Pagamento: ecco chi prova cosa

Nell’ipotesi di pagamento al creditore apparente ex articolo 1189 c.c. il pagamento fatto al rappresentante apparente, libera il debitore di buona fede, ma a condizione che il debitore, il quale invoca il principio dell’apparenza giuridica, fornisca la prova non solo di avere confidato senza sua colpa nella situazione apparente, ma, altresì, che il proprio erroneo convincimento sia stato determinato da un comportamento colposo del creditore.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, nella sentenza numero 20847, depositata l’11 settembre 2013. Pagamento al creditore e al rappresentante apparente stessa ratio. Un creditore aveva convenuto in giudizio il proprio debitore, chiedendone la condanna al pagamento della somma quale prezzo della vendita di materiale in pietra leccese. Il convenuto aveva chiesto il rigetto della domanda eccependo di avere pagato il prezzo a un terzo, rappresentante di zona dell’attore. In sede di merito, era stata riconosciuta efficacia liberatoria, ai sensi dell’articolo 1189 c.c., al pagamento effettuato al terzo, aggiungendo che sarebbe stato onere dell’attore dimostrare il contenuto e i limiti del potere conferito al rappresentante. Contro tale decisione, il creditore ha presentato ricorso, dolendosi per la mancata applicazione dell’articolo 1744 c.c. e l’erronea applicazione dell’articolo 1189 c.c. A suo dire, l’agente era un procacciatore di affari, pertanto, non sarebbe stato applicato l’articolo 1744 c.c. che esclude che l’agente possa riscuotere crediti se non autorizzato. Inoltre, ha lamentato l’applicazione dell’articolo 1189 c.c. in assenza del presupposto di un suo comportamento colposo che abbia fatto sorgere nel debitore una ragionevole presunzione sull’effettività dei poteri apparenti dell’accipiens. Per la Suprema Corte il motivo è fondato e va accolto. Innanzitutto, gli Ermellini hanno spiegato che l’articolo 1189 c.c. è applicabile, per identità di ratio, anche al pagamento al soggetto che appare autorizzato a riceverlo per conto del creditore effettivo. Deroga al principio generale per il quale il pagamento è liberatorio solo se effettuato al creditore o al suo rappresentante. Come affermato da Piazza Cavour, siccome l’effetto liberatorio di cui all’articolo 1189 c.c. è collegato al principio dell’apparenza giuridica e siccome l’apparenza deve essere ricondotta a un comportamento del creditore, l’articolo in questione è applicabile «solo se l’apparenza risulti giustificata da circostanze univoche e concludenti riferibili al creditore, sì da far sorgere nel debitore un ragionevole affidamento, esente da colpa». Invece – come rilevato dal S.C. -, la sentenza impugnata aveva dichiarato che sarebbe stato onere dell’attore dimostrare il contenuto e i limiti del potere conferito al rappresentante così decidendo, è stato applicato erroneamente l’articolo 1189 c.c. che, in quanto norma derogatoria del principio generale, pone espressamente a carico del debitore l’onere di provare la propria buona fede. Infatti, nella decisione di merito, non è dato rinvenire alcun accertamento in merito al presupposto di applicazione della norma - ossia la creazione di una apparenza riconducibile al comportamento del creditore, tale da far sorgere nel solvens in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell’accipiens -. Di conseguenza, il ricorso è stato accolto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 26 giugno - 11 settembre 2013, numero 20847 Presidente Oddo – Relatore Proto Svolgimento del processo Con citazione del 3/9/1986 M.G. conveniva in giudizio B.P. chiedendone la condanna al pagamento della somma di lire 3.443.310 quale prezzo della vendita di materiale in pietra leccese. Il B. chiedeva il rigetto della domanda eccependo di avere pagato il prezzo a T.G. , rappresentante di zona dell'attore, che chiamava in causa per essere tenuto indenne dalle pretese avversarie. Con sentenza del 5/10/2002 il Giudice di Pace rigettava la domanda nei confronti del B. e condannava il terzo chiamato a pagare all'attore la somma che aveva ricevuto dal B. . Il M. proponeva appello lamentando che non poteva ritenersi estinto il debito con il pagamento al T. , rappresentante di zona, perché il T. non era autorizzato a riceverlo. Il B. si costituiva e chiedeva il rigetto dell'appello il T. non si costituiva. Il Tribunale di Lecce con sentenza del 6/2/2006 rigettava l'appello ritenendo di condividere la motivazione e le conclusioni del giudice di primo grado che aveva riconosciuto efficacia liberatoria, ai sensi dell'articolo 1189 c.c., al pagamento effettuato al T. , rappresentante di zona e aggiungeva che sarebbe stato onere dell'attore dimostrare il contenuto e i limiti del potere conferito al rappresentante. Il M. propone ricorso affidato ad un unico motivo. Resiste con controricorso B.P. . Motivi della decisione Il presente ricorso riguarda solo la domanda di accertamento e condanna formulata dal M. nei confronti B. . 