L’uomo aveva chiesto i danni lamentando la mancata segnalazione di un pericoloso avvallamento. In realtà si trattava di un’ordinaria griglia per lo scarico delle acque piovane e, secondo i giudici, un po’ di attenzione sarebbe bastata ad evitare la caduta.
In relazione ai danni verificatisi nell’uso di un bene demaniale, tanto nel caso in cui risulti in concreto configurabile una responsabilità oggettiva della P.A. ai sensi dell’articolo 2051 c.c., quanto in quello in cui risulti invece configurabile una responsabilità ai sensi dell’articolo 2043 c.c., l’esistenza di un comportamento colposo dell’utente danneggiato esclude la responsabilità della P.A., qualora si tratti di un comportamento idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno ed il danno stesso, mentre in caso contrario esso integra un concorso di colpa ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1, con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante in proporzione all’incidenza causale del comportamento stesso. Questo è il principio giurisprudenziale richiamato dalla Sesta sezione Civile della Corte di Cassazione nella sentenza numero 1310/12, depositata il 30 gennaio scorso. Il Caso. Andare in bicicletta, a volte, può essere pericoloso. Bisogna infatti porre attenzione a mille ostacoli macchine, motorini, pedoni. Talvolta, poi, è il manto stradale il vero nemico. È così che uno sfortunato ciclista finisce rovinosamente a terra dopo essersi imbattuto in un “insidioso avvallamento”. L’uomo, passato il dolore, decide di chiedere il risarcimento dei danni al Comune perché, a suo dire, quel pericolo inaspettato per gli utenti necessitava di una idonea segnalazione. Il Tribunale prima e la Corte d’appello poi, respingono però la domanda. Non c’è nessun pericolo, il ciclista è solo distratto. Ai giudici, infatti, è bastata una fugace occhiata alle foto per rendersi conto che, in realtà, l’insidioso avvallamento altro non era che un’ordinaria griglia per lo scarico delle acque piovane. Al ciclista, dunque, sarebbe bastata l’ordinaria diligenza nel percorrere la strada per evitare la caduta. L’uomo non ci sta e ricorre in Cassazione lamentando la violazione della norma sul danno cagionato da cose in custodia, conseguente alla disattesa del carattere oggettivo della responsabilità del Comune e lamentando il fatto che i giudici di secondo grado si sarebbero espressi in contrasto con le risultanze documentali. Inoltre, sostiene il ciclista, nelle precedenti sentenze non sarebbe stata indicata la prova dell’imprudenza della sua condotta, né sarebbe stato individuato l’atto o il comportamento che avrebbero interrotto il nesso di causalità tra la cosa e l’evento. La Cassazione non può rivalutare le prove. La Suprema Corte rigetta il ricorso che si traduce, sostanzialmente, nella richiesta di una inammissibile diversa lettura delle risultanze probatorie, cosa preclusa al giudice di legittimità. Il Collegio, infatti, ha modo di ricordare come «sia l’accertamento in ordine alla sussistenza della responsabilità oggettiva che quello in ordine all’intervento del caso fortuito che lo esclude involgono valutazioni riservate al giudice del merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici». L’esistenza di un comportamento colposo dell’utente danneggiato esclude la responsabilità della P.A Inoltre, non vi è alcuna scorretta applicazione delle norme da parte dei giudici di merito che si sono conformati all’orientamento secondo cui «in relazione ai danni verificatisi nell’uso di un bene demaniale, tanto nel caso in cui risulti in concreto configurabile una responsabilità oggettiva della P.A. ai sensi dell’articolo 2051 c.c., quanto in quello in cui risulti invece configurabile una responsabilità ai sensi dell’articolo 2043 c.c., l’esistenza di un comportamento colposo dell’utente danneggiato esclude la responsabilità della P.A., qualora si tratti di un comportamento idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno ed il danno stesso, mentre in caso contrario esso integra un concorso di colpa ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1, con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante in proporzione all’incidenza causale del comportamento stesso». La Corte territoriale, infatti, ha congruamente spiegato le ragioni della propria decisione riconducendo questo caso all’ipotesi del fortuito dato che l’evento di danno è da ascrivere esclusivamente al danneggiato.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile, sentenza 12 – 30 gennaio 2012, numero 1310 Presidente Preden – Relatore Giacalone In fatto e in diritto Nella causa indicata in premessa, é stata depositata la seguente relazione 1 - La sentenza impugnata, depositata il 14 ottobre 2010 e notificata il successivo 10.12, confermando quella di primo grado, ha, per quanto qui rileva, respinto la domanda risarcitoria dell'odierno ricorrente, ritenendo che era intatti sufficiente una fugace occhiata alle foto per rendersi conto che l'insidioso avvallamento che secondo l'appellante era privo di idonea segnalazione e costituiva un pericolo per gli utenti della strada non era altro che un'ordinaria griglia per lo scarico delle acque piovane non era quindi ipotizzabile la lesione dell'aspettativa alla regolarità del manto stradale, non potendosi prescindere dagli elementi che ne costituiscono una componente ricorrente la caduta era quindi interamente addebitabile alla distrazione del P. e non era configurabile un nesso eziologico con la griglia e con il lievissimo avvallamento in cui essa è contenuta, rispondente alla necessità tecnica di raccogliere le acque confluenti nella fogna bianca ricorreva quindi la tipica ipotesi di esclusione della responsabilità oggettiva del custode articolo 1227.2 c.c. , potendo il sinistro essere evitato se il P. avesse impiegato l'ordinaria diligenza nel percorrere la strada. 