È fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1-bis, d.l. numero 138/2011 che esclude l’indennità di amministrazione dal trattamento economico complessivo spettante ai dipendenti del Ministero degli Affari Esteri in servizio all’estero in riferimento agli articolo 3, 24, comma 1, 39, comma 1, 101, 102, 104, 111 e 117, comma 1, Cost. quest’ultimo in relazione all’articolo 6 della CEDU poiché, tra il resto ed in particolare, norma di natura retroattiva destinata ad incidere sui giudizi pendenti sulla base di soli motivi finanziari.
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la ordinanza interlocutoria numero 27174/20, depositata il 27 novembre. Il caso. La Corte di Appello di Roma, riformando la pronuncia di primo grado, rigettava la domanda proposta da dipendenti del Ministero degli Affari Esteri in servizio all’estero, tesa ad ottenere il pagamento della c.d. «indennità di amministrazione» non corrisposta «perché ritenuta incumulabile con la indennità di servizio all’estero». Nel merito, i Giudici di secondo grado rilevavano come «la vicenda di causa era stata risolta dall’articolo 1 bis del D.L. numero 138/2011, convertito in legge numero 148/2011, norma di interpretazione autentica dell’articolo 170 D.P.R. 5 gennaio 1967, numero 18» per avere tale norma «chiarito che il trattamento economico complessivo spettante al personale dell’Amministrazione degli affari esteri nel periodo di servizio all’estero non includeva l’indennità di amministrazione». Contro tale pronuncia i lavoratori proponevano ricorso alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi. La retroattività della legge deve essere ragionevolmente giustificata nonché sostenuta da motivi di interesse generale In particolare, e per quanto qui interessa esaminare, i lavoratori sollevavano la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1-bis, D.L. numero 138/2011, sull’asserito contrasto con gli articolo 10, comma 1 e 117, comma 1, Cost. in relazione all’articolo 6 della CEDU e con gli articolo 3, 36, 101, 102 e 104 Cost. Questione che la Cassazione, come esposto in massima, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. La Corte, rilevata la natura di norma retroattiva dell’articolo 1-bis in ragione della «sua qualificazione come interpretazione autentica dell’articolo 170, D.P.R. numero 18/1967», ritiene rilevante la questione proposta attesa la sua applicabilità alla fattispecie di causa. Invero, rileva la Cassazione, l’articolo 1-bis «si riferisce ad una indennità quella di amministrazione che neppure esisteva alla data di entrata in vigore del D.P.R. interpretato, in quanto veniva introdotta dal CCNL 1994/1997 del Comparto MINISTERI» conseguentemente, ad avviso della Corte «piuttosto che di una norma interpretativa, si tratta di una norma innovativa con efficacia retroattiva». Su tali presupposti, la Corte, ribadendo il principio per cui «in caso di norma retroattiva [] è richiesta non già la mera assenza di scelte normative manifestamente arbitrarie ma l’effettiva sussistenza di giustificazioni ragionevoli dell’intervento legislativo, il cui risultato non trasmodi, comunque, in una regolazione arbitraria di situazioni soggettive, in lesione del legittimo affidamento dei destinatari della disciplina originaria», ritiene che «la palese erroneità della auto-qualificazione della norma come di interpretazione autentica può costituire un indice, sia pure non dirimente, della irragionevolezza della disposizione impugnata». non bastando i soli motivi finanziari. Inoltre, prosegue la Corte, dalla relazione tecnica posta alla base della norma censurata emerge il dichiarato fine del Legislatore di incidere sulle singole controversie sub iudice in corso ivi inclusa quella di causa, in quanto sopravvenuta a seguito della pronuncia, di accoglimento della domanda dei lavoratori, di primo grado , chiaramente individuabili, tanto da poterne stimare nella medesima relazione il peso economico a carico della finanza pubblica. Sulla base di tali assunti, dunque, la Cassazione, alla luce del principio secondo cui «è precluso al legislatore di interferire nella determinazione giudiziaria di una controversia, tranne il caso in cui ricorrano impellenti motivi di interesse generale», rileva l’inidoneità dei soli motivi finanziari «a giustificare un intervento legislativo destinato a ripercuotersi sui giudizi in corso», atteso peraltro che «l’intento di vincolare la decisione di cause già pendenti, che coinvolgono un numero esiguo e agevolmente individuale di parti, contrasta con la nozione stessa di motivi imperativi di interesse generale». Sulla base di tali argomentazioni, dunque, la Cassazione ritiene fondati i dubbi di legittimità costituzionale sollevati.