Il progettista commette un falso nella relazione accompagnatoria alla DIA edilizia, se…

Colui che predispone la relazione di accompagnamento, all’interno del procedimento che la legge prescrive per la presentazione della DIA in materia edilizia, assume la qualifica di persona esercente un servizio di pubblica necessità.

In tema di falsità in atti, e specificamente di falso in certificato di cui all’articolo 481 c.p., la relazione di accompagnamento alla DIA edilizia che costituisce parte integrante ed essenziale della dichiarazione stessa di inizio dell’attività ha natura di certificato, per quanto riguarda sia la descrizione dello stato attuale dei luoghi, sia la ricognizione degli eventuali vincoli esistenti sull’area o sull’immobile interessati dall’intervento, sia la rappresentazione delle opere che si intende realizzare e l’attestazione della conformità delle stesse agli strumenti urbanistici e al regolamento edilizio. Ciò in quanto il progettista o, comunque, il tecnico abilitato che predispone la relazione di accompagnamento, all’interno del procedimento che la legge prescrive per la presentazione della DIA in materia edilizia, assume la qualifica di persona esercente un servizio di pubblica necessità ai sensi dell’articolo 359 c.p Lo ha ribadito la Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza numero 35795/2012, depositata il 19 settembre. La natura giuridica della DIA edilizia . Nella sentenza in commento, la Suprema Corte approfondisce opportunamente l’istituto della Dichiarazione di Inizio Attività DIA . Come recentemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa Cons. Stato, numero 717/2009 , la DIA non è un provvedimento amministrativo, ma la dichiarazione di un privato in forza della quale il soggetto è abilitato all'esercizio dell'attività direttamente dalla legge, e non in base all'atto di consenso della Pubblica Amministrazione. La DIA altro non sarebbe che l'autorizzazione implicita all'effettuazione dell'attività, in virtù di una valutazione legale tipica. Secondo questa impostazione, la DIA dovrebbe rappresentare una semplificazione procedimentale, che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo a seguito del decorso del termine di trenta giorni dalla presentazione della denunzia. Per effetto della previsione della DIA, la legittimazione del privato all'esercizio dell'attività non è più fondata sull'atto di consenso della P.A., secondo lo schema “norma-potere-effetto”, ma è una legittimazione ex lege , secondo lo schema “norma-fatto-effetto”, in forza del quale il soggetto è abilitato allo svolgimento dell'attività direttamente dalla legge, la quale disciplina l'esercizio del diritto eliminando l'intermediazione del potere autorizzatorio della Pubblica Amministrazione. La Terza Sezione, sposando integralmente l’assunto dei Supremi Giudici amministrativi, conclude nel senso che, con la DIA, al principio autoritativo si sostituisce il principio dell'autoresponsabilità dell'amministrato, che è legittimato ad agire in via autonoma, valutando l'esistenza dei presupposti richiesti dalla normativa in vigore. e le conseguenze sul piano penale. Tale principio è richiamato nella decisione in esame la Suprema Corte afferma infatti che, ferma restando la natura di atto privato della DIA, la relazione asseverativa del progettista assume valore sostitutivo del provvedimento amministrativo, e quindi “certificativo” nell’accezione penalistica del termine. Ne consegue che, nella redazione della relazione preventiva, il progettista o comunque il tecnico a ciò abilitato assume la qualifica di persona esercente un servizio di pubblica necessità, come previsto dall’articolo 359 c.p La natura di certificato, rispetto alla relazione asseverativa del tecnico, si desume fra l’altro dal fatto che essa rappresenta fatti risultanti aliunde nel caso del progettista, questi ha infatti l’obbligo di asseverare la conformità delle opere agli strumenti urbanistici approvati, e la mancanza di contrasto con quelli adottati e con i regolamenti edilizi . La relazione, in quanto costituente un certificato, e dunque un atto derivativo, riproduce solo gli effetti giuridici dell'atto che necessariamente presuppone. Essa contiene infatti dichiarazioni di scienza cioè l'attestazione di fatti e dati che sono noti al progettista, in quanto provengono da altri documenti ufficiali o dalle sue conoscenze tecniche , ovvero implicano giudizi e valutazioni che, come tali, non possono essere oggetto di documentazione fidefaciente.