L'utilizzo dei beni di particolare interesse, in questo caso naturalistici, può essere consentito solo dalla visione d’insieme propria di un piano territoriale.
A pochi giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge numero 83/2014, “Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo”, il Consiglio di Stato, Sezione VI, conferma, con la sentenza 2938 depositata il 9 giugno 2014, che l'utilizzo dei beni di particolare interesse, in questo caso naturalistici, può essere consentito solo dalla visione d’insieme propria di un piano territoriale. Insomma, le esigenze di «promozione e riqualificazione delle attività economiche realizzabili all’interno del territorio», possono essere compatibili soltanto alla luce di una pianificazione per l’ordinata fruibilità dell’ambiente protetto. Così come, del resto, ha previsto la regione Puglia con la legge regionale 26 ottobre 2006 numero 30, istitutiva di un parco regionale naturale nel quale il ricorrente ed appellante avrebbe voluto realizzare uno stabilimento balneare. La tutela dell’ambiente è un valore primario ed assoluto. Del resto, come già ritenuto dalla medesima Sezione VI del Consiglio di Stato, la tutela dell'ambiente, preordinata alla salvaguardia dell'habitat nel quale l'uomo vive, è imposta da precetti costituzionali ed assurge a valore primario ed assoluto, con la conseguenza che il diritto all'ambiente, quale espressione della personalità individuale e sociale, costituisce un limite ai princìpi d'iniziativa privata previsti dagli articolo 41 e 42 Cost. Sez. VI, sent. numero 5552/2006 . Legittimamente, pertanto, essendo nel nostro ordinamento la protezione dell'ambiente imposta da precetti costituzionali articolo 9 e 32 ed assurgendo la stessa a valore primario assoluto Corte Cost., sent. numero 641/1987 , l’Ente Parco ha negato l'assenso richiesto, nelle more dell’adozione del piano territoriale e sulla base di una valutazione tecnico-discrezionale di sua esclusiva pertinenza, in applicazione della norma di salvaguardia contenuta nell'articolo 4, legge reg. Puglia 26 ottobre 2006 numero 30 istitutiva del Parco naturale regionale “Costa Otranto-S. Maria di Leuca e Bosco di Tricase” . La predetta disposizione, al comma 1, vieta sull'intero territorio del Parco naturale regionale «le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat» al comma 2 fa divieto, fino all'approvazione del piano di cui all'articolo 6, di «a costruire nuovi edifici od opere all'esterno dei centri edificati cosi come delimitati b mutare la destinazione dei terreni, fatte salve le normali operazioni connesse allo svolgimento, nei terreni in coltivazione, delle attività agricole, forestali e pastorali c effettuare interventi sulle aree boscate e tagli boschivi senza l'autorizzazione dei competenti uffici .» al comma 3, prevede che l’ente di gestione possa «concedere deroghe ai divieti di cui al comma 2, lettera a , solo se necessarie per effettuare adeguamenti di tipo tecnologico e/o igienico-sanitario connessi all'applicazione della normativa vigente. Possono inoltre essere realizzati interventi di trasformazione e/o ampliamento degli edifici rurali esistenti, anche a fini agrituristici. Sono consentiti, previa valutazione da parte dell'Ufficio parchi e riserve naturali della Regione, interventi pubblici o privati, realizzati nel rispetto della normativa vigente, destinati a migliorare la fruizione della zona costiera, attraverso l'accesso con manufatti di tipo precario, amovibili, in legno o altro materiale naturale, tali da rispettare le esigenze di compatibilità ambientale dell'area. Sono fatti salvi gli strumenti urbanistici attuativi adottati alla data del 31 dicembre 2003. In tutti i casi non devono verificarsi interferenze con alcuno dei valori naturalistici e ambientali presenti nell'area». Vietata qualsiasi nuova costruzione. Orbene, ha affermato, quindi, la Sezione, come è reso evidente dalla mera lettura di tale norma, sino all’approvazione del previsto piano territoriale, è vietata qualsiasi nuova costruzione, se non per l’adeguamento d’impianti di servizio oppure limitatamente alle migliorie per la fruizione e l’accesso alla zona costiera, ma unicamente con manufatti di tipo precario, amovibili, in legno o altro materiale naturale, tali da rispettare le esigenze di compatibilità ambientale dell'area. Del resto, ex cit. articolo 6, detto piano territoriale si pone in termini propedeutici, dovendo essere preliminarmente precisate, tra l’altro, mediante zonizzazione, le destinazioni delle diverse parti dell'area naturale protetta, con indicazione della tipologia e delle modalità di costruzione di opere e manufatti, come