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza interlocutoria 29 settembre – 27 novembre 2020, numero 27174 Presidente Torrice – Relatore Spena Rilevato 1. con sentenza del 23 maggio 2014 numero 3308, la Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, rigettava la domanda proposta da L.R.M. ed altri litisconsorzi tutti dipendenti del MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI in prosieguo MAE in servizio presso sedi estere per il pagamento della indennità di amministrazione , non corrisposta dal MAE perché ritenuta incumulabile con la indennità di servizio all’estero . 2. La Corte territoriale osservava che la vicenda di causa era stata risolta dal D.L. numero 138 del 2011, articolo 1 bis, convertito in L. numero 148 del 2001, norma di interpretazione autentica del D.P.R. 5 gennaio 1967, numero 18, articolo 170 la norma aveva chiarito che il trattamento economico complessivo spettante al personale dell’Amministrazione degli affari esteri nel periodo di servizio all’estero non includeva l’indennità di amministrazione nè la indennità integrativa speciale . 3. Riteneva, inoltre, che, in ogni caso, la pretesa era infondata anche a voler prescindere dalla disposizione interpretativa perché il D.P.R. numero 18 del 1967, articolo 170, nell’attribuire al personale del MAE in servizio all’estero l’indennità di servizio estero, precisava che nessun’altra indennità-ordinaria e straordinaria poteva essere concessa al personale, a qualsiasi titolo, in relazione al servizio prestato all’estero. 4. Hanno proposto ricorso per la Cassazione della sentenza i litisconsorti in epigrafe indicati, articolato in 7 motivi, cui ha resistito il MAE con controricorso. 5. La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 29 settembre 2020, a seguito di rinvio dalla precedente trattazione camerale. Le parti hanno depositato memorie. Considerato Sintesi dei motivi. Le parti ricorrenti hanno dedotto 6. con il primo motivo di ricorso, la violazione e falsa applicazione del D.L. numero 138 del 2001, articolo 1 bis, convertito nella L. numero 148 del 2001 e del D.P.R. numero 18 del 1967, articolo 170, assumendo la natura innovativa della disposizione del suddetto articolo 1 bis e, dunque, la sua inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie di causa 7. con i motivi dal secondo al quinto, la incostituzionalità del D.L. 13 agosto 2011, numero 138, articolo 1 bis, inserito dalla Legge di Conversione 14 settembre 2011, numero 148, articolo 1, comma 1 ove invece inteso come norma di interpretazione autentica per contrasto con l’articolo 6 della CEDU in relazione all’articolo 10 Cost., comma 1 e articolo 117 Cost., comma 1 motivi secondo e terzo con l’articolo 1 del protocollo I addizionale alla CEDU, sempre in relazione all’articolo 10 Cost., comma 1 e articolo 117 Cost., comma 1 quarto motivo con gli articolo 101, 102, 104 Cost. con gli articolo 3 e 36 Cost. quinto motivo . 8. Con il sesto ed il settimo motivo i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per violazione delle norme collettive del comparto MINISTERI articolo 29 e 34 CCNL 1994/1997 articolo 28 e 33 CCNL 1998/2001 CCNL INTEGRATIVO 1998/2001 biennio economico 2000/2001 si evidenzia la natura retributiva della indennità di amministrazione per sostenere la sua cumulabilità con la indennità di servizio all’estero , sul rilievo che quest’ ultima non avrebbe carattere retributivo ma funzione compensativa degli oneri economici sostenuti per il servizio all’estero. 9. Il Collegio ritiene che la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle parti ricorrenti sia ammissibile- essa è relativa alla disposizione di una legge dello Stato che disciplina la controversia su cui il Collegio è chiamato a decidere, censurata per violazione di specifiche norme della Costituzione rilevante e non manifestamente infondata. SULLA RILEVANZA. La verifica di rilevanza conduce ad un esito positivo. 