Tocca il tubo della doccia e muore folgorato: mancava il salvavita. Condannato l’elettricista

L’impiantista avrebbe dovuto costruire un circuito dotato di quegli accorgimenti imposti dalla legge o suggeriti dalle regole di esperienza e dalla tecnica, idonei a prevenire o impedire le conseguenze negative che fenomeni di dispersione o sovratensione avrebbero potuto provocare.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12930/13, depositata il 20 marzo. Il caso folgorato in casa propria. Un tecnico viene condannato per omicidio colposo a seguito della morte di un cliente al quale aveva realizzato l’impianto elettrico dell’abitazione questi, infatti, era rimasto folgorato dopo essere venuto a contatto con il tubo della doccia attraversato da sovratensione. Secondo la Corte di Appello, l’incidente è da ricondursi alla cattiva predisposizione dell’impianto elettrico, in quanto lo stesso, pur realizzato successivamente alla l. n. 46/1990, non era stato dotato di messa a terra ed era stata collocata una presa in prossimità della doccia senza installare un differenziale ad alta sensibilità salvavita a monte del circuito elettrico. Colpa dei fulmini e della rete Enel? L’imputato ricorre allora per cassazione, osservando anzitutto che nella giornata dell’incidente erano caduti in zona diversi fulmini, che avevano provocato una sovratensione alle linee elettriche inoltre, i sistemi di tutela della linea Enel esterna erano carenti dal punto di vista strutturale e manutentivo e non erano stati adottati interventi per garantire la sicurezza in caso di sovratensione. Fondamentale la mancanza del salvavita. A giudizio degli Ermellini, tuttavia, la doglianza non può essere accolta il perito di ufficio, infatti, ha spiegato che l’installazione di un interruttore differenziale ad alta sensibilità avrebbe sicuramente evitato l’esito mortale dell’incidente del resto, pur in presenza delle rilevate carenze della rete Enel, nessuno dei vicini di casa della vittima aveva subito conseguenze nefaste. Il tecnico rivestiva una posizione di garanzia. In conclusione, il tecnico avrebbe dovuto costruire un circuito dotato di quegli accorgimenti imposti dalla legge o suggeriti dalle regole di esperienza e dalla tecnica, idonei a prevenire o impedire le conseguenze negative che fenomeni di dispersione o sovratensione avrebbero potuto provocare il rispetto delle regole di prudenza impostogli dalla posizione di garanzia assunta avrebbe infatti scongiurato la morte della vittima. Per questi motivi, ritenendo che i giudici di merito abbiano applicato correttamente i principi in materia di causalità, la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 13 dicembre 2012 – 20 marzo 2013, n. 12930 Presidente Brusco – Relatore Esposito Ritenuto in fatto Con sentenza del 5 dicembre 2011 la Corte d'Appello di Palermo confermava la sentenza del giudice di primo grado che aveva dichiarato M.G. colpevole del reato di cui all'art. 589 c.p., poiché aveva realizzato senza i necessari requisiti di sicurezza, in violazione della L. n. 46 del 1990, l'impianto elettrico ubicato all'interno dell'abitazione di V.F. , così cagionando la folgorazione e il conseguente decesso del predetto, il quale era venuto a contatto con il tubo della doccia attraversato da sovratensione. L'imputato era stato condannato alla pena di anni uno, mesi otto di reclusione e al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili fatto del . L'incidente era ricondotto a una cattiva predisposizione dell'impianto elettrico della doccia realizzato in qualità di tecnico dal M. , il quale non aveva dotato lo stesso di idonea messa a terra e aveva collocato erroneamente una presa in prossimità della doccia, in una delle zone di rispetto, senza installare un differenziale ad alta sensibilità salvavita a monte del circuito elettrico. La Corte di merito era pervenuta all'affermazione della responsabilità penale dell'imputato sulla scorta del rilievo che l'impianto in questione era stato realizzato in epoca successiva al 1990 e richiedeva, pertanto, la predisposizione delle cautele e l'apposizione dei dispositivi indicati. Il collegio aveva ritenuto ininfluente ai fini dell'affermazione di responsabilità la presunta imprevedibilità dei fenomeni atmosferici, costituiti dai fulmini caduti nella giornata in cui avvenne il fatto, atti a causare sovratensione dell'impianto elettrico. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato/assistito dal difensore, deducendo, con unico motivo, la violazione dell'art. 606 lett. b ed e c.p.p. per erronea applicazione degli artt. 40, 41 comma 2 c.p. in relazione all'art. 589 c.p., oltre a mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato. Osserva il ricorrente che la condotta ascrittagli non era collegata all'evento in termini causalmente esclusivi, in presenza del concorso di una causa indipendente e sopravvenuta tale da escludere il rapporto eziologico riferibile alla condotta dell'imputato. Rilevava in proposito che una serie di fenomeni atmosferici avevano interessato le linee elettriche poste a servizio del territorio, cagionando sovratensioni di origine esterna, che i sistemi di tutela della linea Enel esterna erano assai carenti dai punti di vista manutentivo e strutturale e che non si era provveduto all'adozione degli opportuni interventi atti a garantire i livelli di sicurezza contro i rischi da sovratensione sugli impianti. Deduceva, pertanto, che la condotta omissiva dell'Enel si era atteggiata in termini di esclusiva efficienza causale e che il giudice d'appello aveva omesso l'esame critico in ordine alla specifica censura mossa sul punto alla sentenza d'appello, con conseguente elusione dell'obbligo di motivare previsto a pena di nullità dall'art. 125 c.p.p. comma 3. Considerato in diritto Il motivo è infondato e va rigettato. È da premettere che le svolte censure devono essere valutate con riferimento alle argomentazioni svolte nelle sentenze di primo e secondo grado, le quali, integrandosi a vicenda in proposito va richiamato il principio enunciato da Cass n. 13926 del 1/12/2011 Le sentenze di primo e di secondo grado si saldano tra loro e formano un unico complesso motivazionale, qualora i giudici di appello abbiano esaminato le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai fondamentali passaggi logico-giuridici della decisione e, a maggior ragione, quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione impugnata , hanno adeguatamente interpretato il quadro probatorio, deducendone la inidoneità dei pur esistenti difetti strutturali e manutentivi dei dispositivi Enel di protezione contro le sovratensioni a costituire causa esclusiva dell'evento. Hanno rilevato i giudici di merito come il perito di ufficio abbia chiarito che l'installazione di un interruttore differenziale ad alta sensibilità avrebbe sicuramente salvato la vita della vittima. Hanno rilevato, inoltre, a riprova della grave mancanza riferibile al tecnico che effettuò l'impianto elettrico, che nessuno dei vicini di casa del V. , pur essendo i relativi impianti esposti a sovratensioni, in presenza delle rilevate carenze manutentive della rete Enel, ha subito le medesime conseguenze letali della sovratensione. Hanno evidenziato che la presenza del differenziale a monte di un impianto elettrico contribuisce a staccare in tempi rapidissimi i fenomeni di dispersione, limitando così la durata dei contatti accidentali da ciò la responsabilità dell'impiantista, su cui gravava l'onere di costruire un circuito dotato di quegli accorgimenti imposti dalla legge o riconosciuti dalle regole di esperienza e dalla tecnica, idonei a prevenire e impedire che i pericolosi fenomeni di dispersione o sovratensione, quali quelli determinati dalla situazione della rete Enel, possano refluire sulla incolumità di altri. Hanno pertanto, adeguatamente concluso nel senso che pg. 35 sentenza di primo grado ove pure la condotta imprudente del M. si reputi innestata su altra situazione pericolosa determinata da altri ciò non vale ad esimerlo da responsabilità penale, stante che sarebbe bastato da parte del prevenuto il rispetto delle regole di prudenza impostogli dalla posizione di garanzia dal predetto assunta, perché fosse scongiurato l'evento mortale in tal senso Cass. 12783/1994 Quando una condotta colposa si inserisce in una situazione pericolosa determinata da altri, anche questi è colpevole dell'evento che ne deriva in quanto chi pone in essere una situazione di pericolo risponde delle conseguenze provocate dalla condotta colposa di terzi . In base alle svolte argomentazioni si evidenzia la corretta applicazione da parte dei giudici di merito dei principi attinenti alla causalità, né, peraltro, alcuna lacuna motivazionale è riscontrabile, contenendo la sentenza di primo grado esauriente trattazione delle questioni poste con i motivi d'appello. Per tutte le ragioni esposte il ricorso va rigettato, ponendo a carico del ricorrente l'onere delle spese processuali, oltre alla rifusione delle spese in favore delle parti civili, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla rifusione delle spese in favore delle parti civili che liquida in complessivi Euro 3.000,00 oltre accessori come per legge.