Prima moglie e seconda moglie: pensione di reversibilità e TFR

Prima moglie vs seconda moglie dopo il decesso del marito la prima ha diritto a percepire l’assegno divorzile già al momento del passaggio in giudicato della sentenza parziale?

I fatti. Giungono davanti ai Giudici della Corte di Cassazione due donne, la ricorrente, prima moglie del de cuius dopo 26 anni di matrimonio e 2 figli, la resistente, seconda moglie dopo soli 9 mesi di matrimonio. Con riferimento alla prima moglie, alla data del decesso del marito, era intervenuta la sentenza parziale di divorzio ed il procedimento proseguiva in istruttoria per la determinazione dell’assegno divorzile il cui diritto le era stato riconosciuto in via provvisoria ed urgente dal Presidente del Tribunale. La sentenza definitiva di divorzio veniva pubblicata successivamente alla morte del marito e confermava il diritto della prima moglie all’assegno divorzile a decorrere dalla sentenza provvisoria sullo status pubblicata, questa, in epoca antecedente alla morte del coniuge . Quota della pensione di reversibilità e del TFR alla prima moglie? Tanto in primo quanto in secondo grado veniva rigettata la domanda della prima moglie volta al riconoscimento del di lei diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità e del trattamento di fine rapporto spettante all’ex coniuge. Secondo i Giudici di merito, infatti, la prima moglie non era titolare di assegno divorzile al momento della morte dell’ex marito. Inoltre, la Corte d’Appello rigettava l’istanza di sospensione del procedimento sull’assegnazione della quota della pensione di reversibilità e di porzione del TFR per pregiudizialità del giudizio circa l’attribuzione dell’assegno divorzile. La prima moglie ricorreva in Cassazione ritenendo che il suo diritto all’assegno divorzile fosse stato riconosciuto già con l’ordinanza presidenziale, in epoca antecedente al decesso del coniuge rilevando che la normativa vigente non prevede che tale riconoscimento debba avvenire con sentenza passata in giudicato lamentando che la Corte d’Appello avesse errato nel non affermare che la sussistenza del diritto all’assegno divorzile non è una questione preliminare di merito ma una causa pregiudiziale con la conseguenza che si doveva necessariamente sospendere il procedimento ex articolo 295 c.p.c Il giudizio di Cassazione è sufficiente la sentenza parziale di divorzio. I Giudici di legittimità confermano il ragionamento della ricorrente secondo il quale per l’accertamento del diritto all’attribuzione di una quota della pensione di reversibilità all’ex coniuge non è richiesto l’accertamento della spettanza dell’assegno divorzile con una pronuncia passata in giudicato. Non è però sufficiente nemmeno l’ordinanza presidenziale, pronunciata non dal Tribunale bensì dal Presidente, che riconosce in via provvisoria il diritto all’assegno. È sufficiente, invece, la pronuncia della sentenza parziale di divorzio che, nel caso di specie, è intervenuta allorquando il marito era ancora in vita. In particolare, la sentenza definitiva – pubblicata dopo la morte del marito – aveva accertato il diritto della moglie all’assegno divorzile con decorrenza dalla sentenza provvisoria di divorzio – quando il marito era in vita – così accertando che ella era titolare del diritto a percepirlo già al momento del passaggio in giudicato della sentenza parziale, altrimenti il Tribunale avrebbe fissato una decorrenza diversa. Il diritto della prima moglie. Al momento della morte del marito, la prima moglie, pertanto, era titolare dell’assegno divorzile e dunque del diritto conseguente a percepire una quota della pensione di reversibilità. La sospensione necessaria del giudizio. Secondo la prima moglie, posto che il riconoscimento del di lei diritto all’assegno divorzile è un fatto costitutivo del diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità dell’ex coniuge, i due giudizi – sull’attribuzione dell’assegno divorzile e quello sulla quota della pensione – si pongono in un rapporto di pregiudizialità tecnico-giuridica che impone, ex articolo 295 c.p.c., la sospensione necessaria del processo. Secondo la Corte di Cassazione, però, essendo sufficiente la decisione del Tribunale anche non passata in giudicato, non sussiste un rapporto di pregiudizialità tra i due giudizi.