La CEDU ha escluso ogni violazione dell’articolo 8 Cedu circa il rifiuto delle Corti tedesche di attuare il diritto all’oblio e l’anonimizzazione dei dati relativi ad un processo penale ed alla condanna dei due ricorrenti per l’omicidio di una nota star. I giornalisti svolgono un ruolo fondamentale nel creare un’opinione pubblica sulla democrazia e l’accesso agli archivi digitali è un mezzo per informare la collettività anche sulla storia contemporanea.
È quanto deciso dalla CEDU sez. V M.L. e W.W. comma Germania ricomma 60798 e 65599/10 del 28 giugno 2018. Il caso. I due ricorrenti furono processati e condannati nel 1993 per l’uccisione di un noto attore la vicenda ebbe vasta eco. Nel 2004 in occasione del processo di revisione del caso si esposero in prima persona fornendo documenti ai media ed invitando a tenere il pubblico informato sul loro caso giudiziario. Dopo il rilascio, ricorsero alla giustizia contro una stazione radio e due giornali uno era il “Der Spiegel” per ottenere l’anonimizzazione dei loro dati e la cancellazione degli atti relativi al loro processo penale ed alla condanna contenuti negli archivi. Nei primi due gradi di giudizio si accolsero le loro richieste ritenendo che il diritto all’oblio prevalesse sul «diritto del pubblico ad essere informato», ma la S.C. e la Consulta tedesca furono di diversa opinione. Quadro normativo internazionale. Gli archivi «sono una parte essenziale e insostituibile del patrimonio culturale e preservano la longevità della memoria dell'umanità». È perciò necessario dare libero accesso a quelli privati come previsto per i pubblici, allineando le norme in materia. I motori di ricerca devono essere liberi di esplorare ed indicizzare le informazioni presenti online, liberamente accessibili e destinate alla diffusione di massa è riconosciuta infatti una grande utilità a livello mondiale, un’influenza sulla libertà di espressione, intesa come ricerca e scambio di informazioni, anche se, laddove la loro attività è troppo invasiva, possono ledere la privacy altrui diffondendo dati non destinati alla divulgazione di massa, seppure di pubblico dominio Delfi AS v. Estonia [GC] . Si ricordi che il trattamento dei dati comprende anche i processi penali, stante il diritto della collettività ad essere informata sugli stessi che si traduce anche in un mezzo di controllo sul buon funzionamento del sistema penale. Le norme sulla tutela della privacy, da un lato, considerando questi dati sensibili, prevedono una loro tutela rafforzata, ma dall’altro riconoscono anche dei limiti precisi alla stessa la tutela dei diritti dell’interessato e delle libertà altrui, in primis quella d’espressione, sotto cui sussumere quella d’informazione sia attiva che passiva . Occorre perciò bilanciare equamente il diritto all’oblio con quello di cronaca l’articolo 17 Regolamento UE 2016/679 nuova normativa sulla privacy che ha sostituito la Direttiva 95/46/CE è chiaro nell’escludere il diritto all’oblio quando il trattamento dei dati, di cui si chiede la cancellazione, è necessario per l’esercizio delle libertà di espressione Raccomandazioni del Consiglio dei Ministri del COE nnumero 13/00, 13/03 e 3/12 Convenzione del COE per la protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato dei dati personali nel suo nuovo testo del 18/5/18 . Questo equo bilanciamento tra privacy ex articolo 8 Cedu e libertà d’informazione ex articolo 10 è il punto focale del problema, gli Stati hanno obblighi negativi e positivi in tal senso . Prassi internazionale ed italiana. La CGUE con il caso Google Spain EU C 2014 317 codificò il diritto all’oblio circa le vecchie norme dell’UE sulla privacy gli editori dei motori di ricerca sono responsabili del trattamento dei dati e quindi tenuti a cancellarli su richiesta dell’interessato, poichè anche un trattamento lecito col passare del tempo può divenire incompatibile con le norme sulla privacy. L’High Court di Londra nel caso NT1 e 2 comma Google del 13/4/18, applicando il GDPR 2016/679 ha imposto la cancellazione dei dati relativi ad un condannato pentito. Recenti decisioni del nostro Garante della privacy hanno previsto la prevalenza del diritto di cronaca quando permane l’interesse pubblico di una notizia nei quotidiani del 1/9/16 e 31/3/15 e la Cass. Civ. numero 6919/18ha dettato le linee guida su questo equo bilanciamento. Quando il diritto all’oblio soggiace a quello di cronaca? La prassi della CEDU sul punto è chiara codificando una sorta di autodeterminazione informativa «gli interessati possono chiedere la cancellazione di quei dati, che sebbene neutrali, sono raccolti, elaborati e divulgati alla comunità, secondo forme o modalità tali da ledere i loro diritti ex articolo 8», in primis la tutela dell’immagine e della reputazione Axel Springer AG comma Germania [GC] del 7/2/12 e Satakunnan Markkinapörssi Oy e Oy Satamedia comma Finlandia [GC] del 27/6/17 . La stampa ha il ruolo fondamentale di “cane da guardia” della società concorrendo a formare un’opinione pubblica sulla democrazia. A questo ruolo è connessa l’importante «funzione ancillare» di creare archivi delle notizie già pubblicate, accessibili anche online sono «una fonte preziosa per l'istruzione e la ricerca storica, tanto più che sono immediatamente accessibili al pubblico in genere liberamente». I giornalisti, nel rispetto dei loro doveri etici e professionali, nel riferire fatti di cronaca, soprattutto giudiziaria, possono citare o meno le generalità delle persone coinvolte questa discrezionalità è un aspetto importante del loro lavoro. I doveri dell’editore sono ben diversi da quelli del gestore dell’archivio o del motore di ricerca e potrebbe essere arduo chiedere un controllo su tutte le fonti inserite negli archivi anche per carenza di personale, finendo per poter snaturare la ratio delle citate fonti normative. Inoltre quando un processo penale ha avuto vasta eco, come nella fattispecie, è difficile che l’interesse del pubblico si affievolisca col trascorrere del tempo. Infine non si può trascurare il comportamento contraddittorio dei ricorrenti da un lato invocano l’oblio e l’anonimizzazione dei dati relativi ai processi ed alla condanna, dall’altro, però, ne hanno chiesto la diffusione esponendosi in prima persona. I reportages contestati poi erano analisi obiettive della condanna, privi di connotazioni offensive e la loro veridicità non era mai stata messa in discussione. Alla luce di ciò non possono essere mosse censure alla Corti tedesche e la Germania ha rispettato i suoi doveri di proteggere il diritto alla privacy dei ricorrenti.
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