Il patto parasociale che regolamenta la costituzione di una nuova società è contratto a favore del terzo

L'adempimento del patto parasociale può essere chiesto dai soci anche quando essi siano soggetti diversi da quelli che lo hanno stipulato.

Nella fattispecie astratta del contratto a favore di terzo, i soggetti interessati al suo corretto adempimento sono i soggetti che l'hanno stipulato ed il beneficiario. Quando il beneficiario risulta essere una società, titolare del diritto è la persona giuridica, quindi, le mutazioni interne della compagine societaria restano totalmente irrilevanti. Il caso. Due parti si accordavano per attuare una joint-venture la prima parte, a tal fine, costituiva una nuova società. Le parti sottoscrivevano un protocollo d'intesa in ragione del quale la prima si impegnava a cedere alla seconda una quota del capitale sociale della società costituita per attuare la joint-venture, mentre, la seconda parte avrebbe apportato capitale funzionale al perseguimento dell'oggetto sociale rami d'azienda . All'interno della costituenda compagine societaria, il cedente avrebbe rivestito il ruolo di socio minoritario mentre l'acquirente avrebbe svolto ruolo di maggior azionista. Il predetto accordo, prevedeva la costituzione di un consiglio di amministrazione di tre membri, due scelti dalla maggioranza ed uno dalla minoranza, quest'ultimo con funzioni di amministratore delegato. Il socio maggioritario non conferiva i rami d'azienda e si mostrava inadempiente rispetto al protocollo d'intesa, inoltre, il CDA approvava una delibera con cui autorizzava un'azione di responsabilità contro l'AD. La prima società, socio minoritario, conveniva in giudizio il socio di maggioranza affinché, previo revoca della delibera assunta dal CDA, fosse condannato al rispetto del protocollo d'intesa e quindi ad eseguire i conferimenti dovuti nonché a risarcire i danni arrecati. Il tribunale scindeva il giudizio in due processi, uno riferito alla richiesta di revoca della delibera assembleare ed uno riferito alla richiesta di adempimento dei patti parasociali e conseguente risarcimento dei danni. Quanto al secondo, il giudice, accoglieva la domanda, condannava il convenuto ad eseguire i conferimenti mentre rigettava la richiesta di risarcimento danni. La corte d'appello, confermava il giudizio di primo grado ed individuava i criteri in ragione dei quali dovevano essere materialmente eseguiti i conferimenti. Parte convenuta, socio maggioritario inadempiente, proponeva ricorso per cassazione. Foro convenzionale e cumulo soggettivo delle domande. Il protocollo d'intesa conteneva una clausola con cui le parti individuavano il foro convenzionale, tuttavia, il processo interessava - a vario titolo - più soggetti, quindi, si trattava di cumulo soggettivo delle domande. In tali circostanze, la deroga convenzionale alla competenza per territorio non opera nel caso di cumulo soggettivo di domande Cass. n. 576/2013 . Così motivando, la S.C. ha ritenuto competente il giudice originariamente adito anche se diverso da quello individuato convenzionalmente dalle parti. Patto parasociale e legittimazione attiva. Il patto parasociale, nel caso di specie, è qualificabile come contratto a favore di terzi, atteso che risultava finalizzato alla costituzione di una persona giuridica terza rispetto ai fondatori. I soggetti interessati devono essere individuati nei soci fondatori della costituenda società destinata ad attuare la joint-venture nonché nel socio che si era impegnato ad acquistare quote del capitale sociale mediante conferimenti. Dunque, i titolari dei diritti della nuova società, compresa la legittimazione attiva, risultano essere tanto i soci fondatori quanto i soci effettivi della nuova compagine. Il patto parasociale è valido anche se i soci fondatori cedono le rispettive quote. Parte convenuta sosteneva che il patto parasociale intercorreva tra lei ed i soci fondatori, dunque, venuti meno i secondi, il patto parasociale doveva ritenersi posto nel nulla. La S.C. ha rigettato detta doglianza, chiarendo che il patto parasociale è contratto a favore di terzo, che il terzo beneficiario è individuato nella società costituita, che potenziali soggetti interessati alla concreta esecuzione del patto sono i fondatori, il terzo società costituita e i soci effettivi della nuova società, quindi, le eventuali mutazioni interne della compagine societaria non incidono sulla validità del predetto patto. Lo stipulante può chiedere l'adempimento del patto parasociale anche a fronte della rinuncia del terzo. Parte convenuta eccepisce l'infondatezza della domanda avversaria rilevando che il terzo beneficiario aveva espressamente rinunciato ai conferimenti. La S.C. ha rigettato detta doglianza per due motivi. Il primo la rinuncia è stata espressa dal C.D.A. che tuttavia non era legittimato a compiere