I barattoli contenenti pomodori o conserve di pomodoro non possono uscire dallo stabilimento di produzione senza l'indicazione dei dati identificativi, altrimenti si configura il reato di frode in commercio.
I barattoli contenenti pomodori o conserve di pomodoro non possono uscire dallo stabilimento di produzione senza l'indicazione dei dati identificativi tali indicazioni, difatti, devono essere apposte esclusivamente nel momento del confezionamento. Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione con sentenza numero 1061 del 18 gennaio 2011.Il caso. Nel caso in questione il Tribunale del riesame di Salerno ha rigettato l'istanza di revoca del sequestro preventivo promossa da una società di conserve alimentari. Alla società sono stati sequestrati 3446 barattoli di pomodori risultati privi del codice identificativo. Secondo il giudice per le indagini preliminari i barattoli erano stati assegnati ad un'altra S.r.l., che avrebbe poi provveduto ad apporvi delle etichette false. Contro la decisione del Tribunale del riesame l'amministratore delegato della società di conserve ha presentato ricorso in Cassazione.L'etichettatura dei prodotti alimentari. La Cassazione ha respinto il ricorso della società. I giudici supremi ricordano che secondo l'articolo 109 del decreto legislativo del 27 gennaio i contenitori dei prodotti devono riportare il nome o la ragione sociale o il marchio depositato della sede del fabbricante, la sede dello stabilimento,una dicitura di identificazione del lotto impressa o apposta in maniera indelebile sul contenitore o sul dispositivo di chiusura D.lgs. 27 gennaio 1992, numero 109 . Di conseguenza, confezionare un prodotto senza apposizione di tali dati imposti dalla legge equivale a preparare un prodotto oggetto di frode in commercio.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 3 dicembre 2010 - 18 gennaio 2011 numero 1061Presidente FerruaRitenuto in fattoIl tribunale del riesame di Salerno, con ordinanza del 5 marzo del 2010, rigettava l'istanza avanzata nell'interesse di P.S., quale legale rappresentante della ditta La Doria S.P.A. di XX, diretta ad ottenere la revoca del sequestro preventivo di 3446 barattoli di pomodori risultati privi del codice identificativo del lotto di produzione e della data di produzione, disposto in danno del predetto, quale indagato per il delitto di tentata frode in commercio.Secondo l'ipotesi accusatoria recepita dal giudice per le indagini preliminari, La Doria S.P.A. aveva consegnato per il confezionamento i barattoli oggetto del sequestro alla DEFIAP, S.r.l. perché la stessa provvedesse alla successiva commercializzazione, dopo avere apposto sui barattoli delle etichette false, non solo in ordine al lotto di produzione, ma anche alla società produttrice.Ricorre per cassazione l'interessato per mezzo del proprio difensore deducendo la violazione degli articolo 2, 14 e 27 del decreto legislativo numero 109 del 1992 perché la ricostruzione del tribunale si fonda sull'erronea premessa che esiste l'obbligo giuridico di apporre i codici identificativi del produttore e dell'anno di produzione contestualmente al riempimento del contenitore sostiene che nella fattispecie la merce era ancora nella disponibilità giuridica del produttore, in quanto solo materialmente si trovava presso il deposito della ditta DEFIAP in forza di apposito contratto di completamento del ciclo di lavorazione con le operazioni di etichettatura dei barattoli, previo scarto degli eventuali esemplari difettosi la violazione degli articolo 56 e 525 c.p., in quanto si è erroneamente ravvisata una condotta inequivocabilmente idonea a trarre in inganno i futuri acquirenti delle confezioni di conserva di pomodoro sulla base della mera assenza di qualsiasi indicazione sulle confezioni del produttore la tesi del tribunale si fonda su mere congetture ossia sull'illazione che la mancanza delle indicazioni fosse preordinata a future etichettature fraudolente, invece, la mancata contestuale indicazione riscontrata dagli inquirenti era dipesa dal mancato funzionamento della macchine aziendali per improvvise e temporanee carenze di erogazione di energia elettrica.Considerato in dirittoIl ricorso va respinto perché infondato.La tesi del ricorrente si fonda sulla premessa dell'insussistenza dell'obbligo giuridico a carico del produttore di conserve di pomodoro di procedere all'apposizione litografata dei codici alfanumerici, indicativi dell'anno di produzione e del lotto di produzione, nonché sul fatto che la mancata apposizione dei dati identificativi contestualmente alla produzione era dipesa da un cattivo funzionamento delle relative macchine.L'assunto è infondato.L'articolo 7 del Decreto del Presidente della Repubblica 11 aprile del 1975 numero 428, con cui è stato approvato il Regolamento di esecuzione della legge 