Uno costruisce con imperizia una canna fumaria, l’altro esegue un improvvido intervento, poi scoppia un incendio: chi è il responsabile?

Perché possa parlarsi di causa sopravvenuta idonea a escludere il rapporto di causalità si deve trattare di un percorso causale ricollegato all’azione o omissione dell’agente ma completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 28960, depositata l’8 luglio 2013, pronunciandosi su uno dei temi di maggior complessità del diritto penale, che riguarda l’interpretazione dell’art. 41, comma 2, c.p., secondo cui le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento . Divergenze sulla condotta colposa priva di efficienza causale nella determinazione dell’evento. La pronuncia ha preso le mosse dal ricorso presentato da una parte civile contro la sentenza di appello di assoluzione di un imputato. Quest’ultimo, in primo grado era stato condannato per aver cagionato per colpa in concorso con altra persona giudicata separatamente un incendio che si era sviluppato nell’abitazione del ricorrente. In particolare, all’imputato era stato addebitato di aver realizzato una canna fumaria priva dei richiesti requisiti di isolamento termico, tanto che, essendo stata sistemata a contatto con materiali infiammabili, ne era scaturito l’incendio che aveva gravemente danneggiato sia l’edificio che l’abitazione. Esclusione del rapporto di causalità. In seguito, la Corte d’appello, accogliendo il gravame dell’imputato, lo aveva assolto per non aver commesso il fatto , rilevando che difettasse la necessaria consequenzialità materiale tra la condotta colposa contestata e l’evento delittuoso verificatosi. Per i giudici di seconde cure, infatti, l’evento in questione era riconducibile all’improvvido intervento di colui che, successivamente, aveva costruito attorno alla canna fumaria una gabbia” in muratura, la quale ha prodotto un surriscaldamento da cui è scaturito l’incendio. Contro quest’ultima pronuncia, il ricorrente ha lamentato violazione di legge ex art. 41 c.p., in quanto la decisione di secondo grado non ha messo, a suo dire, in discussione che l’imputato abbia costruito in modo imperito la parte di impianto a lui commissionata ponendo la canna fumaria a diretto contatto con le parti infiammabili del tetto e sottotetto. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, ma prima di addentrarsi nello specifico della contestazione, ha dichiarato dei punti fermi nell’interpretazione dell’art. 41 c.p. Per gli Ermellini, il comma 2 di tale articolo è una norma di fondamentale importanza all’interno dell’assetto normativo che il codice ha inteso attribuire al tema della causalità lo scopo della norma, secondo l’opinione maggiormente seguita, è quello di temperare il rigore derivante dalla meccanica applicazione del principio generale contenuto nell’art. 41, comma 1, c.p. condicio sine qua non Piazza Cavour ha ricordato l’ormai pacifico orientamento secondo cui affinché possa parlarsi di causa sopravvenuta idonea a escludere il rapporto di causalità, deve trattarsi di un processo non completamente avulso dall’antecedente, di una concausa che dev’essere sufficiente a determinare l’evento. Ma questa sufficienza non può essere intesa come avulsa dal precedente percorso causale perché, altrimenti, si tornerebbe al caso del processo causale del tutto autonomo per il quale il problema è risolto dall’art. 41, comma 1. Teoria della causalità umana”. In definitiva, i giudici di legittimità hanno precisato che per l’imputazione oggettiva dell’evento sono necessari due elementi quello positivo è che l’uomo con la sua condotta abbia posto in essere un fattore causale del risultato, vale a dire un fattore senza il quale il risultato medesimo nel caso concreto non si sarebbe avverato il negativo è che il risultato non sia dovuto al concorso di fattori eccezionali rarissimi . Soltanto quando concorrono queste due condizioni l’uomo può considerarsi autore” dell’evento . Alla luce di tali premesse, il S.C. ha osservato che la sentenza impugnata ha del tutto omesso di affrontare il problema che si poneva al suo esame e ha erroneamente ritenuto – in palese violazione del comma 2 – che fosse sufficiente un contributo causale successivo per escludere la rilevanza causale