La buona condotta non va riferita ai comportamenti anteriori al triennio dall’espiazione della pena detentiva

In tema di riabilitazione, la valutazione del presupposto della buona condotta va effettuata con esclusivo riferimento al periodo di 3 anni di cui all'articolo 179, comma 1, c.p., decorrente dalla data di espiazione della pena detentiva o di pagamento della pena pecuniaria o di estinzione della pena principale per altra causa, con la conseguenza che non possono essere presi in considerazione comportamenti anteriori, ancorché di chiara valenza negativa.

Ponendosi nel solco del recente orientamento di legittimità, il Tribunale di Sorveglianza di Milano concede la riabilitazione che può essere concessa quando siano decorsi almeno 3 anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o si sia in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta. Quando decorre il triennio? Prima questione, di carattere procedurale, affrontata dal Giudice di Sorveglianza riguarda la seguente questione essendo stata la pena residua scontata in regime di affidamento in prova al servizio sociale, e la misura alternativa alla detenzione è terminata l’8 marzo 2015, mentre il 9 aprile 2015 il Tribunale di Milano ha dichiarato estinta la pena per il suo positivo superamento, a quale dei 2 termini occorre fare riferimento? Richiamando giurisprudenza della Cassazione, si ritiene che, ai fini della concessione della riabilitazione, il termine triennale previsto dall'articolo 179 c.p., in caso di affidamento in prova al servizio sociale il cui esito sia stato positivamente valutato dal Tribunale di Sorveglianza, decorre dal giorno in cui la prova si è conclusa e non da quello, successivo, in cui è intervenuta la decisione del Giudice Sez. I, nnumero 10650/2015 numero 42852/2004 . Buona condotta arco temporale di valutazione. Entrando poi nel merito dei presupposti della riabilitazione, il Tribunale di sorveglianza prende atto che il condannato 1 ha adempiuto alle obbligazioni civili derivanti dal reato comprensiva dell’imposta evasa 2 ha effettuato l’integrale risarcimento delle spese processuali in favore della parte civile 3 ha pagato le spese processuali. La questio iuris successiva è se la buona condotta deve essere circoscritta al triennio decorrente dalla data di espiazione della pena detentiva o se possano essere presi in considerazione i comportamenti anteriori. Anche in questo caso, il Tribunale di Milano, recependo un recente arresto di legittimità ritiene che la valutazione del presupposto della buona condotta va effettuata con esclusivo riferimento al periodo di tre anni di cui all'articolo 179, comma 1, c.p., decorrente dalla data di espiazione della pena detentiva o di pagamento della pena pecuniaria o di estinzione della pena principale per altra causa, con la conseguenza che non possono essere presi in considerazione comportamenti anteriori, ancorché di chiara valenza negativa Sez. I, numero 55063/2017 . Termine inderogabile. A ragione della chiarezza ed inequivocità del tenore letterale della disposizione, la Cassazione ritiene che il termine dilatorio triennale sia inderogabile e non suscettibile di interpretazioni o di apprezzamenti discrezionali nella sua operatività in modo tale da consentire l'ammissione alla riabilitazione in via anticipata o facendo riferimento ad una frazione temporale diversa da quella prevista dal legislatore, che ha inteso ancorare la verifica dei requisiti positivi o negativi ad un ambito temporale preciso e delimitato nella sua estensione, sul presupposto che sia stata irrogata una pena certa ed eseguibile o, in alternativa, suscettibile di estinzione, il che implica la già intervenuta pronuncia di condanna irrevocabile. Tale interpretazione letterale riceve ulteriori conferme sul piano sistematico dalla considerazione dell'articolo 179, commi 2 e 3, i quali stabiliscono termini differenziati e protratti per l'ammissione alla riabilitazione dei recidivi in un caso, dei delinquenti abituali, professionali e per tendenza nell'altro il dato normativo dimostra che i comportamenti devianti e criminosi pregressi alla condanna, anche se integrino autonome fattispecie di reato e siano stati accertati con pronuncia di condanna irrevocabile che accerti anche la condizione della recidivazione, non costituiscono in sé elementi ostativi, ma giustificano un maggiore rigore nella valutazione dei presupposti applicativi, perché determinano l'aumento del periodo minimo durante il quale il condannato deve avere mantenuto buona condotta. Altrettanto significativo è il comma 4 della stessa disposizione, perché prevede in modo analogo che, se sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, il momento di decorrenza del termine triennale è lo stesso previsto per il decorso del termine di sospensione. E i fatti successivi alla condanna? Ultimo ostacolo che il Tribunale di Sorveglianza ha dovuto superare è stato quello relativo alle pendenze che gravavano sul richiedente per fatti successivi alla condanna. Anche in questo caso, viene richiamata alla consolidata posizione della Suprema Corte, per la quale essendo ormai consolidato l’orientamento secondo cui, in ossequio alla presunzione di non colpevolezza ex articolo 27, comma 2, Cost. , non costituiscono, di per sé, ostacolo all'accoglimento dell'istanza di riabilitazione, in ragione della presunzione di non colpevolezza, la semplice esistenza di una o più denunce e la sola pendenza di un procedimento penale a carico per fatti successivi a quelli per i quali è intervenuta la condanna cui si riferisce la richiesta medesima Sez. I, numero 15471/2015, numero 22374/2009 numero 33420/2001, numero 5768/1995 .