10 marzo del 1969 numero 96, concernente l'istituzione di un controllo qualitativo delle esportazioni di pomodori pelati e concentrati di pomodoro, come modificato dall'articolo 27 del decreto legislativo del 27 gennaio del 1992 numero 109, tra l'altro, dispone che i contenitori dei prodotti di cui al presente decreto fabbricati in Italia e destinati al consumatore, oltre alle menzioni obbligatorie prescritte dalle norme generali in materia di etichettatura, devono riportare il nome o la ragione sociale o il marchio depositato della sede del fabbricante la sede dello stabilimento una dicitura di identificazione del lotto impressa o litografata o apposta in maniera indelebile sul contenitore o sul dispositivo di chiusura.Da ciò consegue che i barattoli contenenti pomodori o conserve di pomodoro non possono uscire dalla stabilimento produttivo senza l'indicazione dei dati identificativi. Tali indicazioni devono essere apposte al momento del confezionamento. La contestualità, ancorché non espressamente prevista dalla norma richiamata, si desume dal sistema perché dal confezionamento decorre la data di scadenza del prodotto o del termine minimo di conservazione. Spostare in avanti la data di produzione equivale anche a posticipare quella di scadenza del prodotto. La contestualità ha anche la finalità di evitare frodi comunitarie effettuate mediante l'immissione sul mercato di eccedenze produttive. Il Ministero per le attività produttive, con la circolare richiamata dal tribunale, ha puntualizzato che l'apposizione dei dati identificativi va effettuata al momento dell'iscatolamento e che un eventuale malfunzionamento delle macchine preposte all'apposizione dei dati identificativi deve essere immediatamente segnalato ai Servizi regionali.Il riferimento all'articolo 14 del decreto legislativo numero 109 del 1992 contenuto nel ricorso, secondo il quale per i prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore ma commercializzati in una fase precedente alla venditele indicazioni di cui all'articolo 3, ossia la denominazione di vendita, la data di conservazione ecc, possono figurare soltanto su un documento commerciale relativo a detti prodotti, se è garantito che tale documento sarà unito ai prodotti cui si riferisce al momento della consegna, non è pertinente perché l'articolo 14 richiamato dal ricorrente si riferisce a prodotti alimentari diversi dai barattoli di pomodoro. Per questi ultimi l'articolo 27 del citato decreto legislativo numero 109 del 1992 prescrive che i dati identificativi devono essere apposti in maniera indelebile sui contenitori.Il mancato funzionamento delle macchine predisposte per l'apposizione dei dati identificativi, non risulta denunciato ai competenti uffici regionali.Caduta la premessa dalla quale parte il ricorrente, viene meno anche l'enunciato sull'astratta configurabilità del reato ipotizzato dalla pubblico accusa.In proposito, premesso che in materia di sequestro preventivo il giudice non deve accertare la penale responsabilità dell'indagato, ma deve verificare che l'ipotesi prospettata dall'accusa sia concretamente raffigurabile in base agli elementi processuali, si rileva che, eliminata la distinzione tra atti preparatori ed atti esecutivi, deve considerarsi idoneo a configurare il tentativo qualsiasi atto adeguato alla commissione del delitto in quanto capace, in base ad una valutazione prognostica, di contribuire in modo rilevante alla realizzazione dell'evento.Orbene l'uscita dallo stabilimento di produzione di confezioni prive dei dati identificativi, mancando qualsiasi segnalazione su un eventuale malfunzionamento delle macchine predisposte per l'apposizione di tali dati, può, mediante l'apposizione di una data di produzione diversa da quella effettiva, costituire atto idoneo a porre in commercio prodotti aventi caratteristiche diverse da quelle effettive. Tale ipotesi nel caso concreto risulta avvalorata dalla circostanza che presso il depositario sono stati rinvenuti anche barattoli privi di segni identificativi, palesemente alterati. Orbene, per la configurabilità del tentativo della frode in, commercio, anche se il prodotto non è ancora uscito dalla sfera di disponibilità del produttore e nella fattispecie secondo i giudici del merito era uscito perché già consegnato al depositario , è sufficiente che venga preparato con caratteristiche diverse da quelle dichiarate o prescritte dalla legge.Confezionare un prodotto senza la contestuale apposizione dei dati identificativi imposti dalla legge equivale a preparare un prodotto destinato al commercio in maniera diversa da quella prescritta.Alla stregua delle considerazioni svolte il ricorso va respinto con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.P.Q.M.La Corte Letto l'articolo 616 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.