Esclusa la lottizzazione abusiva a scopo edificatorio con il mero frazionamento del terreno promesso in vendita

La violazione si configura con la previsione e la realizzazione di consistenti opere di urbanizzazione

La lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio ex lege numero 47/1985 si riferisce non a casi di mero frazionamento del terreno, sia pure in porzioni destinate ad essere sede di edificazione, ma a fattispecie di lottizzazioni in senso stretto correlate alla realizzazione di fondi destinati a edifici residenziali, commerciali o industriali con relativa previsione di opere di urbanizzazione primarie e secondarie volte ad asservire per la prima volta un’area non ancora urbanizzata a nuove edificazioni. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza numero 15991 del 25 giugno 2013. Il caso. Il promissario acquirente agiva ex articolo 2932 c.c. nei riguardi del promittente venditore per ottenere il trasferimento in proprio favore di un terreno oggetto di un preliminare di compravendita. In primo e in secondo grado la controparte si opponeva deducendo la nullità del preliminare per violazione della legge numero 47/1985, trattandosi di lottizzazione abusiva di terreni e mancando, nel contratto, il certificato di destinazione urbanistica. Il venditore chiedeva in subordine l’annullamento del contratto per dolo determinante dell’acquirente e/o per errore essenziale sulla qualità del bene promesso in vendita. Sia i giudici di merito, sia gli Ermellini respingono le tesi del promittente venditore. La dettagliata decisione della Corte di Cassazione affronta tre questioni fondamentali tipiche nei contratti di trasferimento immobiliari aventi per oggetto dei terreni. La lottizzazione abusiva. Nel caso di specie parte promittente venditrice sosteneva la nullità del contratto preliminare di compravendita per violazione dell’articolo 18, legge numero 47/ 1985 Norme in materia di controllo dell’attività urbanistica – edilizia, sanzione, recupero e sanatoria delle opere edilizie , modificato dall’articolo 30, D.P.R. del 6 giugno 2001 numero 380. La norma infatti vieta il fenomeno della lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio. Tale ipotesi si realizza «quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione [] il numero, l’ubicazione o l’eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio». La norma citata in altre parole condanna tanto la lottizzazione in senso stretto la prima parte della disposizione , quanto quella cosiddetta “cartolare” seconda parte dell’articolo . Tale seconda ipotesi, però, evidenzia la Corte, non si configura in costanza di meri frazionamenti di terreno – come sarebbe avvenuto nel caso di specie, quindi senza alcuna violazione – bensì ove tale si attività si accompagni alla previsione di costruire una pluralità di edifici residenziali o turistici o industriali, con connessa progettazione e esecuzione di opere di urbanizzazione complesse ed ingenti per preparare l’intera area – mai precedentemente “urbanizzata” – ad accogliere il complesso edilizio. Nulla di tutto ciò è stato dimostrato dai promittenti venditori per poter giustificare il loro rifiuto alla stipula del definitivo e fondare la richiesta di nullità del contratto preliminare. Semplicemente nelle “carte” si era prevista la vendita di una porzione di terreno edificabile, facente parte di un fondo di maggiore estensione, ma ciò non implicava una lottizzazione abusiva neppure “cartolare” dal momento che il semplice frazionamento non era seguito dalla predisposizione di infrastrutture e opere di urbanizzazione occorrenti per una pluralità di immobili nei termini sopra ricordati. Il certificato di destinazione urbanistica. Sempre la legge numero 47/1985 stabilisce la nullità dei contratti di trasferimento di terreni quando ad essi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica. Parte promittente venditrice riteneva la nullità del contratto preliminare per mancanza del certificato citato. Gli Ermellini invece confermano il costante orientamento della Corte vedi, ex multis , Cass. 13221/2006 spiegando