10. Sotto tale profilo va sperimentata la possibilità di risolvere la controversia senza tener conto del censurato D.L. numero 138 del 2011, articolo 1 bis, considerando la norma come non-retroattiva in questo senso andrebbe accolto il primo motivo del ricorso in cassazione. 11. Tuttavia il Collegio non ritiene possa dubitarsi della natura di norma retroattiva del D.L. 13 agosto 2011, numero 138, articolo 1 bis, avuto riguardo al chiaro ed inequivoco dettato letterale. 12. La retroattività deriva, infatti, inevitabilmente dalla sua auto-qualificazione come interpretazione autentica del D.P.R. 5 gennaio 1967, numero 18, articolo 170. 13. La norma, per quanto testualmente disposto, si salda al testo originario del D.P.R. numero 18 del 1967, articolo 170, offrendone un preciso significato. 14. Non può esserne allora predicata la natura non retroattiva, in contrasto con il dato letterale. 15. Pertanto, il Collegio per decidere la causa dovrà applicare la disposizione censurata e l’applicabilità della disposizione è sufficiente a radicare la rilevanza delle questioni proposte sentenza Corte Cost. numero 174 del 2016, punto 2.1 del Considerato in diritto, Corte Cost. numero 174/2019, punto 2.1 del Considerato in diritto . 16. Va osservato, inoltre, che nella prospettiva di un più diffuso accesso al sindacato di costituzionalità Corte Cost. numero 77 del 2018, punto 8, del Considerato in diritto e di una più efficace garanzia della conformità della legislazione alla Carta fondamentale, il presupposto della rilevanza non si identifica nell’utilità concreta di cui le parti in causa potrebbero beneficiare sentenza numero 20 del 2018, punto 2, del Considerato in diritto . 17. Nell’ipotesi di accoglimento delle questioni, del resto, questo giudice remittente non sarà chiamato a fare applicazione di una normativa che predetermina l’esito della lite ma dovrà decidere secondo una diversa regola di giudizio, che attingerà da una ricostruzione sistematica della complessiva disciplina di riferimento. 18. La dichiarazione di illegittimità costituzionale, quand’anche non conducesse a conclusioni diverse da quelle recepite dalle disposizioni censurate, influirebbe sul percorso argomentativo che questa Corte dovrà intraprendere per dirimere la controversia dunque, anche da questo punto di vista trova conferma la rilevanza del dubbio di costituzionalità prospettato. SULLA NON MANIFESTA INFONDATEZZA. La verifica della non manifesta infondatezza conduce ad un esito positivo. 19. Va in primo luogo segnalato che questa Corte, con ordinanza del 17 dicembre 2019 numero 33395, non ha dato seguito alla questione di costituzionalità della medesima disposizione oggi censurata in quella sede sollevata sotto il profilo della violazione degli articolo 3, 24, 101, 104, 113 Cost. nella parte in cui si riferisce alla indennità integrativa speciale . 20. Le conclusioni ivi raggiunte non sono, tuttavia, riferibili alla disciplina dettata dal D.L. numero 138 del 2011, articolo 1 bis, in ordine alla indennità di amministrazione . 21. L’ordinanza numero 33395/2019 si è confrontata con un emolumento, l’indennità integrativa speciale, già noto all’epoca di entrata in vigore del D.P.R. numero 18 del 1967 in quanto istituito dalla L. numero 324 del 1959 e con un dubbio interpretativo nascente, a distanza di vari decenni, da due fatti storici sopravvenuti il conglobamento della indennità integrativa speciale nella voce stipendio disposto dal CCNL MINISTERI del 12 giugno 2003, che contemplava una disciplina specifica per il personale in servizio all’estero la mancanza di una analoga disciplina specifica nella contrattazione del comparto successiva a quel contratto. 22. Nel giudizio in esame la disciplina del D.P.R. numero 18 del 1967, articolo 170 e 171, e della contrattazione collettiva dà luogo a conclusioni opposte. 23. Per comprendere le ragioni del dubbio di costituzionalità, è necessario ricostruire preliminarmente il quadro normativo, contrattuale e giurisprudenziale in cui esso si inserisce. 