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 17 gennaio – 20 febbraio 2018, numero 4107 Presidente Campanile – Relatore Di Marzio Fatti di causa La controversia oggetto del presente giudizio attiene alla ripartizione della pensione di reversibilità e del trattamento di fine rapporto tra la prima moglie, la odierna ricorrente L.R. , divorziata da La.Da. dopo un matrimonio durato lustri contratto nel , divorzio del ed allietato dalla nascita di due figli, e la seconda moglie, la odierna controricorrente D.A. , legata in matrimonio per pochi mesi, essendo poi il coniuge scomparso. L’ex marito della odierna ricorrente, infatti, il contraeva seconde nozze con D.A. . Il omissis L.D. è morto. Non è controverso che, nel momento in cui è intervenuto il decesso, il divorzio dalla prima moglie era già stato pronunciato con sentenza parziale del 1 marzo 2010, ed il giudizio proseguiva per la determinazione dell’assegno divorzile, riconosciuto dal Presidente del Tribunale in via provvisoria con decorrenza dall’anno 2008. Successivamente, quindi dopo la morte dell’ex marito, la prima moglie ha conseguito, dal Tribunale di Bari, il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile, con pronuncia numero 2920 del 2013 e decorrenza dalla definitività della sentenza che ha pronunciato il divorzio depositata, come anticipato, il 1.3.2010, pertanto in epoca antecedente la scomparsa dell’ex coniuge. La domanda di riconoscimento del diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità, e del trattamento di fine rapporto spettante all’ex coniuge, proposta dalla prima moglie, è stata rigettata dal Tribunale di Bari, che ha ritenuto la donna non fosse titolare di assegno divorzile nel momento in cui la morte dell’ex marito è intervenuta, presupposto richiesto dalla legge per l’accoglimento delle sue domande, proposte ai sensi degli articolo 9 e l2bis della legge numero 898 del 1970. La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Bari, che ha inteso operare ampio riferimento agli orientamenti proposti dalla Suprema Corte. Peraltro la Corte territoriale ha rigettato l’istanza di sospensione del giudizio sull’assegnazione di parte della pensione di reversibilità, e di porzione del TFR, per pregiudizialità del giudizio circa l’attribuzione dell’assegno divorzile, avanzata dall’odierna ricorrente, ritenendo insussistente un’ipotesi di pregiudizialità necessaria ai sensi dell’articolo 295 cod. proc. civ. Secondo la Corte di merito la fruizione dell’assegno è una condicio iuris stabilita dalla legge, che deve essere concreta ed attuale nel momento della domanda, deve cioè trattarsi di un fatto preesistente p. XV, sent. C.d.A. . Avverso questa decisione ha proposto ricorso per cassazione la prima moglie, L.R. , resiste con controricorso la seconda moglie, D.P.A. . L’INPS non si è costituito. Successivamente alla introduzione del ricorso, la odierna impugnante ha depositato, e notificato alle controparti, la sentenza della Corte d’Appello di Bari, numero 1679 del 27.10.2015, con la quale la Corte territoriale ha confermato il suo diritto a percepire l’assegno divorzile con decorrenza dal passaggio in giudicato della sentenza non definitiva di divorzio, data antecedente la scomparsa dell’obbligato al versamento. Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria ex articolo 378 cod. proc. civ Ragioni della decisione 1.1. - Mediante il primo motivo di ricorso la ricorrente censura, ai sensi dell’articolo 360, comma primo, numero 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli articolo 34, 112, 295 e 337, comma secondo, cod. proc. civ., dell’articolo 9, comma terzo, della legge numero 898 del 1970, come mod., e dell’articolo 5, comma primo, della legge 28.12.2005, numero 263, perché la Corte Territoriale ha erroneamente applicato la legge, avendo la ricorrente conseguito il riconoscimento giudiziale del diritto all’assegno divorzile già con ordinanza del Presidente del Tribunale pronunciata nel 2010 e con decorrenza dal 2008, entrambe date antecedenti la morte dell’obbligato, e dovendosi pertanto disporre la sospensione del processo in relazione all’attribuzione di una quota della pensione di reversibilità. 1.2. - Con il secondo motivo di impugnazione, la ricorrente contesta, ai sensi dell’articolo 360, comma primo, numero 3, cod. proc. civ., la violazione di legge in relazione agli articolo 9, comma terzo, della legge numero 898 del 1970, come mod., e dell’articolo 5, comma primo, della legge 28.12.2005, numero 263, perché la Corte territoriale ha erroneamente applicato la disciplina normativa vigente, la quale non prevede che il riconoscimento giudiziale del diritto all’assegno divorzile debba essere conseguito con sentenza passata in giudicato. La volontà del legislatore è nel richiedere soltanto che il diritto all’assegno divorzile sia stato giudizialmente accertato neppure la norma di interpretazione autentica di cui all’articolo 5, comma primo, legge numero 263 del 2005, richiede il passaggio in giudicato della statuizione in materia di assegno divorzile. 