della precedente condotta colposa. Dunque, per i supremi giudici, la Corte distrettuale non solo ha omesso di confrontarsi con le argomentazioni della sentenza del Tribunale – sussistendo tale obbligo per ogni giudice che ritenga di operare una scelta interpretativa o di ricostruzione dei fatti che si ponga in contrasto con la sentenza impugnata –,ma ha palesemente errato nell’applicazione della legge, ignorando il disposto sul concorso di cause, ritenendo che l’esistenza di una concausa valga ad escludere la responsabilità del diverso concorrente. Infine, è stato rilevato che, in appello, è stato anche omesso di valutare se quella ritenuta come causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento avesse le caratteristiche di imprevedibilità ed eccezionalità idonei a consentire l’applicazione dell’art. 41, comma 2, c.p., secondo i criteri esposti.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 13 giugno - 8 luglio 2013, n. 28960 Presidente/Relatore Brusco Fatto e diritto La Corte osserva I Il Tribunale di Camerino, con sentenza 14 febbraio 2006, ha condannato Z.T. per il delitto di cui all'art. 449, in relazione all'art. 423 cod. pen., per aver cagionato per colpa in concorso con altra persona giudicata separatamente un incendio che si era sviluppato il omissis nell'abitazione di M.L. in particolare all'imputato era stato addebitato di aver realizzato una canna fumaria priva dei richiesti requisiti di isolamento termico tanto che, essendo stata la canna fumaria sistemata a contatto con materiali infiammabili, ne era scaturito l'incendio che aveva gravemente danneggiato sia l'edificio che l'abitazione. La Corte d'Appello di Ancona, con sentenza 4 giugno 2012, ha accolto l'appello proposto dall'imputato contro la sentenza di primo grado e lo ha assolto con la formula per non aver commesso il fatto . Ha ritenuto la Corte di merito che difettasse in punto di fatto la necessaria consequenzialità materiale tra la condotta colposa contestata allo Z. e l'evento delittuoso costituito dall'incendio verificatosi nel solaio della palazzina descritta nell'imputazione . Si rileva nella sentenza impugnata che Z. si era limitato a compiere, come da incarico ricevuto, solo una parte dell'opera costituita dall'inserimento di otto comignoli corrispondenti ad altrettante unità abitative e prevedendo la possibilità di innesto delle nuove canne fumarie che si dipartivano da ciascun appartamento. Questo innesto, si legge nella sentenza impugnata, è stato successivamente effettuato da tale F.M. che ha costruito attorno alla canna fumaria una gabbia in muratura che ha prodotto un surriscaldamento dal quale è derivato l'innesto dell'incendio a partire dalle travi in legno più vicine. Poiché l'evento era dunque riconducibile all'improvvido intervento di F. doveva essere esclusa la responsabilità di Z. la cui condotta colposa doveva ritenersi priva di efficienza causale nella determinazione dell'evento. II Contro la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso la parte civile M.L. che da dedotto un unico motivo con il quale censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 41 cod. pen. e per vizio di motivazione circa la idoneità della causa successiva a determinare l'evento . Rileva la parte ricorrente che la sentenza di assoluzione è fondata esclusivamente sulla circostanza che la condotta successiva di F. la creazione della gabbia intorno alla canna fumaria avrebbe contribuito a cagionare l'evento la decisione di secondo grado non mette in discussione che Z. abbia costruito in modo imperito la parte di impianto a lui commissionata ponendo la canna fumaria a diretto contatto con le parti infiammabili del tetto e sottotetto. Ma lo esonera da responsabilità - senza neppure confrontarsi con le argomentazioni svolte dal primo giudice - per il solo fatto che altri avrebbero contribuito a determinare l'evento con la loro successiva condotta colposa senza valutare se la condotta successiva possa essere ritenuta idonea, da sola, a determinare l'evento e comunque senza valutare se lo sviluppo successivo abbia caratteristiche di imprevedibilità ed eccezionalità tali da consentire interrotto il rapporto di causalità tra la prima condotta e l'evento. III Il ricorso è fondato e deve conseguentemente essere accolto con l'annullamento ai fini civili della sentenza impugnata. Le censure poste a fondamento del ricorso ripropongono uno dei temi di maggior complessità del diritto penale che riguarda l'interpretazione dell'art. 41 comma 2 del cod. pen. secondo cui le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento . Si tratta di una norma di fondamentale importanza all'interno dell'assetto normativo che il codice ha inteso attribuire al tema della causalità e lo scopo della norma, secondo l'opinione maggiormente seguita, è quello di temperare il rigore derivante dalla meccanica applicazione del principio generale contenuto nel primo comma dell'art. 41 in esame che si ritiene abbia accolto il principio condizionalistico o dell'equivalenza delle cause condicio sine qua non . Anzi, secondo taluni autori, questa norma escluderebbe che il codice abbia voluto accogliere integralmente la teoria condizionalistica essendo, il concetto di causa sopravvenuta, estraneo a questa teoria cosi come è da ritenere estraneo alla teoria della causalità adeguata. È stato affermato in dottrina che se il secondo comma in esame venisse interpretato nel senso che il rapporto di causalità dovesse ritenersi escluso solo nel caso di un processo causale del tutto autonomo verosimilmente si tratterebbe di una disposizione inutile perché, in questi casi, all'esclusione si perverrebbe con la mera applicazione del principio condizionalistico previsto dal 1 comma dell'art. 41. Deve pertanto trattarsi, secondo questo condivisibile orientamento, di un processo non completamente avulso dall'antecedente, di una concausa che deve essere, appunto, sufficiente a determinare l'evento. Ma questa sufficienza non può essere intesa come avulsa dal precedente percorso causale perché, altrimenti, torneremmo al caso del processo causale del tutto autonomo per il quale il problema è risolto dal 1 comma dell'art. 41. Su questa affermazione di principio deve ritenersi raggiunto un sufficiente consenso in quanto gli orientamenti peraltro, a quanto risulta, quasi esclusivamente dottrinali che sostenevano la tesi della completa autonomia dei processi causali non sembrano essere state più riproposte negli ultimi decenni. In base alla ricostruzione che va sotto il nome della teoria della causalità umana si parte dalla premessa che, oltre alle forze che l'uomo è in grado di dominare, ve ne sono altre - che parimenti influiscono sul verificarsi dell'evento - che invece si sottraggono alla sua signoria. Può dunque essere oggettivamente attribuito all'agente quanto è da lui dominabile ma non ciò che fuoriesce da questa possibilità di controllo. Quali sono gli elementi esterni controllabili? Innanzitutto quelli dotati da carattere di normalità, cioè quelli che si verificano con regolarità qualora venga posta in essere razione. Ma non solo queste conseguenze si sottraggono al dominio dell'uomo ma altresì quelle che si caratterizzano per essere non probabili o non frequenti perché comunque possono essere prevedute dall'uomo. Che cosa sfugge invece al dominio dell'uomo? Ciò che sfugge a questo dominio - secondo l'illustre Autore che ha formulato la teoria - è il fatto che ha una probabilità minima, insignificante di verificarsi il fatto che si verifica soltanto in casi rarissimi nei giudizi sulla causalità umana si considerano propri del soggetto tutti i fattori esterni che concorrono con la sua azione, esclusi quelli che hanno una probabilità minima, trascurabile di verificarsi in altri termini esclusi i fattori che presentano un carattere di eccezionalità . Per concludere che per l'imputazione oggettiva dell'evento sono necessari due elementi, uno positivo e uno negativo quello positivo è che l'uomo con la sua condotta abbia posto in essere un fattore causale del risultato, vale a dire un fattore senza il quale il risultato medesimo nel caso concreto non si sarebbe avverato il negativo è che il risultato non sia dovuto al concorso di fattori eccezionali rarissimi . Soltanto quando concorrono queste due condizioni l'uomo può considerarsi autore dell'evento . Perché possa parlarsi di causa sopravvenuta idonea ad escludere il rapporto di causalità o la sua interruzione come altrimenti, ma impropriamente, si