1. Con l'unico motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione di norme di diritto e, in particolare, la mancata applicazione dell'articolo 1744 c.c. e l'erronea applicazione dell'articolo 1189 c.c Il ricorrente, riportando stralci delle dichiarazioni rese dalle parti nell'interrogatorio libero e uno stralcio della testimonianza di L.S. , afferma che il T. il quale ha ammesso di avere dichiarato di essere stato incaricato della riscossione e di avere ricevuto il pagamento senza riversarlo al M. era un procacciatore di affari sulla base di quest'ultimo assunto lamenta che non è stato applicato l'articolo 1744 c.c. che esclude che l'agente possa riscuotere crediti se non autorizzato. Il ricorrente lamenta inoltre l'erronea applicazione dell'articolo 1189 c.c. in quanto applicato in assenza del presupposto di un comportamento colposo del creditore che abbia fatto sorgere nel debitore una ragionevole presunzione sull'effettività dei poteri apparenti dell'accipiens. 2. Il motivo è fondato e va accolto. Occorre premettere che l'articolo 1189 c.c. è applicabile, per identità di ratio, anche al pagamento al soggetto che appare autorizzato a riceverlo per conto del creditore effettivo, ma è sempre necessario che il creditore effettivo, il quale abbia determinato o concorso a determinare l'errore del solvens , abbia fatto sorgere in quest'ultimo in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell' accipiens Cass. 3/9/2005 numero 17442 Cass. 9/8/2007 numero 17484 Cass. 13/9/2012 numero 15339 Cass. 4/6/2013 numero 14028 . La norma in esame deroga al principio generale stabilito dall'articolo 1188 c.c. per il quale il pagamento è liberatorio solo se effettuato al creditore o al suo rappresentante. Siccome l'effetto liberatorio di cui all'articolo 1189 c.c. è collegato al principio dell'apparenza giuridica che ne costituisce il fondamento e siccome l'apparenza deve essere ricondotta ad un comportamento del creditore non potendo dipendere dalle mere affermazioni o dal comportamento dell'accipiens , l'articolo 1189 c.c. è applicabile solo se l'apparenza risulti giustificata da circostanze univoche e concludenti riferibili al creditore, sì da far sorgere nel debitore un ragionevole affidamento, esente da colpa, sulla effettiva sussistenza della facoltà apparente dell'accipiens di ricevere il pagamento. In presenza di tale prova, incombe sul creditore l'onere di provare che il debitore non ignorasse la reale situazione ovvero che l'affidamento di quest'ultimo fosse determinato da colpa cfr. Cass. 30/10/2008 numero 26052 . Con la sentenza impugnata il giudice di appello ha affermato che la dedotta mancanza di autorizzazione all'incasso non era idonea a contrastare il convincimento del compratore di avere pagato il prezzo al rappresentante di zona del venditore e che sarebbe stato onere dell'attore dimostrare il contenuto e i limiti del potere conferito al rappresentante. Così decidendo il giudice del merito ha erroneamente applicato l'articolo 1189 c.c. che, in quanto norma derogatoria rispetto all'articolo 1188 c.c., pone espressamente a carico del debitore l'onere di provare la propria buona fede, prova che, come detto, può dirsi raggiunta solo in presenza di un comportamento del creditore tale da far sorgere nel solvens in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell'accipiens. Nella sentenza impugnata non è dato rinvenire alcun accertamento in merito al presupposto di applicazione della norma, ossia la creazione di una apparenza riconducibile al comportamento del creditore, ma, al contrario, viene affermato che il creditore sarebbe onerato della prova che l'accipiens non aveva il potere di rappresentanza, ma tale prova non attiene all'applicazione dell'articolo 1189 c.c. che invece presuppone, appunto, l'assenza di potere rappresentativo se l’accipiens avesse avuto il potere di rappresentanza avrebbe dovuto applicarsi l'articolo 1188 c.c., ma è lo stesso giudice di appello ad escludere che fosse provato il potere di rappresentanza quando afferma che non risulta l'esatto rapporto contrattuale intercorso tra il T. e il M. . 3. Ne consegue l'accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata con riferimento al rapporto processuale tra M.G. e B.P. con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altro giudice del Tribunale di Lecce che si atterrà al seguente principio di diritto nell'ipotesi di pagamento al creditore apparente ex articolo 1189 c.c. il pagamento fatto al rappresentante apparente, al pari di quello fatto al creditore apparente, libera il debitore di buona fede, ai sensi dell'articolo 1189 c.c., ma a condizione che il debitore, il quale invoca il principio dell'apparenza giuridica, fornisca la prova non solo di avere confidato senza sua colpa nella situazione apparente, ma, altresì, che il proprio erroneo convincimento sia stato determinato da un comportamento colposo del creditore che abbia fatto sorgere nel solvens in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell'accipiens. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altro giudice del Tribunale di Lecce.