La Cassazione si è espressa in tema di dichiarazione dello stato di adottabilità e dell’eventuale riconoscimento della qualità di litisconsorte necessario alla madre del minore.
Sul tema la Suprema Corte con ordinanza numero 26490/17, depositata l’8 novembre. Il caso. Il Tribunale aveva dichiarato lo stato di adottabilità del minore e sospeso i genitori dalla responsabilità genitoriale affidando il minore ai servizi sociali. Avverso la decisione di primo grado ricorreva in appello il padre. La Corte territoriale dichiarava l’inammissibilità del gravame a causa dell’omessa rinnovazione della notificazione alla madre della minore. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il padre del minore. Il ricorrente lamenta in Cassazione che i Giudici di merito, dichiarando inammissibile l’appello, non avevano considerato che la madre fosse stata dichiarata irreperibile non essendosi costituita in primo grado e che l’inosservanza del termine fissato per la rinotifica non precludeva l’assegnazione di un nuovo termine, non avendo quest’ultimo carattere perentorio. Qualità di litisconsorte necessario della madre. Secondo principio consolidato della giurisprudenza di legittimità in tema di dichiarazione dello stato di adottabilità è riconosciuta alla madre del minore la qualità di litisconsorte necessario. In particolare «il titolo II l. numero 184/1983, nel testo novellato dalla l. numero 149/2001, riflettente anche i principi sovrannazionali, attribuisce ai genitori del minore una legittimazione autonoma, connessa ad un’intensa serie di poteri, facoltà e diritti processuali idonea a determinare l’assunzione della veste di parti necessarie dell’intero procedimento, ivi compreso il giudizio di appello, quand’anche il primo grado non si siano costituiti, con la conseguente necessità di integrare il contraddittorio nei loro confronti, ove non abbiano proposto il gravame». Inoltre, il termine fissato per l’integrazione del contraddittorio ha carattere perentorio e la sua inosservanza impedisce di conseguenza l’assegnazione di un nuovo termine. Infine, la Corte ha rilevato che nel caso di specie non è stata presentata nessuna istanza di concessione di un nuovo termine, ma solo una richiesta di rinvio della trattazione per impossibilità a comparire in udienza del difensore del ricorrente. In conclusione la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 17 ottobre – 8 novembre 2017, numero 26490 Presidente Genovese – Relatore Mercolino Fatto e diritto Rilevato che D.B. e V.A. , rispettivamente padre e zio paterno della minore H.E. , hanno proposto ricorso per cassazione, per tre motivi, avverso la sentenza emessa il 28 dicembre 2016 dalla Corte d’appello di Venezia, recante la dichiarazione d’inammissibilità del gravame da loro interposto avverso la sentenza del 2 marzo 2016, con cui il Tribunale per i minorenni di Venezia, su ricorso del Pubblico Ministero, aveva dichiarato lo stato di adottabilità della minore, sospendendo i genitori dalla responsabilità genitoriale, ed affidando la minore al servizio sociale del Comune di Agna che ha resistito con controricorso, illustrato anche con memoria, L.T. , in qualità di tutrice della minore, mentre la madre H.N. non ha svolto attività difensiva che il Collegio ha deliberato, ai sensi del decreto del Primo Presidente del 14 settembre 2016, che la motivazione dell’ordinanza sia redatta in forma semplificata. Considerato che con il primo motivo d’impugnazione i ricorrenti denunciano la nullità del procedimento per violazione dell’articolo 350 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per aver immotivatamente rigettato l’istanza di differimento dell’udienza di trattazione, nonostante l’impedimento a comparire del loro difensore, determinato dall’indizione di uno sciopero generale dei trasporti pubblici che con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione e/o l’erronea applicazione degli articolo 24 e 111 Cost. e dell’articolo 6 della CEDU, censurando la sentenza impugnata per aver dichiarato inammissibile l’appello a causa dell’omessa rinnovazione della notificazione alla madre della minore, senza considerare che la stessa, non costituitasi in primo grado, era stata dichiarata irreperibile in base ad informazioni peraltro incomplete , e che l’inosservanza del termine fissato per la rinotifica non precludeva l’assegnazione di un nuovo termine, non avendo quest’ultimo carattere perentorio che i predetti motivi vanno esaminati congiuntamente, riflettendo profili diversi della medesima questione, concernente l’inosservanza del termine fissato dalla Corte d’appello per la rinnovazione della notificazione del gravame alla madre della minore che, come si evince dalla sentenza impugnata, il predetto termine è stato fissato ai sensi non già dell’articolo 291 cod. proc. civ., ma dell’articolo 331, avendo la Corte di merito ritenuto che H.N. , in qualità di madre di H.E. , rivestisse la qualità di litisconsorte necessario nel giudizio avente