Il beneficio dell'esonero dal pagamento del contributo di mobilità, previsto dall'articolo 3, comma 3, l. numero 223/1991, non spetta nel caso in cui l'atto con il quale viene avviata la procedura per il licenziamento collettivo del personale, che costituisce l'atto richiesto per la collocazione in mobilità gratuita per le imprese in concordato preventivo, con conseguente esonero dal contributo previsto dall'articolo 5, comma 4, l. 223/1991, sia stato adottato non dal commissario giudiziale, successivamente al decreto di ammissione dell'impresa alla procedura concorsuale, ma dallo stesso imprenditore contestualmente al deposito dell'istanza di ammissione al concordato preventivo. Ciò in quanto la procedura di concordato preventivo inizia con l'emissione del decreto del tribunale, che la dichiara aperta e nomina il giudice delegato ed il commissario giudiziale, e non con il deposito del ricorso per l'ammissione alla procedura stessa.
Cosi è stato deciso dalla Corte di Cassazione, sez. Lavoro con la sentenza numero 13625, depositata il 16 giugno 2014. Il caso. Una società in liquidazione presentava domanda di ammissione al concordato preventivo e contestualmente avviava la procedura di mobilità ai sensi della l. numero 223/1991. Il tribunale adito ammetteva la procedura concordataria, dichiarandone l’apertura e nominandone gli organi. Successivamente all’apertura del concordato, l’Inps notificava verbale di accertamento per il mancato versamento del contributo di accesso alla mobilità, previsto dall’articolo 5, comma 4, l. numero 223/1991, sostenendo l’inapplicabilità al caso di specie dell’esonero previsto dall’articolo 3, comma 3 della medesima legge. L’azienda si opponeva ma il Tribunale respingeva l’opposizione. Proposto appello la Corte d’Appello riformava parzialmente la sentenza di primo grado, rideterminando gli importi dovuti, limitati al periodo antecedente il decreto di ammissione al concordato. Proponeva così ricorso in Cassazione l’Inps. Il contributo per l’accesso alla mobilità L’articolo 5, comma 4, l. numero 223/1991 prevede il versamento di un contributo calcolato su ciascun lavoratore posto in mobilità. Norma peraltro abrogata dalla l. numero 92/2012, con decorrenza 1 gennaio 2017. e l’esonero previsto. Tale obbligo contributivo veniva meno, secondo quanto stabilito dall’articolo 3, comma 3, l. numero 223/1991 allorquando l’impresa fosse assoggettata a procedura concorsuale e non fosse possibile la continuazione dell’attività. In tal caso, la facoltà di collocare in mobilità i lavoratori era data al curatore o liquidatore o commissario. La procedura di concordato ha inizio con il decreto del Tribunale. Dunque l’esonero contributivo in esame presuppone l’apertura di una procedura concorsuale e dei relativi organi della procedura, ai quali viene attribuita la facoltà di adire la procedura di mobilità, esentata dal pagamento dei contributi previsti dall’articolo 5. Nel caso deciso dalla Suprema Corte, la domanda di mobilità venne proposta dal liquidatore sociale, contestualmente alla presentazione del ricorso per ammissione del concordato preventivo. Cioè, in sostanza, dall’imprenditore direttamente e non dal commissario giudiziale, successivamente all’apertura della procedura di concordato. Quest’ultima, infatti, affermano i giudici di legittimità, inizia con l’emissione, da parte del Tribunale, del decreto con cui si dichiara aperta la procedura e si nomina giudice delegato e commissario giudiziale. Conseguentemente si deve escludere che il beneficio dell’esonero dal pagamento del contributo di mobilità possa spettare ove la procedura sia stata richiesta non dal commissario giudiziale, a procedura aperta, ma dallo stesso imprenditore, anteriormente all’ammissione del concordato. Bacchettata anche la frammentazione dell’obbligo contributivo. Nemmeno può ritenersi corretta l’interpretazione, resa dalla Corte d’Appello, di ritenere dovuti unicamente i contributi relativi al periodo precedente l’apertura del concordato. Afferma la Suprema Corte che il beneficio in oggetto ha carattere unitario e non può essere frammentato in un periodo anteriore e posteriore alla nomina del commissario giudiziale. La norma infatti prevede il versamento di un importo complessivo ripartito in rate mensili, non di un importo che matura progressivamente nel tempo. In conclusione, l’obbligo contributivo sussiste a carico dell’impresa, non potendo beneficiare dell’invocato esonero con accoglimento del ricorso proposto da Inps e rigetto dell’opposizione avanzata dall’Impresa.