Il contribuente distratto può correggere la dichiarazione dei redditi anche in giudizio

Il contribuente in sede di contenzioso può opporsi alla pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria allegando errori di fatto o di diritto anche indipendentemente dai termini e dalle modalità di cui al predetto art. 2, comma 8-bis, d.P.R. n. 322/1998.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16286/17 depositata il 30 giugno. Il caso. La CTR accoglieva l’appello del Fisco avverso la dichiarazione integrativa inviata da un contribuente nei cui confronti erano state emesse alcune cartelle di pagamento a titolo di IRPEF per l’anno 2007. Le dichiarazioni integrative erano considerate tardive e finalizzate ad un mutamento della base imponibile anziché ad ovviare a meri errori formali nella compilazione della dichiarazione dei redditi. La sentenza viene impugnata in Cassazione dal contribuente. Dichiarazioni integrative. La Corte richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il contribuente ha la possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi ex art. 2, comma 8- bis , d.P.R. n. 322/1998 in modo da correggere errori od omissioni che abbiano determinato un maggior reddito o comunque un maggior debito d’imposta o un minor credito, ma tale facoltà deve essere esercitata non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al successivo periodo d’imposta con compensazione dell’eventuale saldo a credito. Ciò posto, la giurisprudenza ha ammesso che il contribuente in sede di contenzioso possa opporsi alla pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria allegando errori di fatto o di diritto anche indipendentemente dai termini e dalle modalità di cui al predetto art. 2, comma 8- bis , d.P.R. n. 322/1998. Non avendo il giudice di merito fatto corretta applicazione di tale principio, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 16 marzo – 30 giugno 2017, n. 16286 Presidente Schirò – Relatore Vella Fatto e diritto Rilevato che 1. in fattispecie relativa a cartelle di pagamento emesse a titolo di Irpef dell’anno di imposta 2007 - sulla base di dichiarazioni relative all’anno d’imposta precedente presentate il 22/7/07 ed emendate con dichiarazioni integrative del 30/7/09, per rimediare agli errori commessi per mancata indicazione di alcuni dati perdite di partecipazione, rigo RH8 perdite di impresa non compensate nell’anno, rigo RS11 acconti, rigo RN27 - la C.T.R. ha accolto l’appello dell’amministrazione finanziaria per tardività della dichiarazione integrativa, in quanto finalizzata ad un mutamento della base imponibile e non ad ovviare a meri errori formali nella compilazione della dichiarazione dei redditi 2. il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 8-bis, d.P.R. 322/98, contestando che si sia in presenza di un mutamento della base imponibile e chiedendo se sia emendabile senza limiti di tempo la dichiarazione dei redditi da parte del contribuente ove per effetto della rettifica non muti la base imponibile ne si operi alcuna compensazione con l’amministrazione finanziaria 3. all’esito della camera di consiglio, in sede di riconvocazione, il Collegio ha disposto la motivazione in forma semplificata. Considerato che 4. il ricorso è manifestamente fondato, alla luce dell’insegnamento di questa Corte per cui la possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di mi maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’Imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43. Il rimborso dei versamenti diretti di cui all’art. 38 del dpr 602/1973 è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2 comma 8 bis tuttavia, il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, e dall’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria Cass. Sez. Un. 30 giugno 2016, n. 13378 . 5. non avendo fatto corretta applicazione dei suddetti principi, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice a quo per nuovo esame, al fine di tenerne debitamente conto. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Campania - sez. distaccata di Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.