24. Giova ricordare che ai sensi del D.Lgs. numero 165 del 2001, articolo 45, comma 5, le funzioni e i relativi trattamenti economici accessori del personale non diplomatico del Ministero degli affari esteri, per i servizi che si prestano all’estero, sono disciplinati, limitatamente al periodo di servizio ivi prestato, dalle disposizioni del D.P.R. 5 gennaio 1967, numero 18 e successive modificazioni ed integrazioni nonché dalle altre pertinenti normative di settore del Ministero degli affari esteri. 25. Da qui la sopravvivenza, nel regime dei pubblico impiego privatizzato, del D.P.R. numero 18 del 1967, il cui articolo 170, norma oggetto della interpretazione autentica, dispone Il personale dell’Amministrazione degli affari esteri, oltre allo stipendio e agli assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l’interno, compresa l’eventuale indennità o retribuzione di posizione nella misura minima prevista dalle disposizioni applicabili, tranne che per tali assegni sia diversamente disposto, percepisce, quando è in servizio presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di prima categoria, l’indennità di servizio all’estero, stabilita per il posto di organico che occupa, nonché le altre competenze eventualmente spettanti in base alle disposizioni del presente decreto. Nessun’altra indennità ordinaria e straordinaria può essere concessa, a qualsiasi titolo, al personale suddetto in relazione al servizio prestato all’estero in aggiunta al trattamento previsto dal presente decreto . 26. Anteriormente alla emanazione della norma di interpretazione autentica era insorto un contenzioso seriale, proposto da molti dipendenti del MAE, contenzioso nel quale si inserisce il presente giudizio, sulla cumulabilità della indennità di amministrazione con la suddetta indennità di servizio all’estero . 27. Si trattava e si tratta oggi di stabilire se la indennità di amministrazione rientri tra gli assegni di carattere fisso e continuativo , posti in cumulo con la indennità di servizio all’estero citato articolo 170, comma 1 ovvero tra le altre indennità , la cui concessione è esclusa comma 2 del medesimo articolo . 28. Da qui la rilevanza della disciplina di fonte negoziale collettiva. 29. L’indennità di amministrazione è stata istituita con il primo CCNL del Comparto Ministeri 1994/1997 in attuazione del D.Lgs. 3 febbraio 1993, numero 29, articolo 72, comma 2. 30. La norma disponeva la abrogazione, contestualmente alla sottoscrizione dei primi contratti collettivi, delle disposizioni che prevedevano trattamenti economici accessori, comunque denominati, a favore dei dipendenti pubblici delegava, tuttavia, i contratti collettivi a fare comunque salvi i trattamenti economici fondamentali ed accessori in godimento aventi natura retributiva ordinaria o corrisposti con carattere di generalità per ciascuna amministrazione o ente . 31. Nella prima tornata contrattuale, il CCNL del COMPARTO MINISTERI del 16 maggio 1995 articolo 29 struttura della retribuzione e articolo 34, comma 2 disciplina della retribuzione accessoria – ha rinviato all’allegato B per la individuazione, attraverso tabelle di retribuzione accessoria, delle quote di retribuzione accessoria in atto presso le singole amministrazioni, negli importi corrisposti nell’anno 1993, conservate a seguito della contrattualizzazione in applicazione del D.Lgs. numero 29 del 1993, suddetto articolo 72 perché aventi carattere di generalità e di continuità in base alla disciplina allora vigente articolo 34, comma 2, lett. a del CCNL le quote di retribuzione accessoria all’epoca corrisposte non aventi carattere di generalità e continuità avrebbero, invece, alimentato il fondo per la produttività collettiva delle singole amministrazioni articolo 34, comma 2, lett. b del CCNL . 32. L’indennità di amministrazione nasce, dunque, come indennità che conserva nell’impiego privatizzato i trattamenti accessori corrisposti ai dipendenti ministeriali nel regime pubblicistico con carattere di generalità e continuità. 33. Nell’allegato B, tabella I, si precisava trattarsi di indennità corrisposta, di norma, nelle medesime fattispecie in cui viene erogato lo stipendio tabellare ridotta, pertanto, pro quota in caso di part time orizzontale ed al 50% in caso di sospensione cautelare per procedimento disciplinare erogata per intero in caso di ferie, permessi retribuiti, maternità, assenze per malattia, sospensione cautelare per procedimento penale, permessi, distacchi ed aspettative sindacali. 