Incredibile episodio sulla famigerata autostrada Salerno-Reggio Calabria. Ripercussioni negative solo per la vettura, non per l’automobilista, che dovrà essere risarcito dall’Anas. Decisiva la compatibilità dei danni sul veicolo con la dinamica dell’episodio, alla luce di quanto verificato dalla Polstrada.
Tante, troppe casualità, una legata all’altra, concluse con effetti molto più lievi, per fortuna, di quanto possibile Solo così si può definire la disavventura di un’automobilista, ritrovatosi ad impattare, all’uscita da una galleria sulla famigerata Salerno-Reggio Calabria, con una barra di ferro piazzata sulla corsia di marcia. Danni seri sì, ma solo alla vettura. E a risponderne, nonostante l’assoluta stranezza dell’episodio, deve essere comunque l’Anas Cassazione, sent. numero 19758/2012, Terza Sezione Civile, depositata oggi . Sorpresa. Assolutamente incredibile la dinamica dell’episodio, giunto all’attenzione dei giudici. Perché è assolutamente impensabile, difatti, ritrovarsi a viaggiare in autostrada e scoprire, come ‘sorpresa’, all’uscita di una galleria, una barra di ferro di circa 60 centimetri . Nonostante l’impatto, però, l’uomo può raccontare l’episodio a rimetterci le penne, difatti, è stata l’automobile. E, alla luce delle parole dell’automobilista, nessun dubbio esiste, per la giustizia, sulla responsabilità per l’episodio Giudice di pace prima e Tribunale poi seguono la stessa linea, e attribuiscono all’Anas l’onere risarcitorio per i danni subiti dalla vettura. Probatio. Secondo la società, però, l’attribuzione di responsabilità per lo ‘strano’ incidente stradale non è assolutamente legittima. Per diverse ragioni, evidenziate nel ricorso ad hoc proposto per cassazione l’impossibilità di «un controllo assoluto» su un «territorio di vaste proporzioni» quale l’autostrada Salerno-Reggio Calabria l’eccessiva velocità tenuta dall’automobilista, che altrimenti, sostiene il legale della società, «avrebbe potuto evitare i danni o, quantomeno, limitarli» la mancanza di chiarezza sulla dinamica dell’evento. Tali appunti, però, vanno valutati, secondo i giudici di terzo grado, all’interno del quadro definito dalla responsabilità per i danni cagionati dalle «cose in custodia» e applicabile agli «enti pubblici proprietari o manutentori di strade aperte al pubblico transito». Ebbene, alla luce del rapporto stilato dalla Polstrada, accorsa sul posto subito dopo l’incidente, è acclarato che «l’autovettura riportava danni al paraurti e danni meccanici, tanto da essere richiesto l’intervento del ‘soccorso stradale’», danni ritenuti «compatibili con l’urto con la barra». Ciò rappresenta la ‘prova provata’, a favore dell’automobilista, del «nesso causale fra la barra e il danno». Per replicare l’Anas, in qualità di «custode del bene», avrebbe dovuto provare il «caso fortuito», ma non lo ha fatto E di certo non può essere una ‘giustificazione’ attendibile, sottolineano i giudici – confermando la pronuncia del Tribunale, negativa per l’Anas –, il richiamo, puramente teorico, alla «estensione della rete viaria» e all’«uso da parte della collettività».