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 27 marzo – 16 giugno 2014, numero 13625 Presidente Roselli – Relatore Ghinoy Svolgimento del processo Atlarex s.r.l. in data 1.12.1999 chiedeva al Tribunale di Vigevano di essere ammessa al concordato preventivo con cessione di beni ai creditori e contestualmente avviava la procedura di mobilità ex L. 223 del 1991. Con decreto del 9.3.2000, il Tribunale di ammetteva la società alla procedura per concordato preventivo e nominava il commissario giudiziale in data 3.4.2001 omologava poi il concordato con cessione dei beni, nominando il liquidatore giudiziale. In data 3.10.2003 veniva notificato alla società verbale di accertamento dell'Inps nel quale veniva contestato il mancato versamento della tassa d'ingresso alla mobilità per 44 dipendenti, a motivo del fatto che l'esonero di cui alla L. 223 del 1991 articolo 3, comma 3, non era applicabile perché all'epoca della richiesta della procedura di mobilità non era stato ancora nominato il commissario giudiziale, né tantomeno omologato il concordato preventivo. In data 24 marzo 2005 veniva poi notificata dal concessionario per la riscossione cartella di pagamento per Euro 319.571,96 per contributi e somme aggiuntive. L'opposizione proposta da Atlarex s.r.l. veniva respinta dal Tribunale di Pavia, ma la decisione veniva parzialmente riformata dalla Corte d'Appello di Milano, che con la sentenza numero 804 del 2008 rideterminava l'ammontare dei contributi richiesti, escludendo le rate con scadenza successiva al 9.3.2000 data del decreto di ammissione al concordato e nomina del commissario giudiziale . Riteneva la Corte che da tale momento la società fosse formalmente nelle condizioni di poter essere esonerata dal contributo di mobilità, sussistendo sia il requisito della cessazione dell'attività, sia la nomina del commissario giudiziale osservava poi che la domanda di esonero, già precedentemente presentata dal liquidatore sociale, era stata fatta propria sia dal liquidatore giudiziale che dal commissario giudiziale, che avevano chiesto al Giudice delegato l'autorizzazione ad opporsi all'accertamento ispettivo. Per la cassazione di tale sentenza l'Inps ha proposto ricorso, cui ha resistito Atlarex s.r.l. in liquidazione, che ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Equitalia Esatri s.p.a. è rimasta intimata. Motivi della decisione 1. Sintesi dei motivi di ricorso. Il ricorso è affidato a tre motivi, compendiati nei quesiti di diritto previsti dall'articolo 366 bis c.p.c. operante ratione temporis in relazione alla data di pubblicazione della sentenza d'appello 30 giugno 2008 . 1.1. Come primo motivo il ricorrente deduce Nullità della sentenza e violazione dell'articolo 112 c.p.c. e sostiene che la Corte di merito, riducendo l'ammontare dei contributi, avrebbe deciso su una domanda non proposta o comunque sulla base di elementi di fatto e circostanze mai allegate. 1.2. Come secondo motivo lamenta Omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio . Addebita alla Corte di avere erroneamente ritenuto che,chiedendo al giudice delegato l’autorizzazione ad agire in giudizio, gli organi della procedura concorsuale avrebbero fatto propria la domanda avente ad oggetto il beneficio contributivo presentata alcuni anni prima dal liquidatore, facendo retroagire la successiva diversa condotta agli effetti di un adempimento mai posto in essere al momento in cui è stato autorizzato il concordato preventivo e nominato il commissario giudiziale. 1.3. Come terzo motivo lamenta Violazione e falsa applicazione dell'articolo 3 della L. numero 223 del 1991 , addebitando alla Corte d'Appello di non avere considerato che il beneficio dell'esonero dal pagamento del contributo di ingresso alla mobilità spetta solo nell'ipotesi in cui la messa in mobilità sia disposta dal commissario giudiziale o dal liquidatore giudiziale, organi della procedura concorsuale e non, come nel caso, dal liquidatore della società. 2. Esame dei motivi di ricorso. Il ricorso è fondato. 2.1. L'articolo 5 comma 4 della L. 223 del 1991 abrogato con effetto dal 1 gennaio 2017 dall’articolo 2, comma 71, lettera a della L. 92/2012 prevede che per ciascun lavoratore posto in mobilità l'impresa è tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, numero 88, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all'articolo 4, comma 9, abbia formato oggetto di accordo sindacale . L'articolo 3 della stessa legge, intitolato Intervento straordinario di integrazione salariale e procedure concorsuali abrogato a decorrere dal 1 gennaio 2016 dall'articolo 2, comma 70, L. 28 giugno 2012, numero 92, come sostituito dall'articolo 46-bis, comma 1, lett. h , D.L. 22 giugno 2012, numero 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, numero 134 al comma 3 dispone poi che Quando non sia possibile la continuazione dell'attività, anche tramite cessione dell'azienda o di sue parti, o quando i livelli occupazionali possono essere salvaguardati solo parzialmente, il curatore, il liquidatore o il commissario hanno facoltà di collocare in mobilità ai sensi dell'articolo 4 ovvero dell'articolo 24 i lavoratori eccedenti. In tali casi il termine di cui all'articolo 4, comma 6, è ridotto a trenta giorni. Il contributo a carico dell'impresa previsto dall'articolo 5, comma 4, non è dovuto . La norma, al fine di tutelare interessi socialmente rilevanti, attribuisce tanto al commissario giudiziale quanto al liquidatore, a seconda che la necessità sorga prima o dopo l'omologazione, un eccezionale potere di gestione dell'impresa, ovvero il potere di valutare in prospettiva la possibilità di continuare anche tramite la cessione dell'azienda l'attività imprenditoriale e, in caso negativo, di decidere di collocare in mobilità il personale dipendente, con esonero in entrambi i casi dell'obbligo di pagare il relativo contributo così Cass. S.U. numero 3597/2003 . 