Doppia punibilità per chi produce e utilizza fatture false

Scatta una doppia condanna quando l’imprenditore emette e utilizza titoli inveritieri in favore di un’altra azienda di cui egli è amministratore. La deroga al concorso di persone nel reato, nel caso di fatture predisposte per operazioni inesistenti, non si applica infatti se le due attività fraudolente sono poste in essere dallo stesso individuo.

Il principio si legge nella recente sentenza numero 194247/12, depositata il 21 maggio dalla Terza sezione Penale della Corte di Cassazione. Problema interpretativo. I Giudici si trovano a dover armonizzare due norme del d.lgs. numero 74/00 l’articolo 2 punisce la «dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture false», l’articolo 8 prevede che la mera «emissione di fatture o altri documenti per operazioni esistenti» escluda il concorso reciproco nei reati tra l’emittente e l’utilizzatore. L’articolo 9 del medesimo d.lgs. sembra infatti essere stato introdotto dal legislatore con la finalità di evitare di punire due volte, di cui una a titolo di concorso, lo stesso fatto. La statuizione crea tuttavia non pochi problemi laddove si tratti di azioni commesse dalla stessa persona, pur attraverso l’interposizione di società ad hoc. Il Gip si allinea alla lettura «classica», il Tribunale Supremo innova. Il Gip di Roma, con una sentenza del 2011 inerente al giudizio su due uomini uno titolare di un’officina, il secondo suo collaboratore concorrenti in varie condotte criminose, si attiene al divieto di «doppia perseguibilità» sancito dal decreto del 2000. La Cassazione, però, ritenendo fondato il ricorso proposto dal Pubblico ministero, valuta in maniera più accurata la materia del contendere. Gli imputati, nella fattispecie, non hanno avuto la necessità di accordarsi con un altro soggetto emittente, bensì hanno «dato vita» loro stessi al soggetto giuridico amministratore. Duplice veste. La medesima persona opera nel caso concreto assumendo una sembianza bidimensionale al contempo è amministratore del soggetto giuridico che emette le fatture e amministratore che si giova delle stesse. Pertanto non c’è un «istigatore» all’emissione – motivo che farebbe scattare la deroga dell’articolo 9 rispetto alla regola generale sancita dall’articolo 110 c.p. – ma piuttosto si attua un concorso interno di responsabilità. Stessa persona, diverse responsabilità. La questione giuridica, in definitiva, mira a tenere distinti, anche all’interno della singola persona fisica, i vari piani di responsabilità, i quali, in tal modo, divengono cumulabili. Ciò che l’articolo 9 del d.lgs. numero 74/00 intende evitare – spiegano gli Ermellini – non è in sé la doppia punibilità per la gestione fraudolente delle fatture, ma la punibilità della medesima persona una volta a titolo diretto per la propria condotta di utilizzatore e una seconda volta per concorso morale nell’autonoma condotta attuata dall’emittente con cui la società è d’accordo. La norma non trova però applicazione quando il soggetto proceda in senso proprio sia all’emissione delle «f.o.i.» sia alla loro posteriore utilizzazione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 marzo – 21 maggio 2012, numero 19247 Presidente Petti – Relatore Marini Rileva in fatto Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio dei Sigg. D. e C. quali concorrenti in una vasta serie di condotte criminose aventi ad oggetto la violazione della disciplina contenuta nel d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74. Con sentenza in data 1 Aprile 2011, il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma ha emesso il decreto che dispone il giudizio per una parte delle condotte contestate e ha dichiarato non doversi procedere, ai sensi dell'articolo 425 c.p.p., nei confronti dei Sig. D. e C. in relazione al reato previsto dagli articolo 110 e 81 c.p. e 8 del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 per le fatture emesse irregolarmente dalla Europa Sport Car di Palombo Roberto e dalla Motori & amp Servizi di Romano Luigi in favore della Desiauto di Desiati Luca Fabio negli anni 2003-2006, reato contestato ai capi A e B . Il Giudice delle indagini preliminari ha in tal modo fatto applicazione del disposto dell’articolo 9 del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74, che prevede che gli utilizzatori di fatture per operazioni inesistenti nel caso in esame contestate al capo A ai sensi dell'articolo 2 del 74/2000 non possono per i medesimi documenti essere chiamati a rispondere anche del reato di emissione a titolo di concorso con remittente fatti contestati ex articolo 8 del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 ai capi B e C . Avverso tale decisione propone ricorso il Pubblico ministero, lamentando l’errata applicazione dell'articolo 9 del d.lgs. numero 74 citato. Evidenzia il ricorrente che i Sigg. D. e C. hanno posto in essere plurime condotte mediante società diverse e che in tal modo sussiste autonomia delle condotte riconducibili alla gestione di ciascuna società, con la conseguenza che non può trovar applicazione il regime derogatorio previsto dall'articolo 9, citato, rispetto al dettato dell'articolo 110 c.p Osserva in diritto La Corte ritiene che il ricorso sia fondato e che la sentenza debba essere annullata nei termini di seguito specificati. 