Clausola compromissoria: la rinuncia deve essere esplicita

La rinunzia a far valere la clausola compromissoria in occasione di una controversia insorta tra i contraenti non comporta di per sé una rinunzia definitiva e complessiva della clausola arbitrale e, cioè, una rinunzia anche in relazione ad ogni altra controversia che possa insorgere tra i contraenti, diversa da quella per la quale entrambe le parti, o la parte interessata, hanno ritenuto di rinunziare, essendo la rinuncia limitata alla specifica controversia cui si accede.

Con la pronuncia numero 3464 del 20 febbraio 2015, la Corte di Cassazione interviene in materia di clausola compromissoria, precisando che la condotta di una parte che sceglie di non avvalersi di tale clausola in un giudizio non esclude la possibilità che la stessa possa avvalersene in altro giudizio con petitum e causa petendi diversi, pur derivando dalla medesima controversia. Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione con la sentenza in commento riguarda l’efficacia dell’ eccezione di arbitrato promossa in un giudizio relativo ad un’azione ex articolo 2932 c.c., dopo che in un precedente giudizio tra le medesime parti, ed avente ad oggetto l’accertamento della proprietà del medesimo immobile del quale si chiedeva l’attribuzione a mezzo pronuncia costitutiva, detta eccezione non era stata sollevata. Sul punto, il S.C., preso atto della diversità delle domande – nel primo caso, sentenza dichiarativa per accertamento della proprietà, nel secondo caso sentenza costitutiva ex articolo 2932 c.c. – ha ritenuto che la mancata proposizione dell’eccezione di arbitrato non costituiva rinuncia complessiva a far valere detta clausola, ma doveva solo limitarsi, stante la diversità del petitum e della causa petendi, al giudizio nel quale l’eccezione non era stata effettivamente sollevata. Arbitrato rituale ed arbitrato irrituale quali differenze? La differenza tra arbitrato rituale e arbitrato irrituale va ravvisata nel fatto che, nel primo, le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo con l’osservanza del regime formale del procedimento arbitrale, mentre, nel secondo, esse intendono affidare all’arbitro o agli arbitri la soluzione di controversie insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà. Clausola compromissoria per tutte le controversie che derivano da un contratto? Il punto centrale della sentenza in commento attiene, come visto, all’individuazione dei limiti entro i quali la clausola compromissoria ha efficacia, qualora inserita in un contratto. Secondo la giurisprudenza, infatti, la compromissione in arbitri delle controversie relative all’esecuzione del contratto non comprende di per sé le controversie aventi ad oggetto la domanda di pagamento dell’indennizzo per arricchimento senza causa, in quanto diverse per causa petendi e per petitum, riguardando entrambe diritti cd. eterodeterminati, per l’individuazione dei quali è indispensabile il riferimento ai relativi fatti costitutivi. Eccezione di arbitrato e domanda riconvenzionale. Applicando il principio poc’anzi espresso, in giurisprudenza si è sostenuto che il convenuto, il quale, dopo aver proposto eccezione di arbitrato, non si limiti a formulare semplici difese ed a sollevare eccezioni in senso proprio, ma proponga una domanda riconvenzionale, pone in essere una condotta processuale che, risolvendosi in una richiesta al giudice ordinario di emettere una statuizione relativa al rapporto processuale dedotto in giudizio, denota la sua volontà di rinuncia all’eccezione di compromesso. Eccezione di arbitrato costituisce eccezione in senso stretto Nell’ambito processuale, configurandosi la devoluzione della controversia agli arbitri come rinuncia all’esperimento dell’azione giudiziaria ed alla giurisdizione dello stato, attraverso la scelta di una soluzione della controversia con uno strumento di natura privatistica, la relativa eccezione dà luogo ad una questione di merito che riguarda l’interpretazione e la validità del compromesso o della clausola compromissoria, e costituisce un’eccezione propria e in senso stretto avente ad oggetto la prospettazione di un fatto impeditivo dell’esercizio della giurisdizione statale, con la conseguenza che dev’essere proposta dalle parti nei tempi e nei modi propri delle eccezioni di merito. Clausola compromissoria e procedimento monitorio. L’esistenza di una clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, ma impone a quest’ultimo, in caso di successiva opposizione fondata sull’esistenza di detta clausola, la declaratoria di nullità del decreto opposto e la contestuale remissione