Accertato il nesso di causalità tra l'attività lavorativa e la patologia, deve essere riconosciuto l'indennizzo.
Ai fini del riconoscimento della causa di servizio, relativamente a una malattia subita dal lavoratore, occorre dimostrare il nesso causale tra l’attività lavorativa e la patologia lamentata, indipendentemente dal tempo trascorso tra la prima e la seconda. Lo ha affermato la Corte di Cassazione, nell’ordinanza numero 24195 del 17 novembre scorso. La vicenda. Il dipendente di un’azienda USL si rivolgeva al Tribunale per ottenere l’indennizzo da malattia per causa di servizio. Assumeva di aver subito di un infarto a seguito di uno sforzo effettuato sul posto di lavoro. La domanda, però, veniva rigettata in primo e secondo grado e l’uomo proponeva ricorso per cassazione. Per l’indennizzo serve un nesso di causalità tra attività lavorativa e malattia. Il ricorrente sostiene che la decisione dei giudici di merito è fondata su un’errata valutazione della consulenza tecnica d’ufficio, nonché delle prove testimoniali assunte nel corso del giudizio. Per il riconoscimento della causa di servizio, infatti, occorre dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità con la patologia lamentata. Anche se tra attività lavorativa e malattia è trascorso del tempo, va riconosciuto l’indennizzo se c’è un nesso causale. Nel caso di specie, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, tale nesso di causalità emergeva in modo chiaro dalla consulenza tecnica in essa si è, infatti, sostenuta l’alta probabilità che «l’infarto si sia verificato a seguito di una catena di eventi iniziata con l’intenso sforzo verificatosi sul lavoro». Non assume rilevanza il fatto che tra lo sforzo sostenuto dal lavoratore e l’infarto sia passato un lasso di tempo anche ampio perché venga riconosciuta la causa di servizio, come detto, è sufficiente che esista un accertato collegamento causale. Il ricorso viene, pertanto, accolto, con rinvio della controversia alla Corte d’appello per una nuova decisione nel merito.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 25 ottobre – 17 novembre 2011, numero 24195 Presidente Battimiello – Relatore De Renzis Ritenuto in fatto e in diritto 1. La Corte di Appello di Genova con sentenza numero 140 del 2010, nel confermare la decisione di primo grado del Tribunale di Massa, ha ribadito il rigetto della domanda proposta da L.P. nei confronti dell'Azienda USL numero X di Massa e Carrara volta ad ottenere la corresponsione dell'indennizzo da malattia per causa di servizio dal 29 gennaio 1997. La Corte territoriale ha ritenuto che, ai fini del riconoscimento della causa di servizio, fosse determinante l'accertamento di un nesso di causalità con la patologia lamentata, il che era da escludere nel caso di specie, in quanto la consulenza di ufficio - espletata in primo grado - non aveva con certezza accertato il nesso di causalità tra sforzo occorso ed infarto del miocardio verificatosi nel gennaio 1997. Il L. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati con memoria ex articolo 378 CPC. Resiste la Azienda Usl n X di Massa e Carrara con controricorso. 2. Con il primo motivo il ricorrente, nel lamentare violazione dell'articolo 41 CP, del DPR numero 686 del 1957 e del DPR numero 461 del 2001, nonché vizio di motivazione, sostiene che dalla consulenza tecnica di ufficio, non correttamente interpretata dai giudici di merito, emergeva in maniera chiara il nesso di causalità, ai fini del riconoscimento della causa di servizio, tra infarto subito ed attività lavorativa. Con il secondo motivo il ricorrente deduce errar in procedendo, omessa ed errata valutazione di fondamentali risultanze istruttorie, travisamento dei fatti e dei motivi di appello, vizio di motivazione su un fatto controverso e decisivo. Le censure si appuntano in particolare contro la sentenza impugnata per non avere considerato la deposizione resa dal teste R.E., collimante con quanto accertato dal CTU circa la probabilità della sussistenza del nesso causale. 3. Gli esposti motivi sono fondati. Il giudice di appello ha valutato le risultanze peritali giungendo alla conclusione dell'improbabilità del collegamento causale o concausale, in ragione anche del tempo trascorso tra sforzo ed insorgenza della patologia, non motivando in modo adeguato su quanto riferito dal CTU circa il rilevante grado di probabilità della dipendenza dell'infermità dalla causa di servizio è assai probabile che l'infarto si sia verificato a seguito di una catena di eventi iniziata con l'intenso sforzo verificatosi sul lavoro . La stessa sentenza è carente anche in relazione all'insufficiente motivazione circa la deposizione resa dal teste R., collega di lavoro del ricorrente, il quale ha dichiarato che il L. fino al omissis godeva ottima salute e dopo avere sollevato dalla barella il paziente G. sentì un forte dolore al petto piegandosi in avanti. Orbene il ricorso merita di essere accolto e per l'effetto l'impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Milano, che procederà al riesame della causa in relazione ai profili in precedenza evidenziati. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Milano.