1. A parte una singola eccezione sentenza numero 3052 del 2007, PM in proc. Cappato, rv 238609 , questa Sezione ha fissato il principio che la deroga al regime del concorso di persone previsto dall'articolo 110 c.p. introdotta dall'articolo 9 del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 non ha portata generale, con la conseguenza che la non punibilità per il reato ex articolo 110 c.p. e 8 d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 opera esclusivamente nell'ipotesi che nei confronti del soggetto utilizzatore delle fatture irregolari sia stata esercitata l'azione penale per il reato ex articolo 2 del citato decreto legislativo. E, infatti, con sentenza numero 14862 del 2010, rv 246967, è stato affermato che la citata deroga non trova applicazione qualora nei confronti dell'utilizzatore non sia in concreto esercitata l'azione penale perché, acquisite le fatture alla contabilità, costui non le ha poi incluse nella dichiarazione annuale fattispecie in cui i controlli della polizia giudiziaria sono intervenuti successivamente alla ricezione delle fatture, ma anteriormente alla presentazione della dichiarazione . Tale conclusione si fonda sulla circostanza che la disciplina derogatoria mira ad evitare che per la medesima operazione in frode si giunga a sanzionare l'utilizzatore due volte una volta in quanto ha portato in contabilità e utilizzato in dichiarazione le fatture irregolari e l'altra in quanto ha concorso con l'emittente delle fatture medesime. 2. Il Collegio condivide in via generale l'interpretazione adottata dalla sentenza numero 14862 del 2010, citata, ma ritiene che la sua applicazione al caso in esame richieda di procedere a un'attenta valutazione della situazione di fatto e della contestazione. A tal fine la Corte rileva a che la sentenza di non luogo a procedere emessa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Roma in ordine ai capi B e C da atto che nei confronti dei Sigg. D. e C. viene emesso decreto che dispone il giudizio perché rispondano del reato ex articolo 2 del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 capo A in relazione alle medesime fatture per cui era contestata anche l'ipotesi di emissione ex articolo 8, citato, oggetto di pronuncia ex articolo 425 c.p.p. b che secondo il Procuratore della Repubblica di Roma la sentenza impugnata avrebbe erroneamente applicato l'articolo 9, citato, in quanto si sarebbe in presenza di condotte autonome ' che non sono riconducibili alla deroga che tale disposizione di legge apporta all'ordinario regime del concorso di persone nel reato ex articolo 110 c.p 3. Al di là della non chiarissima e poco sviluppata formulazione del ricorso, la Corte ritiene che la censura mossa alla sentenza impugnata si fondi sul fatto che il Giudice dell'udienza preliminare ha omesso di considerare che nel caso in esame la contestazione avanzata ai Sigg. D. e C. con i capi B e C non concerne l'ipotesi di concorso morale con l'emittente della fatture, ma l'ipotesi che costoro abbiano emesso direttamente le fatture in quanto titolare e amministratore di fatto delle ditte emittenti, il D. , e in quanto collaboratore di fiducia del primo, il C. . 4. Così ricostruito il tema prospettato dal ricorrente, la Corte ritiene che esso meriti un attento esame in quanto prospetta l'esistenza sul piano normativo di due fattispecie differenti cui conseguirebbero due diversi regimi giuridici si tratta di fattispecie che possono essere sintetizzate come segue. La prima, risulta integrata dall'ipotesi che due soggetti giuridici diversi e tra loro autonomi definiscano un accordo per la realizzazione di una frode fiscale mediante l'emissione di fatture false da parte di un soggetto e la loro utilizzazione da parte dell'altro. L'onerosità dell'operazione per il soggetto che simula prestazioni non effettuate debito I.V.A. e debito di II.DD. a fronte di incassi solo formali o seguiti da restituzione “in nero di parte del pagamento trova compensazione in vantaggi di natura extracontabile e si accompagna spesso a ulteriori meccanismi fraudolenti mancata dichiarazione annuale distruzione della documentazione e simili . A sua volta, l'utilizzatole delle fatture irregolari si avvantaggia di costi e di debito I.V.A. fittizi, in genere compensando l'emittente con una parte dei vantaggi derivanti dalla frode. Come si vede, si tratta di fattispecie che interessa due soggetti accomunati soltanto dalla prospettiva di un vantaggio economico che, in forme diverse, viene raggiunto mediante il ricorso a fatture che la terminologia corrente qualifica come false f.o.i. , ovvero non corrispondenti ad operazioni effettive. La seconda, risulta integrata dall'ipotesi che il soggetto giuridico che ha interesse a utilizzare la f.o.i. dia luogo a una serie di condotte preparatorie e dissimulatorie diverse. Rientrano in questa ipotesi il meccanismo, tipico delle c.d. frodi carosello , che prevede la creazione di soggetti giuridici intermediari che operano come filtro ma vi rientra anche l'ipotesi di ricorso a fatture irregolari “infragruppo , nel quale vengono coinvolte società che fanno capo al medesimo controllante che può nei fatti condizionarne la gestione e le soluzioni contabili. 