell'infondatezza del motivo in esame, perché è la stessa parte ricorrente ad affermare p. 4 del ricorso che la cancellazione della società è avvenuta in data 20 ottobre 2008 e che la notifica dell'appello è avvenuta in data 4 agosto 2009 p. 3 del ricorso , ossia nel rispetto del termine di un anno di cui al citato articolo 2495, secondo comma, del codice civile. 1.2. Rileva il Collegio, peraltro, che non è necessario percorrere tutto il cammino ora delineato per pervenire al rigetto del motivo in esame in quanto è sufficiente, al riguardo, osservare che dalla lettura del ricorso emerge che la questione della cancellazione non è stata mai posta al giudice di appello la sentenza impugnata nulla dice e nemmeno il ricorso il quale, per rispettare i requisiti di cui all'articolo 366 cod. proc. civ., avrebbe dovuto dare conto di dove e come tale eccezione fosse stata proposta in sede di giudizio di appello, trattandosi di vicenda che si è svolta prima che il medesimo venisse incardinato. Il totale silenzio del ricorso sul punto fa sì che la questione debba ritenersi del tutto nuova e, come tale, neppure proponibile nell'odierna sede del giudizio di cassazione. 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360, primo comma, numero 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli articolo 1375 e 1460 del codice civile. Secondo i ricorrenti, la sentenza avrebbe adottato una motivazione “pregna di contraddittorietà”, incorrendo anche in un errore di giudizio. La medesima, infatti, con una motivazione incongrua ed affetta da vizi logici e giuridici, ha ritenuto che non fosse stata dimostrata l'avvenuta consegna delle chiavi alla P. , mentre era pacifico che la conduttrice non fosse più nella possibilità di fare uso dell'immobile. 2.1. Il motivo non è fondato. Esso, infatti, oltre ad essere formulato in modo assai generico, si rivela intimamente contraddittorio, poiché lamenta che la sentenza impugnata abbia ritenuto non provata la consegna delle chiavi in favore della locatrice, mentre “risultava certamente provato l'assoluto inutilizzo dell'immobile da parte della conduttrice” p. 8 del ricorso . Circostanze che, a ben vedere, non sono affatto inconciliabili tra loro, perché il mancato utilizzo del bene locato da parte del conduttore non legittima di per sé, come meglio si dirà a proposito del terzo motivo, il mancato pagamento del canone in una situazione nella quale non è stata compiuta l'effettiva riconsegna delle chiavi al locatore. 3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360, primo comma, numero 3 e numero 5 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli articolo 115, 116 e 139 cod. proc. civ., oltre a motivazione omessa, contraddittoria ed insufficiente su punti decisivi della controversia. Si rileva, al riguardo, che la sentenza avrebbe compiuto una valutazione dei comportamenti delle parti inadeguata ed illogicamente motivata. Essa avrebbe ritenuto certo, in modo apodittico, il fatto che la conduttrice avesse continuato a godere dell'immobile per il periodo dal dicembre 2004 all'ottobre 2005, senza tenere in adeguata considerazione il contenuto delle deposizioni testimoniali. Il motivo in esame, riportando stralci delle testimonianze, perviene alla conclusione che la ricostruzione operata dalla sentenza impugnata è frutto di “fervida fantasia”, in quanto dagli atti risulta con certezza che, a seguito del crollo del soffitto, la conduttrice era stata costretta a trasferirsi altrove, perdendo in tal modo il godimento del bene locato ed acquisendo il diritto conseguente a sospendere il pagamento del canone. 3.1. Il motivo non è fondato. Per quanto concerne il richiamo al contenuto delle deposizioni testimoniali raccolte nella fase istruttoria, la Corte si limita ad osservare che, per pacifica giurisprudenza, la valutazione del materiale probatorio è compito del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità in presenza di congrua motivazione. Nella specie, la Corte palermitana ha dato una propria valutazione delle testimonianze che è priva di contraddizioni e di vizi logici, sicché il motivo in esame è volto, in modo chiaro, a sollecitare questa Corte ad un nuovo e non consentito giudizio di merito. A tanto occorre aggiungere che il motivo non supera quella che è la fondamentale ratio decidendi dell'impugnata sentenza, e cioè che la società ricorrente, nel comunicare l'avvenuto crollo parziale del soffitto di una stanza ed il suo trasferimento in altro immobile, non consegnò le chiavi alla locatrice, in tal modo rimanendo comunque nella disponibilità del bene offerta formale che, compiuta solo in data 3 novembre 2005, fu evidentemente accettata dalla P. , tanto che la restituzione dell'immobile avvenne il successivo 28 novembre 2005. La Corte territoriale, d'altra parte, ha correttamente richiamato la giurisprudenza di questa Corte - alla quale la pronuncia odierna intende dare continuità - secondo cui in tema di locazione non è consentito al conduttore astenersi dal versare il canone, ovvero ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che l'evento sia ricollegabile al fatto del locatore sentenze 23 aprile 2004, numero 7772, 10 gennaio 2008, numero 261, e ordinanza 23 giugno 2011, numero 13887 . Sicché in tale contesto è da condividere l'ulteriore affermazione - che la sentenza impugnata compie peraltro ad colorandum - per cui la società Alca e gli altri odierni ricorrenti ben avrebbero potuto attivarsi anche con una domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, il che non risulta essere avvenuto. 4. Il ricorso, pertanto, è rigettato. In considerazione, peraltro, degli alterni esiti dei due giudizi di merito, la Corte stima equo compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.