«Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia», e un avvocato?

Un avvocato lo vedi anche dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia, ma soprattutto lo vedi dall'atto. Sì, è l'atto processuale che a volte fa un avvocato ma non è un “talchè” o un “altresì” . Atto che è stato ieri al centro dell'attenzione all'incontro, tenuto presso la Sala Conferenze “Elio Gualdoni” del Tribunale di Milano, “Processo all'atto. Azione formativa sulle tecniche di scrittura forense” organizzato dal Professore Giovanni Acerboni, esperto linguista-italianista, e dall'avvocato Sergio Barozzi. Da una simulazione di un processo, basato su un caso vero, è nato il dibattito sull'importanza del modo in cui il professionista debba rivolgersi al Magistrato. Il tutto alla luce dell'importante riforma processual-civile, da poco intervenuta nell'ordinamento italiano. Il processo civile telematico ha infatti enfatizzato l'importanza della forma dell'atto, l'importanza dell'impostazione strutturale che deve tendere alla persuasione del Giudicante. Molteplici le domande affrontate durante il corso, come percepisce, oggi, il Giudice l'atto? Come si può rendere l'atto più efficace? Come persuadere chi decide? Quando un atto si può dire completo? Come si scrive un atto? Poche le risposte, numerose le proposte un dibattito, quindi, ancora aperto che dovrà portare ad un ampia discussione, per innovare e migliorare, oltre che accelerare la macchina della giustizia italiana.

Il caso il processo nel processo. «Questo è un incontro di formazione, non di informazione». Queste sono state le parole di apertura dell'avvocato Barozzi. Infatti l'evento è nato da una fattispecie reale, riguardante una causa di lavoro, in particolare un licenziamento. L'antefatto è il seguente l'azienda “Mozart”, difesa dall'avvocato Azzecca-garbugli, perdeva la causa contro il lavoratore licenziato, il signor Bianchi. Mozart, condannata al risarcimento del danno, conveniva, poi, in giudizio il proprio difensore per aver mal scritto la memoria difensiva. L'azienda chiedeva al Giudice la restituzione della parcella da parte dell'avvocato. L'incontro si è sviluppato sul gioco della simulazione processuale e il confronto con le tesi degli esperti in aula. Le parti. Hanno partecipato nel ruolo del Giudice, il dottor Cesare De Sapia, Presidente della sez. III Civile del Tribunale di Milano in veste di difensore dell'Avvocato Azzecca-garbugli, l'avvocato Daniela Muradore, protagonista della riforma del PCT, quale collaboratrice con il Consiglio dell'Ordine l'avvocato Sofia Bargellini e l'avvocato Alessandra Rovescalli, come difensori dell'azienda Mozart e infine, quale consulente tecnico d'ufficio, il dottor Giovanni Acerboni. La parola all'accusa le critiche all'atto. Tre le critiche alla memoria difensiva 1 la struttura, incapace di attirare l'attenzione del lettore e di difficile lettura 2 la tecnica persuasiva, mal argomentata e inidonea 3 Lessico, inadatto e noioso. 1 La struttura. La prima critica dell'accusa colpisce la struttura dell'atto. Troppo lungo, 33 pagine fitte e noiose. Considerato che l'atto giunge in via telematica, si scorre con difficoltà sul monitor. Mancano l'indice, la premessa e la netta divisione tra fatto/diritto. Ictu oculi l'atto appare incapace di argomentare e provare la legittimità del licenziamento. Il tutto è reso ancor più pesante dall'assenza di differenze cromatiche del testo. In conclusione, la struttura dell'atto, secondo l'accusa, aveva distratto il lettore, senza arrivare al cuore della difesa. 2 La tecnica. Non sempre sviluppare il racconto in modo cronologico è efficace. E, secondo l'accusa, l'atto in esame sembra seguire questa teoria. La cronistoria dei fatti elimina l'obiettivo, metta da parte il fatto principale. Inoltre, l'atto era costellato da salti logici. Viene altresì censurato l'utilizzo dell'imperfetto narrativo, tecnica che, secondo i difensori dell'azienda, può essere superata. 