2.2. La questione posta dal terzo motivo di ricorso che appare logicamente preliminare alle altre è stata esaminata e risolta in senso favorevole alla tesi dell'Inps da questa Corte con la sentenza numero 19422 del 18/12/2003, che, in relazione ad una fattispecie sovrapponibile a quella oggi in esame, dopo avere premesso che la procedura di concordato preventivo inizia con l'emissione del decreto del Tribunale, che la dichiara aperta e nomina il giudice delegato e il commissario giudiziale, e non già con il deposito del ricorso per l'ammissione alla procedura ha affermato che deve escludersi che il beneficio dell'esonero dal pagamento del contributo di mobilità, previsto dall'articolo 3, comma terzo, della legge 23 luglio 1991, numero 223, spetti nel caso in cui l'atto con il quale viene avviata la procedura per il licenziamento collettivo del personale che costituisce l'atto richiesto per la collocazione in mobilità gratuita per le imprese in concordato preventivo con cessione dei beni soggette alla disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale sia stato adottato non dal commissario giudiziale, successivamente al decreto di ammissione dell'impresa alla procedura concorsuale, ma dallo stesso imprenditore ancora prima di questo momento, contestualmente al deposito della istanza di ammissione al concordato preventivo. La soluzione, cui occorre dare continuità, è fondata sulla considerazione che la ratio della disposizione di cui al comma 3 dell'articolo 3 della L. 223/1991, come ricostruita nella decisione sopra citata delle Sezioni unite di questa Corte numero 3597/2003 , è quella dell'esigenza, avvertita dal legislatore, di subordinare il collocamento in mobilità, e il beneficio dell'esenzione dall'onere economico del versamento del contributo, ad una preliminare verifica delle condizioni di ammissione alla procedura da parte del tribunale o almeno dell'organo deputato alla funzione secondo una definizione dottrinaria di consulenza nel controllo . E ciò in quanto la mera richiesta di autorizzazione al concordato preventivo non implica affatto un accertamento dello stato di insolvenza, venendo questo esclusivamente dichiarato dal debitore interessato. Del resto, la ripetuta indicazione nella disposizione dei soggetti legittimati ad avviare gratuitamente la procedura di mobilità, e cioè del curatore, del liquidatore e del commissario, e non anche dell'imprenditore per il caso del concordato nonostante lo stesso anche dopo l’ammissione alla procedura, conservi l’amministrazione del proprio patrimonio e dell’azienda è, con tutta evidenza, significativa in tale ultimo senso. 2.3. Quanto alle questioni poste con i primi due motivi, si deve osservare che il beneficio in questione ha carattere unitario e non può essere frammentato in relazione al periodo anteriore e successivo alla nomina del commissario giudiziale, come ha fatto il giudice di merito la disposizione sopra riportata prevede infatti la quantificazione di un importo complessivo pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore che viene ripartito in trenta rate mensili, e non di un importo che matura progressivamente nel tempo. Inoltre, la collocazione in mobilità dei lavoratori è frutto di una procedura la cui fase di avvio è stata frutto di una valutazione e decisione dell'imprenditore e non degli organi della procedura concorsuale come previsto dalla norma. 2.4. Dalla natura unitaria del contributo e dei presupposti per il relativo esonero discende altresì che questo non possa neppure derivare da un comportamento successivo degli organi del concordato, considerato che la procedura di mobilità una volta attivata non richiede una loro conferma o ratifica e che essi devono prendere atto al momento dell'istanza di ammissione al concordato della situazione aziendale e debitoria quale si è determinata per effetto del già avvenuto avvio da parte del liquidatore sociale della procedura di mobilità. 2.5. Neppure può ritenersi che l'autorizzazione da parte degli organi della procedura ad agire in giudizio per ottenere l'esonero dal contributo configuri una ratifica dell'avvio della mobilità, considerato che pare piuttosto finalizzata a ridurre i costi della mobilità già attivata per decisione altrui. 3. Conclusioni. Il ricorso dell'Inps dev'essere conclusivamente accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto dell'opposizione proposta da Atlarex S.p.A La novità della questione giuridica affrontata in relazione alla peculiarità della soluzione adottata dalla Corte di merito, determina la compensazione tra le parti delle spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione proposta da Atlarex s.r.l. Compensa tra le parti le spese dell'intero processo.