Nel reato di appropriazione indebita, l’ingiusto profitto, in vista del quale viene posta in essere la condotta appropriativa, non deve necessariamente connotarsi in senso patrimoniale, bastando anche soltanto il fine di perseguire un ingiusto vantaggio di altra natura.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 20652, depositata il 20 maggio 2014. Il caso. La Corte d’appello di Bari condannava un uomo per il reato di appropriazione indebita, ai sensi dell’articolo 646 c.p., perché si era rifiutato di restituire il contratto di locazione all’avvocato del locatario, presso il cui studio si era recato per pagare il canone e sbrigare le incombenze relative al rinnovo della locazione. In tal modo si era appropriato del documento. L’imputato ricorreva in Cassazione, deducendo che il documento non fosse completo, non avesse autonomia giuridica e non fosse, quindi, idoneo a produrre effetti e neppure a costituire indizio di prova. Perciò, non avendo alcun valore, non poteva essere oggetto di appropriazione indebita. Necessità del contratto. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che la l. numero 431/1998 prevede per la stipula di validi contratti di locazione la forma scritta, e ciò con l’evidente finalità di tutela del conduttore inquilino e di salvaguardia dell’ordinamento davanti al fenomeno della contrattazione c.d. in nero, venendo fissati due elementi fondamentali come la durata ed il canone. Dato che il valore patrimoniale del bene oggetto di appropriazione indebita va accertato in concreto in relazione all’uso che l’una e l’altra parte intendano fare del bene medesimo, nel caso in esame il locatore il quale aveva predisposto e sottoscritto il contratto e che aveva già iniziato a percepire il canone in base ad accordi verbali aveva interesse ad ottenere la restituzione del contratto consegnato per la firma al suo legale, quanto meno per non incorrere in eventuali azioni di responsabilità precontrattuale nei suoi confronti. Valore patrimoniale. Di conseguenza, l’atto, anche se incompleto, al momento dell’indebita ritenzione aveva il suo indubbio valore patrimoniale, per cui il rifiuto dell’imputato alla restituzione, costituendo un comportamento che eccede i limiti del titolo del possesso, integra il reato di appropriazione indebita. Inoltre, l’ingiusto profitto, in vista del quale viene posta in essere la condotta appropriativa, non deve necessariamente connotarsi in senso patrimoniale, bastando anche soltanto il fine di perseguire un ingiusto vantaggio di altra natura. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 14 febbraio – 20 maggio, numero 20652 Presidente Cammino – Relatore Cervadoro Svolgimento del processo C.G. veniva tratto a giudizio in quanto imputato del reato di cui all'articolo 646 c.p., perché rifiutava di restituire all'avv. P.D. che tanto gli aveva chiesto in nome e per conto dell'avente diritto P.V. , con raccomandata dell'11.12.2006 il contratto di locazione Rinnovo-Variazione Canone firmato dal solo P. , e dall'avv. P. consegnatogli in visione il 18.9.2006, allorché si era recato presso lo studio legale dell'avv. P. per pagare il canone Euro 450 al mese e sbrigare le incombenze relative al rinnovo della locazione di un appartamento di proprietà di P.V. . In tal modo si appropriava di quel documento, che tratteneva indebitamente sino al 17.4.2007, allorquando esso veniva sequestrato dalla polizia giudiziaria. Con sentenza del 19.5.2009, il Tribunale di Trani, sezione distaccata di Barletta, all'esito del giudizio abbreviato, assolveva C.G. dal reato di appropriazione indebita perché il fatto non sussiste, rilevando che l'attività negoziale era ancora in itinere e l'atto consegnato al C. , e dallo stesso non restituito non ancora perfetto, sicché per la stessa natura dell'atto non era possibile alcuna interversione del possesso e l'esplicazione di diritti uti dominus da parte dell'imputato. Avverso tale pronunzia, propose gravame il pubblico ministero, e la Corte d'Appello di Bari, con sentenza del 26.11.2002, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava la penale responsabilità dell'imputato e lo condannava alla pena di mesi due di reclusione ed Euro duecento di multa. Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo l'erronea applicazione dell'articolo 646 c.p. e la mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell'articolo 606, co. 1, lett. b ed e c.p.p. Il documento non era completo, non aveva autonomia giuridica, e non era assolutamente idoneo a spiegare alcun effetto e neppure a costituire indizio di prova, così come erroneamente affermato dalla Corte d'appello e pertanto, non avendo alcun valore non poteva essere oggetto del reato di appropriazione indebita. Chiede pertanto l'annullamento della sentenza. Ricorre per cassazione il difensore della parte civile P.D. , la quale rileva che il documento non restituito dall'imputato, pur se firmato solo da P.V. , non era un atto privo di valore, in quanto espressione, tradotta per iscritto, della volontà condivisa dalle parti di rinnovare con variazione del canone il contratto di locazione stipulato con i precedenti locatori, portando al vero il canone sino ad allora indicato in termini simulati ed inferiori, e deduce 1 l’inosservanza ed errata applicazione degli articolo 76 c.p.c. e 646 e 185 c.p. nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell'articolo 606 lett. b ed e c.p.p. nella parte in cui la sentenza, pur affermando la responsabilità penale dell'imputato per il reato di appropriazione indebita come commesso in danno di P.V. e dell'avv. P.D. ha escluso per quest'ultima l'esistenza della prova del danno risarcibile 2 l’inosservanza ed errata applicazione dell'articolo 185 c.p. con riferimento agli articolo 646 c.p. e 2059, 2056 e 12276 c.c. essendo in re ipsa e di immediata percezione il forte sconvolgimento che è stato prodotto nella psiche del professionista dall'illecito penalmente sanzionato. Chiede pertanto l'annullamento della sentenza nella parte in cui non ha riconosciuto la ricorrenza del danno morale ovvero del danno non patrimoniale in favore della parte civile P.D. . Motivi della decisione 1. Ricorso di C.G. . 1.1 I fatti oggetto del processo non sono stati oggetto di contestazione è pacifico pertanto che il C. , recatosi dall'avv. P. , per sbrigare le incombenze relative al rinnovo del contratto di locazione di un appartamento di proprietà di P.V. stipulato con i precedenti locatori e avendo convenuto le parti di indicare sull'atto da registrare il canone reale e non l'importo simulato di cui al precedente contratto , versò il canone nella misura concordata Euro 450,00 e si fece consegnare il nuovo contratto già sottoscritto dal locatore, al fine di farlo vedere al suo commercialista. L'imputato non restituì il documento in questione comunicando informalmente alla controparte che non intendeva sottoscrivere il nuovo contratto nelle settimane successive riscontrò la formale richiesta dell'avv. P. con una lettera-diffida a firma del proprio difensore datata 19.12.2006 che negava la detenzione del documento ed intimava alla destinataria di non reiterare la richiesta di restituzione. Il documento fu ritrovato poi nella disponibilità dell'imputato a seguito di perquisizione domiciliare . 1.2 La Corte d'Appello di Bari - ritenuto provato, in punto di fatto, che il C. , ottenuto l'atto con un espediente, lo trattenne presso di sé ben oltre la contingente esigenza prospettata alla controparte, e omise di restituirlo al P. - ha affermato la penale responsabilità dell'imputato per il contestato reato di appropriazione indebita, spiegandone le ragioni con motivazione congrua e priva di evidenti vizi logici, nonché nel pieno rispetto delle norme giuridiche che si assumono violate. Il documento anche se incompleto non era materiale cartaceo senza alcun valore, e pertanto ben poteva essere oggetto del reato in questione l'imputato, trattenendo il nuovo contratto di locazione oltre i limiti del titolo del suo precario possesso, ne attuò quella interversione negata dal primo Giudice al fine ingiusto di ostacolare la dimostrazione dell'intervenuto accordo novativo e di continuare a corrispondere il vecchio canone v. pag. 3 della sentenza impugnata . 