che tale documentazione non è necessaria in sede di stipula del preliminare, bensì solo per la conclusione del contratto definitivo di compravendita o per la sentenza ex articolo 2932 c.c. incombendo, in tale caso, sull’attore l’onere di produrre il certificato a sostegno delle proprie richieste di trasferimento del bene vedi Cass. 17436/2011 . Peraltro si trattava di questione nuova, mai sollevata prima dalle parti e quindi, anche da questo punto vista, inammissibile. Il dolo e l’errore. Infine la Suprema Corte esamina la richiesta di annullamento del contratto preliminare per dolo determinante o per errore essenziale. Secondo il ricorrente, l’acquirente avrebbe usato artifici e raggiri decisivi per carpire il consenso di controparte a cedere il terreno articolo 1439 c.c. e il venditore sarebbe caduto in errore essenziale sulle qualità dell’oggetto del contratto articolo 1429 c.c. ignorando la destinazione urbanistica del terreno promesso in vendita convenendo così un prezzo di vendita esiguo. In ordine al primo aspetto, il motivo è stato rigettato perché avrebbe comportato una nuova e diversa valutazione delle circostanze di merito già affrontate e esaminate in primo e secondo grado. Su tali questioni le sentenze impugnate sono state giudicate correttamente motivate e, pertanto, la Cassazione ha escluso qualsiasi “rivisitazione”. Gli Ermellini si soffermano invece sul secondo tema spiegando che l’errore sulla valutazione economica della bene oggetto del contratto non rientra nell’ipotesi di errore di fatto che giustifica l’annullamento, giacché il valore economico riguarda non l’oggetto del contratto, ma la sfera dei motivi e quindi è irrilevante. Infatti il difetto di qualità della cosa deve riguardare solo i diritti e gli obblighi risultanti dal contratto e non l’entità economico dell’operazione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 23 aprile - 25 giugno 2013, numero 15991 Presidente Oddo – Relatore Scalisi Svolgimento del processo P.A. con atto di citazione del 10 giugno 1987 conveniva davanti al Tribunale di Pescara Z.V. , chiedeva che venisse emessa sentenza costitutiva degli effetti del contratto ex articolo 2932 cc. condannando il convenuto alle spese giudiziali. A sostegno di questa domanda l'attore esponeva che in data 12 marzo 1987 aveva stipulato con il convenuto un contratto preliminare di vendita con il quale si era obbligato ad acquistare un terreno sito in OMISSIS per la somma complessiva di L. 73.000.000 di cui 14.000.000 da versare al momento della sottoscrizione del contratto preliminare e la restante somma alla stipula del contratto definitivo. Deduceva, altresì, che Z. , nonostante ripetuti inviti, si era rifiutato di stipulare il contratto definitivo di compravendita. Si costituiva Z. contestando la domanda attorea e chiedeva con domanda riconvenzionale che venisse dichiarata la nullità della scrittura privata del 12 marzo 1987 ai sensi dell'articolo 18 della legge 47/85 ed in via gradata l'annullamento della stessa scrittura per dolo determinante dell'attore o ancora in subordine per errore essenziale comune ad entrambe le parti, nonché in estrema ipotesi la condanna del P. al risarcimento del danno ai sensi dell'articolo 1440 cc Deceduto il convenuto nelle more del giudizio, subentravano gli eredi M C. , Z.P. , G. , A.M. , quest'ultima in persona della madre essendo ancora minore facendo proprie tutte le difese del loro dante causa. Espletata l'istruttoria il Tribunale di Pescara con sentenza numero 571 del 2000 accoglieva la domanda dell'attore e rigettava le domande riconvenzionali dei convenuti, condannando gli stessi alla rifusione delle spese del giudizio. Avverso tale sentenza, proponevano appello gli eredi di Z.V. per diversi motivi. Si costituiva l'appellato contestando quanto dedotto dagli appellanti e chiedendo il rigetto del gravame. La Corte di Appello dell'Aquila, con sentenza numero 355 del 2006 rigettava l'appello e confermava l'impugnata sentenza. Secondo la Corte aquilana la previsione di nullità contenuta nell'articolo 18 della legge numero 47 del 1985 non era riferibile al caso in esame, considerato che quella previsione trovava applicazione nei soli confronti dei contratti ad effetti reali. In ordine ai vizi della volontà che avrebbero dovuto comportare l'annullamento da parte del primo giudice della scrittura privata per cui è causa non, era stato offerto alcun convincente elemento di prova. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dagli eredi di Z.V. C.M. , Z.P. , G. , A.M. per due motivi, illustrati con memoria. P.A. , regolarmente intimato, in questa fase, non ha svolto alcuna attività giudiziale, nonostante esiste agli atti procura speciale con firma autenticata con la quale P. ha delegato l'avv. Massimo Faugno a rappresentarlo e difenderlo. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo M C. , P C.Z., Z.G. e A.M., lamentano la violazione, falsa applicazione dell'articolo 18 della legge numero 47 del 1985 e 1932 cc. nonché omessa insufficienza e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio il tutto in relazione all'articolo 360 numero 3 e 5 cpc. Il motivo è articolato su due profili che appare opportuno tenere distinti. a Intanto, secondo i ricorrenti, la Corte aquilana avrebbe errato,nel non aver dato rilievo al fatto che attraverso il contratto preliminare oggetto della controversia, veniva realizzata una lottizzazione abusiva che per se stessa comportava la nullità del contratto preliminare. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, la lottizzazione abusiva che rende incommerciabile il terreno che ne é l'oggetto non si verifica soltanto per una materiale trasformazione urbanistica o edilizia del suolo, ma anche per effetto di non autorizzati frazionamenti e vendite di terreni in lotto, allorquando i frazionamenti stessi siano preordinati in modo non equivoco all'edificazione. In altri termini - sempre a dire dai ricorrenti, accanto alla cc.dd. Lottizzazione abusiva materiale è configurabile anche una lottizzazione abusiva negoziale o cartolare che si realizza mediante atti negoziali traslativi. E, nel caso di specie, secondo i ricorrenti, il frazionamento del suolo realizzato attraverso il contratto preliminare era preordinato alla edificazione considerato che l'articolo 8 di quel preliminare specificava che la presente scrittura si ritiene valida a tutti gli effetti a condizione che Ca. per sé e per altri e F.N. , per sé e per altri accettino di vendere alla società Rivercasa alle stese condizioni i terreni di proprietà ricadenti nell'area di espansione C1 settore E1 del PRG di Nontesilvano . E veniva confermato dalle pluralità delle promesse di vendita e delle vendite successive poste in essere dallo stesso Z. , da Ca. e da F. , sia dalle dichiarazioni testimoniali rese dall'ing. D.G. e dell'arch. A. . Da ciò discende, specificano i ricorrenti un primo quesito più promesse di vendita, contestuali e funzionalmente collegate fra loro, per altro poi concretamente eseguite mediante atti definitivi, aventi ad oggetto lotti distinti ma contigui costituiscono o no per lo meno quegli atti equivalenti che ai senso dell'articolo 8 della legge numero 47 del 1985 valgono ad integrare un'ipotesi di lottizzazione abusiva e, perciò, vietata? b Ritengono ancora i ricorrenti la nullità del contratto preliminare era dovuta altresì alla mancata allegazione del certificato di destinazione urbanistica dell'area considerato che l'allegazione di quella certificazione andrebbe riferita non solo ai contratti ad effetti reali, ma anche ai relativi contratti preliminari, dato che il contratto preliminare deve avere la stessa forma del definitivo e l'allegazione del certificato di destinazione urbanistica assolve in definitiva proprio ad un requisito formale dell'atto. Da qui l'ulteriore quesito di diritto gli atti preliminari di vendita della proprietà dei terreni possono essere validamente stipulati senza incorrere nella sanzione della nullità se ad essi non risulta allegato il relativo certificato di destinazione urbanistica?. Tuttavia, ritengono, infine i ricorrenti la mancata allegazione del certificato di destinazione urbanistica dell'area impediva al Giudice di pronunciare