Alle Sezioni Unite l’ultima parola sulla prescrizione dei crediti dell’INPS

Deve essere decisa dalle Sezioni Unite la questione relativa al termine di prescrizione applicabile ai crediti contributivi dell’INPS in seguito alla mancata opposizione a cartella esattoriale da parte dell’iscritto.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nell’ordinanza numero 1799, depositata il 29 gennaio 2016. Il caso. La Corte di Appello di Catania, riformando la pronuncia di primo grado, accoglieva l’opposizione di un imprenditore contro la cartella esattoriale ricevuta dall’INPS per contributi dovuti alla Gestione Commercianti in relazione agli anni 1993, 1995, 1996 e 1998. Ad Avviso dei Giudici di merito, infatti, la seconda cartella esattoriale era stata notificata dall’Istituto successivamente allo spirare del termine quinquennale, che nella specie decorreva da una prima cartella notificata 7 anni prima, con conseguente prescrizione dei relativi crediti attesa l’inapplicabilità dell’articolo 2953 c.c. a mente del quale «I diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni» . Contro tale sentenza l’INPS proponeva ricorso alla Corte di Cassazione, articolando un unico motivo. Prescrizione quinquennale o decennale? In particolare, ad avviso dell’Istituto, attesa la mancata opposizione contro la prima cartella esattoriale, il credito in essa contenuto doveva considerarsi intangibile e soggetto alla prescrizione decennale ai sensi dell’articolo 2953 c.c. Ricostruzione che tuttavia non convince la Corte la quale, nel rimettere il fascicolo alle Sezioni Unite, dà atto dei diversi orientamenti della propria sezione e di quella tributaria. Il primo orientamento la mancata opposizione alla cartella genera gli stessi effetti del giudicato. Ai sensi dell’articolo 24, d.lgs. numero 46/1999 il termine per proporre opposizione alla pretesa contributiva è di 40 giorni, decorsi i quali il credito non è più contestabile. Su questa premessa, la Cassazione dà atto che secondo l’orientamento della propria sezione «una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata opposizione alla cartella esattoriale, non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale e ciò che può prescriversi è solo l’azione diretta all’esecuzione del titolo così definitivamente formatosi, riguardo alla quale [ ] trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all’articolo 2946 c.c.» così Cass. numero 4338/2014 e, nello stesso senso, Cass. nnumero 11749/2015 17051/2004 . Il secondo orientamento se non c’è contenzioso non c’è giudicato. Ritiene invece la sezione tributaria che «se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni previsto dall’articolo 20, d.lgs. numero 472/1997, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario» Cass. SS.UU. numero 25790/2009 Cass. nnumero 5837/2001 6077/20101194/2012 . Ciò in quanto l’ingiunzione in specie fiscale «ha natura di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato [ ] con conseguente inapplicabilità dell’articolo 2953 c.c.» Cass. nnumero 12263/2007 11380/2012 . Le perplessità della Corte. Preso atto di questo contrasto, la Cassazione ritiene di trasmettere gli atti al Primo Presidente atteso che, a suo avviso, l’articolo 2953 «che è norma speciale» non può applicarsi a fattispecie diverse dalla sentenza, con l’effetto che la «stabilità» della cartella non opposta non può equipararsi ad un giudicato. Se è vero poi che la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale «salvi i casi in cui la legge dispone diversamente» cfr. articolo 2946 c.c. , è altrettanto vero che nel caso di specie v’è una norma di legge che prevede un termine breve cfr. articolo 3, comma 9, Legge numero 335/1995 . In conclusione, ad avviso della Cassazione, applicando il disposto di cui all’articolo 2953 c.c. «si perverrebbe alla conclusione di consentire all’ente previdenziale di riscuotere contributi prescritti, in violazione del divieto stabilito, per ragioni di ordine pubblico, di effettuare versamenti a regolarizzazione di contributi assicurativi, dopo che rispetto ad essi sia intervenuta la prescrizione». Queste valutazioni, ed il contrasto nella loro soluzione, rendono quindi necessaria una armonizzazione tra le pronunce delle diverse sezioni su un tema che deve essere considerato «di particolare importanza» ai sensi dell’articolo 374, comma 2, c.p.c