della controversia al giudizio degli arbitri tale regola di giudizio trova logico fondamento nel fatto che al giudice adìto è preclusa la rilevazione d’ufficio della improponibilità della domanda derivante dalla presenza di una clausola compromissoria, che solo il debitore ingiunto è facultizzato ad invocare onde ottenere la revoca del decreto ingiuntivo opposto e la devoluzione della controversia al giudice arbitrale prescelto. Nel dubbio, l’arbitrato è rituale. Qualora, nonostante l’analisi complessiva delle indicazioni testuali della clausola compromissoria e la condotta processuale delle parti, residui qualche dubbio circa la natura dell’arbitrato, è lecito ritenere che le parti abbiano voluto prevedere un arbitrato rituale, risultando questo preferibile, sia per la disciplina organica di cui dispone, sia per la maggiore forza degli effetti che esso imprime al lodo e per le più ampie possibilità di verifica che consente, in sede di omologazione e di impugnazione innanzi al giudice ordinario.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 dicembre 2014 – 20 febbraio 2015, numero 3464 Presidente Oddo – Relatore Scalisi Svolgimento del processo B.A., con atto di citazione del 14 luglio 1983, conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Milano la società Finanziaria immobiliare Gli Ontani, con sede in XXXXXX, per ottenere sentenza che dichiarasse la sua proprietà dell'immobile sito nel Comune di OMISSIS , all'epoca in costruzione giusta scrittura privata del 25 marzo 1982, previo accertamento dell'autenticità di tale contratto. Si costituiva la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda in quanto la scrittura provata di cui si dice era da considerarsi un semplice preliminare di vendita e non un atto definitivo di vendita e in via riconvenzionale, chiedeva la risoluzione del contratto per grave inadempimento dell'attore non avendo questi pagato il prezzo convenuto. In corso di causa il procuratore della convenuta dichiarava di rinunciare alla domanda proposta in via riconvenzionale. Epperò, dopo aver, invano, diffidato B. alla conclusione del contratto di compravendita il 31 ottobre 1984 conveniva in giudizio B.A. per sentire dichiarare risolto il contratto del 25 marzo 1982 per inadempimento dell'acquirente. Le cause venivano riunite e il Tribunale di Milano con sentenza del 1986 dichiara risolto il contratto per colpa dell'attore, ritenendo per altro che il contratto contenesse una semplice promessa di compravendita. Condannava B. alla restituzione dell'unità immobiliare ed al pagamento di un compenso o di un'indennità per il godimento sine titulo dell'immobile. Su appello di B. e su appello incidentale della società Immobiliare la Corte di Appello di Milano con sentenza del 18 gennaio 1989 confermava la sentenza di primo grado, respingendo sia l'appello principale e sia l'appello incidentale. Contro questa decisione veniva proposto da B. , ricorso per cassazione articolato su due motivi, lamentando a che erroneamente il Giudice del merito non aveva ritenuto che la scrittura fosse un contratto definitivo di compravendita b che non sussisteva l'inadempimento del ricorrente. La Corte di Cassazione con sentenza numero 4934 del 1991 rigettava il primo motivo del ricorso, ma accoglieva il secondo, cassava la sentenza della Corte di Milano e rinviava la causa ad altra sezione della stessa Corte di appello. La società Finanziaria Immobiliare Braidense srl in liquidazione, avente causa per incorporazione dalla Nuova Versilia srl. a sua volta avente causa per incorporazione dalla società Immobiliare Gli Ontani srl., riassumeva la causa per ottenere la pronuncia di risoluzione del contratto preliminare di vendita per inadempimento di B. . Si costituiva B. contrastando la pretesa dell'appellante. La Corte di appello di Milano con sentenza del 30 luglio 1996 respingeva la domanda e condannava la Finanziaria immobiliare Braidense al pagamento delle spese legali in favore dell'esponente. Nel frattempo, tuttavia, B. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Milano, la società Immobiliare chiedendo che venisse emessa sentenza ex articolo 2932 cc. Si costituiva la società Finanziaria Immobiliare Braidense srl ed eccepiva l'incompetenza del Tribunale di Milano, per effetto della clausola arbitrale prevista dall'articolo 15 del contratto preliminare, la prescrizione del diritto alla stipulazione del contratto di compravendita, proponeva a sua volta domanda riconvenzionale per la restituzione del bene. Il Tribunale di Milano con sentenza numero 4589 del 2001 trasferiva il bene a B. previo il pagamento del saldo prezzo che veniva indicata in L. 61.000.000, condannava B. al rimborso delle spese tecniche condominiali e di allaccio alle utenze. Avverso questa sentenza, proponeva appello la società Finanziaria Immobiliare Braidense srl. Tuttavia la Corte di Appello di Milano con sentenza numero 3095 del 2007 rigettava l'appello e confermava la sentenza del Tribunale di Milano. La Corte milanese osservava a che non vi era, né incompetenza del giudice ordinario a conoscere della questione di cui si dice, né improponibilità della domanda, dato che, da tempo e per fatti concludenti, la, società Finanziaria Immobiliare Braidense srl aveva rinunziato all'operatività della clausola compromissoria di cui al contratto preliminare b che era indiscutibile che l'inadempimento fosse addebitabile alla società Immobiliare, mentre era innegabile che il pagamento del residuo prezzo andava fatto a fronte della stipula del contratto definitivo. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla società Finanziaria Immobiliare Braidense srl con ricorso affidato ad un motivo. B.A. ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1.- Con l'unico motivo di ricorso la società Finanziaria immobiliare Braidense srl in liquidazione, lamenta l'insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia e cioè sulla competenza del collegio arbitrale in relazione all'articolo 360, primo comma numero 5 cpc. Secondo la ricorrente, l'affermazione della Corte di appello di Milano secondo cui la società Finanziaria Immobiliare aveva rinunciato con il proprio comportamento processuale ad avvalersi del procedimento arbitrale sarebbe priva di fondamento perché la rinunzia implicita all'arbitrato avvenuta in un precedente giudizio non poteva estendersi al presente giudizio avente oggetto diverso. Piuttosto, appare arduo sostenere che il comportamento mantenuto dalla società Finanziaria Braidense in un precedente giudizio comportamento consistente nel mero fatto di avere sollevato l'eccezione di incompetenza e di avere svolto una domanda riconvenzionale nell'ambito del medesimo giudizio fosse rilevatore della definitiva volontà della società Finanziaria Braidense di non volersi mai più avvalere anche in futuri e diversi giudizi aventi diverso petitum e causa petendi della clausola arbitrale inserita nel contratto preliminare. In proposito, va evidenziato che il giudizio definito dalla sentenza 2323 del 2006 della Corte di Milano e quello decisivo con la sentenza oggetto del presente giudizio sono diversi nel petitum e nella causa petendi, dato che nel primo il B. chiedeva una sentenza dichiarativa avendo qualificato il contratto come definitivo e nel secondo chiedeva sentenza costitutiva, essendo stata qualificata la convenzione tra le parti quale contratto preliminare di vendita. In dottrina, è già stato rilevato che, addirittura, nel caso di comportamento concludente di entrambe le parti diretto ad escludere l'esistenza del potere degli arbitri di decidere la controversia, la riconducibilità delle condizioni di forma e di sostanza di un patto risolutivo degli effetti del compromesso deve, per altro, essere limitata all'oggetto di quella controversia, con l'ovvia implicazione che se si tratta di e clausola compromissoria questa, comunque, sopravvive con la perpetuatio dei suoi effetti per ogni altra controversia. Pertanto, conclude la ricorrente dica la Corte di cassazione se la rinuncia tacita ad avvalersi di una clausola compromissoria contenuta in un giudizio ormai concluso, possa operare anche in un successivo giudizio relativo ad una controversia derivante sempre dal medesimo contratto preliminare ma avente diverso petitum e diversa causa petendi. 1.1.- La censura è fondata, ragion per cui al quesito proposto deve darsi risposta positiva. Come è affermazione ricorrente, nella dottrina nella giurisprudenza, la clausola compromissoria, in diritto italiano, è una clausola che permette la devoluzione a soggetti, in qualità di arbitri, delle possibili e/o eventuali controversie derivanti dal contratto nel quale è contenuta. È essa stessa espressione di un riconoscimento democratico dell'autonomia privata, con la quale i contraenti, decidono di voler ricercare un'eterocomposizione delle eventuali liti che possono insorgere durante la fase dell'esecuzione del contratto, eventualmente dovute anche all'interpretazione dello stesso, rinunziando alla giurisdizione statale. Va, però, osservato che per quanto la clausola compromissoria possa essere omnicomprensiva, cioè riferibile a tutte le controversie civili o commerciali, attinenti a diritti disponibili, che possono insorgere tra i soggetti parti