ribadito nel terzo comma dell’articolo 9 «Fino alla data di entrata in vigore del piano territoriale e del regolamento, l'ente di gestione rilascia parere obbligatorio nei termini di cui al comma 1 su ogni intervento al fine di garantire il rispetto delle normative generali e di salvaguardia di cui all'articolo 4». Segue da ciò che il corposo insediamento balneare proposto, per la sua consistenza ed il relativo impatto dal punto di vista morfologico e funzionale, non può essere assimilato ad un semplice intervento per opere di miglioria dell’accesso al mare, facilitanti la fruibilità della zona costiera da parte dei cittadini, in questo solo ambito ammissibile secondo la norma di salvaguardia, consistendo di contro, alla stregua della domanda di concessione demaniale marittima, in un vero e proprio stabilimento balneare, come tale impedito in assenza del piano e della zonizzazione, che abilitano al rilascio del permesso di costruire Cons. St., Sez. V, sent. numero 1317/1996 . Tuttavia, ha precisato in conclusione la Sezione, eventuali interessi privati relativi alla realizzabilità d’interventi, non consentiti dalle norme di salvaguardia, possono adeguatamente essere tutelati dalla possibilità riconosciuta ai relativi titolari di sollecitare, mediante la contestazione del silenzio della p.a., la formazione del piano da parte dell’Ente Parco e del Comune di Tricase.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 9 gennaio – 9 giugno 2014, numero 2938 Presidente Scola – Estensore Carella Fatto I.- L’ente Parco Naturale Regionale “Costa Otranto-Santa Maria di Leuca e Bosco Tricase” ha negato all’odierno appellante il parere di compatibilità ai fini del rilascio della concessione demaniale, richiesto per la realizzazione di uno stabilimento balneare in località Marina Serra del Comune di Tricase mq. 3.710 di superficie, di cui mq. 680 per piattaforma area servizi, mq. 580 per piattaforma area ombrelloni e mq. 190 per passerelle di raccordo . Tanto, in applicazione dell'articolo 4, commi 2 e 3, legge reg. Puglia 26 ottobre 2006 numero 30 istitutiva del citato Parco naturale regionale e negli assunti che non fosse assentibile la realizzazione di uno stabilimento balneare nelle more dell'approvazione, in particolare, del piano del Parco e del piano comunale delle coste a salvaguardia dei valori naturalistici delle aree ricadenti nel Parco e della definizione degli interventi e delle azioni compatibili con le sue finalità istituzionali . Risulta dalla sentenza appellata che il Tribunale amministrativo regionale ha respinto il ricorso proposto dall’interessato, rilevando come la norma di salvaguardia di cui al citato articolo 4, comma 2 di stretta interpretazione , consenta unicamente, nelle more dell’adozione del piano, null’altro che l'autorizzabilità degli interventi destinati a migliorare la fruizione della zona costiera , attraverso la creazione di più facili accessi con manufatti di tipo precario, amovibili in legno o altro materiale naturale nell’ottica di “avvicinare l'utente alla costa , non già a consentire la edificazione di strutture ricettive destinate alla balneazione senza una visione d'insieme che solo uno strumento pianificatorio può assicurare”, alla stessa stregua del rapporto tra piano regionale delle coste e piano comunale delle coste v. articolo 17, legge reg. Puglia numero 17/2006 . Hanno aggiunto ancora i giudici di prima istanza che eventuali interessi privati, relativi alla realizzabilità d’interventi non consentiti dalle norme di salvaguardia, sarebbero adeguatamente tutelati dalla possibilità riconosciuta ai relativi titolari di sollecitare, attraverso la contestazione del silenzio dell'amministrazione, la formazione del piano comunale. II.- Con l’appello in esame la sentenza è stata criticata dall’appellante mediante un’unica articolata doglianza, con la quale si lamenta l’“erronea ricostruzione della portata applicativa della disposizione di cui all'articolo 4, comma 3, 1egge reg. numero 30/2006 , prescindendo dalle esigenze di “promozione e riqualificazione delle attività economiche realizzabili all’interno del medesimo territorio”, rientranti anch’esse tra le finalità del Parco, ed essendo ammissibile il rilascio di nuove concessioni demaniali nell’assenza di piano territoriale, in fedele applicazione del primario piano regionale delle coste. Resiste in giudizio l’Ente Parco appellato che, come da memoria depositata il 3 gennaio 2014, in particolare sottolinea l’irrilevanza dei pareri positivi resi dagli altri enti preposti alla cura degli interessi ambientali e paesaggistici, atteso che gli strumenti di pianificazione degli Enti Parco atterrebbero alla conservazione delle risorse naturali ed alla salvaguardia di un equilibrato assetto del territorio nei suoi profili esteriori e nella sua strutturazione geofisica cfr. Corte costituzionale, sentenza numero 1029 del 1988 , laddove nella specie si tratterebbe di un vasto intervento balneare, su un tratto della costa rocciosa in località Marina Serra del Comune di Tricase, inserita in “Habitat” comunitario v. direttiva 92/43/C.e.e. . III.- Il Comune di Tricase e la Regione Puglia non si sono costituiti in giudizio. All’udienza del 10 gennaio 2014 la causa, chiamata per la misura cautelare, è stata trattenuta in decisione, preavvertite le parti costituite e presenti. Diritto 1.- La presente decisione viene assunta in forma semplificata, a termini degli articolo 60 e 74, c.p.a., dopo aver accertato l’integrità del contraddittorio e la completezza dell’istruttoria e preavvertito le parti, essendo chiara la situazione di fatto nei suoi punti di riferimento e nella problematica dibattuta. La controversia ha ad oggetto l’assentibilità, nelle more dell'approvazione del piano territoriale, di uno stabilimento balneare di mq. 3.710 di superficie, da realizzare all'interno del Parco Naturale regionale Costa Otranto-Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase, in una piccola insenatura detta del “Lavaturu” della costa rocciosa di Marina Serra Comune di Tricase , la cui importanza è attestata dall'essere inserita nell’allegato alla direttiva europea Habitat v. direttiva 92/43/C.e.e. . L’appello non è fondato e la sentenza merita di essere confermata. 2.- In ordine logico-giuridico va prioritariamente esaminato il profilo di censura relativo al rapporto tra tutela naturalistica del sito, che evidentemente può essere assicurata solo dalla visione d’insieme propria di un piano territoriale, ed esigenze di “promozione e riqualificazione delle attività economiche realizzabili all’interno del medesimo territorio”, la cui compatibilità indubbiamente può essere verificata solo alla luce della programmata pianificazione per l’ordinata fruibilità dell’ambiente protetto. Come ritenuto da questa Sezione VI del Consiglio di Stato, la tutela dell'ambiente, preordinata alla salvaguardia dell'habitat nel quale l'uomo vive, è imposta da precetti costituzionali ed assurge a valore primario ed assoluto, con la conseguenza che il diritto all'ambiente, quale espressione della personalità individuale e sociale, costituisce un limite ai princìpi d'iniziativa privata previsti dagli articolo 41 e 42 della Costituzione cfr. Sez. VI, sent. 21 settembre 2006 numero 5552 . Legittimamente, pertanto, essendo nel nostro ordinamento la protezione dell'ambiente imposta da precetti costituzionali articolo 9 e 32 ed assurgendo la stessa a valore primario assoluto cfr. Corte cost., sent. 30 dicembre 1987 numero 641 , l’Ente Parco resistente ha negato l'assenso richiesto, nelle more dell’adozione del piano territoriale e sulla base di una valutazione tecnico-discrezionale di sua esclusiva pertinenza, in applicazione della norma di salvaguardia contenuta nell'articolo 4, legge reg. Puglia 26 ottobre 2006 numero 30 istitutiva del Parco naturale regionale “Costa Otranto-S. Maria di Leuca e Bosco di Tricase” . 3.- La predetta disposizione, al comma 1, vieta sull'intero territorio del Parco naturale regionale “le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat” al comma 2 fa divieto, fino all'approvazione del piano di cui all'articolo 6, di “a costruire nuovi edifici od opere all'esterno dei centri edificati cosi come delimitati b mutare la destinazione dei terreni, fatte salve le normali operazioni connesse allo svolgimento, nei terreni in coltivazione, delle attività agricole, forestali e pastorali c effettuare interventi sulle aree boscate e tagli boschivi senza l'autorizzazione dei competenti uffici .” al comma 3, prevede che l’ente di gestione possa “concedere deroghe ai divieti di cui al comma 2, lettera a , solo se necessarie per effettuare adeguamenti di tipo tecnologico e/o igienico-sanitario connessi all'applicazione della normativa vigente. Possono inoltre essere realizzati interventi di trasformazione e/o ampliamento degli edifici rurali esistenti, anche a fini agrituristici. Sono consentiti, previa valutazione da parte dell'Ufficio parchi e riserve naturali della Regione, interventi pubblici o privati, realizzati nel rispetto della normativa vigente, destinati a migliorare la fruizione della zona costiera, attraverso l'accesso con manufatti di tipo precario, amovibili, in legno o altro materiale naturale, tali da rispettare le esigenze di compatibilità ambientale