34. Nella seconda tornata contrattuale, l’articolo 28 CCNL del 16 febbraio 1999 ha definito la struttura della retribuzione senza distinguere il trattamento fondamentale da quello accessorio, comprendendovi la indennità di amministrazione, di cui al successivo articolo 33 detto articolo 33 ha previsto un aumento degli importi della indennità di amministrazione, allo scopo di favorire il processo di perequazione delle retribuzioni complessivamente spettanti al personale del comparto. L’articolo 17, comma 11, del CCNL integrativo del CCNL 1998/2001 ha poi aggiunto all’articolo 33 un comma 3, a tenore del quale l’indennità di amministrazione è corrisposta per dodici mensilità, ha carattere di generalità ed ha natura fissa e ricorrente . 35. Venendo al terzo quadriennio, l’articolo 22 CCNL 2002/2005 ha previsto ulteriori incrementi dell’indennità d’amministrazione allo scopo di favorire il procedimento di perequazione delle retribuzioni complessivamente spettanti al personale del comparto , rinviando alle Tabelle C e D nelle richiamate tabelle vengono fissati gli incrementi mensili dell’indennità di amministrazione, distinti per Ministeri, con la precisazione che detti incrementi valgono per dodici mensilità. 36. Nel quadriennio 2006/2009, il CCNL comparto MINISTERI del 14 settembre 2007 si è occupato della indennità di amministrazione all’articolo 31, con il fine di eliminare differenze tra le indennità corrisposte al personale in servizio presso la medesima amministrazione nonché di ridurre le differenze esistenti tra i valori dell’indennità di amministrazione presenti nel comparto. 37. Sin qui le disposizioni collettive rilevanti in causa, in ragione del blocco della contrattazione disposto da D.L. numero 78 del 2010 e dal D.L. numero 98 del 2011. 38. Può conclusivamente affermarsi che l’indennità di amministrazione è una voce della retribuzione accessoria corrisposta in tutte le amministrazioni dell’ex comparto MINISTERI, seppure con importi diversi da amministrazione ad amministrazione, non essendosi portato a compimento, a tutt’oggi, il dichiarato intento perequativo essa è fissa nell’ammontare in relazione a ciascuna posizione di inquadramento, viene corrisposta continuativamente per dodici mensilità, ha carattere di generalità. 39. In tal senso si sono pronunciate le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 13 luglio 2005 numero 14698, rilevando come Secondo l’articolo 33, comma 3 del CCNL 1998/2001, come modificato dall’articolo 17, comma 11 del contratto integrativo, la indennità di amministrazione viene corrisposta per dodici mensilità, ha carattere di generalità e natura fissa e ricorrente . La natura della indennità di amministrazione nei termini ricostruiti dalle Sezioni Uniti è stata reiteratamente ribadita dalla sezione lavoro di questa Corte Cass. numeri 18196/2017 22612/2015 9313/2011 11814/2008, 5118/2008, 2355/2007, 19564/2006 . 40. Invece la indennità di servizio all’estero , sempre per giurisprudenza di questa Corte Cass. numeri 14112/2016 6039/2018 27345/2019 non ha natura retributiva, in quanto finalizzata a sopperire ai maggiori costi che gravano sul dipendente in conseguenza della permanenza all’estero. 41. Nei precedenti citati, qui condivisi, si è osservato che la natura non retributiva della indennità di servizio estero è affermata con chiarezza dal D.P.R. 5 gennaio 1967, numero 18, articolo 171, comma 1 ed è ribadita dai commi successivi in particolare, la misura della indennità, nelle diverse sedi, deve essere commisurata al costo della vita ed alle sue variazioni comma 3, numero 1 nonché alle necessità di rappresentanza derivanti dalle funzioni esercitate, alle particolari condizioni locali, al costo degli alloggi, del personale domestico e dei servizi, al corso dei cambi comma 3, numero 2 . 42. Da quanto sin qui esposto deriverebbe la fondatezza delle argomentazioni spese dai dipendenti del MAE nei motivi sesto e settimo del ricorso in cassazione, comunque autonomamente non decisive a fronte del sopravvenuto quadro normativo. 