Tribunale di Sorveglianza di Milano, ordinanza 11 maggio 2018, numero 4208 Presidente Di Rosa - Estensore Gambitta Osserva Con la sopra citata sentenza, S.B. è stato condannato alla pena di anni 4 di reclusione - di cui anni 3 condonati per indulto ex lege 241/2006 - per il reato di cui agli artt.81, cpv, 110 c.p. e 4, lett.f , L.516/82 in relazione all'articolo 2, D.Lgs. 74/2000 commesso fino al 26.10.2004 in ordine alle statuizioni civili, S.B. è stato condannato, in solido con Ag. Fr., Lo. Da. e Ga. Ga. al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile Agenzia delle Entrate, con condanna al pagamento di una provvisionale nella misura di Euro 10.000.000, nonché alla rifusione delle spese di costituzione e giudizio della parte civile, liquidate in Euro 25.000. La residua pena, pari ad anni 1 di reclusione, è stata interamente espiata in regime di affidamento in prova ai servizi sociali ex articolo 47 O.P., concesso dal Tribunale di Sorveglianza di Milano con ordinanza in data 10.04.2014 la misura ha avuto inizio in data 23.04.2014 ed è terminata in data 8 marzo 2015, essendo stati concessi giorni 45 liberazione anticipata. Con ordinanza in data 9.04.2015, il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha dichiarato estinta la pena per superamento positivo dell'affidamento in prova. L'istanza di riabilitazione è, pertanto, ammissibile ai sensi dell'articolo 179 comma 1 c.p., essendo decorso il termine di tre anni dal momento in cui la pena è stata eseguita, ossia dall'8.3.2015, data di espiazione della pena. Si deve infatti ritenere che il termine in questione decorra a partire dalla data in cui la pena è stata espiata, e non dalla data della dichiarazione di estinzione della pena stessa Cass., SEZ.l, N.10650/2015 . Nel merito, il Collegio ritiene sussistenti i presupposti di cui all'articolo 179 c.p. Si osserva al riguardo che risultano, in primo luogo, adempiute le obbligazioni civili derivanti dal reato, atteso che dalla documentazione versata in atti dalla difesa copia dei bollettini di pagamento di cui al numero 5 dell'allegato all'istanza , emerge che in data 10.07.2013 l'istante ha effettuato l'integrale pagamento dell'importo di Euro 10.569.661,28 di cui alla cartella di pagamento numero 068 2013 01397562 47. Tale cifra è comprensiva dell'ammontare dell'imposta evasa, relativa alle annualità 2002 e 2003 e pari, nel complesso, a 7,3 milioni di Euro, nonché degli evidenziati ulteriori danni costituiti dallo sviamento e turbamento dell'attività della Pubblica Amministrazione diretta all'accertamento tributario” e del danno all'immagine cfr. pagg. 86-88 della sentenza . Risulta inoltre effettuato l'integrale pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, come liquidate nella nota del 2.10.2013 dell'Avvocatura dello Stato e pari a 34.500 Euro, di cui 25.000 relativi alla sentenza per cui l'istante chiede la riabilitazione e la rimanente cifra per i successivi gradi di giudizio del medesimo procedimento cfr. allegato 6 all'istanza . Infine, sono state pagate le spese processuali pari ad Euro 1.501.778,86, di cui alla cartella di pagamento numero omissis , come si evince dal bollettino di versamento di cui ai numeri 11 e 12 delle produzioni difensive. Per quanto concerne l'accertamento del requisito della buona condotta, va premesso che la valutazione di tale presupposto deve essere effettuata con esclusivo riferimento al periodo di tre anni, di cui all'articolo 179 comma 1 c.p., decorrente dalla data di espiazione della pena detentiva. In via di diritto, si osserva che la Corte Suprema ha sul punto evidenziato che, al fine dell'accertamento di tale requisito, non possono essere presi in considerazione i comportamenti anteriori, neppure nel caso in cui gli stessi rivestano chiara valenza negativa Cass. Sez. I numero 55063/2017 . Tanto premesso, va comunque osservato che l'istante non ha riportato condanne ulteriori rispetto a quella per cui si chiede la riabilitazione, neanche per fatti antecedenti rispetto al periodo in valutazione. In relazione a quest'ultimo, le informazioni di Polizia e dei Carabinieri danno conto di una buona condotta del richiedente, secondo quanto la norma richiede. Ed invero, le note della Questura di Milano-Divisione Anticrimine in data 26.4.2018 e 4.5.2018, della Questura di Roma in data 30.4.2018 e dei Carabinieri di Monza in data 3.5.2018, attestano un comportamento totalmente privo di segnalazioni rilevanti in termini negativi, che dunque portano a ritenere sussistente il requisito della regolarità della condotta. Peraltro, solo la nota della Questura di Milano-Divisione Anticrimine ha riportato l'esistenza di una segnalazione in data 4.4.2013, dalla Digos di Torino, per il reato di diffamazione, e di altra, effettuata in data 26.2.2013 dalla Stazione dei Carabinieri di S. Mo , per i reati di scambio elettorale e truffa, anche per il conseguimento di erogazioni pubbliche. I successivi approfondimenti istruttori hanno però documentato l'avvenuta archiviazione di entrambi i sottostanti procedimenti, come si evince dalla comunicazione della Questura di Torino dell'8.5.2018 e dai certificati in atti. Sempre in relazione al periodo in valutazione, emerge la sussistenza di carichi pendenti presso le Procure della Repubblica di Milano, Roma e Torino. In particolare, risulta pendente presso il Tribunale di Milano un procedimento penale per il reato di cui agli artt.81 cp., 321 in relazione all'articolo 319 ter cp., commesso sino al 28.1.2016 e presso il Tribunale di Roma un procedimento, identico per titolo di reato e periodo di commissione, a quello pendente presso il Tribunale di Milano dal certificato dei carichi pendenti presso la Procura di Torino risulta un procedimento per il medesimo titolo di reato, commesso sino al giugno 2015 presso Milano . A fronte del complesso di elementi probatori sopra valutati, tali pendenze non escludono di per sé la sussistenza della regolarità della condotta. Sul punto, si richiama l'ormai consolidato e condiviso orientamento della giurisprudenza della Corte Suprema, secondo il quale la mera pendenza di un procedimento penale per fatti successivi a quelli per cui è intervenuta la condanna cui si riferisce l'istanza, non costituisce di per sé ostacolo all'accoglimento dell'istanza di riabilitazione, in ragione della presunzione di non colpevolezza, principio di rango costituzionale alla base del nostro ordinamento giuridico Cass., Sez.1, 8.5.2009, numero 22374 Cass., Sez.1, 1.2.2012, numero 6528 e Cass., Sez.1, 26.11.2014, numero 15471 . Il Collegio osserva, da ultimo, che la modalità di espiazione della pena detentiva, nella forma alternativa disposta, è stata conforme all'obiettivo di cui all'articolo 27, co.2 Cost., che questa sottende. In definitiva, ritiene il Collegio che alla luce della complessa istruttoria sussistano tutti i requisiti prescritti per l'accoglimento dell'istanza, in assenza di dati significativi di segno contrario. P.Q.M. accoglie l'istanza e per l'effetto dichiara S.B. riabilitato dalla sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 26.10.2012, divenuta irrevocabile l'1.8.2013 e dai relativi effetti penali.