È sufficiente l’immediata informazione del detenuto circa l’esistenza del provvedimento di trattenimento

Nel procedimento di controllo della corrispondenza dei detenuti e degli internati non sussiste un diritto dell’interessato o del difensore alla visione e alla estrazione di copia della comunicazione epistolare trattenuta.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 30731, depositata il 17 luglio 2013. Missiva trattenuta senza la comunicazione del nome del mittente. Il Tribunale di sorveglianza aveva respinto il reclamo proposto da un detenuto avverso il decreto che aveva disposto il trattenimento della corrispondenza allo stesso diretta, perché destinata ad altra persona ristretta in stato di detenzione e svolta con modalità inusuali. Contro tale ordinanza il detenuto ha proposto ricorso per cassazione, deducendo che non vi è alcuna norma che escluda la possibilità di scrivere ad altro detenuto e che è presumibile che la missiva sia stata mandata da uno dei suoi numerosi nipoti, che sono detenuti normali e in celle comuni con altri detenuti. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo primariamente il quadro normativo in materia. Secondo l’art. 18 -ter Ord. Pen., sia le limitazioni e le censure visto di controllo , sia i provvedimenti di trattenimento possono essere adottati esclusivamente per esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza e di ordine dell’istituto, e in forza di decreto motivato del giudice, su richiesta del pubblico ministero o su proposta del direttore dell’istituto. Tale norma deve essere coordinata con l’art. 41 -bis , comma 2, Ord. Pen., che, nel disciplinare le limitazioni cui può essere sottoposto il detenuto che si trovi in regime penitenziario differenziato – come il detenuto nel caso di specie -, prevede espressamente la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza per esigenze di ordine o di sicurezza e per impedire i collegamenti del detenuto con le organizzazioni criminali esterne, di cui sia ritenuto tuttora intraneo. Non sussiste un diritto del detenuto alla visione della comunicazione epistolare trattenuta . Il S.C., inoltre, ha sottolineato la mancanza di una disposizione che contempli il diritto del detenuto alla visione della comunicazione epistolare trattenuta e che la stessa ragion d’essere dell’istituto del controllo/trattenimento della corrispondenza contraddicono la possibilità che il provvedimento censorio possa essere sostanzialmente caducato mediante l’accesso, in sede giurisdizionale di reclamo, alla stessa comunicazione epistolare trattenuta, poiché tale accesso, se consentito, renderebbe inutile la stessa decisione del giudice sul gravame. Per gli Ermellini, l’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione di tali principi, poiché, nel rilevare la ritualità del procedimento seguito, ha rimarcato la tesi della mera immediata informazione del detenuto circa l’esistenza del provvedimento di trattenimento della corrispondenza. Infatti, secondo Piazza Cavour, la stessa ordinanza, esaminando il merito del provvedimento reclamato, ha reso una motivazione compiuta e logicamente argomentata, avendo rappresentato che al reclamante era stata inoltrata una missiva riguardante un altro soggetto detenuto e una terza persona, e che tale particolarità e le modalità inusuali adottate, segnalate dagli organi competenti, giustificavano la condivisione delle ragioni del disposto trattenimento, oggetto di contestazione.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 9 gennaio - 17 luglio 2013, n. 30731 Presidente Siotto – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza dell'8 marzo 2012 il Tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto il reclamo proposto da G.V. , detenuto presso la Casa di reclusione di Milano, avverso il decreto del 25 novembre 2011 del Magistrato di sorveglianza di Milano, che aveva disposto il trattenimento della corrispondenza allo stesso diretta, perché destinata ad altra persona ristretta in stato di detenzione e svolta con modalità inusuali. Il Tribunale, a ragione della decisione, rilevava che - l'art. 18 ter, comma 5, Ord. Pen. stabiliva semplicemente la immediata informazione del detenuto circa l'emissione del provvedimento di trattenimento della corrispondenza, senza nulla aggiungere circa le formalità di adempimento dell'obbligo né prevedere l'obbligo della consegna del provvedimento - conseguiva alla tesi della mera informazione circa l'esistenza del provvedimento la natura del reclamo quale generica richiesta di revisione integrale del provvedimento stesso - andava confermato, nel merito, il provvedimento reclamato alla luce delle sue motivazioni e della particolarità dell'inoltro al reclamante di una missiva riguardante altro soggetto detenuto e una terza persona. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente il condannato, che ne chiede l'annullamento sulla base di due motivi. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione o erronea applicazione di legge con riferimento all'art. 18-ter Ord. Pen., deducendo che non vi è alcuna norma che esclude la possibilità di scrivere ad altro detenuto e che è presumibile che la missiva sia stata mandata da uno dei suoi numerosi nipoti, che sono detenuti normali e in celle comuni con altri detenuti. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost. per non essere stato messo in condizioni di difendersi, in mancanza della comunicazione del nome del mittente della missiva, e rappresenta che, trovandosi sottoposto al regime penitenziario differenziato di cui all'art. 41-bis Ord. Pen. da venti anni, è la prima volta che una missiva gli è stata trattenuta senza la comunicazione del nome del mittente. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è destituito di fondamento. 1.1. La disciplina delle limitazioni e dei controlli della corrispondenza nei confronti di persone soggette a restrizione della libertà personale è regolata dall'art. 18-terOrd. Pen., Introdotto dall'art. 1 legge n. 95 del 2004. La indicata disposizione stabilisce, come regola generale, che sia le limitazioni e le censure visto di controllo , disciplinate dai commi da 1 a 4, sia i provvedimenti di trattenimento, previsti dal comma 5, possono essere adottati esclusivamente per esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza e di ordine dell'istituto comma 1 , e in forza di decreto motivato del giudice, su richiesta del pubblico ministero o su proposta del direttore dell'istituto comma 3 . Relativamente alla procedura da seguire, ove sia proposto reclamo avverso detti provvedimenti, il sesto comma della medesima disposizione prevede che, per quanto non diversamente disposto, in relazione al procedimento instaurato a seguito del reclamo proposto nel rispetto dell'iter delineato dall'art. 14-ter Ord. Pen., trovano applicazione le disposizioni dell'art. 666 cod. proc. pen La norma di cui al richiamato art.l8-ter Ord. Pen. deve essere, inoltre, necessariamente coordinata con l’art. 41-bis, comma 2, Ord. Pen., che, nel disciplinare le limitazioni cui può essere sottoposto il detenuto che si trovi in regime penitenziario differenziato, prevede espressamente al comma 2-quater, lett. e , la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza per esigenze di ordine o di sicurezza pubblica e per impedire i collegamenti del detenuto con le organizzazioni criminali esterne, di cui sia ritenuto tuttora intraneo. 1.2. Questa Corte ha più volte affermato che nel procedimento di controllo della corrispondenza dei detenuti e degli internati non sussiste un diritto dell'interessato o del difensore alla visione e alla estrazione di copia della comunicazione epistolare trattenuta tra le altre, Sez. 1, n. 38632 del 23/09/2010, dep. 03/11/2010, Bosti, Rv. 248677 Sez. 1, n. 7505 del 25 ottobre 2011, dep. 25/02/2011, Triglia, Rv. 249803 Sez. 1, n. 47748 del 05/12/2011, dep. 21/12/2011, Lo Piccolo, Rv. 252188 . Tale orientamento, condiviso dal Collegio, è correlato, da un lato, alla mancanza di alcuna disposizione che contempli il predetto diritto, e, dall'altro lato e soprattutto, al rilievo che la positiva disciplina e la stessa ragione d'essere dell'istituto del controllo/trattenimento della corrispondenza contraddicono la possibilità che il provvedimento censorio possa essere sostanzialmente caducato mediante l'accesso, in sede giurisdizionale di reclamo, alla stessa comunicazione epistolare trattenuta, poiché tale accesso, se consentito, renderebbe inutile la stessa decisione del giudice sul gravame. 1.3. L'ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione di tali principi, poiché, nel rilevare la ritualità del procedimento seguito, ha rimarcato la tesi della mera immediata informazione del detenuto circa l'esistenza del provvedimento di trattenimento della corrispondenza, e ha richiamato i lavori preparatori alla norma nella parte in cui hanno prospettato la natura del reclamo in materia quale generica richiesta di revisione integrale del provvedimento . La stessa ordinanza, esaminando il merito del provvedimento reclamato, ha reso una motivazione compiuta e logicamente argomentata, avendo rappresentato, con apprezzamenti di merito congrui ai dati fattuali richiamati e non implausibili rispetto allo specifico caso concreto, che al reclamante era stata inoltrata una missiva riguardante un altro soggetto detenuto e una terza persona, e che tale particolarità e le modalità inusuali adottate, segnalate dagli organi competenti, giustificavano la condivislone delle ragioni del disposto trattenimento, oggetto di contestazione. 1.4. Tale percorso valutativo, esente da vizi logici e giuridici, resiste alle censure difensive, che, mentre genericamente deducono, in contrasto con i richiamati principi di diritto cui non oppongono alcuna diversa ragionevole lettura del quadro normativo, la insussistenza di limitazioni al libero esercizio del diritto di comunicazione e il pregiudizio derivante all'esercizio del diritto di difesa dalla omessa comunicazione del mittente, omettono di muovere alcuna specifica critica al discorso giustificativo della decisione, ignorando le ragioni in essa esplicitate, introducendo aspecifici riferimenti allo stato detentivo dei numerosi nipoti, non refluente sulle medesime, e a differenti determinazioni di altre autorità giudiziarie, non specificamente indicate, e prospettando diversa, non consentita in sede di legittimità, rilettura dei dati fattuali. 2. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.