1.3. - Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente critica, nuovamente ai sensi dell’articolo 360, comma primo, numero 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza e del procedimento, in relazione agli articolo 34, 295 e 337, comma secondo, nonché 9, comma terzo, della legge numero 898 del 1970, come mod., e dell’articolo 5, comma primo, legge 28.12.2005, numero 263, perché la Corte territoriale ha errato nel non affermare che la sussistenza del diritto all’assegno divorzile non è una questione preliminare di merito ma una causa pregiudiziale ai sensi dell’articolo 34 cod. proc. civ. , con la conseguenza che si impone la sospensione necessaria del processo ai sensi dell’articolo 295 cod. proc. civ 2.2. - Per ragioni logiche e sistematiche, appare opportuno esaminare innanzitutto il secondo motivo di ricorso. La ricorrente critica la decisione della Corte di merito per aver affermato la necessità, ai fini del riconoscimento del diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità dell’ex marito, che al momento della morte di quest’ultimo fosse già passata in giudicato la sentenza che le riconosceva il diritto alla percezione dell’assegno divorzile. La volontà espressa del legislatore, evidenzia la ricorrente, è nel richiedere soltanto che il diritto all’assegno divorzile sia stato giudizialmente accertato neppure la norma di interpretazione autentica di cui all’articolo 5, comma primo, legge numero 263 del 2005, richiede il passaggio in giudicato della statuizione in materia di assegno divorzile. In effetti la legge non prevede, ai fini del riconoscimento del diritto all’attribuzione di una porzione della pensione di reversibilità che, al momento in cui la domanda è proposta, sia intervenuto l’accertamento della spettanza dell’assegno divorzile, in favore dell’istante, mediante pronuncia avente efficacia di giudicato. Lo afferma la Corte d’Appello di Bari nella decisione impugnata, ritenendo di fondare su decisioni di legittimità. Diversamente, non si sono rinvenute decisione della Cassazione che abbiano sinora richiesto come necessario l’accertamento con efficacia di giudicato cfr., ad es., la sentenza cui il riferimento è ripetutamente operato dalla Corte territoriale per attribuirle, erroneamente, l’affermazione, Cass. sez. I, sent. 1.8.2008, numero 21002, ma anche Cass. sez. I, sent. 11.4.2011, numero 8228, sebbene le espressioni utilizzate possano indurre qualche incertezza, invero superabile in considerazione del tenore complessivo della decisione . In ogni caso, questo orientamento interpretativo non appare condivisibile. Invero, la legge neppure consente di ritenere sufficiente il provvedimento provvisorio di riconoscimento dell’assegno divorzile concesso dal Presidente del Tribunale in sede di comparizione delle parti. La legge richiede una pronuncia del Tribunale - non del suo Presidente -, ed appare quindi sufficiente la pronuncia della sentenza che definisce il primo grado del giudizio e riconosce il diritto all’assegno divorzile. Non è poi condivisibile la tesi secondo cui la titolarità del diritto sarebbe sorta, in favore dell’ex moglie odierna ricorrente, soltanto in virtù del riconoscimento giudiziale dell’assegno divorzile, come sostiene la Corte d’Appello p. X , mentre la sola efficacia, e pertanto la decorrenza della contribuzione, sarebbe stata anticipata dal Tribunale al momento del passaggio in giudicato della sentenza parziale di divorzio. In realtà la sentenza del Tribunale che ha riconosciuto l’assegno divorzile alla ricorrente, ha evidentemente accertato che ella era titolare del diritto a percepirlo già al momento del passaggio in giudicato della sentenza parziale di divorzio, quando l’ex marito era ancora in vita, altrimenti avrebbe dovuto fissare una diversa decorrenza. Al momento della scomparsa di La.Da. , pertanto, L.R. , era titolare del diritto di percepire dall’ex coniuge l’assegno divorzile, come accertato dal Tribunale di Bari, e le compete pertanto il diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità dell’ex marito. Il motivo di ricorso è in conseguenza fondato, e deve perciò essere accolto. 