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 2 ottobre – 13 novembre 2012, numero 19758 Presidente Trifone – Relatore D’Amico Svolgimento del processo E.D. convenne in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Lagonegro l’Anas, Ente Nazionale Strade, ora Anas s.p.a. per ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla vettura di sua proprietà in conseguenza di un sinistro stradale verificatosi all’uscita di una galleria, allorché impattava conuna barra di ferro giacente sulla sua corsia di marcia. Il Giudice accoglieva la domanda proposta dall’attrice condannando l’Anas al risarcimento dei danni. Avverso tale decisione ha proposto appello l’Anas chiedendone la riforma. Il Tribunale di Lagonegro ha rigettato l’appello sulla scorta dei dati emersi in istruttoria ed in particolare del rapporto della Polstrada intervenuta sul posto subito dopo il verificarsi del sinistro. Propone ricorso per cassazione l’Anas s.p.a. con tre motivi. Resiste con contoricorso E.D. Motivi della decisione Il Collegio ha raccomandato una motivazione semplificata. Con i tre motivi del ricorso, che per la loro stretta connessione devono essere esaminati congiuntamente, parte ricorrente rispettivamente denuncia la «Violazione dell’articolo 360 c.p.c. numero 5 per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso della vicenda ex articolo 366-bis c.p.c. il verbale della polizia stradale» 2 «Violazione dell’articolo 360 c.p.c. numero 5 per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso della vicenda ex articolo 366-bis c.p.c. la valutazione del rapporto predisposto dal sorvegliante capo cantoniere Anas» 3 «Violazione dell’articolo 360 c.p.c., numero 5 per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso della vicenda ex articolo 366-bis c.p.c. la valutazione delle prove acquisite nel corso dell’espletata istruttoria». Assume parte ricorrente che la responsabilità della società è configurabile soltanto a seguito di una segnalazione, in quanto non si può ipotizzare un controllo assoluto del territorio di vaste proporzioni come quello dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria che se il D. avesse proceduto ad un’andatura moderata, avrebbe potuto evitare i danni o, quantomeno, limitarli che dalle dichiarazioni rese dai testimoni non è stata comunque chiarita la dinamica dell’evento. I motivi sono anzitutto inammissibili in quanto manca la sintesi descrittiva del fatto. Allorché, infatti, il ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione che importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi omologo del quesito di diritto , che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso valutazione della sua ammissibilità cfr., ad esempio, Cass., sez. unumero , 1 ottobre 2007, numero 20603 . I motivi sono comunque infondati in quanto agli enti pubblici proprietari o manutentori di strade aperte al pubblico transito, in riferimento a situazioni di pericolo derivanti da una non prevedibile alterazione dello stato della cosa, è applicabile la disciplina di cui all’articolo 2051 c.c. Detta norma non dispensa peraltro il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa stessa, mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità Cass., 13 luglio 2011, numero 15389 . Nel caso in esame gli agenti della Polizia stradale, insieme alla squadra dell’Anas, portatisi sul posto dell’accaduto, hanno in particolare attestato la presenza di una barra di ferro di circa 60 cm. sulla sede stradale. Tale barra veniva rimossa dalla Anas. Dal rapporto della Polstrada è anche emerso che l’autovettura del D., a seguito dell’evento, riportava danni al paraurti e danni meccanici, tanto da essere richiesto l’intervento del soccorso stradale. Dalla testimonianza del B. si evince poi che i danni subiti dall’autovettura erano compatibili con l’urto con la barra rinvenuta sul luogo del sinistro. Il D. ha pertanto dato prova dell’evento dannoso e del nesso causale fra la barra e il danno, così come previsto dall’articolo 2051 c.c. mentre l’ente Anas, custode del bene, non ha provato il caso fortuito. Per quanto riguarda poi la possibilità di controllo del territorio si deve osservare che la responsabilità civile da custodia ex articolo 2051 c.c. non rimane in modo automatico esclusa in ragione dell’estensione della rete viaria e dell’uso da parte della collettività, che costituiscono meri indici dell’impossibilità di un corretto esercizio dei poteri di relativo controllo e di vigilanza, la cui ricorrenza va verificata caso per caso dal giudice del merito Cass. 26 settembre 2006, numero 20823 . L’impugnata sentenza non presenta comunque vizi di motivazione avendo argomentato le soluzioni adottate in modo coerente ed immune da vizi giuridici. Per tutte le ragioni che precedono il ricorso deve essere dunque con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in € 800,00 di cui € 600,00 per onorario, oltre accessori come per legge.