Operaio ufficiale, autista sporadico. A casa per la soppressione del reparto: nessun repechage

Nessuna possibilità di reimpiego del dipendente licenziato, perché l’utilizzo come autista è stato rarissimo. E, comunque, la possibilità del ‘ripescaggio’ va applicata rispetto alle peculiarità professionali specifiche del dipendente al momento del licenziamento.

Operaio del reparto ‘manutenzione carrozzeria’, ma pure utilizzato dall’azienda come autista, con tanto di patente ad hoc. Ma questo impiego saltuario non può rappresentare una ‘ciambella di salvataggio’ per il lavoratore, che, di fronte alla decisione dell’azienda di sopprimere il reparto, non può chiedere l’applicazione del repechage Cassazione, sentenza numero 5963/2013, Sezione Lavoro, depositata oggi . Licenziamento. A far pendere la ‘bilancia’ dalla parte dell’azienda – che opera nel settore del noleggio con conducente di autobus e di vetture – è la Corte d’Appello, che, riformando la pronunzia del Tribunale, sancisce come legittimo il licenziamento deciso nei confronti di un operaio. Secondo i giudici, difatti, si tratta di licenziamento per «giustificato motivo oggettivo, costituito dalla soppressione del reparto ‘manutenzione carrozzeria’ dei veicoli al quale era addetto il lavoratore». Rispetto a tale quadro, sempre secondo i giudici, è secondario il richiamo, fatto dal lavoratore, al suo impiego – effettuato «saltuariamente» – in azienda come «autista, qualifica per la quale la società aveva provveduto ad assunzioni in epoca successiva al licenziamento». Mansioni. E proprio sulle funzioni di autista, svolte «frequentemente» secondo l’uomo, si combatte la ‘guerra’ giudiziaria anche di fronte ai giudici della Cassazione. Non a caso, su questo tasto batte, a più riprese, il legale dell’uomo, sostenendo che «le mansioni di autista, nelle quali poteva essere utilizzato il lavoratore, sarebbero contrattualmente equivalenti a quelle svolte precedentemente», e quindi il dipendente, peraltro «in possesso della patente necessaria per la guida di tutti i veicoli in dotazione alla società», avrebbe potuto essere impiegato «utilmente» dall’azienda. Questa tesi, però, non può reggere, secondo i giudici della Cassazione, i quali mostrano di condividere la riflessione emersa in Appello l’uomo ha sì «svolto le mansioni di autista» ma – ecco il passaggio chiave – «solo in via episodica». Eppoi, ampliando l’orizzonte, l’onere della «formazione professionale dei dipendenti», richiamato dal lavoratore per sostenere la tesi del proprio impiego come autista, «non può valere per i dipendenti utilizzati in mansioni diverse». Quindi, «il datore di lavoro non ha l’obbligo di formazione professionale e di consentire l’eventuale titolo professionale per dipendenti per i quali tale formazione e tale titolo non è previsto o necessario». Ciò porta a una conclusione «l’obbligo di repechage va riferito limitatamente alle attitudini ed alla formazione di cui il lavoratore è dotato al momento del licenziamento, con esclusione dell’obbligo del datore di lavoro a fornire tale lavoratore di un’ulteriore o diversa formazione per salvaguardare il suo posto di lavoro».

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 dicembre 2012 – 11 marzo 2013, numero 5963 Presidente Stile – Relatore Maisano Svolgimento del processo Con sentenza del 31 maggio 2007 pubblicata il 4 febbraio 2009 la Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 27 aprile 2006 ha rigettato la domanda proposta da C.G. volta ad ottenere la declaratoria della nullità del licenziamento intimatogli dalla R.B. s.p.a. in data 2 dicembre per giustificato motivo oggettivo costituito dalla soppressione del reparto manutenzione carrozzeria dei veicoli al quale era addetto il lavoratore. La corte territoriale ha motivato tal pronuncia considerando che, dall’espletata istruttoria testimoniale, è emerso che solo saltuariamente il C. aveva svolto altre attività quale, in particolare, quella di autista, qualifica per la quale la società aveva provveduto ad assunzioni in epoca successiva al licenziamento. La corte romana ha considerato che comunque l’obbligo del repechage non impone comunque al datore di lavoro la riqualificazione del personale con il sacrificio dell’ottimizzazione delle prestazioni sulla base della professionalità precedentemente acquisita. Il C. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo. Resiste con controricorso la R.B. Il C. ha presentato memoria. Motivi della decisione Con l’unico motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli articolo 1 e 5 della legge 604 del 1966 ai sensi dell’articolo 360 numero 3 cod. proc. civ., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’articolo 360, numero 5 cod. proc. civ. In particolare si assume che sarebbero state valutate in modo non corretto le risultanze istruttorie dalle quali sarebbe emerso che il C. ha svolto frequentemente le mansioni di autista. Comunque le mansioni di autista, nelle quali poteva essere utilizzato il lavoratore, sarebbero contrattualmente equivalenti a quelle svolte precedentemente, per cui il C., peraltro in possesso della patente K necessaria per la guida di tutti i veicoli in dotazione alla società, avrebbe potuto essere utilizzato utilmente dalla R.B. Il ricorso non è fondato. Il presupposto di fatto posto a fondamento della tesi del ricorrente secondo cui egli, pur addetto alla manutenzione dei pullman, li ha usualmente condotti ed era quindi utilizzabile anche nelle mansioni di autista, non è stato ritenuto sussistente dalla corte territoriale che ha infatti affermato che il C. ha svolto solo in via episodica le mansioni di autista. L’accertamento del fatto è riservato al giudice di merito per cui tale giudizio non è censurabile in questa sede se logicamente motivato come nel caso in esame in cui vi è una sia pur succinta motivazione al riguardo. Comunque, in punto di diritto va, osservato che non è condivisibile l’assunto del ricorrente secondo cui il datore di lavoro avrebbe il compito della formazione professionale dei dipendenti infatti tale affermazione, se astrattamente considerata, si riferisce indistintamente ai dipendenti per le specifiche mansioni per le quali sono stati assunti ed utilizzati, ma non può valere per i dipendenti utilizzati in mansioni diverse in modo che il datore di lavoro non ha l’obbligo di formazione professionale e di consentire l’eventuale titolo professionale per dipendenti per i quali tale formazione e tale titolo non è previsto o necessario. L’obbligo di repechage va dunque riferito limitatamente alle attitudini ed alla formazione di cui il lavoratore è dotato al momento del licenziamento con esclusione dell’obbligo del datore di lavoro a fornire tale lavoratore di un’ulteriore o diversa formazione per salvaguardare il suo posto di lavoro. Il difforme esito dei giudizi di merito e le incertezze rilevate anche in seno alla giurisprudenza della Corte inducono a compensare per l’intero per le spese di giudizio. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso Compensa fra le parti le spese di giudizio.