3 Il lessico. L'atto si caratterizzava per un lessico pesante. Impregnato di pseudo tecnicismi, del tutto evitabili. Il linguaggio burocratico non deve sostituirsi ai contenuti. La parola alla difesa. Prende parola la difesa dell’avvocato, che ha risposto alle critiche sollevate dall’accusa, partendo dalla questione relativa alla noiosità dell’atto. Questa caratteristica è totalmente compatibile con l’attività difensiva, non è dovere dell’avvocato non essere noioso. La struttura dell’atto, continua la difesa di Azzecca-garbugli - non è censurabile poiché si sviluppa in due parti chiare, una in fatto o una in diritto. Quest’ultima parte è denominata “preliminare”, che chiaramente e indiscutibilmente intende la parte di diritto. L’atto effettivamente è fitto e lungo, ma presenta anche spazi che lasciano respiro alla lettura. La scelta di non inserire l’indice è stata voluta, per lasciare più neutralità all’atto. Infatti, come sostenuto dalla difesa, la narrazione neutra permette di presentare l’atto come una tabula rasa agli occhi del magistrato, permettendo allo stesso di porre in essere un giudizio genuino. La difesa continua, rispondendo alla critica sul fatto che l’atto fosse monocromatico questo in realtà presenta parti in corsivo relative alle citazioni giurisprudenziali. Infine, la difesa ricorda che necessariamente sia stato utilizzato un linguaggio tecnico, richiesto dalla natura dell’atto stesso e dalla natura della professione forense, ribadendo però che il tecnicismo giuridico deve sempre limitarsi e non sconfinare nella faziosità inutile. In conclusione la difesa di Azzecca-garbugli afferma che «l’atto si fa leggere e rappresenta in modo chiaro i fatti». Il magistrato chiede la CTU. Fuori dal “gioco” del processo il dottor De Sapia ha preso parola, ricordando che «gli avvocati non devono temere di tralasciare qualcosa. Bisogna selezionare le questioni e i fatti». Proporre un atto troppo fitto e composto di parti inutili altro non comporta che un perdita di tempo, tempo che – tornando ora al “gioco” della simulazione processuale – porta il Giudice a voler richiedere l’intervento di un perito. E’ intervenuto quindi il professor Acerboni quali consulente tecnico d’ufficio, “finto” esperto di materia giuridica, emerito conoscitore della lingua italiana. 1 Struttura approssimata. Il perito ha messo in luce i difetti strutturali dell’atto non essendoci nessuna numerazione in capitoli, il lettore è in balia dell’atto 2 Incoerenza nella gestione delle informazioni. Non sempre è stato rispettato l’ordine cronologico, mettendo in difficoltà il destinatario dell’atto le numerose ripetizione e le continue riprese tematiche altro non han fatto che «allungare il brodo», distogliendo l’attenzione dal focus principale sono presenti salti logici e manca la consequenzialità, portando l’atto ad essere carente di coerenza l’avvocato non è riuscito a catturare l’attenzione, non essendoci alcuna parte in neretto i temi e le questioni non sono così messe in risalto. Come affermato dal consulente, la mal gestione delle informazioni ha messo in risalto la «fatica nella lettura di questo atto». 3 Lessico impersonale. Anche il lessico è fortemente criticabile il linguaggio del professionista è sì legato all’utilizzo di tecnicismi giuridici, ma nel caso in esame si è passati da parole in uso a parole in disuso, da un linguaggio iper-giuridico alla narrazione dei fatti, creando salti narrativi che si ripercuotono sulla comprensione del testo. «Un lessico ibrido è un lessico inefficace» - ha detto la CTU - «e l’atto manca, così, di personalità». 4 Sintassi legnosa. La sintassi legnosa rende poco scorrevole la lettura. La scelta di utilizzare maggiormente avverbi a sfavore di verbi, che sono il motore della frasi, «ingessa la sintassi». In conclusione, il linguaggio utilizzato non ha favorito la tesi argomentativa portata avanti. Mai lasciare la strada vecchia per quella nuova? Il “gioco” della simulazione finisce qua. Infatti, l’incontro non si è concluso con una decisione definitiva del Magistrato, non volendo l’incontro arrivare a condannare o prosciogliere l’avvocato. L’obiettivo voluto dagli organizzatori invero è stato un altro mettere in luce il ruolo fondamentale che un atto ha nel processo e interrogarsi se sia necessario un cambiamento nelle modalità di scrittura. Non ci sarà mai un atto perfetto in toto, ma l’avvocatura deve accettare la sfida del cambiamento. «Cambiare è pericoloso» - ha detto l’avvocato Barozzi – ma rimanere ancorati ha tecniche vecchie e vetuste potrebbe esserlo altrettanto. La riflessione che ha animato la parte finale dell’incontro ha toccato tematiche meta-giuridiche, ha posto l’accento su questioni delicate, senza giungere alla soluzione, ma animando i diretti protagonisti della Giustizia, i professionisti chiamati a tutelare i diritti dei cittadini. Un interrogativo fra tutti ha smosso fortemente la sensibilità giuridica dei presenti, è giusto riconoscere un’importanza tale alla forma, tale da poter svuotare e eliminare la sostanza dell’atto? E’ corretto dire che l’espressione può incidere sull’eventuale proscioglimento o condanna? Domande che troveranno risposte nel corso del tempo, non nel corso di un singolo incontro. E, d’altra parte, impossibile stabilire regole ferree e fisse per la stesura di un atto. Ma è auspicabile cercare di adattare il tecnicismo processuale impossibile abbandonare il linguaggio tecnico, ma lo stile non deve appesantire l’atto, il linguaggio giuridico non deve essere tecnica, ma eloquenza. «Le parole sono fili che intessono trame, trame di vita che raccontano il soggetto che agisce e il prodotto delle sue azioni, che penetrano l’essere e l’esistenza» - diceva Nietzsche – sicché ciò che deve rilevare è l’espressione, che deve prendere forma attraverso parole. Il professionista deve quindi tendere all’espressione completa e genuina, capace di persuadere il destinatario. La sinteticità potrebbe essere una risposta? Sì, potrebbe esserlo, ma quando un atto è sintetico? Effettivamente la finalità dell’atto è persuadere della propria tesi il Giudice, quindi l’atto sintetico, semplice e chiaro è quello a cui si dovrebbe tendere, poiché è quello che porterebbe il Giudice a scegliere in modo consapevole e veloce, attraverso un «si» o un «no». Tuttavia – come messo in luce del Dottor De Sapia – sinteticità non vuol dire brevità, sicuramente vuol dire evitare ripetizioni, scegliere e selezionare le cose da dire, ma soprattutto vuol dire creare una chiara gerarchia delle informazioni che si portano all’attenzione del lettore. In vista del PCT, il nucleo argomentativo che si porta avanti nell’atto deve essere totalmente compatibile con le nuove modalità telematiche del processo civile. La Modalità di lettura è mutata e così deve fare l’avvocato nel redigere gli atti, altrimenti il meccanismo si blocca, rischiando di affossare non solo il sistema giustizia, ma l’intero Paese. Il duellar cortese tra avvocato e magistrato il consiglio dell’esperto. Ribadendo sempre che l’incontro ha voluto smuovere “l’opinione pubblica”, portando ad un dibattito senza tendere a risposte universali, che forse non ci saranno mai, ha, infine, preso parola il Professor Acerboni propinando un esempio di “atto perfetto”, ponendo l’accento sul fatto che l’atto debba essere cortese «il difensore chiamato a scrivere un atto deve trattare bene e con cortesia la materia di cui si occupa». Il prototipo dell’atto forse perfetto. Dare all’atto uno schema, per renderlo cortese, attraverso 9 punti -Nome del testo -oggetto -titolo elemento innovativo, per dare un taglio argomentativo all’atto. Ha suscitato non pochi malumori tra i presenti questo punto, smorzati dall’intervento del dottor De Sapia «Il Giudice prende tutto quello che le parti gli offrono, non abbiate paura». Rendere personale e originale l’atto non è un errore. -indice per rendere l’atto comodo -executive summary per orientare in una pagina il giudice -note -evidenziazioni di fatto -evidenziazioni di diritto La lingua e gli argomenti dovrebbero svilupparsi secondo il seguente schema -sintassi normale per rendere la lettura scorrevole -utilizzo del tempo presente e dire addio all’imperfetto narrativo -utilizzo dei soggetti umani e dei nomi propri non utilizzare “controparte” o “convenuto” perché l’atto altrimenti è astratto e generico tutti sono ricorrenti, tutti sono uguali, mentre i nomi propri danno valore al teso -utilizzo di un lessico espressivo per dare stile personale . La brillantezza dell’incontro ha lasciato tutti un po’ stupiti, stupore che però non deve essere visto come timore o paura. L’avvocatura ha un ruolo essenziale nel nostro ordinamento e deve saper cogliere il motivo di un cambiamento, senza sradicare la professione dai propri canoni, ma ponendosi sempre con curiosità a ciò che è nuovo.