2 - Ricorre per cassazione il P. con sei motivi il Comune resiste con controricorso. 3. - I motivi lamentano. 3.a. violazione dell'articolo 2051 c.c., per errata valutazione e applicazione dei presupposti risarcitori, avendo disatteso il carattere oggettivo della responsabilità del Comune, tenuto alla manutenzione della strada a regola d'arte ed all'adozione della segnaletica dell'anomalia 3.b. violazione dell'articolo 2043 c.c. per avere la Corte territoriale riferito la regolarità alla griglia e non all'avvallamento, in contrasto con le risultanze documentali 3.c. violazione dell'articolo 1227.2 c.c. e vizio di motivazione per non aver individuato l'atto o il comportamento che avrebbero interrotto il nesso di causalità e non essendovi la prova che la condotta del ciclista fosse stata talmente imprudente da interrompere il detto nesso 3.d. ed e. violazione articolo 115 c.p.c. ed insufficienza della motivazione per non aver motivato in ordine alla mancata ammissione dell'interrogatorio formale e della prova testimoniale richiesta 3.f. violazione articolo 92.2 c.p.c. ed illogicità della motivazione in ordine alla mancata compensazione delle spese di lite ed alla modifica della compensazione operata dal giudice di primo grado. 4. Il ricorso è manifestamente privo di pregio. Le prime tre censure che possono trattarsi congiuntamente data l'intima connessione - implicano, nonostante le prime due siano impropriamente rubricate come violazioni di legge, accertamenti di fatto e valutazioni di merito. Ripropongono, in realtà, un'inammissibile diversa lettura delle risultanze probatorie, senza tenere presente il consolidato orientamento di questa S.C. secondo cui In tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie di cui all'articolo 2051 cod. civ. individua un'ipotesi di responsabilità oggetti va, essendo sufficiente per l'applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo. Pertanto non assume rilievo in sé la violazione dell'obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell'evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno. Ne consegue l'inversione dell'onere della prova in ordine al nesso causale, incombendo sull'attore la prova del nesso eziologico tra la cosa e l'evento lesivo e sul convenuto la prova del caso fortuito. Sia l'accertamento in ordine alla sussistenza della responsabilità oggettiva che quello in ordine all'intervento del caso fortuito che lo esclude involgono valutazioni riservate al giudice del merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici Cass. numero 6753/2004 . 4.1. In particolare, le prime due censure non colgono nel segno, perché invocano in astratto la non corretta applicazione dei presupposti per la responsabilità sia ex articolo 2051 c.c., sia ex articolo 2043, senza tenere presente che l'effettiva ratio decidendi sta nella ritenuta prova del fortuito, consistente nella distrazione del danneggiato. Tale ultima questione, posta nel terzo motivo, è anch'essa manifestamente infondata in quanto la decisione impugnata è conforme all'orientamento secondo cui in relazione ai danni verificatisi nell'uso di un bene demaniale, tanto nel caso in cui risulti in concreto configurabile una responsabilità oggettiva della P.A. ai sensi dell'articolo 2051 cod. civ., quanto in quello in cui risulti invece configurabile una responsabilità ai sensi dell'articolo 2043 cod. civ., l'esistenza di un comportamento colposo dell'utente danneggiato sussistente anche quando egli abbia usato il bene senza la normale diligenza o con un affidamento soggettivo anomalo sulle sue caratteristiche esclude la responsabilità della P.A., qualora si tratti di un comportamento idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno ed il danno stesso, mentre in caso contrario esso integra un concorso di colpa ai sensi dell'articolo 1227 cod. civ., comma 1, con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante e, quindi, della P.A. in proporzione all'incidenza causale del comportamento stesso Cass. numero 5669/10 15779/06 15383/06 . La sentenza impugnata, invece, ha congruamente spiegato le ragioni della propria decisione, risulta correttamente ritenuto riconducibile all'ipotesi del fortuito il caso in cui l'evento di danno sia da ascrivere esclusivamente alla condotta del danneggiato, la quale abbia interrotto il nesso eziologico tra la cosa in custodia ed il danno, v. Cass. numero 20317/2005 . 4.2. Anche le censure di cui al quarto e quinto motivo sono manifestamente infondate dovendosi ribadire che la conformità della sentenza al modello di cui all'articolo 132 numero 4 cod. proc. civ., e l'osservanza degli articolo 115 e 116, cod. proc. civ., non richiedono che il giudice di merito dia conto dell'esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l' iter argomentativo seguito Cass. numero 22801/09 17145/06 . 4.3. Vi è congrua e corretta motivazione nella sentenza impugnata in ordine alla soccombenza come criterio per il governo delle spese e sull'esclusione anche per il primo grado ei motivi legittimanti la compensazione delle stesse. 5. - Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli articolo 375, 376, 380 bis c.p.c., ed il rigetto dello stesso. La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite. Non sono state presentate memorie né conclusioni scritte. Ritenuto che a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, visti gli articolo 380-bis e 385 cod. proc. civ P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del Comune che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.