2.1. - 2.3. - Con il primo motivo di ricorso la ricorrente contesta la nullità della sentenza impugnata per non avere la Corte d’Appello disposto la sospensione del giudizio in relazione all’attribuzione di una quota della pensione di reversibilità, da questo dipendendo la proposizione della censura ai sensi del numero 4, e non 3, dell’articolo 360 cfr. p. 20 del ricorso . La Cassazione riconosce pacificamente, del resto, argomenta la ricorrente, il diritto dell’ex coniuge a proseguire il giudizio per l’attribuzione dell’assegno anche dopo la scomparsa dell’obbligato, e la formula di cui all’articolo 9, della legge numero 898 del 1970, non consente di ritenere che la domanda di riconoscimento di una porzione della pensione di reversibilità implichi che la richiesta sia proposta dopo il passaggio in giudicato della sentenza che attribuisce l’assegno divorzile. Inoltre, se il riconoscimento giudiziale del diritto all’assegno divorzile è un fatto costitutivo del diritto al conseguimento di una percentuale della pensione di reversibilità dell’ex coniuge, sussiste comunque un rapporto di pregiudizialità tecnico-giuridica che impone la sospensione del processo avente ad oggetto l’attribuzione del contributo assistenziale, ed il rigetto della domanda di sospensione deve essere perciò censurato. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente contesta che la Corte territoriale ha errato nel non sospendere il giudizio, perché la questione della spettanza del diritto all’assegno divorzile, in relazione al giudizio nel quale si domanda il riconoscimento di una parte della pensione di reversibilità dell’ex coniuge, non costituisce una questione preliminare di merito bensì una causa pregiudiziale ai sensi dell’articolo 34 cod. proc. civ. . La sospensione del processo era pertanto necessaria ai sensi dell’articolo 295 cod. proc. civ La questione proposta nel terzo motivo di ricorso, analoga a quella proposta con il primo, appare invero significativa. In senso contrario alla sussistenza della pregiudizialità necessaria tra i due giudizi si era espressa questa Corte, con sent. Cass. sez. I, sent. 14.11.1981, numero 6045, che peraltro, tenuto anche conto dell’epoca in cui è stata pronunciata, meriterebbe di essere riesaminata. Nel caso di specie, però, risultando accolto il secondo motivo di ricorso, ritenendosi sufficiente l’attribuzione dell’assegno divorzile con decisione del Tribunale, e non occorrendo, pertanto, che la sentenza sia passata in giudicato, nel caso di specie non rileva il rapporto tra le due controversie, sull’attribuzione dell’assegno divorzile e sul diritto alla ripartizione della pensione di reversibilità, perché non si pone un problema di sospensione. La decisione di primo grado, infatti, necessaria ai fini della presente decisione, era già intervenuta al momento in cui è sopraggiunta la pronuncia della decisione impugnata mediante il ricorso per cassazione, e la Corte d’Appello ha errato a non tenerne conto. Successivamente alla pronuncia della decisione impugnata in questa sede, si segnala per completezza, il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile in favore della odierna ricorrente è stato confermato dalla Corte territoriale, con decisione che non risulta essere stata impugnata, come documentato dalla ricorrente in allegato alla propria ricordata memoria. Sia il primo motivo di ricorso che il terzo, pertanto, devono essere dichiarati assorbiti. La decisione impugnata deve essere quindi cassata in relazione al secondo motivo di ricorso, con rinvio alla Corte d’Appello di Bari che, in diversa composizione, provvederà a rinnovare il giudizio, nel rispetto dei principi innanzi illustrati, e disporrà pure in merito alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso proposto da L.R. e, in relazione ad esso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bari che, in diversa composizione, provvederà alla rinnovazione del giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, e disciplinerà anche le spese di lite del presente ricorso per cassazione. Dichiara assorbiti il primo ed il terzo motivo di ricorso. Dispone, ai sensi dell’articolo 52, comma 5, del D.Lgs. 30.6.2003, numero 196, che, in caso di riproduzione per la diffusione della presente decisione, le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti menzionati siano omessi.