Coniugi si separano, si riconciliano, si riseparano: il mantenimento non è dovuto per il periodo di ripresa convivenza

La riconciliazione successiva al provvedimento di omologazione della separazione consensuale determina la cessazione degli effetti della precedente separazione, con caducazione del provvedimento di omologazione, a far data dal ripristino della convivenza spirituale e materiale.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 19541, depositata il 26 agosto 2013. Il caso. Il Tribunale aveva omologato la separazione consensuale tra due coniugi, con l’imposizione al marito del pagamento di una somma mensile l’uomo, dopo un breve periodo di separazione, si era riconciliato con la moglie e aveva ripreso la normale convivenza nella casa coniugale, che si era protratta per diversi anni. In seguito a una nuova rottura, la moglie aveva intimato all’ ex il pagamento di una cospicua somma, oltre agli interessi, con conseguente notifica dell’atto di pignoramento. Il coniuge aveva proposto opposizione all’esecuzione avviata nei suoi confronti, lamentando che le somme intimate erano illegittime, in quanto concernenti il periodo in cui era cessato lo stato di separazione. In esito al giudizio, il Tribunale aveva accolto in parte l’opposizione, dichiarato la nullità del pignoramento e l’inefficacia dell’ordinanza di assegnazione per la parte non ancora eseguita, compensato le spese. Avverso questa sentenza, il marito ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente trascurato che l’ordinanza di assegnazione doveva ritenersi inefficace integralmente e ab initio . La Suprema Corte ha ritenuto la doglianza infondata, affermando che la riconciliazione successiva al provvedimento di omologazione ne determina la caducazione. Piazza Cavour ha sottolineato da ciò deriva che, in caso di una successiva separazione, occorre una nuova regolamentazione dei rapporti economici tra i coniugi in virtù di un ulteriore provvedimento e il giudice, in tale ipotesi, dovrà procedere a una nuova valutazione della situazione economico-patrimoniale dei coniugi tenendo conto delle eventuali sopravvenienze e – quindi – anche delle disponibilità acquisite per effetto della precedente separazione . Non c’è vizio se la decisione, adottata in contrasto con la pretesa della parte, ne esprime sostanzialmente il rigetto. Infine, il S.C. si è pronunciato sull’ulteriore censura del ricorrente, in base alla quale il Tribunale avrebbe errato nella parte in cui, valutata la possibilità di emettere una condanna alla restituzione, ha poi omesso di pronunciare sul punto neanche nella forma di condanna generica, essendosi formata la prova dell’importo dovuto attraverso la mancata contestazione dello stesso e l’ammissione implicita in alcuni scritti depositati. I giudici di legittimità hanno considerato infondata anche questa censura. Infatti, essi hanno ricordato che non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice nel dispositivo a integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Infatti, la Corte ha precisato che, nella specie, le parti non hanno allegato al proprio fascicolo il precetto posto a base dell’azione esecutiva, sì da consentire la verifica dell’importo richiesto per il periodo di ripresa della convivenza, indubbiamente indebito, e per il periodo di successiva separazione, che il giudice della nuova separazione dovrà valutare ai fini del regime economico dei coniugi .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 giugno - 26 agosto 2013, n. 19541 Presidente Berruti – Relatore Carleo Svolgimento del processo Con ricorso del 20/11/2003 P.P.A. , premesso che il Tribunale di Matera in data 7.1.1997, aveva omologato la sua separazione consensuale dalla moglie Z.T. , imponendogli il pagamento della somma mensile di Euro 206,58 che dopo un breve periodo di separazione si era riconciliato con la moglie ed aveva ripreso la normale convivenza nella casa coniugale, protrattasi sino al giugno 2000 che in data 3/1/2003 la Z. gli aveva intimato il pagamento della somma di Euro 10.640,42, oltre ed interessi che successivamente gli era stato notificato atto di pignoramento ai sensi dell'articolo 543 c.p.c. presso il Comando dei Carabinieri di Bari ove prestava servizio che le somme intimate erano illegittime, in quanto concernenti il periodo in cui era cessato lo stato di separazione che si era opposto alla domanda di divorzio proposta nelle more dal coniuge poiché, in ragione della accennata ripresa della convivenza, non era decorso il triennio di separazione. Ciò premesso, proponeva opposizione all'esecuzione avviata nei suoi confronti. In esito al giudizio, in cui si costituiva la Z. deducendo l'infondatezza dell'opposizione, il Tribunale di Bari con sentenza depositata in data 24.1.2007 accoglieva in parte l'opposizione, dichiarava la nullità del pignoramento, dichiarava inefficace l'ordinanza di assegnazione per la parte non ancora eseguita, compensava le spese. Avverso la detta sentenza il P. ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi. Motivi della decisione Con la prima doglianza, deducendo l'incompletezza ed illogicità della motivazione, il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale, dopo aver premesso che il decreto di omologazione della separazione era stato travolto dagli effetti dell'avvenuta riconciliazione tra i coniugi, ha statuito che l'ordinanza di assegnazione era divenuta inefficace solo nella parte in cui non aveva avuto attuazione, consentendo in tal modo alla Z. di proseguire l'azione esecutiva, senza spiegare le ragioni giuridiche poste a base di tale statuizione. Con la seconda doglianza, svolta per violazione degli artt. 154 e 2909 cc, il ricorrente ha lamentato che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente trascurato che l'ordinanza di assegnazione doveva ritenersi inefficace integralmente ed ab initio . I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, sono entrambi infondati. Ed invero, la riconciliazione successiva al provvedimento di omologazione della separazione consensuale, ai sensi dell'articolo 157 cod. civ., determina la cessazione degli effetti della precedente separazione, con caducazione del provvedimento di omologazione, a far data dal ripristino della convivenza spirituale e materiale, propria delle vita coniugale. Ne deriva che, in caso di una successiva separazione, occorre una nuova regolamentazione dei rapporti economici tra i coniugi in virtù di un ulteriore provvedimento ed il giudice, in tale ipotesi, dovrà procedere ad una nuova valutazione della situazione economico-patrimoniale dei coniugi tenendo conto delle eventuali sopravvenienze e quindi - anche delle disponibilità acquisite per effetto della precedente separazione. Ne deriva l'infondatezza delle censure in esame. Passando alla terza doglianza, per violazione dell'articolo 112 c.p.c., va osservato che il ricorrente lamenta l'omessa pronuncia circa la domanda di condanna alla restituzione delle somme percepite fino a quel momento dalla Z. mentre con la quarta doglianza, ugualmente svolta per violazione dell'articolo 112 c.p.c. nonché per violazione dell'articolo 2697 cc, deduce che il Tribunale avrebbe errato nella parte in cui, valutata la possibilità di emettere una condanna alla restituzione, ha poi omesso di pronunciare sul punto neanche nella forma di condanna generica, essendosi formata la prova dell'importo dovuto attraverso la mancata contestazione dello stesso e l'ammissione implicita in alcuni scritti depositati. Entrambe le censure sono infondate. Ed invero, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice nel dispositivo, essendo necessario la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne esprima sostanzialmente il rigetto nell'ambito della motivazione spiegando, come è avvenuto nella specie, che le parti non hanno allegato al proprio fascicolo il precetto posto a base dell'azione esecutiva, sì da consentire la verifica dell'importo richiesto per il periodo di ripresa della convivenza, indubbiamente indebito, e per il periodo di successiva separazione, che il giudice della nuova separazione dovrà valutare ai fini del regime economico dei coniugi. L'esatta portata dell'obbligo di restituzione, nell'odierno giudizio non provato in relazione al periodo di ripresa della convivenza, potrà dunque essere congruamente valutato nella detta sede v. pag.6 . Resta da esaminare l'ultimo motivo, svolto per illogicità della motivazione, con cui il ricorrente si è infine doluto in ordine alla compensazione delle spese sulla base della intervenuta caducazione del titolo trascurando la responsabilità della Z. che, consapevole dell'invalidità, ha comunque dato luogo all'esecuzione. Anche tale censura appare infondata. Ed invero, deve richiamarsi l'attenzione sul rilievo che, ad avviso del giudice impugnato, l'integrale compensazione delle spese era giustificata dalla caducazione del titolo azionato, avvenuta in pendenza del giudizio in questione. La motivazione appare pertanto assolutamente logica ed esaustiva consentendo di desumere le ragioni giustificatrici della decisione. Del resto, è appena il caso di sottolineare che, in materia di governo di spese, la valutazione operata dal giudice di merito può essere censurata in cassazione solo se le spese sono poste a carico della parte totalmente vittoriosa ovvero quando la motivazione sia tale da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale. Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato, senza che occorra provvedere sulle spese in quanto la parte vittoriosa, non essendosi costituita, non ne ha sopportate. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.