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 14 – 29 gennaio 2016, numero 1799 Presidente Curzio – Relatore Arienzo Fatto e diritto Atteso che - con sentenza del 28.10.2009, il Tribunale di Catania aveva dichiarato l'inammissibilità dell'opposizione all'esecuzione proposta da M.A. avverso l'intimazione di pagamento relativa a cartella esattoriale notificata al predetto il 31.8.2001 per omesso pagamento di contributi della gestione commercianti con riguardo agli anni 1993,1995, 1996 e 1998, rilevatane la tardività in quanto proposta oltre il termine di 40 gg. dalla notifica di cui all'articolo 24 d.lgs 46/99 - la Corte di appello di Catania, su gravame del M. , riformava tale decisione, sul rilievo che l'opposizione integrava un opposizione al titolo esecutivo ai sensi dell'articolo 615 cpc, facendosi con essa valere un atto estintivo successivo alla notifica del titolo, ed osservava che l'intimazione di pagamento era stata notificata in data 27.5.2008, quando il credito contributivo vantato dall'INPS era prescritto per essere decorso un quinquennio dalla notifica della cartella esattoriale, senza che fosse intervenuto alcun atto interruttivo da parte del concessionario della riscossione in particolare osservava che la cartella esattoriale non opposta non aveva attitudine ad acquistare efficacia di giudicato e che, pertanto, al di là dell'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, non poteva trovare applicazione l'articolo 2953 c.c. ai fini della operatività di un più lungo termine di prescrizione - l'Inps, in proprio e quale mandataria della SCCI s.p.a., ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, affidando l'impugnazione ad unico motivo ed il M. e la Serit Sicilia s.p.a. sono rimasti intimati - sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della relazione redatta ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio - con il motivo di ricorso si sostiene che, essendo pacifica la circostanza della mancata opposizione nei termini avverso la cartella esattoriale, con conseguente intangibilità della pretesa contributiva, non possa considerarsi più soggetto a prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale, atteso che la prescrizione riguarda soltanto l'azione diretta all'esecuzione del titolo definitivamente formatosi, rispetto alla quale, in sostanziale conformità a quanto previsto per l’ actio iudicati ai sensi dell'articolo 1953 c.c., trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario, termine non ancora decorso alla data del 27.5.2008 in cui era stata effettuata la notifica dell'intimazione di pagamento rilevato che - nella disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, di cui al D. Lgs. numero 46 del 1999, il termine per proporre opposizione alla pretesa contributiva, che dall'articolo 24 dello stesso decreto è fissato in quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, deve ritenersi perentorio, perché diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell'ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire cosi una rapida riscossione del credito medesimo cfr, Cass. 24.2.2014 numero 4338 che richiama Cass. 14692/2007 17978/2008 2835/2009 8931/2011 - a ciò consegue l'intangibilità della pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione dell'opposizione alla cartella esattoriale come avvenuto nel caso di specie - con sentenza 24.2.2014, numero 4338 che, invero, non si è pronunciata espressamente sulla prescrizione, ma che vi fa riferimento in motivazione, pronunzia seguita dalla successiva conforme di Cass., Sez. Lav., 8 giugno 2015, numero 11749 , questa Corte ha affermato che una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione dell'opposizione alla cartella esattoriale come avvenuto nel caso di specie , non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale di che trattasi e ciò che può prescriversi è soltanto l'azione diretta all'esecuzione del titolo così definitivamente formatosi, riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni e in sostanziale conformità a quanto previsto per l’ actio iudicati ai sensi dell'articolo 2953 cod. civ. , trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all'articolo 2946 cod. civ. cfr, per arg., Cass., numero 17051/2004, in motivazione - con riguardo alla operatività della prescrizione decennale per effetto dell' actio iudicati , Cass. Sez. Unumero numero 25790 del 10/12/2009 così anche Cass. 19.7.2013 numero 17669 , ha sostenuto che Il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell'articolo 2953 cod. civ., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta actio iudicati , mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall'articolo 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997 numero 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l'obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario , a tale principio uniformandosi Cass., Sez. 5, 11 marzo 2011 numero 5837 in termini analoghi già Cass. numero 6077 del 2010 , secondo cui Il diritto alla riscossione di un'imposta, conseguente ad avviso di liquidazione divenuto definitivo, perché confermato con sentenza passata in giudicato, non è assoggettato ai termini di decadenza e prescrizione che scandiscono i tempi dell'azione amministrativo-tributaria, ma esclusivamente al termine di prescrizione generale previsto dall'articolo 2953 cod. civ., in quanto il titolo sulla base del quale viene intrapresa la riscossione non è più l'atto amministrativo, ma la sentenza , nonché Cass., sez. V, 13.7.2012 numero 1194, secondo cui per i diritti di credito dell'amministrazione finanziaria relativi a tributi e sanzioni amministrative tributarie, la disciplina