5. Avendo riguardo alla prima delle ipotesi descritte, deve rilevarsi che nell'operatività della legge numero 516 del 1982 il soggetto utilizzatore delle f.o.i. era considerato dalla giurisprudenza maggioritaria come l'effettivo beneficiario della frode e, dunque, colui che risultava titolare dell'interesse prioritario alla creazione delle fatture irregolari e alla realizzazione di un meccanismo di nascondimento della diversa realtà economica e contabile sottostante. Tale valutazione conduceva a ravvisare non solo una sua responsabilità per la condotta diretta di utilizzazione, ma anche un suo concorso morale nella condotta illecita di emissione posta in essere dal soggetto con cui egli aveva preso accordi, e ciò sotto il profilo della istigazione o del rafforzamento del proposito criminoso nei termini previsti dall'articolo 110 c.p La disciplina introdotta dal d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 ha inteso modificare tale profilo e ha espressamente previsto che l'utilizzatore non possa essere chiamato a concorrere col diverso soggetto che ha accettato di provvedere all'emissione delle f.o.i. necessarie alla successiva realizzazione della frode che l’utilizzatore intende concretizzare mediante la presentazione di dichiarazioni infedeli. Sulla base del medesimo principio interpretativo, la persona che ha emesso le f.o.i. non può essere chiamata a rispondere a titolo di concorso con la diversa condotta di utilizzazione posta in essere dal soggetto che le fatture ha ricevuto, iscritto in contabilità e incluso nella dichiarazione annuale. 6. Non vi è dubbio che la fattispecie storica sottostante la sentenza impugnata non corrisponde alla fattispecie ora descritta. Nel caso in esame, infatti, il Sig. D. e il suo collaboratore non hanno agito mediante il raggiungimento di accordi coi soggetti emittenti, ma hanno dato vita e amministrato i soggetti giuridici che hanno emesso le f.o.i. Ciò che rileva, dunque, è che la medesima persona opera sotto una duplice veste amministratore del soggetto giuridico che emette le fatture e amministratore che quelle fatture utilizza. Come si vede, l'attività che viene contestata agli imputati, e in particolare al sig. D. , non è quella di avere istigato il soggetto emittente o rafforzato il so proposito illecito, condotta rilevante ex articolo 110 c.p. e non procedibile ex articolo 9 del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74, ma di avere emesso in proprio, seppure in concorso ' interno con altre persone, le fatture che poi la società utilizzatrice avrebbe ricevuto e immesso in contabilità per giungere alle dichiarazioni infedeli. Si è in presenza, dunque, di una fattispecie non riconducibile alla sfera di applicazione del citato articolo 9. 7. Infatti, per le ragioni che sono state qui sinteticamente esposte deve ritenersi infondata l'interpretazione che esamina la fattispecie ex articolo 2 e 9 del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 avendo riguardo al profilo meramente soggettivo rappresentato dalla identità delle persone chiamate a rispondere dei due reati. Ciò che l'articolo 9, citato, intende evitare non è, in sé, la doppia punibilità della medesima persona fisica per la gestione delle medesime fatture, ma la punibilità della medesima persona una volta per a titolo diretto per la propria condotta di utilizzazione delle f.o.i. e una seconda volta per concorso morale nella diversa e autonoma condotta posta in essere dall'emittente con cui ha preso accordi. 8. Deve, dunque, affermarsi il principio che la disposizione prevista dall'articolo 9 del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74, contenente una deroga alla regola generale fissata dall'articolo 110 c.p. in tema di concorso di persone nel reato, esclude la rilevanza penale del concorso dell'utilizzatore nelle condotte del diverso soggetto emittente, ma non trova applicazione quando la medesima persona proceda in proprio sia all'emissione delle f.o.i. sia alla loro successiva utilizzazione. 9. Una dimostrazione della correttezza di tale interpretazione può rinvenirsi nel regime applicabile all'ipotesi che l'amministratore della società utilizzatrice porti in contabilità una o più f.o.i. emesse da una ditta individuale di cui egli stesso è legale rappresentante. Un'impropria lettura dell'articolo 9, citato, condurrebbe ad affermare che la condotta di emissione di f.o.i. ex articolo 8 del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 non può essere coperta da responsabilità penale, attesa l'identità del legale rappresentante del soggetto emittente e di quello utilizzatore, in ciò confondendo nell'unicità della persona fisica i diversi livelli di responsabilità giuridica che debbono, invece, essere tenuti distinti. Senza omettere di rilevare che in tale ipotesi sarebbe impossibile individuare un criterio fondato su basi obiettive per definire quale delle due condotte, di emissione e di utilizzazione, dovrebbe cedere rispetto all'altra e risultare non sanzionabile penalmente. Viceversa, una più corretta interpretazione deve condurre a ritenere la persona responsabile sia della condotta di emissione sia della diversa condotta di utilizzazione, con evidentemente probabile applicazione dell'istituto della continuazione fra i due reati ex articolo 81 cpv c.p Sulla base delle considerazioni che precedono, la sentenza deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Roma affinché avendo riguardo al principio affermato con la presente decisione, proceda a un nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma.