Rinvenuta della droga in un’abitazione, non si può derivare, automaticamente, il ruolo di custode o anche solo di codetentore della sostanza stupefacente in capo a chi frequenta tale casa, per il solo fatto della generica frequentazione sia pure non saltuaria dell’abitazione .
È quanto si evince dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 38343, depositata il 18 settembre 2013. Concorso con altri nella detenzione della droga. Un cittadino straniero era stato condannato per avere, in concorso con altri, detenuto presso un’abitazione, a fini di spaccio, più di 15 Kg di cocaina, in più panetti, con il ruolo di custodire fisicamente la sostanza stupefacente. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, denunciando il vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità. A suo dire, la Corte territoriale correttamente aveva ritenuto che gli elementi non fossero idonei a sorreggere il giudizio di responsabilità, ma non aveva esaminato le ragioni che avrebbero potuto indurre uno dei co-responsabili ad accusare il ricorrente. Inoltre, non avrebbe tenuto conto che l’unica persona trovata nell’appartamento al momento della perquisizione era proprio il connazionale che aveva rilasciato le dichiarazioni accusatorie. Pertanto, per l’imputato, il rapporto di conoscenza con l’uomo e la sua frequentazione avrebbero dovuto costituire soltanto un valido punto di partenza di un percorso logico e argomentativo i giudici di merito, invece, si sarebbero arrestati a quel dato senza spiegare il collegamento fattuale e logico con la sostanza stupefacente rinvenuta e quindi il coinvolgimento nell’attività illecita. Per la Suprema Corte il ricorso è fondato. Gli Ermellini, chiarito il concetto di detenzione - il quale non implica necessariamente un contatto fisico immediato tra il soggetto attivo e la sostanza stupefacente, altrimenti lo stesso si identificherebbe con il portare indosso hanno fatto luce sulla questione. Secondo l’ipotesi accusatoria, il ruolo del ricorrente è consistito nel custodire fisicamente la sostanza stupefacente, dimorando nell’appartamento gli era quindi attribuito il contatto diretto e immediato con la sostanza stupefacente, essendo stato incaricato della custodia della stessa. Il GUP aveva ritenuto provata questa contestazione sulla base della chiamata in correità del connazionale. La Corte distrettuale, come affermato da Piazza Cavour, ha completamente svalutato le dichiarazioni accusatorie dell’uomo, considerandole inattendibili e ha ritenuto che gli ulteriori elementi rinvenibili dagli atti fossero idonei a sorreggere il giudizio di penale responsabilità. In appello, però, i giudici si erano limitati ad affermare che la presenza dell’imputato nell’abitazione dove era stata rinvenuta la droga non fosse di carattere sporadico e occasionale. Necessario l’accertamento della frequentazione della casa nel periodo in cui vi era la droga. Allora, il S.C. ha ammonito che risultando pacificamente che l’abitazione era frequentata da altri soggetti - ancor più penetrante avrebbe dovuto essere l’indagine in ordine al rapporto del ricorrente con la sostanza stupefacente o in ragione del ruolo di custode oppure in termini di codetenzione. Essendo completamente assente l’indagine sul punto della disponibilità della sostanza, la motivazione della sentenza impugnata è stata dichiarata contraddittoria e carente.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 giugno - 18 settembre 2013, n. 38343 Presidente Fiale Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 10.2.2012, confermava la sentenza del GUP del Tribunale di Monza, resa in data 15.6.2011, con la quale C.A. , previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla contestata aggravante, applicata la diminuente per la scelta del rito, era stato condannato alla pena di anni 9 di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa per il reato di cui agli artt. 110 c.p., 73 co. 1 bis e 6, 80 co.2 DPR 309/90 per avere, in concorso con D.P. e B.A. , giudicati separatamente, e con altri soggetti non identificati, detenuto, a fini di spaccio, più di quindici chilogrammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, in più panetti, con una percentuale di cocaina cloridrato pura dal 14,79% al 42,26%, presso l'abitazione sita in omissis , dal B. condotta in locazione con il ruolo di custodire fisicamente la sostanza stupefacente. Ricordava la Corte territoriale che in data 16.12.2009 i CC di Cesano Maderno avevano effettuato una perquisizione, alla ricerca di armi, presso l'abitazione di via omissis , condotta in locazione da tale A.S. ex fidanzata di B.A. . Costui, alla vista dei CC si dava alla fuga e, nel corso della perquisizione, nell'appartamento veniva rinvenuta la sostanza stupefacente indicata nel capo di imputazione, suddivisa in venti panetti, oltre a denaro, fogli annotati, un bilancino ed altro materiale. Nel corso delle successive indagini per la ricerca del B. veniva eseguita una perquisizione presso l'abitazione di M.C. , attuale fidanzata del predetto, la quale riferiva ai CC di aver rinvenuto nella cassetta della posta una missiva manoscritta, in cui il fidanzato affermava la sua estraneità ai fatti, assumendo che la sostanza stupefacente rinvenuta era di Co. , P. , Be. ed E. e che B. diminutivo di C. era incaricato della custodia dello stupefacente. Si accertava altresì che il C. risultava residente in omissis ed era iscritto con indirizzo dichiarato in Cesano Maderno via Addolorata 13, indirizzo in cui risultava risiedere il B. ad una palestra di omissis . A seguito dell'arresto, il B. dichiarava, nel corso dell'interrogatorio, di aver affittato, tramite A.S. , l'appartamento di via omissis , dandolo poi in uso a due connazionali albanesi, e di aver scoperto, nel omissis , che i predetti utilizzavano l'abitazione per depositarvi sostanza stupefacente e che comunque i due gli avevano proposto di continuare ad usufruire dell'appartamento dietro compenso di Euro 2.000,00. Riconosceva, infine, nella foto di C. il soggetto che aveva il soprannome di Be. . Tanto premesso e dopo aver richiamato la sentenza di primo grado riteneva la Corte territoriale destituiti di fondamento i motivi di appello proposti dal C Assumeva che la lettera manoscritta del B. costittuiva solo un elemento da cui erano partite le indagini, ma non poteva avere un valore determinante per l'affermazione di responsabilità. Né a tal fine potevano ritenersi attendibili le dichiarazioni rese dal B. . Nondimeno dagli atti emergevano elementi per escludere, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, che il C. frequentasse in modo sporadico l'abitazione dove era stata rinvenuta la sostanza stupefacente. Lo stesso C. aveva ammesso di essere andato in varie occasioni nell'appartamento circostanza confermata dal B. anche se circoscritta al periodo estivo. Il vicino di casa Cu. , nel riconoscere in fotografia il C. , aveva affermato di aver visto solo il predetto frequentare l'abitazione. Risultava inoltre che il prevenuto frequentava la palestra di omissis , lontana dal luogo di residenza ma vicina all'abitazione di via omissis il gestore della palestra medesima aveva confermato la frequetazione, tanto che era stato fatto un abbonamento annuale nell'abitazione erano stati infine rinvenuti oggetti di un certo valore riconducibili all'imputato. Quanto agli appostamenti fatti dai Carabinieri, che non avrebbero accertato la presenza del C. , assumeva la Corte di merito che dagli atti non emergeva alcun riferimento a detti presunti appostamenti. Altrettanto irrilevante era la mancata presenza del C. nell'abitazione al momento della perquisizione. 2. Ricorre per Cassazione C.A. , a mezzo del difensore, denunciando il vizio di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità. La Corte territoriale, per confermare il giudizio di colpevolezza, ha seguito un percorso argomentativo diverso da quello del primo giudice, che aveva fatto riferimento soprattutto al contenuto della lettera del B. ed alla sostanziale conferma fatta dal predetto in ordine al ruolo attribuito al C. . La Corte territoriale correttamente ha ritenuto che tali elementi non fossero idonei a sorreggere il giudizio di responsabilità, ma non ha esaminato le ragioni che avrebbero potuto indurre il B. ad accusare il C. . La Corte di merito non ha tenuto conto che quelle dichiarazioni accusatorie, come del resto emergeva dall'interrogatorio reso l'1.2.2010, servivano a coprire altre responsabilità e che l'unica persona trovata nell'appartamento al momento della perquisizione era proprio il B. . Dalla stessa CNR, cui fa riferimento la Corte territoriale, emergeva che i Carabinieri, essendo a conoscenza che il B. da fine omissis era domiciliato in via omissis , necessariamente avevano effettuato altri accertamenti e controlli prima della perquisizione. La motivazione della Corte territoriale, corretta nella premessa, è contraddittoria e carente nel successivo sviluppo argomentativo. Gli elementi su cui la Corte di merito fonda l'affermazione di responsabilità risultano incerti ed irrilevanti. Il rapporto di conoscenza con il B. e la frequentazione, da parte del C. , dell'appartamento di via omissis costituivano soltanto un valido punto di partenza di un percorso logico e argomentativo. I Giudici di merito, invece, si sono arrestati a quel dato senza spiegare il collegamento fattuale e logico con la sostanza stupefacente rinvenuta e quindi il coinvolgimento nell'attività illecita. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati. 2. Il termine detenzione non implica necessariamente un contatto fisico immediato tra il soggetto attivo e la sostanza stupefacente, altrimenti lo stesso si identificherebbe con il portare indosso, ma deve essere inteso nel senso di disponibilità di fatto della sostanza stupefacente, realizzata attraverso l'attrazione della stessa nell'ambito della propria sfera di custodia, anche in difetto dell'esercizio continuo e/o immediato di un potere manuale da parte del soggetto attivo cfr. Cass. pen. Sez. 4 n. 47472 del 13.11.2008 . Deve trattarsi, però, di una disponibilità concreta ed in atto e non eventuale e futura cfr. Cass. Sez. 6 numero del 27.6.1995 . È, altresì, pacifico che la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato commesso da un altro soggetto vada individuata nel fatto che, mentre la prima postula che l'agente mantenga un comportamento meramente passivo, privo cioè di qualsivoglia efficacia causale, il secondo richiede, invece, un contributo partecipativo positivo - morale o materiale - all'altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino la detenzione, l'occultamento ed il controllo della droga, assicurando all'altro concorrente, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale questi può contare cfr. ex multis Cass. pen. sez. 4 numero del 22.1.2004 conf. Cass. sez. 6 n. 14086 del 18.2.2010 . 3. Secondo l'ipotesi accusatoria il C. concorreva con altri soggetti nella detenzione della sostanza stupefacente rinvenuta preso l'abitazione sita in omissis con il ruolo consistito nel custodire fisicamente la sostanza stupefacente, dimorando nell'appartamento . Era quindi attribuito al prevenuto il contatto diretto ed immediato con la sostanza stupefacente, essendo stato incaricato della custodia della stessa nell'appartamento in cui dimorava. Il GUP aveva ritenuto provata siffatta contestazione sulla base, sostanzialmente, della chiamata in correità del B. , contenuta nella lettera alla M. , poi sostanzialmente confermata in dibattimento e riscontrata da elementi esterni reperimento nel box dell'appartamento del motociclo della ragazza del C. , presenza nell'appartamento di una macchina fotografica dell'imputato, riconoscimento fotografico, corrispondenza del diminutivo Be. ad C.A. - pag.4 sent. GUP. La Corte territoriale ha completamente svalutato le dichiarazioni accusatorie del B. , considerandole inattendibili pag. 6 sent. App. ed ha ritenuto che gli ulteriori elementi rinvenibili dagli atti fossero di per sé soli idonei a sorreggere il giudizio di penale responsabilità. Si è limitata, però, ad affermare che da siffatti elementi emergeva che la presenza del C. nell'abitazione, dove era stata rinvenuta la droga, non fosse di carattere sporadico ed occasionale. Ed ha fatto derivare da tale frequentazione, automaticamente, il ruolo di custode o anche solo di codetentore della sostanza stupefacente. Risultando pacificamente che l'abitazione era frequentata da altri soggetti al momento della perquisizione era presente il B. ancor più penetrante avrebbe dovuto essere l'indagine in ordine al rapporto del ricorrente con la sostanza stupefacente o in ragione del ruolo di custode ma si è visto come la Corte abbia ritenuto non attendibile il B. che tale ruolo attribuiva al C. oppure in termini di codetenzione. E sotto tale ultimo profilo sarebbe stato necessario accertare non la mera, generica frequentazione sia pure non saltuaria dell'abitazione , ma la disponibilità della sostanza medesima, che poteva essere desunta dalla frequentazione dell'abitazione stessa soprattutto nel periodo in cui la droga era stata ivi trasportata o comunque in epoca coincidente con lo stesso. Sul punto l'indagine è completamente assente, in quanto gli elementi valorizzati dalla Corte di merito non sono illuminanti ed indicativi mentre quelli ritenuti neutri appostamenti e controlli dei Carabinieri di Cesano Maderno avrebbero potuto, piuttosto, assumere un significato indiziante. 4. La motivazione della sentenza impugnata si rivela, quindi, da un lato contraddittoria e, dall'altro, carente, per cui si impone l'annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.