dice si deve dunque trattare, secondo questa ricostruzione, di un percorso causale ricollegato all'azione od omissione dell'agente ma completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta. È noto l'esempio riportato nella relazione ministeriale al codice penale l'agente ha posto in essere un antecedente dell'evento ha ferito la persona offesa ma la morte è stata determinata dall'incendio dell'ospedale nel quale il ferito era stato ricoverato. Il che, appunto, non solo non costituisce il percorso causale tipico come, per es., il decesso nel caso di gravi ferite riportate a seguito dell'aggressione ma realizza una linea di sviluppo della condotta del tutto anomala, oggettivamente imprevedibile in astratto e imprevedibile per l'agente che non può anticipatamente rappresentarla come conseguente alla sua azione od omissione quest'ultimo versante riguarda l'elemento soggettivo ma il problema, dal punto di vista dell'elemento oggettivo del reato, si pone in termini analoghi . Va infine rilevato che sia l'Autore che l'ha proposta che tutti coloro che l'hanno condivisa - comprese la giurisprudenza di legittimità e quella di merito - hanno affermato che la teoria della causalità umana è applicabile anche ai reati omissivi impropri. IV Alla luce di quanto precede deve osservarsi che la sentenza impugnata ha del tutto omesso di affrontare il problema che si poneva al suo esame e ha erroneamente ritenuto - in palese violazione del disposto dell'art. 41 comma 2 cod. pen. - che fosse sufficiente un contributo causale successivo per escludere la rilevanza causale della precedente condotta colposa. È infatti da rilevare che la Corte d'Appello di Ancona non ha affatto escluso la natura colposa della condotta di Z. e, anche se il tema dell'elemento soggettivo non viene espressamente affrontato, in due parti della sentenza quella già riportata nelle premesse e quella della parte finale della sentenza nella quale si fa espresso riferimento alla condotta colpevole dell'imputato-appellante sembra venga condivisa la vantazione del primo giudice che aveva ritenuto decisamente imperiti i criteri utilizzati per la costruzione e localizzazione della canna fumaria in prossimità di materiali infiammabili e senza provvedere ad un'adeguata protezione si legge a p. 13 della sentenza di primo grado, riportando il giudizio del perito, che la causa che ha generato l'incendio per cui è processo vada individuata nella errata installazione del tratto di canna fumaria effettuato senza rispettare le norme di buona tecnica che prevedono o la adozione di opportune distanze da materiali combustibili, oppure l'impiego di canne fumarie a doppia parete opportunamente coibentate in particolare tale tratto di canna fumaria risulta realizzato in contatto fisico con una trave in legno che risulta bruciata, come peraltro personalmente constatato dal perito e dai rappresentanti delle parti nel sopralluogo effettuato il 25.11.2005 . Dunque la sentenza impugnata non solo ha omesso di confrontarsi con le argomentazioni della sentenza di primo grado - sussistendo tale obbligo per ogni giudice che ritenga di operare una scelta interpretativa o di ricostruzione dei fatti che si ponga in contrasto con la sentenza impugnata - ma ha palesemente errato nell'applicazione della legge ignorando il disposto dell'art. 41 comma 1 cod. pen. sul concorso di cause ritenendo che l'esistenza di una concausa valga ad escludere la responsabilità del diverso concorrente. Di poi ha omesso di valutare, come era suo obbligo se quella ritenuta implicitamente perché la sentenza ignora l'esistenza del problema come causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento avesse le caratteristiche di imprevedibilità ed eccezionalità idonei a consentire l'applicazione dell'art. 41 comma 2 secondo i criteri già indicati. V Consegue alle considerazioni svolte l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio, non essendo più in discussione la responsabilità penale dell'imputato, al giudice civile previsto dall'art. 622 c.p.p. che provvederà anche sulle spese tra le parti del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. la Corte Suprema di Cassazione, sezione quarta penale, annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.