Dall’Avis alla ASL: migrazione con pagamento del tfr

Il trasferimento del personale dei centri trasfusionali alle Unità sanitarie locali non è configurabile come successione del cessionario nel rapporto di lavoro - in quanto è subordinato a una nuova assunzione, all’esito favorevole di concorso riservato esterno -.

È quanto si evince dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 20554, depositata il 6 settembre 2013. Il caso. Alcuni ex dipendenti della Avis – Associazione Volontari Italiani del Sangue -, trasferiti alla ASL, avevano chiesto la condanna della Avis al pagamento del tfr maturato per il periodo in cui avevano lavorato alle dipendenze della stessa Associazione. Tale domanda era stata accolta dal Tribunale e confermata dalla Corte d’appello, la quale aveva ritenuto che il trasferimento alle unità sanitarie locali del personale dipendente o convenzionato dei centri trasfusionali gestiti per convenzione dalle associazioni di volontariato – previsto dall’art. 19 L. n. 107/1990 - non potesse qualificarsi come trasferimento in senso tecnico e, quindi, come mero mutamento della titolarità del rapporto, ma come nuova assunzione, prevedendo la norma la necessità della proposizione di una domanda e la necessità del superamento di un apposito concorso. Contro tale decisione, l’Avis ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che, sulla base del tenore letterale della disposizione, al trasferimento doveva assegnarsi il significato tecnico-giuridico proprio dell’espressione e che, pertanto, sia la domanda dell’interessato che lo svolgimento del concorso riservato dovevano considerarsi condizioni sospensive del trasferimento, che, una volta verificatesi, rendevano lo stesso operante ab initio . Per la Suprema Corte la censura è infondata. Specialità della disciplina. Infatti, gli Ermellini hanno affermato che il trasferimento del personale dei centri trasfusionali alle Unità sanitarie locali non è soggetto all’applicazione della disciplina comunitaria dir. Cee n. 77/87 e successive modifiche e nazionale art. 2112 c.c. , la quale garantisce il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, stabilimenti o parti di stabilimenti. Ciò, in quanto i rapporti di lavoro alle dipendenze delle USL, all’atto di quel trasferimento di personale, erano soggetti a uno statuto di diritto pubblico e non al diritto del lavoro privato, con conseguente inoperatività della direttiva, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia. Quindi, Piazza Cavour ha chiarito che resta confermata la specialità della disciplina in materia di trasferimento del personale dei centri trasfusionali, la quale appare idonea, proprio per la sua specificità, a derogare alla disciplina generale.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 aprile – 6 settembre 2013, n. 20554 Presidente Vidiri – Relatore Filabozzi Svolgimento del processo F S. e F F. , ex dipendenti della Avis - Associazione Volontari Italiani del Sangue, trasferiti alla ASL Napoli X in applicazione dell'art. 19 della legge n. 107 del 1990, hanno chiesto la condanna della Avis al pagamento del tfr maturato per il periodo in cui avevano lavorato alle dipendenze della stessa Associazione. La domanda è stata accolta dal Tribunale di Napoli, che ha rigettato l'opposizione proposta dalla Avis - Sezione di Napoli avverso i decreti ingiuntivi ottenuti dai lavoratori nei confronti della stessa Avis per il pagamento delle richieste competenze di fine rapporto, con sentenza che, sull'appello dell'Associazione, è stata confermata dalla Corte d'appello di Napoli, che ha ritenuto che il trasferimento alle unità sanitarie locali del personale dipendente o convenzionato dei centri trasfusionali gestiti per convenzione dalle associazioni di volontariato, previsto dall'art. 19 della legge n. 107 del 1990, non potesse qualificarsi come trasferimento in senso tecnico e, quindi, come mero mutamento della titolarità del rapporto, ma come nuova assunzione, prevedendo la norma la necessità della proposizione di una domanda e la necessità del superamento di un apposito concorso. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la Avis affidandosi a tre motivi di ricorso cui resistono con controricorso i lavoratori. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 19 della legge n. 107 del 1990 e 12 disp. sulla legge in generale, sostenendo che, sulla base del tenore letterale della disposizione, al trasferimento doveva assegnarsi il significato tecnico-giuridico proprio dell'espressione e che, pertanto, sia la domanda dell'interessato che lo svolgimento del concorso riservato dovevano considerarsi condizioni sospensive del trasferimento, che, una volta verificatesi, rendevano lo stesso operante ab initio . 2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 19 della legge n. 107 del 1990, 2112 c.c., 177 del Trattato CEE e della direttiva n. 77/187, osservando che l'art. 19 cit. configura un trasferimento di azienda che comporta l'applicabilità della direttiva comunitaria relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento dei diritti di impresa, atteso che, sulla base dell'interpretazione offerta dalla Corte di giustizia, il trasferimento di impresa rientra nel campo di applicazione della direttiva, ancorché il trasferimento risulti da decisioni unilaterali delle pubbliche amministrazioni, a condizione che le persona coinvolte in tale trasferimento siano state inizialmente tutelate in quanto lavoratori in base al diritto nazionale in materia di diritto del lavoro. 3.- Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 19 della legge n. 107 del 1990, 66 della legge n. 833 del 1978, 3, 41 e 43 Cost., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la necessità della richiesta integrazione del contraddittorio nei confronti della Regione Campania e chiedendo a questa Corte di stabilire se in virtù del combinato disposto degli artt. 19 l. 107/90 e 66 l. 833/78, la Regione Campania è subentrata nei rapporti patrimoniali attivi e passivi facenti capo al centro trasfusionale dell'Avis di Napoli, rapporti passivi in cui rientrano le somme dovute per prestazioni lavorative . 4.- I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati. Questa Corte ha, infatti, già affermato cfr. Cass. n. 17499/2006, Cass. n. 15655/2010 che il trasferimento del personale dei centri trasfusionali alle Unità sanitarie locali ai sensi dell'art. 19 L. n. 107/90 non è configurabile come successione del cessionario nel rapporto di lavoro - in quanto è subordinato ad una nuova assunzione, all'esito favorevole di concorso riservato esterno - e non è soggetto all'applicazione della disciplina comunitaria direttiva Cee n. 77/87 del 14.2.1977 e successive modifiche e nazionale art. 2112 c.c. , che garantisce il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, stabilimenti o parti di stabilimenti, in quanto i rapporti di lavoro alle dipendenze delle Unità sanitarie locali, all'atto di quel trasferimento di personale, erano soggetti ad uno statuto di diritto pubblico e non al diritto del lavoro privato, con conseguente inoperatività della direttiva, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia cfr. sentenza 14 settembre 2000, causa C-343/98, punti 36-40 ed i precedenti conformi ivi richiamati . In particolare, merita di essere ribadito anche in questa sede come la normativa in esame art. 19 della legge n. 107 del 1990 detta una disciplina affatto differenziata per il trasferimento dei beni comma 3 e per il trasferimento del personale in servizio alla data del 31.12.1988 comma 4 , prevedendo, con riferimento al trasferimento dei beni, che lo stesso avvenga in conformità alle disposizioni di cui agli artt. 65 e 66 della legge n. 833 del 1978, e con riferimento al trasferimento del personale, che sia effettuato a domanda dell'interessato , con l'osservanza di specifici criteri, e subordinatamente al superamento di apposito concorso riservato per titoli ed esami concorso espressamente qualificato come concorso di assunzione nel profilo professionale e nella posizione funzionale risultanti da specifica tabella di equiparazione . 5. - Ne deriva che, con riferimento al trasferimento dei beni, e in virtù della normativa richiamata artt. 65 e 66 della legge n. 833 del 1978 , si realizza il trasferimento e la successione del cessionario nella titolarità dei rapporti patrimoniali attivi e passivi degli enti ed istituti cedenti . , mentre, con riferimento al trasferimento del personale, in assenza di analogo riferimento, ed in presenza, anzi, di una diversa regolamentazione, si realizza una evidente soluzione di continuità nel rapporto di lavoro dei dipendenti dei centri trasfusionali, con una netta diversificazione rispetto al personale degli enti mutualistici e delle gestioni sanitarie soppresse, nonché degli enti locali, per i quali la medesima legge artt. 67 e 68 prevede il trasferimento alle unità sanitarie locali, nella posizione giuridica e funzionale corrispondente a quella ricoperta nell'ente di provenienza, secondo le tabelle di equiparazione previste dall'art. 47, comma 3, numero 3 . Tabelle di equiparazione che, nel caso del trasferimento del personale dei centri trasfusionali, assolvono la diversa funzione di individuare il concorso di assunzione al quale lo stesso personale può essere ammesso, se in possesso dei prescritti requisiti. 6.- Resta confermata, quindi, la specialità della disciplina in materia di trasferimento del personale dei centri trasfusionali, che, per come già osservato da questa Suprema Corte, appare idonea, proprio per la sua specificità, a derogare alla disciplina generale dell'ordinamento nazionale art. 2112 c.c. , né si pone in contrasto con l'ordinamento comunitario cfr. Cass. n. 17499/2006 e n. 15655/2010, già citate . 7.- La specialità della disciplina in materia di trasferimento del personale dei centri trasfusionali e la sua diversità rispetto a quella dettata per il trasferimento dei beni, con le già viste conseguenze che ne derivano in tema di continuità del rapporto di lavoro e di applicabilità dell'art. 2112 c.c., impongono il rigetto anche del terzo motivo di gravame e la conferma, anche su questo punto, della sentenza impugnata. 8.- In conclusione, il ricorso va rigettato. Sussistono giusti motivi, desumibili anche dal recente consolidarsi dell'indirizzo giurisprudenziale cui si è fatto riferimento, per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso compensa le spese del presente giudizio.