1.3 Non è contestato che il C. al momento di prendere in consegna il contratto per farlo visionare al suo commercialista abbia pagato il canone mensile pattuito di Euro 450 mensili, la qual cosa significa che tra le parti si era già addivenuti ad un accordo verbale in ordine alla locazione dell'immobile. Orbene, rileva il Collegio che l'articolo 1 comma IV della legge numero 431 del 1998 prevede per la stipula di validi contratti di locazione la forma scritta, e ciò con l'evidente finalità di tutela del conduttore inquilino e in generale di salvaguardia dell'ordinamento innanzi al fenomeno della contrattazione di fatto o di quella c.d. in nero la forma scritta consente, infatti, di fissare due degli elementi fondamentali della locazione, ovvero la durata e il canone. Diverse norme della stessa legge sono quindi deputate ad apprestare una reale tutela al conduttore inquilino in particolare, l'articolo 13 prevede peculiari sistemi di tutela in caso di patti contrari alla legge, e al quinto comma sancisce la possibilità per l'inquilino di agire innanzi all'Autorità giudiziaria nella circostanza in cui il locatore abbia preteso l'instaurazione di un rapporto locatizio di fatto, violando l'obbligatorietà della forma scritta. Tanto premesso, considerato che il valore patrimoniale del bene oggetto di appropriazione indebita o di qualsivoglia altro reato contro il patrimonio va accertato in concreto in relazione all'uso che l'una e l'altra parte intendano fare del bene medesimo, appare evidente nella fattispecie che il locatore il quale aveva predisposto e sottoscritto il contratto per un canone mensile di Euro450, e tale canone aveva già percepito sulla base di accordi verbali aveva interesse ad ottenere la restituzione del contratto consegnato per la firma al suo legale, se non altro per non incorrere in eventuali azioni di responsabilità precontrattuale nei suoi confronti. L'atto, anche se incompleto, al momento della indebita ritenzione aveva quindi il suo indubbio valore patrimoniale ne consegue che il rifiuto da parte del C. alla sua restituzione, costituendo un comportamento che eccede i limiti del titolo del possesso, integra il reato di appropriazione indebita v. in tal senso, in relazione a documentazione consegnata al professionista, Cass. Sez. II, Sent. numero 26820/2008 Rv. 240693 . È appena il caso di ricordare, poi, che nell'ottica dell'articolo 646 c.p. l'ingiusto profitto in vista del quale viene posta in essere la condotta appropriativa non deve necessariamente connotarsi in senso patrimoniale, bastando anche soltanto il fine di perseguire un ingiusto vantaggio di altra natura cfr. Cass. Sez. II, Sent. numero 40119/2010 Rv. 248765 Sez. II, Sent. numero 4996/1974 Rv. 128040 . Il ricorso dell'imputato va pertanto rigettato, con la conseguenza ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. che lo stesso deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. 2. Ricorso della parte civile P.D. . 2.2 Lamenta la ricorrente che la Corte d'Appello abbia rigettato la sua domanda risarcitoria, erroneamente affermando che nessun risarcimento spetta all'avv. P.D. poiché non è dimostrato che la mancata restituzione del documento contrattuale abbia cagionato conseguenze pregiudizievoli ulteriori rispetto a quelle afferenti la posizione del locatore e direttamente incidenti sui diritti attinenti la sfera professionale del Legale . 2.3 La sentenza impugnata è stata pronunciata su appello del solo pubblico ministero, ma il ricorso della parte civile è ammissibile, dal momento che il giudice di appello, che su gravame del solo pubblico ministero condanni l'imputato assolto nel giudizio di primo grado, deve provvedere anche sulla domanda della parte civile che non abbia impugnato la decisione assolutoria cfr. Cass. Sez. V, Sent. numero 16961/2010 Rv. 246876 Sez. II, Sent. numero 34542/2009 Rv. 245179 Sez. III, Sent. numero 23482/2009 Rv. 243909 Sez. Unumero 10.7.2002, numero 30327, rv. 22201 . 2.4 Il ricorso è fondato, e va quindi accolto. Infatti la Corte che non ha accolto la domanda risarcitoria della P. , ha omesso qualsivoglia valutazione in relazione al danno non patrimoniale e al danno morale conseguente al reato. La sentenza va pertanto annullata senza rinvio, limitatamente al rigetto della domanda risarcitoria della parte civile ricorrente P.D. con rinvio ai sensi dell'articolo 622 c.p.p. al giudice civile in grado d'appello. Rimette al definitivo la liquidazione delle spese del grado sostenute dalla parte civile P.D. . P.Q.M. Rigetta il ricorso dell'imputato e lo condanna al pagamento delle spese processuali. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al rigetto della domanda risarcitoria della parte civile ricorrente P.D. con rinvio al giudice civile competente in grado d'appello. Rimette al definitivo la liquidazione delle spese del grado sostenute dalla parte civile P.D. .