tale atto, atteso che si trattava di disposizione del patrimonio sociale che è materia riservata all'assemblea dei soci, il secondo ex art. 1411, comma 3, c.c. il terzo beneficiario può rifiutare la prestazione che, però, resta a beneficio dello stipulante nel caso de quo individuato dal socio fondatore . Sul punto, osserva la Cassazione, per rinuncia si deve intendere un formale e motivato divieto del terzo a ricevere la prestazione che deve risultare non in contrasto con l'interesse dello stipulante. Dunque, la rinuncia non esclude il diritto dello stipulante di chiedere ed ottenere comunque l'esecuzione della medesima prestazione che il terzo beneficiario ha rifiutato. E' fondata la richiesta di risarcimento dei danni scaturenti dalla mancata esecuzione dei conferimenti. La corte territoriale aveva escluso il diritto al risarcimento dei danni scaturenti dall'inadempimento affermando che la domanda con cui si chiede l'adempimento di una prestazione non è compatibile con la richiesta di risarcimento danni e che, al più, può essere azionata successivamente all'adempimento. La S.C. ha respinto detta motivazione e chiarito che la richiesta di risarcimento è svincolata da formule sacramentali e deve essere interpretata in ragione della causa petendi in concreto adottata. Inoltre, è certamente erroneo il principio enunciato dal giudice di merito secondo il quale la domanda risarcitoria può essere attivata soltanto dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Per le ragioni sin qui indicate, la S.C. ha rinviato la causa ad altra corte territoriale affinché decida la questione applicando i criteri testé enunciati.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 11 aprile - 11 luglio 2013, numero 17200 Presidente Rordorf – Relatore Bernabai Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 18 dicembre 1998 i sigg. F.E. , D. e R. , in proprio e nella rispettiva qualità di legali rappresentanti della Villa Anziani I s.s., Villa Anziani II s.s., Villa Anziani III s.s., Colfiorito 75 s.p.a., nonché la signora G R. e la Felgas s.r.l. in liq. d'ora in poi parte F. convenivano dinanzi al Tribunale di Roma la Tamoil Italia S.p.A. e la Feltam Sri., nonché il suo ex presidente, vicepresidente e consigliere di amministrazione, esponendo - che in data 6 marzo 1996 tra la Tamoil s.p.a. e gli attori era stato stipulato un protocollo d'intesa che prevedeva l'ingresso della prima nel capitale sociale di una società già costituita dagli attori, la cui denominazione era conseguentemente modificata in Feltam s.r.l. ai fini della costituzione di una joint-venture company, posseduta per l'80% dalla Tamoil e per il 20% dalla parte F. , destinata alla gestione e allo sviluppo di stazioni di servizio per la distribuzione di carburanti - che il protocollo contemplava il trasferimento di rami d'azienda, con i relativi decreti di concessione, in proporzione alle quote possedute dai soci, e quindi per la maggior parte a carico della Tamoil - che il patto parasociale sottoscritto contestualmente al protocollo d'intesa prevedeva, fra l'altro, un consiglio di amministrazione di tre membri, uno dei quali espressione della minoranza F. , investito delle funzioni di consigliere delegato - che, per contro, la Tamoil restava inadempiente dell'obbligo di trasferimento di 12 rami d'azienda, con le relative concessioni, nonché del patto parasociale, esautorando la parte F. tramite delibere del consiglio di amministrazione che svuotavano il ruolo di amministratore delegato riservatole fino a far approvare la delibera assembleare del 30 ottobre 1998 che revocava l'amministratore delegato, sig. E F. , nei cui confronti veniva autorizzata l'azione di responsabilità con motivazione pretestuosa. Tutto ciò premesso, chiedeva l'annullamento del delibere assembleari, l'adozione di una sentenza costitutiva dell'emendamento dello statuto della Feltam s.r.l. in conformità agli accordi parasociali, o in subordine la condanna della Tamoil a darvi esecuzione nonché la condanna di quest'ultima al trasferimento di numero 12 rami d'azienda con i relativi decreti di concessione e l'accertamento della sua responsabilità e dei consiglieri di amministrazione da essa designati con la conseguente condanna risarcimento dei danni e la risoluzione dell'obbligo di garanzia assunto dalla parte F. , in considerazione dell'altrui inadempienza. Dopo la costituzione in giudizio dei convenuti che resistevano alle domande, il tribunale, in accoglimento di una loro eccezione, separava la causa avente ad oggetto l'impugnazione delle delibere sociali dall'altra concernente la violazione dei patti parasociali. Questa proseguiva e veniva decisa con sentenza 11 ottobre 2001, con la quale il Tribunale di Roma dichiarava inammissibile la domanda di modifica della clausola statutaria e rigettava quella di risarcimento del danno mentre accoglieva la domanda di condanna al trasferimento di 12 rami d'azienda in favore della Feltam s.r.l., con i relativi decreti di concessione per l'esercizio della distribuzione di carburanti. Sui gravami hinc et inde proposti, la Corte d'appello di Roma con sentenza 7 dicembre 2005 riformava la decisione limitatamente al dispositivo di condanna al trasferimento di 12 rami di azienda, emendato con una pronuncia dichiarativa del relativo obbligo. Motivava - che era infondata l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla Tamoil in forza del foro convenzionale esclusivo di Milano stabilito nel patto parasociale, stante la connessione delle domande di condanna proposti nei suoi confronti con la domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di trasferimento di 12 rami d'azienda in favore della Feltam s.r.l., rimasta estranea al patto ed avente sede a Roma, oltre che con l'azione extracontrattuale di risarcimento di danni maturati in Roma - che, nel merito, l'adempimento del patto parasociale, configurabile come contratto in favore di terzo, poteva essere preteso anche dalla parte F. che lo avevano stipulato e non solo dalla Feltam s.r.l., beneficiarla - che la legittimazione attiva della parte F. non era venuta meno a seguito della cessione a terzi della quota di partecipazione nella Feltam s.r.l. sia perché mai iscritta nel libro-soci, sia perché lo stesso contratto era stato risolto per mutuo consenso con efficacia ex tunc - che non sussisteva l'eccepita nullità, per indeterminabilità dell'oggetto, della clausola di trasferimento dei rami di azienda, dal momento che la loro individuazione poteva avvenire nella fase esecutiva e che comunque il debitore di cosa generica era tenuto a prestarla in qualità non inferiore alla media, ai sensi dell'articolo 1178 cod. civile come confermato dal comportamento delle stesse parti, in occasione di un precedente trasferimento di otto impianti, e dalla stessa delibera del consiglio di amministrazione della Feltam s.r.l., in cui si dava atto della individuazione, da parte della Tamoil, di 10 dei 12 impianti da trasferire - che peraltro la volontà del debitore di adempiere non poteva essere surrogata da un provvedimento giudiziario diretto ad individuare i beni da alienare e doveva essere quindi riformata la sentenza di primo grado nella parte in cui si concludeva con una clausola di condanna ad un fare infungibile, da sostituire con l'accertamento dell'obbligo relativo. Avverso la sentenza, non notificata, la Tamoil Italia S.p.A. proponeva ricorso per cassazione, articolato in sei motivi e notificato il 18 gennaio 2007. Deduceva 1 la violazione di legge e la carenza di motivazione in ordine alla ritenuta competenza del tribunale di Roma, nonostante la previsione del foro convenzionale esclusivo di Milano 2 la violazione degli articoli 1411 codice civile e 81 codice procedura civile, nonché la carenza di motivazione nell'affermazione della legittimazione attiva dei sigg. F. a pretendere l'adempimento del patto parasociale nella parte in cui prevedeva una prestazione in favore della Feltam, senza essere sostituti processuali di quest'ultima 3 la falsa applicazione dei principi di diritto in tema di patti collegati e la motivazione contraddittoria nel ritenere la perdurante validità del patto parasociale nonostante la cessione, da parte dei sigg. F. , delle proprie partecipazioni nella Feltam 4 la violazione dei principi di diritto in tema di nullità dei contratti per indeterminabilità dell'oggetto e la carenza di motivazione laddove era stata ritenuta valida l'obbligazione di conferire alla Feltam 12 punti vendita non individuati. 5 la violazione dell'articolo 342 cod. proc. civ. e la carenza di motivazione nella parte in cui la corte territoriale aveva ritenuto privo del requisito di specificità il motivo di gravame con cui si deduceva l'inadempimento dei F. 6 la violazione dei principi in tema di poteri assembleari e consiliari nelle società di capitali e la carenza di motivazione della ritenuta irrilevanza della dichiarazione della Feltam di rinunziare ad avvalersi del patto parasociale contenente l'obbligazione di trasferimento. Resisteva con controricorso la Feltam s.r.l. che proponeva altresì ricorso incidentale, in un unico motivo, in ordine alla riforma della decisione di primo grado, mediante sostituzione della condanna al trasferimento dei 12 punti vendita con una sentenza di mero accertamento. La parte F. resisteva con controricorso e svolgeva a sua volta ricorso incidentale in cui lamentava l'omessa dichiarazione di inammissibilità, per novità, ex articolo 345, secondo comma, cod. proc. civ., delle eccezioni di carenza di legittimazione attiva e di nullità dell'obbligazione di trasferimento per indeterminabilità dell'oggetto - pur respinte nel merito - sollevate dalla Tamoil solo in grado di appello. Con distinto ricorso, affidato a dieci motivi e notificato il 22 gennaio 2007 i sigg. F. e le originarie società attrici impugnavano la sentenza, deducendo 1 la violazione del giudicato esterno formatosi sull'accertamento, in un precedente giudizio tra le medesime parti, operato dal Tribunale di Roma con sentenza 26 giugno 2002, secondo cui i patti parasociali erano rimasti validi e vincolanti perché la cessione a terzi della partecipazione della Feltam s.r.l. non si era integrata con la iscrizione nel libro soci ed era stata inoltre risolta, successivamente, con effetto ex tunc . 2 l'omessa pronunzia della carenza di motivazione nell'omessa disamina del motivo di appello incidentale sulla nullità dell'eccezione di incompetenza sollevata dalla Tamoil solo dopo le eccezioni di merito 3 la carenza di motivazione nella ritenuta inammissibilità della sentenza di condanna ad un fare infungibile 4 il vizio di extrapetizione e l'omessa motivazione del rigetto della domanda di risarcimento del danno da mancato trasferimento dei dodici rami d'azienda 5 la violazione delle norme in tema di interpretazione negoziale e la carenza di motivazione nel ritenere nulla la clausola del patto parasociale che riservava la nomina del consigliere delegato al socio di minoranza 6 la carenza di motivazione nel rigetto della domanda di esecuzione in forma specifica del patto parasociale, nella parte in cui prevedeva la modificazione dello statuto 7 l'insufficiente e contraddittoria motivazione nel rigetto della domanda di danni da inadempimento dell'obbligo di nominare un consigliere delegato, quale espressione della minoranza e di modifica dello statuto sociale 8 la carenza di motivazione nell'affermazione che l'azione di danni nei confronti dei convenuti Tamoil, M. , Ra. e J. doveva essere proposta nel separato giudizio avente ad oggetto l'impugnazione delle delibere assembleari e consiliari della Feltam, o in alternativa, in un separato processo, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di annullamento 9 la carenza di motivazione nella mancata condanna dei sigg. M. e Ra. , quali consiglieri di amministrazione della Feltam, e del sig. Y. , quale vicepresidente della Tamoil, per violazione dei doveri di cooperazione e di buona fede 10 la violazione delle norme sull'interpretazione dei contratti. Resisteva con controricorso la Tamoil Italia. La parte F. e la Feltam s.r.l. in liq. depositavano, nei termini, memoria illustrativa ex articolo 378 cod. proc. civile. La prima eccepiva l’inammissibilità del ricorso Tamoil perché privo dell'esposizione dei fatti di causa articolo 366, primo comma, numero 3 cod. proc. civ. . All'udienza dell'11 aprile 2013 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate. Motivi della decisione Dev'essere preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi nnumero 3232, 4097, 7489 e 7674 R.G. 2007, concernenti tutti la medesima sentenza articolo 335 cod. proc. civ. . È infondata l'eccezione preliminare di rito sollevata dalla parte F. nella memoria ex articolo 378 cod. proc. civile, sotto il profilo dell'omessa esposizione sommaria dei fatti di causa, requisito prescritto dall'articolo 366, primo comma, numero 3, cod. proc. civile eccezione, corroborata dall'allegazione della precedente sentenza numero 16.335/2007 di questa Corte con cui si è dichiarato inammissibile, per la predetta ragione, il ricorso della Feltam s.r.l. in liq. avverso altra sentenza della Corte d'appello di Roma, emessa in data 29 aprile 2004 nell'ambito di un giudizio pendente tra le stesse parti. Il ricorso della Tamoil soddisfa, infatti, il requisito di legge, dal momento che, seppur apparentemente rinvii, in apertura, alla narrazione degli antefatti contenuta nella comparsa conclusionale del giudizio di appello - in ciò, riproducendo la medesima relatio formula ritenuta inammissibile da questa Corte nel precedente citato - contiene, poi, nel prosieguo narrativo, un'analitica descrizione dei fatti di causa - a partire dall'atto di citazione della parte F. , in primo grado - perfettamente corrispondente all'archetipo legale. Passando ora alla disamina delle singole censure, si osserva come sia infondato il primo motivo, con cui si denunzia la violazione di legge e la carenza di motivazione in ordine alla ritenuta competenza del Tribunale di Roma. In tema di competenza territoriale, il foro convenzionale, pur se pattuito come esclusivo, resta derogabile per connessione oggettiva ai sensi dell'articolo 33 cod. proc. civile cosicché la parte che eccepisca, in forza di tale clausola, l'incompetenza del giudice adito, ha l'onere di dimostrarne l'incompetenza anche in base ai criteri generali di cui agli articoli 18 e 19 cod. proc. civile, richiamati dal successivo articolo 33 ai fini della modificazione della competenza per ragioni di connessione Cass., sez. 6 - 1, 11 gennaio 2013 numero 576 Cass., sez. 6 - 2, 5 novembre 2012, numero 18.967 . Né si può ritenere inapplicabile il predetto principio in ragione della carenza del presupposto della connessione, ai fini del cumulo soggettivo in una fattispecie sostanziale di contratto in favore di terzo, il beneficiario è litisconsorte necessario ove sia in discussione l'adempimento della prestazione promessa. Pertanto, la sede della Feltam s.r.l. in Roma consentiva la promozione del giudizio dinanzi al Tribunale di Roma, anziché di Milano, previsto quale foro convenzionale nelle cause tra i sigg. F. e la Tamoil Italia s.p.a Anche il secondo motivo - con cui si censura la ritenuta legittimazione attiva dei sigg. F. a pretendere l'adempimento dell'obbligo di una prestazione convenzionalmente prevista in favore della Feltam s.r.l. - è infondato. Il patto parasociale in forza del quale taluni soci si impegnano ad eseguire prestazioni a beneficio della società integra la fattispecie del contratto a favore di terzo articolo 1411 cod. civ. . Legittimati a pretenderne l'adempimento sono sia il terzo beneficiario - e cioè la società, che, con l'eventuale atto di citazione palesa la volontà di profittare del contratto - sia i soci stipulanti, moralmente ed economicamente interessati a che l'obbligazione sia adempiuta nei confronti della società di cui fanno parte Cass. 1 Marzo 1993 numero 2493 Cass., sez. 2, 22 giugno 1978 numero 3089 Cass., sez. 1 9 marzo 1973 numero 649 Cass., sez. 1, 29 luglio 1968 numero 2727 . Cade, quindi, anche la contraddittorietà di motivazione denunziata dai ricorrenti in relazione alla sentenza impugnata che, in conformità del predetto principio di diritto, ha ritenuto sussistente la legittimazione attiva nei confronti dei promittenti sia del terzo beneficiario Feltam s.r.l. , sia degli stipulanti parte F. . Con il terzo motivo si deduce la falsa applicazione di legge e la motivazione contraddittoria nel ritenere la perdurante validità del patto parasociale anche dopo la dismissione della partecipazione da parte dei soci stipulanti. Anche questa doglianza è infondata. Non è esatta la premessa, in sede dogmatica, che la validità del patto parasociale sia pregiudizialmente legata alla permanenza della qualità di socio degli stipulanti. Basti pensare, in tesi generale, al contratto in favore di terzi concluso contestualmente alla cessione delle partecipazioni sociali, con cui i vecchi soci si impegnano a porre in grado la società di pagare i debiti pregressi Cass. numero 2493/1993 cit. . Né si vede ragione per distinguere l'ipotesi in cui il socio successivamente uscito dalla società fosse non già l'obbligato, bensì il soggetto che poteva pretendere l'adempimento. Oltre ciò, la seconda ratio decidendi enunciata in motivazione - riguardante l'efficacia retroattiva della successiva risoluzione consensuale dell'alienazione della quota - appare conforme al principio generale di cui all'articolo 1458, primo comma, cod. civ., riconfermando, per altra via, la legittimazione attiva dei sigg. F. a pretendere la prestazione promessa dalla Tamoil in favore della Feltam s.r.l Con il quarto motivo si denunzia la violazione dei principi di diritto e la carenza di motivazione in tema di nullità dei contratti per indeterminabilità dell'oggetto. Il motivo è infondato. Non è affetta da nullità per indeterminabilità l'obbligazione generica avente ad oggetto la prestazione di cose indicate solo nel genere fattispecie, espressamente prevista dall'articolo 1178 cod. civile, in cui il debitore deve prestare cose di qualità non inferiore alla media. Per di più, la sentenza impugnata valorizza, ai fini dell'interpretazione del contratto, il comportamento delle parti anteriore all'insorgere della controversia articolo 1362, secondo comma, cod. civ. , mettendo in evidenza come analoga obbligazione fosse stata regolarmente adempiuta, in precedenza, mediante l'individuazione di otto rami di azienda e come risultasse dal verbale del consiglio di amministrazione della Feltam, in data 3 agosto 1998, che la Tamoil aveva già comunicato l'individuazione di 10 dei 12 rami d'azienda destinati al trasferimento, in esecuzione del patto parasociale. Anche la successiva doglianza, relativa alla dichiarazione di inammissibilità per carenza del requisito di specificità, ex articolo 342 cod. proc. civile, del motivo di gravame concernente l'inadempimento dei F. è infondato. È insegnamento consolidato che l'appello si configura come revisio prioris instantiae e deve essere quindi corredato della puntuale indicazione delle ragioni di critica mosse alla decisione impugnata. Non dunque, mero judicium novum in cui i motivi dedotti abbiano la sola funzione di devolvere i capi della sentenza sottoposte a riesame Cass., sez.3, 18 aprile 2007 numero 9244 . Nella specie, il giudice di primo grado aveva rigettato l'eccezione dilatoria ex articolo 1460 cod. civ. sollevata della Tamoil ritenendo provato l'adempimento dell'obbligo corrispettivo della parte F. . La mera reiterazione dell'eccezione, priva di argomenti di critica puntuale alla predetta ratio decidendi non soddisfa, quindi, il requisito prescritto dall'articolo 342 cod. proc. civ. Cass., sez. lavoro, 20 Marzo 2013 numero 6978 Cass., sez. 1, 11 ottobre 2006 numero 21816 Cass., sez. 1, 19 settembre 2006 numero 20261 . Né la Tamoil ha addotto, in ossequio al principio di autosufficienza, di aver invece analiticamente elencato rilievi critici alla statuizione medesima, non adeguatamente valutati dal giudice d'appello. Con l'ultimo motivo la Tamoil lamenta la violazione dei principi in tema di poteri assembleari e consiliari nelle società di capitali e la carenza di motivazione della ritenuta irrilevanza della dichiarazione della Feltam di rinunziare ad avvalersi del patto parasociale. Al riguardo si osserva come la statuizione impugnata poggi su una duplice ratio decidendi . Da un lato, si nega che l'eventuale dichiarazione della Feltam s.r.l. di non avvalersi della prestazione faccia venir meno l'obbligazione in questione, dal momento che l'esecuzione poteva essere egualmente pretesa dallo stipulante e cioè, dalla parte F. che non vi aveva parimenti rinunziato e dall'altro, si afferma che la rinunzia espressa dalla Feltam era inefficace perché promanante dagli amministratori, e non dall'assemblea, cui invece sarebbe spettata, vertendosi in tema di delibera incidente sul capitale sociale, o comunque sul patrimonio in entrambi le prospettazioni motive, prescindendosi dall'accertamento storico dell'effettiva rinunzia da parte della Feltam. La seconda argomentazione è certamente erronea, dal momento che rientra nei poteri degli amministratori un atto dispositivo di natura patrimoniale non eccedente i limiti dell'oggetto sociale in carenza della contraria allegazione di limiti derivanti dall'atto costitutivo, secondo la disciplina previgente alla riforma di cui al d. lgs. 6/2003, e sempre che gli stessi fossero opponibili artt. 2364, primo comma, numero 4, 2384 e 2384 bis cod. civile . Resiste invece alla censura, la prima statuizione. Nel contratto in favore di terzo, la persistenza dell'obbligazione, pur a seguito di valida rinunzia, è riconosciuta dall'articolo 1411, terzo comma, cod. civile, in favore dello stipulante, sempre che non risulti diversamente dalla volontà delle parti. Quando, tuttavia,come nella specie, questi abbia un interesse diretto all'adempimento in favore del terzo e non sussista un formale divieto di quest'ultimo alla prestazione nemo invitus locupletari potest - cosa diversa dalla rinuncia, che può essere mossa da svariati motivi, non sempre insindacabili in linea di principio articolo 524 cod. civ. , e comunque essere espressione di carenza di interesse, sopperibile con l'interesse diretto dello stipulante, se meritevole di tutela Cass. numero 2493/1993 cit. - resta legittima la pretesa all'adempimento della parte F. , titolare di una partecipazione nella società beneficiaria della prestazione promessa col patto parasociale. Il ricorso incidentale della parte F. - con cui si denunzia l'omessa pronunzia e la carenza di motivazione sulla dedotta inammissibilità, ex articolo 345, secondo comma, cod. proc. civile, delle avverse eccezioni di difetto di legittimazione attiva e di nullità dell'obbligo di trasferimento dei decreti di concessione per l'esercizio di stazioni di carburante, sollevate per la prima volta in grado d'appello - è infondato. La legitimatio ad causam si ricollega, infatti, al principio dettato dall'articolo 81 cod. proc. civile, secondo cui nessuno può far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio fuori dei casi espressamente previsti dalla legge. Trattandosi di materia attinente al contraddittorio, la norma, volta prevenire una sentenza inutiliter data , ne comporta la verifica, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, col solo limite della formazione del giudicato interno. È appena il caso di dire che, nella spederà carenza di legittimazione attiva era stata correttamente configurata come eccezione preliminare, non attenendo alla questione di merito della titolarità del diritto, con cui sovente viene confusa nella prassi Cass., sez. unite, 9 febbraio 2012, numero 1912 cassazione, sez. lavoro, 8 agosto 2012 numero 14.243 . Anche l'eccezione di nullità per indeterminabilità dell'oggetto, fuori dell'ipotesi di pronunzia esplicita di rigetto in primo grado, è rilevabile d'ufficio ai sensi dell'articolo 1421 cod. civile, senza soffrire preclusioni, non integrando un'eccezione in senso stretto, sempre che trovi fondamento su elementi già acquisiti al giudizio, come in questo caso Cass., sez. 1, 9 gennaio 2013, numero 350 Cass., sez.3, 22 marzo 2011 numero 6518 . Passando al ricorso autonomo di parte F. , si osserva come con il primo motivo, si deduce la violazione del giudicato esterno. Anche se si palesa infondata l'eccezione pregiudiziale di inammissibilità della censura - reiterata anche per i motivi successivi - per carenza del quesito di diritto, stante l'inapplicabilità ratione temporis dell'articolo 366 bis cod. proc. civ. - introdotto con il decreto legislativo 2 febbraio 2006 numero 40, articolo 6 , e vigente per le sentenze pubblicate a partire dal 2 marzo 2006 - il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, dal momento che non è riportato il testo della citata sentenza irrevocabile, emessa in separato giudizio, nella parte cui affermerebbe la perdurante efficacia dei patti parasociali. Anche il secondo motivo è inammissibile. I ricorrenti non deducono la preclusione per tardività dell'eccezione, bensì la semplice inversione dell'ordine logico nell'esposizione delle eccezioni preliminari di rito e di merito questione irrilevante, ben potendo il giudice esaminare d'ufficio, nell'ordine logico più confacente, le questioni sollevate, indipendentemente dalle priorità loro assegnate dalla parte. Con il terzo motivo si denunzia la carenza di motivazione della ritenuta inammissibilità della sentenza di condanna ad un fare infungibile, che ha portato la corte territoriale ad emendare il dispositivo con una pronuncia dichiarativa dell'obbligazione di trasferimento. La medesima censura è svolta nel ricorso incidentale della Feltam s.r.l. ed appare fondato. È ormai jus receptum che le obbligazioni aventi ad oggetto un fare in fungibile se non possono dar luogo ad esecuzione forzata diretta nemo ad factum cogi potest , non per questo soffrono limitazioni nel processo di cognizione. In nessun caso sarebbe stata preclusa, perché inutiliter data , la pronuncia di condanna non solo in quanto potenzialmente idonea a produrre i suoi effetti tipici, stimolando l'eventuale esecuzione volontaria da parte della debitrice, ma altresì perché produttiva di conseguenze risarcitone per equivalente, suscettibili di levitazione progressiva in caso di persistente inadempimento del debitore, eventualmente assistite da garanzia ipotecaria ex articolo 2818 cod. civ. giurisprudenza consolidata Cass., sez. lavoro, 26 novembre 2008, numero 28.274 Cass., sez. lavoro, 17 giugno 2004, numero 11.364 Cass., sez. 1, 1 dicembre 2000, numero 15.349 Cass., sez. 3, 13 ottobre 1997, numero 9957 . Del resto, ogni dubbio sull'ammissibilità, in subiecta materia , di una pronuncia di condanna è stato eliminato ex post dal legislatore con l'introduzione, con l. 18 giugno 2009, numero 69, dell'articolo 614 bis cod. proc. civ., Attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare nel terzo libro del codice di rito, dedicato al processo di esecuzione norma che, seppur inapplicabile, ratione temporis , alla fattispecie in esame, appare ricognitiva di un principio di diritto già affermato, come visto, in giurisprudenza Cass., sez. 1, 23 settembre 2011, numero 19.454 Cass., sez. 1, 1 dicembre 2000, numero 15.349 . Il quarto motivo, con cui si censura il vizio di extrapetizione e l'omessa motivazione del rigetto della domanda di risarcimento del danno da mancato trasferimento dei dodici rami d'azienda è pure fondato. La corte territoriale ha confermato la decisione di rigetto del risarcimento sul presupposto che l'obbligo di trasferimento potesse sempre essere rispettato dalla Tamoil onde l'unica voce di pregiudizio configurabile dipendeva dal ritardo nell'adempimento, non prospettato, nella specie. Tale statuizione si presta al rilievo critico che una domanda di danni va interpretata con riferimento alla causa petendi in concreto addotta, non essendo legata a formule sacramentali rigide. Il problema all'esame della corte d'appello di Roma era quindi quello di accertare se il risarcimento richiesto presupponesse la risoluzione del contratto - effettivamente non richiesta dalla parte F. - o fosse compatibile anche con una domanda di condanna all'adempimento, previo accertamento della perdurante obbligazione del trasferimento dei rami d'azienda. La sentenza contiene, inoltre, un'affermazione di principio certamente erronea e cioè, che solo dopo il passaggio in giudicato della pronuncia di condanna si potesse introdurre la domanda risarcitoria statuizione, oltretutto contraddittoria con la premessa della stessa corte secondo cui la Tamoil avrebbe sempre potuto rispettare l'obbligazione di trasferimento, una volta accertatane la perdurante vincolatività. Con il quinto motivo e settimo motivo, da esaminare congiuntamente per affinità di contenuto, si deduce la violazione delle norme in tema di interpretazione negoziale e la carenza di motivazione nel ritenere nulla la clausola del patto parasociale che riservava la nomina del consigliere delegato al socio di minoranza e il conseguente rigetto della domanda di danni da inosservanza del patto. Al riguardo si osserva che appare erronea, in effetti, la statuizione di nullità del patto parasociale. Anche anteriormente al decreto legislativo 6/2003, che ha dettato una disciplina specifica dei patti parasociali, riconoscendone espressamente la validità in linea di principio, doveva ritenersi valido il sindacato di voto nell'assemblea di una società di capitali chiamata a nominare gli amministratori, pur senza la predeterminazione di un termine di durata del vincolo restando fermo il carattere solo obbligatorio dello stesso, con conseguente risarcimento del danno in caso di inadempimento, in assenza di cause esimenti, contrariamente alla statuizione della corte territoriale Cass. sez. 1, 22 marzo 2010 numero 6898 Cass., sez. 1, 23 novembre 2001 numero 14.865 . Tuttavia a questa erronea enunciazione di principio la corte territoriale ha fatto seguire l'accertamento dell'inesistenza di alcun danno patito in concreto dai F. per effetto della nomina di un amministratore delegato espresso dalla minoranza e tale accertamento, contestato solo genericamente e nel merito, con riferimento alle contrarie risultanze documentali, depriva di rilevanza la denunziata violazione di legge. Pure inammissibile appare il sesto motivo con cui si lamenta l'insufficiente motivazione del rigetto della domanda di esecuzione in forma specifica del patto parasociale, nella parte in cui prevedeva la modificazione dello statuto. In realtà, la corte territoriale ha motivato il rigetto in considerazione della libertà della manifestazione di voto in assemblea. È appena il caso di aggiungere, in punto di diritto, che l'efficacia dei patti parasociali, di per sé validi, è puramente obbligatoria e non può dar luogo a tutela reale, quale la esecuzione in forma specifica dell'obbligo previsto. Con l'ottavo motivo si denunzia la carenza di motivazione nell'affermazione che l'azione di danni nei confronti dei convenuti Tamoil, M. , Ra. e J. doveva essere proposta nel separato giudizio avente ad oggetto l'impugnazione delle delibere assembleari e consiliari della Feltam, o in alternativa, in un separato processo, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di annullamento. Il motivo è fondato. Al riguardo, si osserva, in via preliminare, come non sia preclusiva l'erronea qualificazione della stessa come carenza di motivazione, anziché come violazione di legge, che non da luogo ad incertezze sull'identificazione dell'errore di diritto denunziato. In sede di edictio actionis gli attori avevano proposto in via cumulativa, domanda di annullamento delle delibere e domanda risarcitoria. A seguito della separazione dei giudizi disposta dal giudice istruttore, le domande di danni svolte nei confronti della Tamoil e degli altri convenuti non potevano che essere trattate nel Oj presente processo salva l'eventuale sospensione, ove si fosse ritenuta la sussistenza di un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra l'annullamento delle delibere causa pregiudiziale per abuso di maggioranza e la domanda di danni consequenziale. In nessun caso, peraltro, quest'ultima poteva essere rigettata, nel merito, come statuito in sentenza. Il nono motivo - con cui si denunzia la carenza di motivazione nella mancata condanna dei sigg. M. e Ra. , quali consiglieri di amministrazione della Feltam, e del sig. Y. , quale vicepresidente della Tamoil, per violazione dei doveri di cooperazione e di buona fede - è inammissibile, stante la sua genericità, privo com'è della riproduzione della domanda risarcitoria nella sua esatta prospettazione così da mettere in luce le ragioni per cui il preteso danno potesse essere imputato, in via diretta, ai consiglieri di amministrazione della Feltam ed al vicepresidente della Tamoil, e non solo alle società di appartenenza. L'ultimo motivo violazione delle norme sull'interpretazione dei contratti è pure inammissibile, risolvendosi in una difforme valutazione degli elementi di fatto apprezzati dalla corte territoriale in ordine alla inammissibilità della risoluzione parziale, riferita al patto di garanzia assunto dai F. e quindi in un sindacato di merito che non può trovare ingresso in questa sede. La sentenza dev'essere dunque cassata nei limiti delle censure accolte, con rinvio alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese della fase di legittimità. P.Q.M. - Riunisce i ricorsi - Rigetta il ricorso della Tamoil - Accoglie il ricorso incidentale della Feltam s.r.l in liquidazione - Rigetta il ricorso incidentale di parte F. - Dichiara inammissibili i motivi nnumero 1, 2, 5, 6, 7, 9 e 10 del ricorso di parte F. - Accoglie il terzo, quarto e ottavo motivo del ricorso di parte F. - cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese della fase di legittimità.