dell' actio iudicati dettata dall'articolo 2953 cod. civ., secondo cui i diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni e Cass., Sez. 5, 5 aprile 2013, numero 8380, secondo cui In tema di imposta di registro, qualora la pretesa erariale si fondi su di una sentenza passata in giudicato, la relativa cartella esattoriale, avendo ad oggetto un credito definitivamente accertato a seguito di contenzioso e come tale avente titolo nella sentenza, va emessa entro il termine decennale di prescrizione previsto dall'articolo 78 del d.P.R. 26 aprile 1986, numero 131, non trovando applicazione, nell'ipotesi, né il termine triennale di decadenza di cui all'articolo 76 del medesimo d.P.R., che concerne, invece, l'esercizio del potere di imposizione, né il termine annuale di decadenza sancito dall'articolo 17, lett. c , del d.P.R. numero 602 del 1973 rilevante pro tempore , che attiene alle somme dovute in base agli accertamenti dell'ufficio divenuti definitivi per mancata impugnazione dell'atto impositivo che li contiene - secondo quanto sancito dalla Suprema Corte in tema di ingiunzioni fiscali, l'ingiunzione fiscale, in quanto espressione del potere di autoaccertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato la decorrenza del termine per l'opposizione, infatti, pur determinando la decadenza dall'impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, ma solo l'effetto sostanziale dell'irretrattabilità del credito qualunque ne sia la fonte, di diritto pubblico o di diritto privato , con la conseguente inapplicabilità dell'articolo 2953 cod. civ. ai fini della prescrizione” v. Cass., Sez. 5, 25 maggio 2007, numero 12263 e negli stessi termini si è pronunciata anche Cass. 6.7.2012 numero 11380, affermando che una volta divenuto definitivo l'atto di accertamento ed esaurito quindi l'esercizio del potere impositivo a fronte del quale sta il diritto del contribuente alla determinazione di una imposta giusta ex articolo 53 Cost. , la pretesa vantata dalla Amministrazione finanziaria si cristallizza nel diritto soggettivo di credito, il cui esercizio corrispondente ora al potere di riscossione a fronte del quale sussiste soltanto la esigenza che le modalità di esecuzione coattiva non si traducano in una un'inammissibile vessazione del contribuente rimane assoggettato, in assenza di diversa specifica previsione normativa, all'ordinario termine di prescrizione dei diritti ex articolo 2934 ss. c.c. ritenuto che - l'articolo 2953 c.c. - che è norma speciale - non può applicarsi in via analogica ad altre fattispecie diverse dalla sentenza, con la conseguente inapplicabilità dell'articolo 12 delle Preleggi Cass. Civ., 29 gennaio 1968, numero 285 e che nel caso di cartella di pagamento non opposta non vi è nessun titolo di formazione giudiziale dotato di autonomia, non potendo la “stabilità” della cartella non opposta nei 40 giorni equipararsi ad un giudicato, in quanto il consolidamento consegue alla mancata opposizione - a mente dell'articolo 2946 cod. civ., la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale, se la legge non dispone diversamente, e nel caso dei contributi previdenziali è appunto la legge che dispone diversamente articolo 3, comma 9, legge 335 del 1995 cit. - applicandosi il termine decennale di cui all'articolo 2953 cod. civ., si perverrebbe alla conclusione di consentire all'ente previdenziale di riscuotere contributi prescritti, in violazione del divieto stabilito, per ragioni di ordine pubblico, dall'articolo 55, comma primo, del R.D.L. 14 ottobre 1935 numero 1827 di effettuare versamenti a regolarizzazione di contributi assicurativi, dopo che rispetto agli stessi sia intervenuta la prescrizione, divieto che opera indipendentemente dall'eccezione di prescrizione da parte dell'ente previdenziale e del debitore dei contributi norma rispetto alla quale la stessa Suprema Corte ha ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalità della norma citata e dell'articolo 41 della legge 3 aprile 1969 numero 153, nella parte in cui prevedono la prescrittibilità del diritto dell'I.N.P.S. al pagamento dei contributi, per violazione dell'articolo 38 Cost., sia perché tale disciplina risponde ad un principio generale di certezza dei rapporti giuridici, sia perché, a fronte della prescrizione e del conseguente divieto di pagamento dei contributi, è prevista la possibilità di costituzione della rendita - così Cass., Sez. Lav., 5 ottobre 1998, numero 9865 - - ricorrono le condizioni per la rimessione degli atti al Primo Presidente, affinché valuti l'opportunità di assegnare la trattazione e la decisione del ricorso alle Sezioni unite, atteso che la suddetta questione - oltre a rendere necessaria una armonizzazione tra le pronunce delle diverse sezioni nei termini sopra evidenziati, può qualificarsi - per il cospicuo contenzioso in corso -, ai sensi dell'articolo 374 cod. proc. civ., comma 2, di particolare importanza . P.Q.M. Dispone la trasmissione della causa al Primo Presidente, per l'eventuale rimessione alle Sezioni Unite.