Chi prevale tra confisca antimafia e terzo acquirente del bene?

Nel caso di acquisto di proprietà immobiliare sottoposta a sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione, il terzo estraneo interessato al processo penale, oltre a fornire la prova della propria buona fede, deve vantare un titolo avente data certa anteriore al vincolo reale al fine del riconoscimento del suo diritto.

Questo il principio affermato dalla Sezione I Penale della Cassazione nella sentenza n. 30319 del 15 luglio 2013. I terzi e la confisca di prevenzione. La tematica della tutela dei terzi estranei, ma interessati nei procedimenti finalizzati alla confisca di prevenzione costituisce senza dubbio uno degli argomenti più attuali e dibattuti, nonché oggetto di frequente trattazione da parte della giurisprudenza. L’attualità e la rilevanza delle questioni appare comprovata, laddove mai fosse necessario, sia dal recentissimo intervento del legislatore, con i commi da 194 a 296 dell’art. 1 della c.d. legge di stabilità l. n. 228/2012 , sia dall’ancora più recente intervento delle Sezioni Unite civili, che con la pronuncia del 26 febbraio 2013 n. 10352 dep. 7 maggio 2013 hanno cercato di ricostruire una disciplina compiuta della materia – che vede intersecarsi questioni di carattere strettamente penalistico e profili più propriamente civilistici –, ulteriormente complicata dalla esigenza di individuare, secondo i criteri della successioni delle leggi nel tempo, la normativa applicabile a fronte di continue innovazioni legislative. La sentenza SS.UU. 26 febbraio 2013 i quesiti Con la menzionata pronuncia le Sezioni Unite Civili, prendendo le mosse da una articolata ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale previgente, valorizzano la natura e gli effetti della confisca di prevenzione posta a salvaguardia del preminente interesse pubblico , che giustifica il sacrificio inflitto al terzo di buona fede, titolare di un diritto reale di godimento o di garanzia, ammesso, ora, a una tutela di tipo risarcitorio . La questione sottoposta alle Sezioni Unite aveva ad oggetto la verifica del rigetto dell’opposizione all’esecuzione, fondata sull’illegittimità dell’inizio ovvero della prosecuzione dell’azione esecutiva su immobile confiscato definitivamente ex lege n. 575/65 c.d. legge antimafia . Nel caso esaminato, in particolare, nell’arco di tempo intercorrente tra l’iscrizione dell’ipoteca e l’esaurimento del procedimento di esecuzione, l’immobile ipotecato era stato dapprima sequestrato, e poi confiscato ai sensi della legislazione antimafia. Oggetto del contrasto giurisprudenziale erano tre aspetti 1 le condizioni per opporre l’ipoteca iscritta allo Stato 2 la competenza del giudice civile o del giudice penale ad affrontare la questione 3 l’individuazione del soggetto cui spettasse l’onere di provare la buona o la male fede del terzo creditore titolare del diritto di ipoteca sul bene confiscato. e le soluzioni offerte. La soluzione proposta dalla Suprema Corte è alquanto articolata, ma in questa sede può essere riassunta nel principio secondo cui, nel conflitto tra l'interesse del creditore a soddisfarsi sull'immobile ipotecato e quello dello Stato a confiscare i beni, che siano frutto o provento di attività mafiosa, deve prevalere il secondo. Pertanto, è inopponibile allo Stato l'ipoteca iscritta su di un bene immobile confiscato, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, prima che ne sia stata pronunciata l'aggiudicazione nel procedimento di espropriazione forzata, in virtù della norma di diritto transitorio prevista dall'art. 1, comma 194, legge 24 dicembre 2012, n. 228. Circa l’individuazione dell’organo giurisdizionale competente, nonostante – per esplicito obiter dictum delle Sezioni Unite – il non corretto riferimento al giudice dell'esecuzione della nuova normativa, è intuitivo, e deriva dalla stessa interpretazione giurisprudenziale, che con tale formula s'intende indicare, quale giudice competente, il tribunale deputato all’applicazione delle misure di prevenzione. E ciò perché, in materia di misure di prevenzione, il giudice dell'esecuzione è lo stesso tribunale che ha disposto la confisca. Infine, le Sezioni