La dichiarazione di abitualità nel reato è nulla se riferita genericamente alla recidiva reiterata e alla delinquenza abituale

La sentenza di condanna deve ritenersi «nulla per difetto di contestazione», limitatamente alla dichiarazione di abitualità nel reato, qualora non faccia espresso riferimento «all’abitualità presunta per legge ovvero a quella ritenuta dal giudice».

Così la Corte di Cassazione con sentenza numero 18238/18, depositata il 26 aprile. Il caso. La Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza emessa dal GIP presso il Tribunale di Alessandria, rideterminava la pena irrogata all’imputato relativamente all’ipotesi di estorsione consumata e tentata, nonché di tentata rapina. Avverso il provvedimento della Corte distrettuale l’imputato ricorre per cassazione denunciando, tra i vari motivi di ricorso, la generica indicazione circa la presenza delle condizioni idonee alla dichiarazione di delinquente abituale ex articolo 102 e 103 c.p L’abitualità nel reato. Il Supremo Collegio ribadisce come, secondo consolidata giurisprudenza, «è nulla per difetto di contestazione, limitatamente alla dichiarazione di abitualità nel reato, la sentenza di condanna pronunciata in relazione ad imputazione che si limiti genericamente ad indicare la recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale e l’esistenza delle condizioni per la dichiarazione di delinquenza abituale, in assenza d’espresso riferimento alla fattispecie d’abitualità presunta per legge ovvero a quella ritenuta dal giudice». Difatti, nel caso di specie, la Suprema Corte riconosce l’assenza di contestazione nei capi d’imputazione e il contestuale esclusivo riferimento in essi alla recidiva reiterata, «senza farsi cenno alla sussistenza dell’ipotesi di abitualità presunta dalla legge». Pertanto, secondo i Giudici di legittimità, «la Corte territoriale ha erroneamente confermato la statuizione sul punto nonostante lo specifico motivo di appello proposto dall’odierno ricorrente». La Corte, dunque, nel confermare l’esclusione della ricorrenza del tentativo relativamente al delitto di estorsione addebitato al ricorrente, annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alla dichiarazione di abitualità nel delitto.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 10 – 26 aprile 2018, numero 18238 Presidente Davigo – Relatore Tutinelli Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in questa sede impugnato, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del GIP presso il Tribunale di Alessandria del 10 maggio 2016, di condanna dell’odierno ricorrente per ipotesi di estorsione consumata e tentata e per una ipotesi di tentata rapina avvenuta in omissis , riqualificato il terzo capo della imputazione ai sensi dell’articolo 628 cod. penumero , ha rideterminato la pena finale nei limiti ritenuti di giustizia. 2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, articolando i seguenti motivi. 2.1. Violazione o falsa applicazione degli articoli 102-103 cod. penumero nonché degli articoli 429 e 552 cod. proc. penumero . Il ricorrente afferma che la contestazione contenuta nel capo d’imputazione, consistente nella generica indicazione della presenza delle condizioni per essere dichiarato delinquente abituale ai sensi degli articoli 102-103 cod. penumero non sarebbe sufficiente a ritenere adempiuto all’obbligo di indicare in forma chiara e precisa le circostanze concrete dalle quali potesse derivare l’applicazione della misura di sicurezza conseguente alla declaratoria di abitualità nel delitto. Al proposito, non potrebbe ritenersi sufficiente la motivazione del provvedimento impugnato che affermava la sufficienza delle contestuale contestazione della recidiva qualificata. 2.2. Difetto di motivazione in relazione al mancato riconoscimento del tentativo in relazione al primo capo di imputazione. Il ricorrente afferma che l’intero episodio descritto nel primo capo di imputazione si sarebbe svolto sotto il controllo e la vigilanza della polizia giudiziaria il che imporrebbe di affermare la sussistenza di una fattispecie tentata anche in relazione al fatto che non vi sarebbe stato impossessamento. Al proposito, lo stesso ricorrente si richiama ai principi enunciati dalle sezioni unite di questa Corte in materia di furto e ad una ulteriore pronuncia della sezione feriale numero 32522 del 26 agosto 2010 . In sostanza, la Corte territoriale avrebbe opposto una motivazione apparente limitandosi a richiamare l’orientamento consolidato di questa Corte senza affrontare le questioni poste dalla difesa. 2.3. Violazione falsa applicazione dell’articolo 629 cod. penumero in relazione all’articolo 56 cod. penumero . Afferma il ricorrente che la sentenza delle sezioni unite già richiamata in materia di furto andrebbe ad integrare alcune lacune che, sempre a parere del ricorrente, la sentenza di questa Corte a sezioni unite del 27 ottobre 1999 numero 19 presentava. In particolare, si afferma che tra le varie forme alternative di realizzazione del vantaggio richiesto dalla norma incriminatrice, il conseguimento del possesso risulterebbe l’unica forma possibile quando oggetto dell’estorsione sia una somma di denaro. 3. Con memoria in depositata il 26 marzo 2018, il ricorrente ha articolato motivi nuovi in relazione al secondo motivo di impugnazione ulteriormente motivando in ordine alla ineluttabilità della riconoscimento della fattispecie tentata non potendosi ritenere sussistente alcuna forma di effettiva acquisizione del danaro. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. Questa Corte Sez. 2, Sentenza numero 46581 del 05/10/2017 Rv. 271488 Sez. 6, Sentenza numero 17884 del 02/04/2009 Rv. 243526 ha avuto modo di affermare, con argomentazioni condivisibili dalle quali non vi è motivo di discostarsi, che è nulla per difetto di contestazione, limitatamente alla dichiarazione di abitualità nel reato, la sentenza di condanna pronunciata in relazione ad imputazione che si limiti genericamente ad indicare la recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale e l’esistenza delle condizioni per la dichiarazione di delinquenza abituale, in assenza d’espresso riferimento alla fattispecie d’abitualità presunta per legge ovvero a quella ritenuta dal giudice. Nel caso di specie il Tribunale ha applicato d’ufficio l’articolo 102 cod. penumero pur in assenza di contestazione nei capi d’imputazione atteso l’esclusivo riferimento in essi alla recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale senza farsi cenno alla sussistenza dell’ipotesi di abitualità presunta dalla legge la Corte territoriale ha erroneamente confermato la statuizione sul punto nonostante lo specifico motivo di appello proposto dall’odierno ricorrente. La sentenza pertanto va annullata in parte qua senza rinvio annullamento che si estende anche alla misura di sicurezza non detentiva della libertà vigilata applicata ai sensi dell’articolo 109 cod. penumero come effetto della dichiarazione di abitualità. 2. Quanto al secondo e al terzo motivo di ricorso, valutabili congiuntamente, la ricostruzione della dinamica del fatto, così come sviluppata nella sentenza impugnata anche attraverso il richiamo alla decisione di primo grado, consente di escludere, alla luce del costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, condiviso dal Collegio, che possa versarsi in un’ipotesi di delitto tentato in tal senso si è affermato che si ha consumazione e non mero tentativo, allorché la cosa estorta venga consegnata dal soggetto passivo all’estortore e ciò anche nell’ipotesi in cui sia predisposto l’intervento della polizia giudiziaria che provveda immediatamente all’arresto del reo ed alla restituzione del bene all’avente diritto sez. 2 numero 27601 del 19/6/2009, Rv. 244671 . Infatti, nel delitto di estorsione, la modalità di lesione si incentra sulla coazione esercitata dall’agente sulla vittima, perché tenga una condotta positiva o negativa in ambito patrimoniale, il cui esito è il profitto che il reo intende procurarsi, che non può essere integrato da altre note, quali la disponibilità autonoma della cosa, senza violare la tassatività della fattispecie. sez. U numero 19 del 27/10/1999, Rv. 214642 . Va ancora precisato che i motivi della scelta di aderire alla pretesa espressa dal soggetto agente attengono al foro interno della persona lesa e non rilevano ai fini del verificarsi dell’evento il fatto, poi, che la vittima dell’estorsione si adoperi affinché la polizia giudiziaria possa pervenire all’arresto dell’autore della condotta illecita non elimina lo stato di costrizione, ma è una delle molteplici modalità di reazione soggettiva della persona offesa allo stato di costrizione in cui essa versa. Il legislatore, con la formula adottata - costringendo taluno a fare od omettere qualche cosa prende in considerazione lo stato oggettivo di costrizione e non distingue le ragioni che possono indurre la persona offesa ad aderire alla pretesa estorsiva. sez. 2 numero 44319 del 18/11/2005, Rv. 232506 . 3. Ne consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione alla dichiarazione di abitualità e alla applicazione della misura di sicurezza della colonia agricola per la durata di anni due e la declaratoria di inammissibilità del rimanente motivo di ricorso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla dichiarazione di abitualità nel delitto e alla applicazione della misura di sicurezza della colonia agricola che elimina. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.