L’Associazione Nazionale Magistrati ha espresso delle forti critiche sulla proposta di riforma della Giustizia che il Governo ha esposto nell’ultimo Consiglio dei Ministri. Un’accusa a tutto campo, che coinvolge sia l’ordinamento civile, che quello penale. Inoltre, l’ANM rivendica il lavoro svolto dai magistrati negli ultimi anni, rispondendo a chi ha accusato la categoria di essere un freno allo sviluppo della Giustizia in Italia.
La riforma non piace ai magistrati. L’Associazione Nazionale Magistrati si scaglia duramente contro la riforma della Giustizia di prossima attuazione, che, ad una prima analisi non va «oltre le entusiastiche dichiarazioni pubbliche e gli slogan promozionali che l’accompagnano». Il rimprovero è di aver programmato degli interventi contenuti e risultati di un compromesso che lasciano inalterate la situazione attuale delle risorse, che, a giudizio dell’ANM, sono il vero nodo dell’efficienza della macchina giudiziaria. Le accuse Sotto accusa l’impianto del processo civile. «Pur essendo positiva l’introduzione di strumenti tesi a promuovere la composizione stragiudiziale delle liti, questi saranno però poco efficaci se lasciati all’iniziativa volontaria delle parti, gravati di maggiori oneri economici e non assistiti da forti incentivi e da sanzioni che scoraggino cause manifestamente infondate». Inoltre, sarebbe stato preferibile promuovere una qualità del processo da intendere come strumento di efficace tutela dei diritti. Tuttavia, ciò difficilmente sarà possibile, a causa del prevedibile aumento degli oneri economici legati all’arbitrato e dell’assenza di investimenti in termini di personale di cancelleria. Dopo un rimprovero di inerzia da parte della politica nelle materie etiche e bioetiche, con l’aggravante dell’accusa verso i magistrati di volersi sostituire al legislatore, l’ANM concentra la propria valutazione sul processo penale. Innanzitutto, viene ritenuto molto debole l’intervento sulla disciplina della prescrizione, che «si risolve nella debole scelta di introdurre due nuove ipotesi di sospensione temporanea ed eventuale del suo decorso». In più, l’ANM vede il pericolo di ulteriori complicazioni nella disciplina di acquisizione dei tabulati telefonici, «che sarebbe sottoposta all’autorizzazione del gip», e della pubblicazione del testo delle intercettazioni nei provvedimenti giudiziari, «peraltro con lesione dei diritti di difesa». Anche l’introduzione dei nuovi reati di falsità in bilancio e di autoriciclaggio viene vista come uno strumento «per realizzare una riforma di facciata, a fronte di un’emergenza del Paese costituita dalla corruzione e dalla criminalità organizzata ed economica». e le difese alla categoria. I magistrati vogliono anche difendersi da un’accusa a loro spesso rivolte «gli interventi di natura ordinamentale offendono la magistratura con l’insinuazione che la crisi della giustizia dipenda dalla presunta irresponsabilità e scarsa produttività dei magistrati e reiterano la mistificazione di una riforma della giustizia che si pretende di realizzare con la riforma dei giudici». Da una parte, «l’eliminazione del filtro di ammissibilità delle azioni di responsabilità civile dei magistrati trascura una casistica che abbonda di atti di citazione carenti dei minimi requisiti formali, dando così il via libera ad azioni strumentali». Dall’altra, «l’annunciata riduzione delle ferie, decisa senza alcun previo confronto con la magistratura, sarebbe un grave insulto non per l’intervento in se stesso ma per il metodo usato e per il significato che esso esprime». L’ANM ribatte quindi illustrando i dati del Cepej – Consiglio d’Europa «con questi numeri – che smentiscono falsità e luoghi comuni, che mirano a ribaltare sui magistrati responsabilità altrui – la magistratura italiana si pone al primo posto per produttività in Europa nella materia penale e al secondo posto in quella civile». Altri sono quindi i rimedi per combattere questa crisi di credibilità della Giustizia, tra cui il più importante è un forte investimento «in risorse di personale amministrativo e di mezzi, ma anche in riforme coraggiose della normativa civile e penale».