sentenza ex articolo 2932 cc. Piuttosto, la mancanza dell'allegazione di tale certificato è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio e, pertanto, al Giudice non era consentito supplirvi, poiché in tal modo aveva eluso una norma di legge imperativa. Di qui l'ulteriore quesito di diritto stante la prescrizione legislativa dell'allegazione a pena di nullità del certificato di destinazione urbanistica dell'area a tutti gli atti traslativi della proprietà dei terreni può il Giudice accogliere la domanda ex articolo 2932 cc. di esecuzione in forma specifica d'un simile preliminare di vendita che ne sia priva e può, quindi, pronunciare sentenza che tenga luogo del non concluso contratto definitivo, prescindendo dal certificato stesso?. 1.1.- Il motivo è infondato sotto entrambi i profili. 1.1.a .- Va qui evidenziato che l'articolo 18 della legge numero 47 del 1985, così come modificato e specificato dall'articolo 30 del D.P.R. 6 giugno 2001, numero 380 laddove si afferma che Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio si riferisce non a fattispecie di mero frazionamento del terreno, sia pure in porzioni destinate ad essere sede di edificazione, ma a fattispecie di lottizzazioni in senso stretto, che sono configurabili laddove sussistano fondi destinati ad insediamenti edilizi urbani, cioè alla realizzazione d'una pluralità di edifici residenziali o turistici o industriali, che deve avere necessariamente comportato la previsione, la progettazione e l'esecuzione di opere di urbanizzazione non solo primarie, ma anche secondarie, trattandosi di asservire per la prima volta un'area non ancora urbanizzata ad un insediamento di quella natura ed essendovi l'obbiettiva esigenza, per l'armonico raccordo dell'insediamento stesso con il preesistente aggregato abitativo, della realizzazione di quelle opere. Pertanto, ai sensi e nel vigore della norma citata, la vendita di una porzione di terreno edificabile, facente parte di un fondo di maggiore estensione di proprietà del venditore, non implica di per sé la realizzazione da parte di quest'ultimo di una lottizzazione soggetta a preventiva autorizzazione, ricorrendo tale ipotesi soltanto quando il frazionamento di un terreno edificabile si accompagni alla predisposizione delle opere di urbanizzazione occorrenti per una pluralità di insediamenti. In difetto di tale presupposto la vendita di una porzione di area edificabile non può essere ricondotta nell'ambito di applicazione della citata norma. Sicché non configura l'ipotesi di lottizzazione abusiva, né di conseguenza è nulla per illiceità della relativa causa, la vendita di parte di un fondo che, ancorché analoga ad altri atti di disposizione di ulteriori frazioni dello stesso, non faccia riferimento né preveda infrastrutture di urbanizzazione. 1.1.a.1 .- Quanto detto consente di apprezzare la decisione della Corte di merito laddove ha escluso che il contratto preliminare di cui si dice realizzasse una lottizzazione abusiva cc.dd. cartolare o negoziale, avendo, la Corte di merito, verificato che le parti si erano impegnate a vendere ed ad acquistare il terreno in oggetto senza specificare la destinazione del bene né le finalità dell'accordo e comunque non risultava in alcun modo che fossero state compiute attività cioè realizzate o progettate volte alla trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici. E di più, e correttamente, in assenza di una programmazione o di una realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondarie a vantaggio del terreno di cui si dice,, la Corte di merito ha escluso secondo una valutazione di merito non censurabile nel giudizio di cassazione dato che non sembra presenti vizi logici o contraddittorietà che potesse avere rilievo il fatto dedotto dagli appellanti e dedotto anche nel presente giudizio che la scrittura oggetto della controversia fosse stata stipulata nella contestualità di più promesse di vendita di aree edificatorie confinanti con essa e con l'area in questione, fatte contemporaneamente e correlativamente dalla Z. dai P. ed altri. 1.1.b .- Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la disposizione del comma 2 della L. 28 febbraio 1985, numero 47, articolo 18, che sancisce la nullità degli atti tra vivi aventi per oggetto il trasferimento di diritti reali relativi a terreni, quando ad essi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l'area interessata, si riferisce esclusivamente ai contratti che di per sé determinano l'effetto reale indicato dalla norma, non anche a quelli con effetti obbligatoli, come il contratto preliminare di compravendita. Ne consegue che il contratto preliminare avente ad oggetto la promessa di vendita di un terreno è valido ed obbliga le parti alla stipula del contratto definitivo ex multis Cass. numero 628 del 2003 numero 6493 del 1994 . Tuttavia, la disposizione appena richiamata comporta l'esigenza di allegazione del certificato di destinazione urbanistica per la stipulazione del contratto definitivo o per la sentenza di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto definitivo, di cui all'articolo 2932 cod. civ Sotto questo profilo, pertanto, poiché la sentenza emessa a norma dell'articolo 2932 cod. civ. postula l'accertamento dei requisiti di validità del contratto non concluso, incombe sull'attore l'onere di provare la sussistenza delle condizioni richieste per un valido trasferimento, producendo il certificato in parola In tal senso Cass. numero 17436 del 19/08/2011 . 1.1.b.1 .- Quanto alla necessità del certificato di destinazione urbanistica va evidenziato anzitutto che appare una questione nuova e come tale non proponibile nel giudizio di Cassazione. Tuttavia va qui evidenziato che i ricorrenti eccepiscono, in diverso modo e sotto diversi profili, che il certificato di cui si è detto non era stato allegato al contratto preliminare ma non hanno escluso che il certificato in parola fosse stato prodotto al momento della sentenza di primo grado emessa ai sensi dell'articolo 2932 cc. e neppure la sentenza impugnata ha escluso che quel certificato fosse stato depositato dall'originario attore, cioè, dal P. , prima ancora fosse emessa la sentenza di primo grado. 2.- Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano l'omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio insufficiente e contraddittoria motivazione circa un altro fatto controverso e decisivo per il giudizio ed altresì violazione e falsa applicazione degli articolo 1427, 1428, 1429 cc 115 e 116 cpc il tutto in relazione all'articolo 360 numero 3 e 5 cpc. Avrebbe errato la Corte aquilana, secondo i ricorrenti, nell'aver escluso che il P. avesse usato raggiri inganni o menzogne di fine di determinare il consenso dello Z. , ed, altresì, nell'aver ritenuto non provato l'errore in cui sarebbe incorso il sig. Z. , perché la Corte avrebbe totalmente omesso di rilevare e valutare circostanze obiettive e decisive emerse dalle univoche e concordi testimonianze rese dall'ing. D.G. e dell'arch. D. . In particolare ritengono i ricorrenti. Piuttosto, ove la Corte di merito, sempre a dire dai ricorrenti, avesse preso in considerazione le dichiarazioni testimoniali, avrebbe accertato circostanze idonee a mettere quantomeno in dubbio che il promittente venditore ignorasse la natura edificatoria del suo terreno ed a rendere comprensibili le ragioni per cui a favore del P. . venne pattuito un prezzo di vendita inferiore a quello di mercato. Invero, chiariscono i ricorrenti se poteva ritenersi come ha ritenuto la Corte di appello non provato il dolo dell'acquirente P. era però pacificamente emerso che lo Z. prometteva di vendere a quel prezzo nell'assoluta, ma falsa convinzione che la maggior parte dell'area ricadeva in zona vincolata. E, tale medesima convinzione era persino nota a P. . I ricorrenti concludono formulando il seguente quesito di diritto allorquando una parte educa l'errore essenziale sulla qualità di un terreno oggetto di promessa di vendita, in quanto ritenuto, nel momento della stipula del relativo preliminare vincolato anziché di natura edificatoria zona B2 quale realmente era, ed un simile errore risulta, oltre da che conformi e non contestate dichiarazioni testimoniale, anche dalla piena confessione, in sede di interrogatorio formale, dell'altra parte che anzi affermava di avere avuto pure lui quella medesima erronea convinzione, può il Giudice del merito prescindere da simili risultanze e circostanze controverse e decisive che sono pacificamente emerse e dichiarare al contrario che non è stato provato “l'errore quale vizio della volontà, sia come errore essenziale comune ad entrambe le parti sia come errore essenziale di una parte riconoscibile dall'altra parte?”