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 aprile – 19 settembre 2012, numero 35795 Presidente Squassoni – Relatore Fiale Ritenuto in fatto La Corte di appello di Bologna, con sentenza dell’11.2.2011, ha confermato la sentenza 1.2.2007 del Tribunale di Ravenna - Sezione distaccata di Lugo, che aveva affermato la responsabilità penale di P.U. in ordine al delitto di cui - agli articolo 81 cpv. e 481 cod. penumero , poiché - quale geometra progettista - in relazione ad un intervento edilizio di ricostruzione di un manufatto a asseverava falsamente, in una DIA presentata al Comune di Lugo il 23.8.2003, che gli eseguendi lavori avrebbero riguardato la manutenzione straordinaria di un fabbricato che però era già semidemolito nel 2002 e che tale intervento non si poneva in contrasto con gli strumenti urbanistici, che invece non consentivano nuove costruzioni in area classificata come agricola b in una successiva domanda di permesso di costruire per ristrutturazione, presentata il 19.12.2003, attestava falsamente l’esistenza del medesimo edificio ormai ridotto allo stato di rudere e lo aveva condannato alla pena interamente condonata di Euro 516,00 di multa, concedendo il beneficio della non - menzione. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il P. , il quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha dedotto - la insussistenza del reato di falso ideologico correlato alla DIA, per la mancanza di ogni intento fraudolento, in quanto la DIA presentata avrebbe rappresentato io stato di fatto realmente esistente al momento della sua redazione e la procedura semplificata sarebbe stata utilizzata perché i lavori che ci si apprestava ad eseguire erano essenzialmente diretti a conservare lo status quo, per poi, in un secondo momento, attraverso l’apertura di una nuova pratica edilizia ad hoc, poter procedere alla ristrutturazione ed al recupero dell’edificio” - la inconfigurabilità, in ogni caso, del reato di cui all’articolo 481 cod. penumero , riferito alla DIA, poiché la relazione ad essa allegata non avrebbe natura di certificato , in quanto non e destinata a provare la oggettiva verità di ciò che in essa è stato affermato e, per la parte progettuale, essa manifesta una semplice intenzione e non registra una realtà oggettiva - la insussistenza anche del reato di cui all’articolo 481 cod. penumero , riferito alla successiva richiesta di permesso di costruire, poiché il fabbricato era comunque ancora esistente nei suoi tratti essenziali che lo identificavano come tale” e nella richiesta stessa veniva dato conto dei crollo parziale. Considerato in diritto Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché articolato in fatto e manifestamente infondato. 2. L’articolo 481 cod. penumero , punisce la condotta di colui il quale ponga in essere una falsità ideologica in certificati commessa nell’esercizio di una professione forense, sanitaria o di altro servizio di pubblica necessita. In relazione a tale previsione sanzionatorie il Collegio - tenuto conto di quanto espressamente disposto dall’articolo 29, 3 comma, del d.P.R. numero 380/201, nonché della elaborazione giurisprudenziale già svolta da questa Corte - ribadisce anzitutto il principio secondo il quale - il progettista o, comunque, il tecnico abilitato che predispone la relazione di accompagnamento, all’interno del procedimento che la legge prescrive per la presentazione della DIA in materia edilizia, assume la qualifica di persona esercente un servizio di pubblica necessità ex articolo 359 cod. penumero , vedi Cass. sez. 5^, 4.10.2010, numero 35615, D’Anna 24.2.2010, numero 7408, Frigè nonché sez. 3^, 16.7.2010, numero 27699, Coppola 19.1.2009, numero 1818, Baldessari . 3. L’articolo 481 cod. penumero , prevede, però, che la falsa attestazione dei fatti dei quali fatto sia destinato a provare la verità sia contenuta all’interno di un certificato e da ciò discende la necessita di individuare se la relazione di accompagnamento alla DIA edilizia abbia o meno natura di certificato”. Sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha affermato, con consolidato orientamento, che costituisce certificazione” la descrizione dello stato dei luoghi antecedente alle opere da realizzare Cass. sez. 5^, numero 35615/2010, D’Anna sez. 3^, numero 27699/2010, Coppola . 3.1 Tesi non convergenti sono state espresse, invece, quanto alla parte progettuale detta relazione allegata alla DIA edilizia. In relazione a tale parte del documento si era sostenuto, infatti, che essa rifletterebbe non una realtà oggettiva ma una semplice intenzione dell’interessato di realizzare le opere in essa descritte ed ancora inesistenti e, per quanto riguarda l’eventuale attestazione dell’assenza di vincoli, solamente un giudizio espresso dai dichiarante, come tale non necessariamente fondato su dati di fatto certi e sicuri vedi Cass., sez. 5^ numero 7408/2010, Frigè 3.5.2005, numero 24562, Mazzoni 26.4.2005, numero 23668, Giordano sez. 3^, numero 27699/2010, Coppola . A divergenti conclusioni è pervenuta, invece, questa Sezione - con la più recente sentenza 8.6.2011, numero 23072, Lacorte - ove, in adesione alle argomentazioni svolte netta sentenza 19.1.2009, numero 1818, Baldessari, è stato evidenziato che, dalla lettura coordinata e sistematica della normativa di riferimento articolo 23, commi 1 e 6, e articolo 29, comma 3, del d.P.R. numero 380/2001 , emerge un sostanziale affidamento riposto dall’ordinamento sulla relazione tecnica che accompagna il progetto e sulla sua veridicità, atteso che “quella relazione si sostituisce, in via ordinaria, ai controlli dell’ente territoriale ed offre le garanzie di legalità e correttezza dell’intervento . In tale prospettiva la relazione del tecnico abilitato costituisce un atto non solo idoneo ad integrare la dichiarazione di inizio dell’attività, ma anche dotato di piena autonomia e di valore pubblicistico, assumendo valore sostitutivo dei titolo edilizio abilitante e quindi certificativo. 