Unite, pur dando atto che le nuove norme non contengono previsioni espresse sotto il profilo del soggetto cui spetti provare la buona fede e l'affidamento incolpevole, giungono a concludere che, sulla base dell'elaborazione giurisprudenziale negli anni maturata, soprattutto nell'ambito penale, e considerata la veste sostanziale di attore che assume il creditore nel procedimento giurisdizionale di ammissione, compete a quest'ultimo la prova positiva delle condizioni per l'ammissione al passivo del suo credito. Il caso. È dunque nell’ambito di tale contesto giurisprudenziale e normativo, invero assai più articolato di quanto le poche righe sopra spiegate abbiano potuto rappresentare, che si colloca la vicenda in esame in cui l’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione dei beni confiscati mirava a far valere l’inefficacia di talune alienazioni immobiliari avvenute a favore di terzi, dopo che tali beni erano stati oggetto di sequestro e prima della definitiva confisca degli stessi. La Suprema Corte nel caso di specie, richiamandosi ai medesimi canoni e principi che hanno ispirato la pronuncia delle Sezioni Unite Civili sopra ricordata e cioè, in primis, la prevalenza degli interessi pubblicistici su quelli privatistici che possono – almeno in ipotesi – trovare una tutela, anche se non reale, risarcitoria , non ha avuto, dunque, difficoltà ad affermare che spetta al terzo acquirente del bene immobile dimostrare sia il proprio acquisto con atto avente data certa anteriore al sequestro, che la propria buona fede al momento dell’acquisto, buona fede che viene meno allorché il soggetto acquirente fosse consapevole dell’esistenza di un sequestro penale.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 giugno - 15 luglio 2013, n. 30319 Presidente Chieffi – Relatore Rombolà Ritenuto in fatto Con ordinanza 26/4/12 il Tribunale di Torre Annunziata, in sede di esecuzione, rigettava le richieste di annullamento formulate dall'ANAD - Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la Destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata in relazione agli atti di trasferimento di due unità immobiliari di cui veniva dedotta la natura elusiva di un precedente provvedimento di confisca emesso in sede di cognizione dallo stesso Tribunale. Per l'effetto dichiarava inopponibile alla Srl Gestimpianti e i suoi aventi causa, i coniugi Z.M. e R.I. e M.V. , il provvedimento di confisca emesso con sentenza 3/5/04 confermata dalla Corte di Appello di Napoli il 22/6/05, irrevocabile il 25/10/06, in relazione a due appartamenti siti in distinti fabbricati del omissis . Con istanza ex art. 665 cpp depositata il 5/6/12 l'Agenzia aveva chiesto al Tribunale, previa correzione del decreto nell'idèntificativo catastale del foglio in cui ricadevano i detti beni 12 e non 12/A , l'annullamento dei fittizi atti di vendita posti in essere dopo il decreto di sequestro preventivo del 2001 e le conseguenti trascrizioni in subordine la confisca per equivalente. Nel ritenere la propria competenza, osservava invece il Tribunale che dalla stessa sentenza di merito che aveva disposto la confisca ex art. 12-sexies d.l. n. 306/92 in danno di C.F. il sequestro preventivo era stato disposto e trascritto nel giugno 2001 risultava che i beni In questione, nella formale proprietà della Srl Beta Costruzioni Generali di cui era amministratore Ra.Gu. , nel 1992 dovevano essere fittiziamente venduti nascondendo in realtà un'estorsione a D.G.C. ed A.L. , prestanome del detto C.F. . Ma ciò non avvenne e, quando nel 1995 al Ra. subentrarono C.A. che non risultava essere parente di F. e il suo socio L.P. , i beni stessi vennero venduti alla Srl Gestimpianti giugno 1999 e da questa, inopponibilmente in quanto estranea alta precedente intestazione fittizia , ai coniugi Z. -R. nei 2005 e a M.V. nel 2004. Di qui il rigetto delle richieste dell'Agenzia. Ricorreva per cassazione l'Avvocatura distrettuale di Napoli nell'interesse dell'Agenzia ANAD , deducendo 1 violazione di legge e vizio di motivazione laddove il giudice dell'esecuzione aveva esorbitato dalla propria competenza giurisdizionale mettendo nel nulla un giudicato 2 violazione di legge e vizio di motivazione