. 2.1.- Anche questo motivo è infondato, non solo perché si risolve nella richiesta di una diversa valutazione delle risultanze istruttorie non proponibile nel giudizio di cassazione, dato che la valutazione compiuta dal giudice del merito, delle stesse risultanze istruttorie, non presenta vizi logico-giuridici, ma, e, soprattutto, perché i ricorrenti si limitano ad indicare solo alcuni dati probatori senza, per altro, riferirsi a quelle risultanze probatorie, che secondo la Corte di merito escludevano, in maniera esaustiva, che lo Z. ignorasse la destinazione urbanistica del terreno promesso in vendita che del resto è facilmente accertabile presso gli uffici comunali . Come si legge nella sentenza la Corte aquilina ha chiarito che nel corso del processo era emerso 1 il fatto che lo Z. in una richiesta di condono edilizio diretto al Comune di Montesilvano del 7 novembre 1978 ebbe a dichiarare l'inesistenza di vincoli gravanti sulla particella per cui era causa 2 che il preliminare fra il P. e lo Z. venne pattuito quale contropartita per usare le parole stesse dello Z. dell'intervento del P. diretto a convincere il di lui suocero a cedere un suo terreno alla ditta Ricci. Pertanto coerente a queste esultanze è l'affermazione contenuta nella sentenza secondo cui le circostanze riferite erano idonee a mettere quantomeno in dubbio che il promittente venditore ignorasse la natura edificatoria del suo terreno ed a rendere comprensibili le ragioni per cui a favore del P. venne pattuito un prezzo di vendita inferiore a quello di mercato. 2. La Appare opportuno, altresì aggiungere che l'errore sulla valutazione economica della cosa oggetto del contratto non rientra nella nozione di errore di fatto idoneo a giustificare una pronuncia di annullamento del contratto, in quanto il difetto di qualità della cosa deve attenere solo ai diritti ed obblighi che il contratto in concreto sia idoneo ad attribuire, e non al valore economico del bene oggetto del contratto, che afferisce non all'oggetto del contratto ma alla sfera dei motivi in base ai quali la parte si è determinata a concludere un determinato accordo, non tutelata con lo strumento dell'annullabilità anche perché non è riconosciuta dall'ordinamento tutela rispetto al cattivo uso dell'autonomia contrattuale, e all'errore sulle proprie, personali valutazioni, delle quali ciascuno dei contraenti assume il rischio, anche se è vero che la falsa rappresentazione della realtà circa la natura agricola o edificatoria di un terreno, ricadendo direttamente su di una qualità dell'oggetto, integra l'ipotesi normativa dell'errore di fatto e non di diritto, poiché la inesatta conoscenza della norma che ne preveda la destinazione urbanistica si risolve in una altrettanto inesatta conoscenza della circostanza dell'edificabilità o inedificabilità del suolo, di una circostanza, cioè, inerente ai caratteri reali del bene, differenziandosi un terreno non fabbricabile da un altro utilizzabile a scopi edilizi essenzialmente sotto il profilo dei relativi, possibili impieghi, così che le parti di una compravendita si determinano alla stipula del negozio proprio in relazione alle qualità del terreno ed alle utilità ed utilizzazioni da esso ricavabili, incorrendo in errore essenziale in caso di ignoranza della sua vera natura l'errore andrebbe quindi distinto se incidente sulla volontà dell'acquirente o su quella del venditore. In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti, in ragione del principio della soccombenza ex articolo 91 cpc, condanna in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.