del contratto cui quella clausola accede, tuttavia, può essere e va rapportata ad ogni singola controversia che può insorgere tra i soggetti interessati. Con la conseguenza, che la rinunzia a far valere la clausola compromissoria in occasione di una controversia insorta tra i contraenti non comporta di per sé una rinunzia definitiva e complessiva della clausola arbitrale e, cioè, una rinuncia anche in relazione ad ogni altra controversia che possa insorgere tra i contraenti diversa da quella per la quale entrambi le parti, o la parte interessata, hanno ritenuto di rinunziare. Piuttosto, l'efficacia della rinunzia a far valere la clausola compì omissoria è delimitata dalla specifica vicenda cui accede, lasciando, invece, che quella clausola sopravviva per ogni altra controversia, salva l'ipotesi in cui le parti rinunziano definitivamente alla clausola nel suo complesso, il che comporterebbe una modifica dell'assetto assiologico del contratto che potrebbe essere operata solo con il rispetto delle condizioni d forma e di sostanza di un patto risolutivo degli effetti del patto compromissorio. Risponde a questo principio anche l'orientamento espresso da questa Corte, in altra occasione e anche se espresso avuto riguardo ad altra fattispecie, secondo il quale è configurabile la rinuncia alla clausola compromissoria quando la parte abbia promosso nei confronti dei medesimi contraddittori un giudizio davanti al giudice ordinario avente identità, totale o parziale, di oggetto, perciò assimilabile, alla connessione di cause, di cui all'articolo 40 c.p.c. Cass., numero 13121/2004 18643/2003 874/1995 1142/1993 . E, in applicazione di tale principio questa Corte ha escluso l'identità anche solo parziale tra il procedimento monitorio proposto dalla parte locatrice per ottenere il pagamento dei canoni scaduti, avente quale causa petendi la validità e l'operatività del contratto di affitto di azienda stipulato con la controparte, ed il successivo giudizio arbitrale avente quale causa petendi la cessazione di detto contratto di affitto e quale petitum non più il pagamento di una somma di denaro, bensì il rilascio dei locali ceduti in affitto Cass. 11 novembre 2011, numero 23651 . Ora, la Corte distrettuale di Milano ha mancato di applicare, nel caso concreto, questi essenziali principi ed ha, erroneamente, ritenuto che la rinuncia, per altro implicita, a far valere la clausola compromissoria in un giudizio vertente tra le parti la rinunzia intervenuta nel giudizio conclusosi con la sentenza numero 2323 del 1996 fosse estensibile ad ogni altro giudizio instauratosi tra le stesse parti e riferentesi allo stesso contratto il giudizio conclusosi con la sentenza numero 3095 del 2007 , nonostante, i due giudizi avessero diverso petitum e diversa causa petendi e la rinunzia non integrasse gli estremi di un patto risolutivo del patto compromissorio. Al riguardo, sia il Tribunale che la Corte distrettuale hanno escluso che il giudizio conclusosi con la sentenza della Corte di Appello di Milano numero 2323 del 30 luglio 1996 fosse identico al giudizio deciso con sentenza numero 3095 del 2007 della stessa Corte di appello, oggetto del presente ricorso, perché diversi nel petitum che nella causa petendi. In particolare, come appare evidente, nel primo giudizio, definito dalla sentenza numero 2323 del 1996, B. chiedeva una sentenza dichiarativa del suo diritto di proprietà, sul presupposto che la scrittura privata del 25 marzo 1982 fosse un contratto definitivo di compravendita, nel secondo giudizio, lo stesso B. , chiedeva, invece, una sentenza costitutiva ai sensi dell'articolo 2932 cc, essendo stata qualificata la convenzione del 25 marzo 1982, siccome preliminare di vendita. A sua volta, emerge dalla sentenza impugnata che la rinunzia di cui si dice, della società Braidense consisteva nel fatto che la stessa società non aveva sollevato l'eccezione di incompetenza e di avere svolto una domanda riconvenzionale nell'ambito del medesimo giudizio, e al contrario non integrava gli estremi un patto risolutivo. In definitiva, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, è possibile giudicare nel merito dichiarando improponibile la domanda ex articolo 2932 cc, proposta da B. . Il comportamento processuale delle parti nonché la peculiarità della questione di diritto proposta sono ragioni sufficienti per compensare le spese giudiziali per tutti i gradi del giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e giudicando nel merito dichiara improponibile la domanda ex articolo 2932 cc, proposta da B. . Compensa tra le parti le spese di tutti i gradi del giudizio.