43. Ed invero, dopo la definizione nel primo grado dell’odierno giudizio, è intervenuto il censurato del D.L. numero 138 del 2011, articolo 1 bis, così formulato del D.P.R. 5 gennaio 1967, numero 18, articolo 170, si interpreta nel senso che a il trattamento economico complessivamente spettante al personale dell’Amministrazione degli affari esteri nel periodo di servizio all’estero, anche con riferimento a stipendio e assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l’interno , non include nè l’indennità di amministrazione nè l’indennità integrativa speciale b durante il periodo di servizio all’estero al suddetto personale possono essere attribuite soltanto le indennità previste dal D.P.R. 5 gennaio 1967, numero 18 . 44. Il piano di valutazione della sollevata questione di legittimità costituzionale non sarà l’indagine circa il carattere effettivamente interpretativo ovvero innovativo con efficacia retroattiva della norma sospettata di illegittimità essendo sul piano costituzionale consentita la emanazione di leggi retroattive anche innovative fuori dall’ambito coperto dall’articolo 25 Cost. ma piuttosto la verifica del se la retroattività della legge, quale discende dal suo tenore letterale, trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e sia, altresì, sostenuta da adeguati motivi di interesse generale, sì da rappresentare un puntuale bilanciamento tra le ragioni della sua emanazione ed i valori, costituzionalmente tutelati, potenzialmente lesi dall’efficacia a ritroso della norma adottata sentenza Corte Cost. numero 170 del 2013, che riassume sul tema le costanti indicazioni di principio espresse dalla Corte . 45. Tanto premesso, il primo dubbio di legittimità costituzionale del D.L. numero 138 del 2011, articolo 1 bis, attiene alla violazione del parametro della ragionevolezza, di cui all’articolo 3 Cost., comma 1. Secondo la giurisprudenza costituzionale Corte Costituzionale sent. numero 108/2019 e giurisprudenza ivi citata , in caso di norma retroattiva si impone un grado di ragionevolezza complessiva ben più elevato di quello che, di norma, è affidato alla mancanza di arbitrarietà in altri termini, è richiesta non già la mera assenza di scelte normative manifestamente arbitrarie ma l’effettiva sussistenza di giustificazioni ragionevoli dell’intervento legislativo, poiché la normativa retroattiva incide sulla certezza dei rapporti preteriti nonché sul legittimo affidamento dei soggetti interessati. Un tale rigoroso controllo deve verificare, in primo luogo, se sussistano solide motivazioni che hanno guidato il legislatore e se esse trovino, appunto, adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza , anche in considerazione delle circostanze di fatto e di contesto entro cui l’intervento legislativo è maturato. Ove tale preliminare esame fornisca esito positivo, deve essere, inoltre, accertato se il risultato di tale intervento non trasmodi, comunque, in una regolazione arbitraria di situazioni soggettive, in lesione del legittimo affidamento dei destinatari della disciplina originaria, e perciò, anche sotto questo profilo, dell’articolo 3 Cost 46. La disposizione del D.L. numero 138 del 2011, articolo 1 bis, pretende di interpretare autenticamente il D.P.R. 5 gennaio 1967, numero 18, articolo 170, ma si riferisce ad una indennità, la indennità di amministrazione, che neppure esisteva alla data di entrata in vigore del D.P.R. interpretato, in quanto veniva introdotta dal CCNL 1994/1997 del Comparto MINISTERI, circa trenta anni dopo il contratto collettivo è del 16 maggio 1995 . 47. Non può negarsi, dunque, la diversità tra la disciplina originaria e quella sopravvenuta, che presenta un insopprimibile elemento di novità nella indennità oggetto della interpretazione si tratta, piuttosto che di una norma interpretativa, di una norma innovativa con efficacia retroattiva. 48. Ora, la palese erroneità della auto-qualificazione della norma come di interpretazione autentica può costituire un indice, sia pure non dirimente, della irragionevolezza della disposizione impugnata Corte Cost. sent. numero 73/2017 sent. numero 103/2013 sent. numero 41/2011 . 49. Sotto questo profilo il sospetto di irragionevolezza appare strettamente legato a quanto si esporrà sulle ragioni dell’intervento in riferimento al secondo, al terzo ed al quarto parametro di possibile incostituzionalità. 50. Il secondo dubbio di legittimità costituzionale attiene alla violazione degli articolo 101, 102 e 104 Cost., ed, in particolare, al mancato rispetto delle funzioni costituzionalmente assegnate al potere giudiziario. 