Prioritario è tutelare il benessere del figlio minore, che è stato affidato esclusivamente alla madre. Per salvaguardarne lo sviluppo psico-fisico, anche alla luce del tempo trascorso nella casa coniugale, è legittimo confermare l’assegnazione dell’immobile alla donna.
Ubi maior, minor cessat. E l’antico adagio latino può essere applicato anche in un complesso procedimento di divorzio. Ove in ballo vi è soprattutto l’assegnazione della casa coniugale e ove il maior è rappresentato dal benessere dei figli minori Cassazione, ordinanza numero 15753, Sesta Sezione Civile, depositata oggi . Chi prende casa? Nodo gordiano, nel procedimento di divorzio, è, come detto, l’«assegnazione della casa coniugale». L’immobile, «di proprietà comune dei coniugi», viene prima assegnato alla donna, poi revocato dal Tribunale – che «affida il figlio minore esclusivamente alla madre pone a carico del padre assegno di mantenimento per il figlio stesso e per l’altra figlia, maggiorenne ma non autosufficiente economicamente» –, infine ‘riconsegnato’ nuovamente alla donna, su decisione dei giudici della Corte d’Appello. Ma quest’ultimo cambio di rotta viene duramente contestato dall’uomo, il quale, con ricorso ad hoc in Cassazione, pone in evidenza la circostanza «della nuova convivenza» della donna. Ciò, a suo avviso, dovrebbe portare, in automatico, a non assegnare alla moglie la casa coniugale, di proprietà comune. Priorità. Per rispondere alle osservazioni critiche, mosse dall’uomo, i giudici della Cassazione richiamano, innanzitutto, una pronuncia della Corte Costituzionale – la numero 308 del 2008, per la precisione – con cui, rispetto alla ipotesi della «cessazione dell’assegnazione, ove l’assegnatario conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio», è stato stabilito che «debba essere sempre prioritariamente salvaguardato l’interesse dei figli minori». Tornando a bomba, ossia alla vicenda in esame, nessun dubbio vi è sulla «circostanza della nuova convivenza» della donna, ma, aggiungono i giudici, va preso come riferimento il «preminente interesse del figlio convivente, non autosufficiente economicamente». Ebbene, tale interesse è lapalissiano, essendo collegato «allo sviluppo psico-fisico del giovane e al tempo trascorso nella casa coniugale» per questo motivo, viene sancita, in via definitiva, «l’assegnazione» della casa coniugale alla donna, «nonostante la nuova convivenza».
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 19 febbraio – 24 giugno 2013, numero 15753 Presidente Di Palma – Relatore Dogliotti In fatto e diritto In un procedimento di divorzio tra G.P. e L.F., il Tribunale di Reggio Emilia, con sentenza in data 14/06/2010, affida il figlio minore esclusivamente alla madre, pone a carico del padre assegno di mantenimento per il figlio stesso e per l’altra figlia maggiorenne ma non autosufficiente economicamente, con revoca della assegnazione della casa coniugale alla moglie. La Corte di Appello di Bologna, con sentenza in data 15/3/2011, in riforma assegna la casa coniugale, di proprietà comune dei coniugi, alla moglie. Ricorre per cassazione il P., che pure deposita memoria difensiva. Non ha svolto attività difensiva la F. La stessa Corte Costituzionale, Corte Cost. 29 luglio 2008 numero 308 , investita della questione di legittimità dell’articolo 155 quater c.c., nella parte in cui prevede la cessazione dell’assegnazione, ove l’assegnatario conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio, l’ha ritenuta infondata, interpretando la norma nel senso che debba essere sempre prioritariamente salvaguardato l’interesse dei figli minori ai quali comunque devono essere equiparati i figli conviventi, maggiorenni, ma non autosufficienti economicamente . Dunque la circostanza pacifica della nuova convivenza della madre, va sottoposta al vaglio del preminente interesse del figlio convivente, non autosufficiente economicamente. La Corte di merito valuta concretamente tale interesse, collegato allo sviluppo psicofisico del giovane e al tempo trascorso nella casa coniugale, e dispone l’assegnazione di essa alla madre, nonostante la nuova convivenza. Si tratta di valutazione di merito, espressa con motivazione adeguata, insuscettibile di controllo in questa sede. Va pertanto rigettato il ricorso. Nulla sulle spese, non avendo svolto attività difensiva la moglie. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell’articolo 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.