ad oggetto la dichiarazione dello stato di adottabilità della figlia minore che il riconoscimento della qualità di litisconsorte necessario alla madre della minore costituisce puntuale applicazione del principio, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di dichiarazione dello stato di adottabilità, secondo cui il titolo II della legge 4 maggio 1983, numero 184, nel testo novellato dalla legge 28 marzo 2001, numero 149, riflettente anche principi sovranazionali articolo 3, 9, 12, 14, 18, 21 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991 numero 176 articolo 9 e 10 della Convenzione Europea sui diritti del fanciullo, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e ratificata con legge 2 marzo 2003, numero 77 articolo 24 della Carta di Nizza , attribuisce ai genitori del minore una legittimazione autonoma, connessa ad un’intensa serie di poteri, facoltà e diritti processuali idonea a determinare l’assunzione della veste di parti necessarie dell’intero procedimento, ivi compreso il giudizio di appello, quand’anche in primo grado non si siano costituiti, con la conseguente necessità di integrare il contraddittorio nei loro confronti, ove non abbiano proposto il gravame cfr. Cass., Sez. I, 22/07/2015, numero 15369 30/10/2013, numero 24482 4/07/ 2011, numero 14554 che il termine fissato per l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’articolo 331 cod. proc. civ., ha carattere perentorio, e la sua inosservanza impedisce quindi l’assegnazione di un nuovo termine, la cui concessione equivarrebbe alla proroga di quello precedentemente concesso, vietata espressamente dall’articolo 153 cod. proc. civ., salvo che la relativa istanza, da presentarsi prima della scadenza del termine originario, si fondi sull’esistenza, idoneamente comprovata, di un fatto non imputabile alla parte onerata o, comunque, sull’ignoranza incolpevole della residenza dei soggetti nei cui confronti il contraddittorio avrebbe dovuto essere integrato cfr. Cass., Sez. III, 11/04/2016, numero 6982 15/01/2007, numero 637 Cass., Sez. II, 27/10/2008, numero 25960 che nella specie l’istanza di concessione del nuovo termine non risulta neppure presentata, in quanto all’udienza del 21 ottobre 2016, peraltro successiva alla scadenza del termine originariamente fissato per la notificazione 5 settembre 2016 , è comparso un sostituto del difensore degli appellanti, il quale si è limitato a chiedere un rinvio della trattazione, affermando che il difensore era impossibilitato a comparire personalmente a causa di uno sciopero generale dei trasporti pubblici, senza addurre alcun impedimento a giustificazione dell’omessa notificazione che la comparizione del difensore delegato, in sostituzione del dominus impossibilitato a presenziare all’udienza in rappresentanza degli appellanti, deve considerarsi sufficiente a giustificare la mancata concessione del rinvio, ai fini della quale l’articolo 115, secondo comma, disp. att. cod. proc. civ. richiede la sussistenza di un grave impedimento del difensore, in tal modo postulando che quest’ultimo non possa essere neppure sostituito mediante il conferimento di apposita delega ad altro collega, ai sensi dello articolo 9 del r.d.l. 27 novembre 1933, numero 1578 cfr. Cass., Sez. Unumero , 26/03/2012, numero 4773 Cass., Sez. I, 27/08/2013, numero 19583 Cass., Sez. V, 19/03/2010, numero 6753 che, anche a voler ritenere che il termine rimasto inosservato fosse stato concesso per la rinnovazione della notificazione del ricorso in appello, già vanamente tentata dagli appellanti, anziché per l’integrazione del contraddittorio, resterebbe ugualmente esclusa la possibilità di assegnare un ulteriore termine per provvedervi, potendosi riconoscere carattere ordinatorio soltanto al termine per la notificazione originariamente fissato a seguito del deposito del ricorso, e non anche a quello successivamente assegnato per la rinnovazione, ai sensi dell’articolo 291 cod. proc. civ. cfr. Cass., Sez. I, 4/08/ 2016, numero 16335 11/09/2014, numero 19203 7/10/2014, numero 21111 che il ricorso va pertanto rigettato, restando assorbito il terzo motivo d’impugnazione, con cui i ricorrenti hanno dedotto la violazione del diritto all’unità familiare, degli articolo 1, 10 e 11 della legge 4 maggio 1983, numero 184 e dell’articolo 112 cod. proc. civ., lamentando l’omesso esame delle censure proposte con l’atto di appello che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e si liquidano come dal dispositivo, con ordine di pagamento in favore dello Stato, ai sensi dell’articolo 133 del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, avuto riguardo all’intervenuta ammissione della controricorrente al patrocinio a spese dello Stato che, trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione l’articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, inserito dall’articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dello Stato, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.