3.2 Quanto alla dichiarazione di conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti - a fronte dell’orientamento secondo il quale si tratterebbe soltanto di un mero giudizio del dichiarante - la stessa è stata ricondotta, invece, all’attività certificativa già da Cass., sez. 3^, numero 27699/2010, Coppola. 4. Ribadisce il Collegio le argomentazioni svolte nella sentenza numero 23072/2011, Lacorte. In tale sentenza è stato condivisibilmente evidenziato che l’articolo 29, 3 comma, del T.U. numero 380/2001, dispone che “Per le opere realizzate dietro presentazione di denuncia di inizio attività, il progettista assume la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità ai sensi degli articolo 359 e 481 cod. penumero . In caso di dichiarazioni non veritiere nella relazione di cui all’articolo 23, comma 1, l’amministrazione ne da comunicazione al competente ordine professionale per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari . Le previsioni anzidette devono essere tette in necessaria correlazione con quelle poste dai precedente articolo 23, il quale prescrive che la DIA deve essere accompagnata da una relazione del progettista che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti” comma 1 che il dirigente o responsabile dell’ufficio tecnico comunale, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l’autorità giudiziaria e il consiglio dell’ordine di appartenenza comma 6 che, ultimato l’intervento, il progettista o un tecnico abilitato rifascia un certificato di collaudo finale con il quale si attesta la conformità dell’opera al progetto presentato con la denuncia di inizio attività comma 7 . Il progettista, dunque, ha un duplice obbligo a redigere una relazione preventiva in cui si assume l’onere di asseverare tra l’altro la conformità delle opere agli strumenti urbanistici approvati e la mancanza di contrasto con quelli adottati e con i regolamenti edilizi b rilasciare al termine dei lavori ove non io faccia altro tecnico abilitato un certificato di collaudo circa la conformità di quanto realizzato al progetto iniziale. E, quanto al primo aspetto di detta condotta doverosa, è stato esattamente osservato che il termine asseverare ha il significato di affermare con solennità , e cioè di porre in essere una dichiarazione di particolare rilevanza formate e di particolare valore nei confronti dei terzi quanto alla verità ed alla affidabilità dei contenuto. Il progettista si pone come persona esercente un servizio di pubblica necessità proprio perché assume una posizione di particolare rilievo in un procedimento quello di DIA che prevede la sostituzione con una dichiarazione del privato di ogni autorizzazione amministrativa comunque denominata. la principale caratteristica della DIA, infatti, consiste nella sostituzione dei tradizionali modelli procedi mentali in tema di autorizzazione con uno schema diverso ispirato alla liberalizzazione delle attività economiche private, con la conseguenza che per l’esercizio delle stesse non è più necessaria l’emanazione di un titolo di legittimazione. A seguito della denuncia, il potere di verifica di cui dispone l’amministrazione - a differenza di quanto accade nei regime a previo atto amministrativo - non è finalizzato all’emanazione di un provvedimento di consenso all’esercizio dell’attività, ma al controllo, privo di discrezionalità, della corrispondenza di quanto dichiarato dall’interessato rispetto ai canoni normativi stabiliti per l’attività in questione. Con la DIA, quindi, al principio autoritativo si sostituisce il principio dell’autoresponsabilità dell’amministrato, che è legittimato ad agire in via autonoma, valutando l’esistenza dei presupposti richiesti dalla normativa in vigore. Il ricorso al procedimento della DIA, conseguentemente, porta con sé una peculiare assunzione di responsabilità, in relazione al particolare affidamento che l’ordinamento pone sulla relazione tecnica che accompagna il progetto e sulla sua veridicità, atteso che quella relazione si sostituisce, in via ordinaria, ai controlli dell’ente territoriale ed offre le garanzie di legalità e correttezza dell’intervento. Proprio in considerazione di questo affidamento la condotta del professionista abilitato assume una specifica rilevanza pubblicistica articolo 29, comma 3, del d.P.R. numero 380/2001 che si connette alle previsioni dei commi 1 e 6 del precedente articolo 23. Il comma 6 dell’articolo 23, in particolare, dispone che, in caso di falsa attestazione” del professionista, il funzionario comunale ha l’obbligo di inoltrare segnalazione informativa all’autorità giudiziaria, sicché è evidente che la falsa attestazione in parola, riferita dal comma 6, alla assenza di una o più delle condizioni stabilite , risulta strettamente correlata alle prescrizioni poste dal 1 comma del medesimo articolo 23, ove la relazione del progettista integra la dichiarazione stessa di inizio attività, che è atto dotato di piena autonomia. Dalla delineata costruzione della DIA, come atto fidefaciente a prescindere dal controllo della P.A. e riconnesso alla delega di potestà pubblica ad un soggetto qualificato, discende che la relazione asseverativa del progettista, sulla quale si fonda l’eliminazione dell’intermediazione del potere autorizzatorio dell’attività del privato da parte della pubblica amministrazione, assume valore sostitutivo del provvedimento amministrativo e quindi certificativo”. 4.1 In conclusione, sulla base dell’assetto normativo vigente ed alla stregua delle argomentazioni dianzi svolte, deve ribadirsi il principio secondo il quale - la relazione di accompagnamento alla DIA edilizia che costituisce parte integrante ed essenziale della dichiarazione stessa di inizio dell’attività ha natura di certificato” per quanto riguarda sia la descrizione dello stato attuate dei luoghi, sia la ricognizione degli eventuali vincoli esistenti sull’area o sull’immobile interessati dall’intervento, sia la rappresentazione delle opere che si intende realizzare e l’attestazione della conformità delle stesse agli strumenti urbanistici ed al regolamento edilizia. 5. Nella fattispecie in esame, l’imputato - Nella relazione allegata alla DIA del 28.8.2003 ha descritto la prevista realizzazione di opere di manutenzione straordinaria e non di conservazione detto status quo di un edificio ormai sostanzialmente diritto in tal modo - secondo la giurisprudenza costante di questa Corte - ha reso una falsa certificazione” riferita alla descrizione detto stato dei luoghi antecedente alle opere da realizzare. Irrilevante è la circostanza della mancata esecuzione dei lavori denunziati dovuta at fatto che, in seguito ad un controllo detta DIA, il responsabile del procedimento aveva richiesto una relazione integrativa , poiché li reato deve ritenersi consumato con la presentazione detta denuncia. - Nella successiva relazione allegata alla richiesta di permesso di costruire ha inquadrato le opere da realizzare nella tipologia della ristrutturazione a fronte di una situazione di fatto ove la realizzabitità di un intervento siffatto era vietata proprio dallo stato di rudere del fabbricato. Secondo costante orientamento giurisprudenziale, invero, la ricostruzione su ruderi costituisce sempre nuova costruzione”, in quanto il concetto di ristrutturazione edilizia postula necessariamente la preesistenza di un organismo edilizio dotato dette murature perimetrali, strutture orizzontali e copertura. In mancanza di tali elementi strutturali non è possibile valutare l’esistenza e la consistenza dell’edificio da consolidare ed i ruderi non possono che considerarsi alla stregua di un’area non edificata vedi Cass., Sez. 3^ 21.10.2008, numero 42521, Valeri 24.9.2008, numero 36542, Verdi 23.1.2007, Meli 13.1.2006, Polverino 4,2.2003, Pellegrino e 20.2.2001, Perfetti nonché C. Stato, Sez. 4^ 26.2.2008, numero 681 15.9.2006, numero 5375 e C. Stato, Sez. 5^ 28.5.2004, numero 3452 15.4.2004, numero 2142 1.12.1999, numero 2021 4.8.1999, numero 398 10.3.1997, numero 240 . Nella specie si e fatto surrettiziamente ricorso alla tipologia della ristrutturazione perché la realizzazione di una nuova costruzione residenziale non era consentita in area classificata come zona agricola dallo strumento urbanistico vigente. 6. Quanto alla individuazione dello stato di “rudere del manufatto, i giudici del merito, con argomentazioni puntualmente riferite agli elementi di prova raccolti in particolare at sopralluogo effettuato dai vigili edilizi il 16.1.2004 , hanno accertato che il tetto non era più esistente e si intravedevano solo tracce di muri perimetrali. Il ricorso si limita a confutare tale ricostruzione detta vicenda senza alcuna specificazione tecnica, svolgendo censure in fatto del provvedimento impugnato. Le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi detta ricostruzione fattuale dell’episodio non sono proponibili - però - nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionate della decisione sia sorretta, come netta specie, da logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi di prova acquisiti, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione dei fatto, e, con essa, il riesame nel merito del provvedimento impugnato. 7. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, numero 186 detta Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria detta stessa segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. penumero , l’onere delle spese del procedimento nonché quello dei versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed ai versamento detta somma di Euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.