51. L’intervento legislativo è stato introdotto in sede di conversione ed è frutto del maxiemendamento del Governo approvato dal Senato il 7 settembre 2011. 52. Secondo quanto si legge nella memoria depositata dall’Avvocatura dello Stato per l’udienza pubblica, la relazione tecnica che accompagna l’emendamento specifica che la ratio della norma risiede nella necessità di fornire l’esatta interpretazione del D.P.R. numero 18 del 1967, articolo 170, al fine di porre termine al contenzioso seriale, riferito sia all’indennità di amministrazione sia all’indennità integrativa speciale, instauratosi nei confronti del MAE, dal quale possono derivare ingenti oneri a carico della finanza pubblica memoria della Avvocatura generale dello Stato del 4 marzo 2020, pagina 4, primo capoverso . 53. L’intervento legislativo, dunque,è dichiaratamente finalizzato ad incidere su concrete fattispecie sub iudice. 54. In particolare, con riferimento all’indennità di amministrazione, la relazione tecnica stima l’onere che graverebbe sull’amministrazione degli Affari Esteri per il contenzioso in Euro 5,5 milioni annui e in 7 milioni a decorrere dall’anno 2008 , con una incidenza complessiva per l’ultimo quinquennio in oltre 30 milioni. 55. Dunque il legislatore, piuttosto che muoversi sul piano generale ed astratto delle fonti, costruendo il modello normativo cui la decisione giudiziale deve attenersi, pare ingerirsi nella specifica risoluzione delle concrete fattispecie in giudizio. 56. Da tali considerazioni discende anche un terzo dubbio di illegittimità costituzionale, attinente alla violazione dell’articolo 24 Cost., comma 1, sotto il profilo della effettività del diritto dei cittadini di agire in giudizio a tutela dei propri diritti. 57. Sussiste, poi, venendo al quarto profilo, il fondato sospetto di violazione dell’articolo 111 Cost. e articolo 117 Cost., comma 1, quest’ultimo in relazione all’articolo 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle Libertà Fondamentali, profili di censura inscindibilmente connessi, data la corrispondenza tra principi costituzionali interni in materia di parità delle parti in giudizio e quelli convenzionali in punto di equo processo Corte Costituzionale, sentenza 12 luglio 2019, numero 174, punto 6 del considerato in diritto e giurisprudenza ivi citata . 58. È nota la giurisprudenza della Corte di Strasburgo secondo cui è precluso al legislatore di interferire nella determinazione giudiziaria di una controversia, tranne il caso in cui ricorrano impellenti motivi di interesse generale ex plurimis sentenza 14 febbraio 2012, Arras ed altri contro Italia sentenza 31 maggio 2011, Maggio ed altri contro Italia sentenza 7 giugno 2011, Agrati ed altri contro Italia sentenza 10 giugno 2008 Bortesi ed altri contro Italia . 59. Tra gli elementi sintomatici di un uso distorto della funzione legislativa, la Corte Costituzionale, in armonia con le enunciazioni di principio della Corte EDU, ha già conferito rilievo al metodo ed alla tempistica dell’intervento legislativo, che vede lo Stato o l’amministrazione pubblica parti di un processo già radicato e si colloca a notevole distanza dall’entrata in vigore delle disposizioni oggetto di interpretazione autentica Corte Costituzionale, sentenze 30 gennaio 2018 numero 12 e 12 luglio 2019 numero 174 . 60. Nella fattispecie di causa, l’intervento legislativo censurato è intervenuto a distanza di oltre quaranta anni dalla entrata in vigore della norma interpretata e dopo che la sentenza di primo grado, del 7 luglio 2011 numero 12728 , aveva accolto la domanda degli odierni ricorrenti, condannando il MAE al pagamento della indennità di amministrazione maturata a decorrere dal 16 ottobre 2005 in favore di ciascuno di essi. 61. La relazione tecnica, facendo riferimento al contenzioso seriale avviato dai dipendenti del MAE ed individuando l’onere finanziario dell’ultimo quinquennio quello non coperto dalla prescrizione , mostra l’intendimento di incidere sulla singola come sulle altre controversie in corso sulla medesima questione, chiaramente individuabili, tanto da poterne stimare il peso economico. 