laddove non si era tenuto conto di una serie di dati sintomatici dell'evidente fittizietà del trasferimento di beni dalla Srl Beta Costruzioni Generali di C.A. e del suo socio L.P. alla neo costituita Gestimpianti nel controllo familiare dello stesso C.A. previo e fermo un accordo transattivo intervenuto tra i nuovi soci e il Ra. , che manteneva una procura irrevocabile a vendere sei appartamenti, tra i quali i due in oggetto, a vantaggio di terzi estensori coi quali si era impegnato a pena della sua stessa incolumità . Di qui l'impossibilità di ritenere per essi la buona fede nel passaggio societario e nei successivi atti di vendita. Chiedeva l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Nel suo parere scritto il PG presso la S.C., ritenendo la fondatezza del ricorso assorbente il secondo motivo , concludeva ancn'egli per l'annullamento. Con memoria depositata il 20/5/13 M.V. carabiniere in pensione , con atto a firma congiunta con il proprio difensore, premessa la vicenda processuale, deduceva 1 la palese inammissibilità e infondatezza dei motivi di ricorso e la piena legittimità dell'ordinanza oggetto di impugnazione 2 l'assenza dei presupposti per l'applicabilità di qualsivoglia confisca alla Srl Gestimpianti e quindi al M. 3 in particolare la inapplicabilità al detto M. delle norme di cui all'art. 2-ter, co. 13 e 10, L n. 575/65 4 in via gradata l'inapplicabilità nei suoi confronti della confisca ex art. 12-sexies L. n. 306/92 5 in via del pari gradata la nullità o inefficacia del sequestro preventivo del bene disposto dal Tribunale di Napoli il 19/4/01, trascritto il 23/4/01. Concludeva in conformità. Seguiva dep. il 31/5/13 , con medesimi contenuti ed analoghe conclusioni, memoria difensiva per i coniugi Z.M. e R.I. che insistevano sulla piena proprietà - con efficacia erga omnes - nella quale consisteva il loro diritto reale sul bene, senza che potessero risolversi in loro danno eventuali negligenze dello Stato che non aveva messo in grado i terzi di buona fede di conoscere l'esistenza dei sequestro in atto . Considerato in diritto Il ricorso è in tutto fondato e l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Torre Annunziata. L'ordinanza in oggetto non dubita che la sentenza penale e la confisca in essa disposta facciano stato nei confronti dei soggetti che vi parteciparono C. F., D.G. e A. , ma rivendica il potere del giudice dell'esecuzione di rivedere eventuali errori di giudizio pag. 11 in favore di chi come la stessa Beta Costruzioni e tutti i suoi aventi causa al processo rimase estraneo. La tesi è che il passaggio degli immobili dalla Beta Costruzioni alla Gestimpianti ebbe sì finalità palesemente elusive di responsabilità civilistiche della società alienante, ma nulla a vedere con la tematica della fittizia riconducibilità dei beni a C.F. , coll'ulteriore conseguente ininfluenza dei profili di colpevole affidamento dovuti alla pregressa trascrizione del sequestro in atto ravvisabili in capo ai successivi acquirenti. Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è netta. In fattispecie relativa ad opposizione verso il provvedimento di rigetto della richiesta di restituzione di beni confiscati ex art. 12-sexies L. n. 356/92 Cass., I, sent. n. 22860 del 3/5/11, rv. 250444 si afferma che gli elementi di prova acquisiti nel corso del giudizio di cognizione, all'esito del quale è stata disposta la confisca, ben possono essere utilizzati anche nei procedimento di esecuzione, intentato dai terzi proprietari dei beni oggetto della misura ablativa. Ferma perciò l'utilizzabilità di tali elementi nel processo di esecuzione, in questo il terzo rimasto estraneo al processo di cognizione è inoltre abilitato a fornire prove valide e conducenti in proprio favore. Ciò però non può dirsi avvenuto nella specie, dove il giudice dell'esecuzione, con motivazione apodittica, dopo aver riconosciuto come evidente le finalità elusive della compravendita, le ha genericamente riferite alle responsabilità debitorie della venditrice Srl Beta Costruzioni Generali dichiarata fallita dal Tribunale di Nola il 13/3/02 e ha escluso che il negozio riguardasse la tematica della fittizia riconducibilità di alcuni dei beni in questione a F C. cui, per sentenza passata in giudicato, erano pacificamente riferibili . Ciò perché non risultava che C.A. , amministratore subentrato al Ra. , pacificamente impegnato a vendere alcuni immobili nell'interesse di C.F. della Srl Beta Costruzioni e la cui moglie P.R. e la cui figlia C.M.A. figuravano nella compagine sociale della acquirente Srl Gestimpianti, fosse legato da vincoli di parentela con F C. . La lacuna è invero modesta l'accordo transattivo del 1995 col Ra. prescindendo da vincoli di tale tipo e soprattutto irrilevante se rapportata alla messe di Indizi che depongono nel senso, peraltro incontestato, dell'elusione attuata col passaggio societario del 1999, primo fra tutti la creazione ad hoc della società acquirente con la medesima sede sociale della venditrice lo stesso giorno dell'acquisto con un prezzo pari al mero accollo dei debiti . Non si comprende in definitiva perché, nella logica dell'ordinanza oggi impugnata, la compravendita dovesse avere finalità elusive di ogni genere nei confronti dei creditori ma non quella di rilevanza penale relativa alla perdurante, dissimulata riferibilità a C.F. di alcuni beni della Beta Costruzioni, elusivamente trasferiti alla Gestimpianti. Riassumendo che sei degli alloggi realizzati tra i quali i due in oggetto della Beta Costruzioni fossero riferibili a C.F. è cosa giudicata e ciò è anche quando, nel 1995, la gestione passa da Ra. a C.A. e a L. la vendita del 1999 del complesso immobiliare tra la Beta Costruzioni e la Gestimpianti è fittizia e con finalità elusive nel 2001 sopravviene il sequestro preventivo in sede penale nel 2004 e nel 2005 vengono venduti i due appartamenti in questione. Non è dunque da quella vicenda del 1999 che può farsi discendere la buona fede dei successivi acquirenti del 2004 e del 2005. Premesso che A C. , socio e legale rappresentante della società venditrice e marito e padre di due sode di quella acquirente, era consapevole del processo penale contro F C. , dove ebbe a costituirsi parte civile anche per la Beta Costruzioni, in realtà, ai fini che qui interessano, i successivi acquirenti V M. e i coniugi Z. -R. quella vicenda potevano anche ignorare. Ciò che per loro rileva è che hanno acquistato un bene sotto sequestro penale e che di ciò erano o dovevano essere consapevoli e sotto questo profilo non possono dirsi acquirenti di buona fede . Come annota la stessa ordinanza oggi impugnata, di tale sequestro del giugno 2001 - sebbene affrettatamente e semplicisticamente qualificato non pregiudizievole dal notaio rogante - vi è menzione pensino in uno degli atti di acquisto, quello del M. del luglio 2004. Ciò dimostra anche che l'errato riferimento contenuto nel decreto di sequestro al foglio catastale 12/A invece che 12, comune ai due Immobili, non era tale da impedire la conoscenza del vincolo di natura pubblica e penale che su entrambi gravava. Né colgono nel segno gli argomenti contenuti nelle memorie difensive. La necessità che il terzo interessato estraneo al processo penale, oltre a offrire la prova della propria buona fede, vanti un titolo di data certa anteriore al sequestro è condizione imprescindibile al riconoscimento del suo diritto e, se ciò è stato affermato in casi di diritto reale di garanzia come in Cass., I, sent. n. 2501 del 14/1/09, rv. 242817 , il principio è generale e vale anche a fortiori, per la speciale importanza dell'atto e la cautela che lo accompagna per l'acquisto della proprietà immobiliare sulla prevalenza in materia di misure di prevenzione patrimoniale degli interessi pubblici su quelli privati v. Cass., I, sent. n. 30326 del 29/4/11, rv. 250910 . I terzi interessati Invertono invece i termini essenziali della questione dimenticano che l'atto certo anteriore è il sequestro penale e cercano inutilmente, per vanificare tale ineludibile dato, di provare la discontinuità tra la Beta Costruzioni e la Gestimplanti e di qui la pretesa novità della nuova gestione che invece eredita, per così dire, la transazione del 1995 con il Ra. . Si impone pertanto l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice del merito art. 627 cpp . P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Torre Annunziata.