dell'area. Sono fatti salvi gli strumenti urbanistici attuativi adottati alla data del 31 dicembre 2003. In tutti i casinon devono verificarsi interferenze con alcuno dei valori naturalistici e ambientali presenti nell'area”. Orbene, come è reso evidente dalla mera lettura di tale norma, sino all’approvazione del previsto piano territoriale, è vietata qualsiasi nuova costruzione, se non per l’adeguamento d’impianti di servizio oppure limitatamente alle migliorie per la fruizione e l’accesso alla zona costiera, ma unicamente con manufatti di tipo precario, amovibili, in legno o altro materiale naturale, tali da rispettare le esigenze di compatibilità ambientale dell'area. Del resto, ex cit. articolo 6, detto piano territoriale si pone in termini propedeutici, dovendo essere preliminarmente precisate, tra l’altro, mediante zonizzazione, le destinazioni delle diverse parti dell'area naturale protetta, con indicazione della tipologia e delle modalità di costruzione di opere e manufatti, come ribadito nel terzo comma dell’articolo 9 “Fino alla data di entrata in vigore del piano territoriale e del regolamento, l'ente di gestione rilascia parere obbligatorio nei termini di cui al comma 1 su ogni intervento al fine di garantire il rispetto delle normative generali e di salvaguardia di cui all'articolo 4”. Segue da ciò che il corposo insediamento balneare in discussione, per la sua consistenza ed il relativo impatto dal punto di vista morfologico e funzionale, non può essere assimilato ad un semplice intervento per opere di migliorìa dell’accesso al mare, facilitanti la fruibilità della zona costiera da parte dei cittadini, in questo solo ambito ammissibile secondo la norma di salvaguardia, consistendo di contro, alla stregua della domanda di concessione demaniale marittima, in un vero e proprio stabilimento balneare, come tale impedito in assenza del piano e della zonizzazione, che abilitano al rilascio del permesso di costruire cfr. Cons. St., Sez. V, sent. 12 novembre 1996 numero 1317 . 4.- Da disattendere è anche l’ulteriore doglianza relativa all’assentibilità dell’intervento in diretta applicazione del piano regionale delle coste, alla stregua dell’articolo 17, comma 2, legge reg. Puglia numero 17 del 23 giugno 2006 norme transitorie relative alla Disciplina della tutela e dell'uso della costa , secondo il quale, fino all'approvazione dei piani comunali delle coste i comuni applicano, nell'attività concessoria, esclusivamente le disposizioni derivanti dal piano regionale delle coste. Da un canto, infatti, la Regione Puglia, con l’istituzione dell’Ente Parco in considerazione, ha introdotto una specifica regolamentazione di protezione ambientale del territorio perimetrato, ragione per cui occorre riferirsi alla speciale disciplina recata dalla legge regionale istitutiva numero 30 del 2006, come in precedenza illustrato. Dall’altro, in linea ostativa, deve essere piuttosto richiamato l’articolo 16 della citata legge regionale numero 17/2006 “Norme di salvaguardia e prime direttive per la predisposizione dei piani” che, al primo comma, lettera e , vieta il rilascio, il rinnovo e la variazione di concessione demaniale nelle aree e relative fasce di rispetto “archeologiche e di pertinenza di beni storici e ambientali” e, al secondo comma, prevede che “Nelle aree classificate siti di interesse comunitario s.i.c. e zone di protezione speciale z.p.s. o comunque classificate protette, nonché nelle aree di cordoni dunali e di macchia mediterranea, il rilascio e la variazione della concessione demaniale sono subordinati alla preventiva valutazione favorevole d'incidenza ambientale effettuata dal competente Ufficio regionale, salvi i casi previsti da apposito regolamento regionale”. Può quindi concludersi, in adesione al decisum dei giudici di prima istanza, come eventuali interessi privati relativi alla realizzabilità d’interventi, non consentiti dalle norme di salvaguardia, siano adeguatamente tutelati dalla possibilità riconosciuta ai relativi titolari di sollecitare, mediante la contestazione del silenzio della p.a., la formazione del piano da parte dell’Ente Parco e del Comune di Tricase. 5.- L’appello va dunque respinto, con salvezza dell’impugnata sentenza e degli atti gravati in prima istanza. Per la particolarità della fattispecie, sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti tutti gli oneri processuali di secondo grado. P.Q.M. il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione VI respinge l’appello r.g.numero 8540/2013 e compensa tutti gli oneri processuali di secondo grado fra le parti costituitevi. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.