62. Orbene, i motivi finanziari non bastano da soli a giustificare un intervento legislativo destinato a ripercuotersi sui giudizi in corso del resto, l’intento di vincolare la decisione di cause già pendenti, che coinvolgono un numero esiguo e agevolmente individuabile di parti, contrasta con la nozione stessa di motivi imperativi di interesse generale, orientati, piuttosto, a finalità di ampio respiro Corte Costituzionale, sent. 174/2009, punto 6 e punto 7.3 del considerato in diritto . 63. Neppure si ravvisa l’esigenza, in altre occasioni valorizzata dalla Corte Costituzionale, di porre rimedio alle imperfezioni tecniche del testo normativo originario sentenza numero 24 del 2018 , in quanto la controversia in corso, come le altre analoghe insorte sul territorio nazionale, non trova origine nelle ambiguità del testo del D.P.R. 1967 ma, piuttosto, nella qualificazione o meno della indennità di amministrazione, disciplinata dalle parti collettive a partire dal 1994, come assegno a carattere fisso e continuativo previsto per l’interno . 64. Infine, non paiono ricorrere profili di illegittimità costituzionale insiti nella disciplina anteriore sentenza numero 149 del 2017 o in funzione riparatrice e nel rispetto del principio di affidamento manifeste sperequazioni determinate da istituti extra ordinem di eccezionale favore sentenza numero 108 del 2019, punto 8 del considerato in diritto . 65. Appare, dunque, fondato il dubbio di mancanza di ragionevolezza dell’intervento retroattivo del D.L. numero 138 del 2011, articolo 1 bis, così come quello di interferenza con le funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario e di violazione dell’effettività del diritto delle parti ad agire in giudizio. 66. Il principio di preminenza del diritto e la nozione di giusto processo consacrata nell’articolo 6 della CEDU, nella lettura datane dalla Corte EDU, come nell’articolo 111 Cost. appaiono, altresì, incisi dalla norma retroattiva censurata, in quanto essa, come detto, opera su situazioni processuali già in corso. 67. Un quinto sospetto di illegittimità costituzionale si configura, da ultimo, in riferimento all’articolo 39 Cost., comma 1. 68. Viene in rilievo il ruolo cruciale della contrattazione collettiva, alla quale è stata delegata dal D.Lgs. numero 165 del 2001, articolo 40,l la regolazione dell’assetto economico del pubblico impiego privatizzato Corte Costit. numero 178 del 2015, punto 17 del Considerato in diritto . 69. La norma sospettata di illegittimità costituzionale provvede, infatti, ex post a configurare un assetto del trattamento economico complessivo dei dipendenti del MAE in servizio all’estero intervenendo, piuttosto che sul D.P.R. numero 18 del 1967, articolo 170 norma coperta dalla riserva di cui al D.Lgs. numero 165 del 2001, articolo 45, comma 5 sulla disciplina della indennità di amministrazione fissata, nell’arco di più quadrienni, dai contratti collettivi del pubblico impiego privatizzato. 70. L’incidenza retroattiva della norma di legge sulla disciplina posta dalle parti collettive, nell’esercizio di una delega di legge, appare un vulnus alla loro libertà ad autonomia in un settore, quello del pubblico impiego privatizzato, in cui tale autonomia ha trovato specifico riconoscimento e regolamentazione legali. P.Q.M. La Corte, visti l’articolo 134 Cost. e della L. 11 marzo 1953, numero 87, articolo 23, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all’articolo 3 Cost., articolo 24 Cost., comma 1, articolo 39 Cost., comma 1, articolo 101, 102, 104 Cost., articolo 111 Cost., articolo 117 Cost., comma 1 in relazione all’articolo 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali CEDU, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con L. 4 agosto 1955 numero 848-la questione di legittimità costituzionale del D.L. 13 agosto 2011, numero 138, articolo 1 bis, convertito, con modificazioni, in L. 14 settembre 2011 numero 148, nei termini di cui in motivazione. Sospende il presente giudizio. Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio di cassazione, al Pubblico Ministero presso questa Corte ed al Presidente del Consiglio dei ministri ordina, altresì, che l’ordinanza venga comunicata dal Cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento dispone l’immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale.