Cambiamenti, anche minimi, della “tabella di marcia” non sono graditi se forzati dall’esterno

Nel reato di atti persecutori, riguardo al cambiamento delle abitudini di vita, ciò che rileva non è la valutazione quantitativa, in termini orari, di tale variazioni, ma il significato e le conseguenze emotive di una condotta a cui la vittima senta di essere stata costretta.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza numero 24021, depositata il 9 giugno 2014. Il caso. La Corte d’appello di Genova condannava un uomo per il reato di atti persecutori, previsto dall’articolo 612-bis c.p L’imputato ricorreva in Cassazione, deducendo che il delitto di stalking è di evento e non di mera condotta, per cui, ai fini della dimostrazione della sua sussistenza, non ci si può basare unicamente sulla parola della presunta persona offesa. In più, il cambio delle abitudini di vita, previsto dalla norma, dovrebbe riguardare fatti significativi e non marginali del comportamento della vittima, per cui il fatto che, nel caso di specie, la persona offesa avesse modificato il proprio orario di uscita di casa solo di mezz’ora doveva essere considerato una circostanza irrilevante. Anche se minima, la variazione c’è. Per la Corte di Cassazione, però, riguardo al cambiamento delle abitudini di vita, ciò che rileva non è la valutazione quantitativa, in termini orari, di tale variazioni, ma il significato e le conseguenze emotive di una condotta a cui la vittima senta di essere stata costretta. La dichiarazione della vittima è una prova rilevante. Inoltre, il fatto che il reato di atti persecutori sia delitto di vento e non di mera condotta non esclude che la prova possa essere dedotta dalle parole della stessa vittima. Secondo la Corte, infatti, sono numerosi i delitti in cui l’unica prova può consistere nelle dichiarazioni della persona offesa, come nel caso dei reati a sfondo sessuale. Ciò che rileva è l’attendibilità della persona offesa e la credibilità del suo racconto. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 29 aprile – 9 giugno 2014, numero 24021 Presidente Marasca – Relatore Fumo Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe riportata, la corte d'appello di Genova, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha concesso la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna a G.V., confermando nel resto. G. è imputato di minaccia grave in danno di C.L., di lesioni aggravate in danno dello stesso e infine di atti persecutori e di ingiuria sempre nei confronti del C C. è il convivente della moglie separata dell'imputato. 2. Con il ricorso, il difensore deduce violazione di legge e carenze dell'apparato motivazionale con riferimento al delitto di cui all'articolo 612 bis cp, nonché in relazione al trattamento sanzionatorio. Si sostiene che male hanno fatto i giudici di merito a ritenere sussistente il delitto di atti persecutori, atteso che le condotte ascritte al ricorrente si sono sviluppate in un lungo arco temporale. Al proposito, la corte d'appello si è riportata alla sentenza di primo grado ed ha escluso la fondatezza della censura, assumendo che i reati dei capi A e B , vale a dire la minaccia grave e le lesioni, reati consumati nel 2008, sono al di fuori della contestazione del delitto di cui al capo C , appunto quello di cui all'articolo 612 bis, consumato dal luglio al settembre 2009. In realtà, la sentenza di primo grado assume il contrario, atteso che essa considera le condotte tenute nel 2009, ma anche quelle precedenti, scrivendo testualmente oltre alle ingiurie contenute nelle telefonate ricevute dal luglio 2009 , così indubbiamente significando di aver preso in considerazione l'intera condotta del G Ne deriva la contraddittorietà e la illogicità della motivazione della sentenza di secondo grado 2.1. Sotto altro aspetto, va considerato che il cosiddetto stalking è delitto di evento e non di mera condotta. Ne consegue che, per ritenerne la sussistenza, non ci si può basare unicamente sulla parola della presunta persona offesa. D'altra parte, per quel che riguarda il cambio di abitudini di vita, esso deve riguardare fatti significativi e non marginali del comportamento della vittima. Ne consegue che aver modificato il proprio orario di uscita di casa solo di mezz'ora, così come sostiene il C., appare circostanza dei tutto irrilevante. 2.2. Quanto alla mancata concessione delle attenuanti generiche, è evidente che, erroneamente, la corte d'appello non ha tenuto in nessun conto né la confessione resa dall'imputato, né il fatto che lo stesso è stato riconosciuto dal tribunale civile come un buon genitore. D'altra parte, le motivazioni poste alla base della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena contrastano con le motivazioni esibite per negare la concessione delle attenuanti generiche. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. Il ricorrente va condannato le spese del grado e al versamento di somma a favore della casa della mente. Si stima equo determinare detta somma nella misura di € 1000. 2. La prima censura riproduce integralmente censura già proposto alla corte d'appello e motivatamente respinta. Oltretutto essa è anche intrinsecamente incomprensibile, poiché, quand'anche si volesse considerare il solo 2009, non c'è dubbio che la condotta addebitata al ricorrente integrerebbe il delitto di cui all'articolo 612 bis cp. La questione relativa alla eventuale considerazione anche delle condotte precedenti è del tutto irrilevante, sia perché il delitto di atti persecutori fu introdotto appunto nel 2009, sia perché, al più, si dovrebbe ritenere che le condotte precedenti siano assorbite da quella successiva. Ma così non è, neanche a considerare il tenore letterale per come riportato dal ricorrente del passaggio della sentenza di primo grado, atteso che, proprio con l'espressione oltre alle ingiurie ecc si è voluto, ad evidenza, significare che il delitto di atti persecutori sussiste di per sé e che, inoltre e a fianco di esso , vanno considerate le ingiurie, le minacce, le lesioni precedentemente causate oltre nell'evidente significato di in più, inoltre, all'infuori di, eccetto, fuorché, tranne ecc. . 2.1. Quanto al cambiamento delle abitudini di vita, ciò che rileva non è la valutazione quantitativa, in termini orari, di tale variazione, ma il significato e le conseguenze emotive di una condotta alla quale la vittima sente di essere stata costretta. Il fatto poi che lo stalking sia reato di evento e non di pura condotta nulla ha a che vedere con il fatto che, nella maggior parte dei casi, la prova debba essere dedotta dalle parole della stessa vittima. Invero, è principio elementare quello in base al quale un fatto non va confuso con la sua prova. D'altra parte, non pochi sono i delitti con riferimento ai quali, in genere, l'unica prova consiste nelle dichiarazioni della persona offesa si pensi, ad esempio, a tutti i reati a sfondo sessuale . Ciò che dunque rileva è la attendibilità della persona offesa e la credibilità del suo racconto. Nel caso di specie, è indubbio che la condotta aggressiva del G. abbia lasciato tracce anche sul corpo della sua vittima, il che, evidentemente, ha contribuito a far maturare nei giudici di merito il convincimento della rispondenza al vero delle dichiarazioni del C 3. Quanto al trattamento sanzionatorio, il ricorrente evidentemente ignora ovvero ha letto con scarsa attenzione ciò che la corte scrive a pagina 9 della sua sentenza, circa l'intensità del dolo, la sua persistenza nel tempo, la natura -definita spregevole della condotta dell'imputato, il quale ebbe ad attribuire pretestuosamente alla persona offesa atteggiamenti non corretti nei confronti dei figli. A ciò è da aggiungere, oltretutto, la componente razzista delle contumelie indirizzate al C., definito calabrese di merda , l'inclinazione alla violenza dell'imputato, la natura davvero terrificante delle minacce rivolte. Né va dimenticato che il riconoscimento o il diniego delle attenuanti generiche rientra nell'ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l'adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo ASN 201041365-RV 248737 . 3.1. Conseguentemente, in caso di diniego delle predette circostanze, la motivazione può implicitamente ricavarsi anche mediante il raffronto con le considerazioni poste a fondamento del loro avvenuto riconoscimento, riguardo ad altre posizioni esaminate nella stessa sentenza nel caso in esame, alla Gavini , quando gli elementi oggetto di apprezzamento siano gli stessi la cui mancanza ha assunto efficacia determinante nell'ambito di una valutazione generalmente negativa ASN 201114556-RV 249731 . Non vi è poi contrasto tra il diniego di attenuanti generiche e la concessione dei benefici di legge, atteso che questi ultimi e in particolare la sospensione condizionale della pena hanno quale presupposto la previsione che l'imputato si asterrà, per il futuro, dal commettere altri reati. Il diniego di attenuanti generiche, viceversa, come premesso, è stato fondato sulla natura particolarmente grave delle modalità dei reati ascritti al ricorrente, anche in considerazione dell'indole particolarmente aggressiva mostrata dallo stesso. 3.2. Quanto alla confessione, evidentemente si dimentica nel ricorso che, per quel che si legge in sentenza, che espressioni di minaccia furono addirittura ascoltate in diretta dai carabinieri verbalizzanti, presso i quali il C. si era recato. In quel momento, infatti, lo stesso ricette sul suo cellulare una telefonata minacciosa da parte dell'imputato, che i militari poterono ascoltare perché era stato azionato il meccanismo del viva voce . La confessione dunque si manifesta come atto del tutto ultroneo e, in un certo senso, addirittura necessitato. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanne ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di € 1000 in favore della cassa delle ammende.